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Autore: Signorina Granger    28/05/2017    6 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Vienna: la Città dei Sogni.
La capitale austriaca è però anche l'emblema mondiale della musica classica, e per questo è qui che ha luogo, ogni tre anni, un concorso per i più promettenti giovani musicisti europei, da poco diplomati ad Hogwarts, Durmstrang o Beauxbatons.
Un concorso che avrà termine con il Concerto d'Inverno al Teatro dell'Opera e che segnerà la vittoria di tre tra questi aspiranti musicisti...
Vienna è la Città dei Sogni, ma solo alcuni vedranno il loro realizzarsi.
- Questa storia, con il permesso dell'autrice, prende ispirazione da 'House of Memories' di Slytherin2806 -
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 14 
 
Giovedì 25 Ottobre 


Sorrise, allungando le mani per prendere quel bellissimo, scintillante trofeo che aveva davanti agli occhi... stava per prenderlo ed esultare per la vittoria quando un rumore piuttosto fastidioso la riportò bruscamente alla realtà, facendole sollevare la testa di scatto. 

Rimase perfettamente immobile per qualche istante, cercando di capire dove si trovasse e cosa stesse succedendo prima di focalizzare la sua attenzione sul rumore, ricordandosi di essere a Vienna e in un costosissimo hotel... in effetti aveva appena sognato di vincere la competizione, ma qualcuno aveva interrotto la sua premiazione. 

Helene si voltò verso la finestra, fulminando la causa con lo sguardo: era vagamente tentata di non aprire la finestra e lasciare Piotr sul davanzale, ma il rapace la stava fissando con aria piuttosto contrariata e la padrona sospirò, alzandosi dal letto di controvoglia per raggiungere la finestra:

"Molte grazie per la delicatezza... ti pare il mondo di svegliare la tua adorata Elin il giorno del suo compleanno?" 

La rossa guardò il barbagianni planare verso la scrivania e appollaiarsi sulla sua sedia, limitandosi ad osservarla mentre aspettava che lei prendesse la lettera che le aveva portato, oltre al suo premio.

"Tieni, razza di materialista!"    Helene sbuffò, dandogli uno dei biscottini che teneva chiusi nella scatola di latta che, una volta associato il contenitore ai biscotti, Piotr aveva tentato varie volte di scoperchiare con il becco. 

Helene appoggiò la scatola sulla scrivania e slegò la lettera dalla zampa del barbagianni, sorridendo nel vedere la calligrafia di sua nonna. In realtà spesso e volentieri parlavano per telefono, ma la donna aveva preso l'abitudine di scriverle il giorno del suo compleanno invece di chiamarla. 

La ragazza sedette sulla sedia quasi senza rendersene conto, leggendo la lettera in fretta e furia e perdendo così di vista Piotr, che si tuffò allegramente sulla scatola e la fece così finire sul pavimento, disperdendo biscotti sul parquet. 

"PIOTR! Ma che fai, razza di ingordo... ti devo mettere a dieta quando torniamo ad Amsterdam!" 


                                                               *


Mezz'ora dopo Helene mise piede nel corridoio con un gran sorriso sulle labbra, di ottimo umore dopo aver letto la lettera di sua nonna e aver parlato al telefono con le amiche Babbane con cui viveva ad Amsterdam, Linnea e Marlies.

L'olandese fece per raggiungere le scale quando si voltò, sentendosi chiamare e sorridendo a Gae:

"Ciao turchina!" 
"Ciao... non chiamarmi così. Stavo per venire a bussare da te, ma vedo che sei già sveglia!" 
"Sì, mi ha svegliato Piotr, non preoccuparti." 

Helene fece spallucce mentre la belga si fermava davanti a lei, sorridendole leggermente:

"Beh, allora buon compleanno Elin... chissà quanto durerà il tuo buonumore oggi." 
"Moltissimo, se non riceverò nessuna lettera indesiderata." 

Helene roteò gli occhi, chiedendosi se i suoi genitori le avrebbero scritto come ogni anno invece di degnarsi di farsi vivi... ma il flusso di pensieri venne bruscamente interrotto quando la rossa strabuzzò gli occhi, rendendosi conto che Gae le si era avvicinata maggiormente e la stava abbracciando, in un certo senso.

"GAE? Mi stai abbracciando?" 
"Beh, almeno ci provo..." 

"Come sei carina, grazie!"   Helene sorrise e ricambiò la stretta in modo decisamente più energico rispetto all'amica, facendo comparire una lievissima smorfia sul voltò della ragazza... ma Gae si sforzò di restare immobile e di non allontanarsi, ripentendosi che era la sua migliore amica ed era il suo compleanno. Doveva pur sempre fare uno sforzo, di tanto in tanto. 

Probabilmente però Helene colse il suo lieve nervosismo e si affrettò a staccarsi, rivolgendole un sorriso prima di prenderla sottobraccio:

"Visto? Non è poi così difficile... coraggio, andiamo a fare colazione, pretendo una gigantesca fetta di Sacher." 

"Allora muoviamoci, con Emil nei dintorni non so se ne troverai tracce..." 


                                                                  *


Emil Bach continuava a guardarsi intorno, sentendo decisamente l'assenza di qualcuno. 
Era piuttosto strano, in effetti, che Rebecca ed Eleanor non fossero ancora scese per fare colazione... in effetti la seconda era piuttosto pigra e poco incline ad alzarsi prima delle 10, ma solitamente la prima la trascinava fuori dal letto fino al piano terra. 

"Gabriel, per caso hai visto Elly e Becky?" 
"No, non stamattina..." 

Gabriel scosse il capo mentre, seduto accanto al biondo, aspettava pazientemente che Gae ed Helene facessero la loro comparsa per fare gli auguri alla rossa... nel frattempo si era già sbafato un quintale di roba, ovviamente, insieme ad Emil, giusto per ammazzare il tempo.

"Strano. Magari Eleanor si è presa a letto..."

Emil si accigliò leggermente, immaginandosi l'amica che si riufiutava di alzarsi mentre Rebecca cercava di trascinarla fuori dal letto. 
Il ragazzo allungò distrattaemtenla mano per prrendere l'ennesimo biscotto quando sorrise, vedendo finalmente Eleanor avvicinarglisi:

"Buongiorno pulcino... hai dormito come al solito fino a tardi? E Rebecca che fine ha fatto?" 
"Per tua informazione questa mattina mi sono svegliata all'alba, ossia alle 8."
"Oh sì... alba." 
"Non fare commenti Gabriel, anche tu dormi sempre fino a tardi! Comunque sia... Rebecca è di sopra, non sta molto bene e le ho detto di restare a letto stamattina." 

Eleanor aveva appena preso posto quando Emil invece scattò in piedi, parlando frettolosamente:

"Becky sta male? Vado a vedere come sta... ma porto i biscotti con me per corromperla." 
Emil sorrise e prese il piatto pieno di cookies prima di avviarsi con la sua solita aria allegra verso l'uscita della sala, ignorando i tentativi di Eleanor di fermarlo e rivolgendo dei sentiti auguri ad Helene quando le passò accanto. In effetti lasciò momentaneamente i biscotti in mano a Gae per stritolare la rossa in un abbraccio, facendola quasi finire sul pavimento mentre la belga assisteva alla scena con quasi la pelle d'oca, chiedendosi cosa avrebbe fatto in una situazione simile... probabilmente avrebbe avuto direttamente un attacco di panico. 

"Grazie Emil." 

Helene sorrise al biondo mentre questi prendeva nuovamente i biscotti, sorridendo ad entrambe prima di superarle con aria rilassata, con l'olandese a seguirlo con lo sguardo:

"Sai, in un certo senso vi somigliate... anche tu sei sempre calmissima." 
"Già, ma io a differenza sua non amo stritolare a tradimento le persone... c'è Gabriel." 

Gae rivolse un cenno al ragazzo mentre Helene si voltava vera di lui, sorridendogli prima di avvicinarsi al tavolo:

"Ciao! ... ma te lo togli mai, quel berretto?" 
"No, quasi mai. Buon compleanno!" 

L'inglese sorrise e si alzò per abbracciarla mentre Gae si lasciava scivolare su una sedia, osservando l'amica di sottecchi e chiedendosi se non dovesse intercettare la lettera dei suoi genitori ed evitare di fargliela vedere... ogni anno bastava una semplice busta a renderla piuttosto scontrosa, e preferiva vederla di buon umore il giorno del suo compleanno. 

"Grazie... me lo presti?" 

Helene sciolse l'abbraccio e sfilò il berretto dalla testa di Gabriel prima di infilarselo, entro il ragazzo la osservava con aria critica:

"Non è il tuo colore, sta malissimo con i tuoi capelli..." 
"Tante grazie! Gae, provalo anche tu." 
"Non penso che con i capelli color turchese stia molto bene a dire il vero... ok, come vuoi." 

Gae sospirò e obbedì, guardando l'amica con aria scettica mentre Helene invece rise, guardandola con sincero affetto: 

"Ma che carina, sembri un Puffo!" 
"UN PUFFO? Me lo levo subito." 
"In senso buono ovviamente! Hai anche i capelli azzurri!" 

"Non metterò mai più un berretto in vita mia, ho capito. Tieni Gabriel, è tutto tuo." 


                                                         *


Rebecca sorrise con sincero sollievo, lieta di essere finalmente sola e senza un'apprensiva Eleanor che le saltellava intorno chiedendole come stesse ogni secondo che passava. In realtà la prospettiva di restare ore chiusa in una stanza non era molto allettante, ma almeno se ne sarebbe potuta stare in pace per un po'. 

Aveva appena sistemato i cuscini per stare più comoda quando la porta si spalancò, facendola voltare di scatto verso l'uscio della stanza e sgranando gli occhi nel trovarsi davanti un ragazzo biondo piuttosto familiare ed imponente:

"Emil? Che ci fai qui?" 
"Sono venuto a vedere come stai... ti ho anche portato dei biscotti." 

Emil sorrise, lanciando al contempo un'occhiata al pavimento intorno al letto per assicurarsi che le ciabatte non fossero a portata di mano della ragazza, che lo osservò con tanto d'occhio avvicinarsi al letto e lasciare il vassoio sul comodino prima di sedersi sulla sedia che, fino a poco prima, aveva occupato Eleanor. 

"Grazie... ti manda Elly per caso?" 
"No, sono venuto per conto mio. Non preoccuparti Becky, sono bravissimo a prendermi cura delle persone." 

Emil sorrise allegramente e Rebecca annuì, osservandolo con aria pensierosa mentre si metteva a sedere sul letto:

"Sì, in effetti ho un vago ricordo di te che gironzoli per l'Infermeria stressando Madama Chips..." 
"Già, alla fine l'ho esaurita a tal punto che mi ha praticamente assunto come suo assistente... rilassati, ora ci penso io a te." 
"Mai stata così rilassata in vita mia... a cosa sono quei biscotti?" 
"Cioccolato." 

"In tal caso, sei ammesso." 


                                                                *


"Sai che ti dico? Potrei prendere in considerazione l'idea di piantare le tende qui... chi non vorrebbe vivere in un posto così?" 

Cal sorrise, facendo vagare lo sguardo sull'enorme stanza sotterranea che ospitava la magnifica piscina, chiedendosi se dopo quell'esperienza le sarebbe più capitato di alloggiare in un posto simile... no, probabilmente no. 
Ergo, era piuttosto decisa a godersi quell'occasione, usufruendo della piscina e dell'idromassaggio coperti. 

"Solo un pazzo... di sopra c'è persino una stanza dove fanno i massaggi. Anche se non fanno per me, mi sono quasi addormentato quando ci ho provato." 

"Questo perché tu sei una specie di iperattivo che ama fare cose come correre, stare all'aria aperta... bleah. Meglio una bella piscina coperta! Si sta molto meglio qui dentro che fuori, la temperatura è praticamente calata a picco di recente." 

Ivan, seduto sulla sdraio accanto a lei, si strinse nelle spalle come se per lui non facesse alcuna differenza, abituato com'era a temperature effettivamente molto basse. 

"Se non altro il freddo comporta una Cal normale e rilassata... o almeno, quanto più normale possibile trattandosi di te." 

Ivan sorrise all'amica, guadagnandosi un'occhiata torva mentre la bionda allungava una mano per prendere il bicchiere colmo di succo... in realtà aveva cercato tracce di succo di zucca per tutto l'hotel, ma alla fine si era dovuta arrendere all'idea che i Babbani non lo bevessero... poco male, si sarebbe accontentata di banale succo d'arancia.

"Simpatico come sempre. Io sono normalissima! Ho solo qualche problema con il clima... ma abbiamo tutti le nostre stranezze, no?" 
"Può essere. La mia qual è?" 
"Tu ti svegli prestissimo ogni giorno per andare a correre al freddo e ti vesti leggerissimo quando fanno 10 gradi... ti basta come risposta?" 

"A casa mia fa molto più freddo Cal, quante volte devo ripeterlo?" 

Ivan sbuffò prima di lanciare un'occhiata all'orologio, alzandosi mentre s'infilava nuovamente la camicia e lanciava all'amica la sua:

"Coraggio, andiamo... dobbiamo ancora provare il Rondò alla Turca a quattro mani, e tu continui a pestarmi i piedi." 
"Non è colpa mia, non lo faccio apposta... scambio i tuoi piedi con i pedali." 

Cal sfoggiò un sorriso angelico mentre si alzava a sua volta dalla sdraio, lanciando un'occhiata malinconica alla piscina turchese dove moriva dalla voglia di tuffarsi. 

"Certo, lo immagino. Andiamo Jordan, muoviti." 
"Ma voglio fare un ultimo tuffo!" 

"Bene, allora ci vediamo di sopra." 

Ivan roteò gli occhi grigi prima di girare sui tacchi per uscire dalla piscina, ma Cal lo seguì e sorrise prima di dargli una leggera spinta, facendolo finire dritto in piscina. 

"Ops... scusa, sono scivolata sul pavimento bagnato." 

Ivan riemerse e si passò una mano tra i capelli chiari per allontanarli dagli occhi, fulminandola con lo sguardo mentre la bionda ridacchiava e si allontanava, camminando sul marmo verso l'uscita.

"Non volevi fare un ultimo tuffo?" 
"Ho cambiato idea, credo che assistere al tuo mi sia bastato." 


                                                         *


Helene, che aveva iniziato a pregare mentalmente già quando era uscita dalla sala da pranzo dopo colazione, si alzò in punta di piedi per sbirciare la prima fila di poltroncine, pregando di non vedere una determinata persona. 

Scorse Christina e Jarrod seduti vicini e intenti a parlare a bassa voce, mentre lui sembrava accennare a qualcosa che teneva in mano... ma accanto a loro non c'era traccia del direttore d'orchestra.
Un moto di sollievo invase l'olandese, che sollevò lo sguardo sulla pedana, pregando di non vederlo... quando si rese conto che c'erano solo Pawel, Cal, Irina ed Eleanor impegnati a sistemare gli strumenti e i leggii, si trattenne dall'iniziale a saltare a metro metro da terra lanciando coriandoli. 

Sembrava che, per una volta, qualcosa le fosse andato per il verso giusto.

"Non ci credo... NON C'È! Per una volta sono stata fortunata, miracolo!" 

Helene si voltò verso Gabriel e Gae con un sorriso a trentadue denti, ignorando le loro espressioni perplesse prima di avvicinarsi all'amica e stritolarla in un abbraccio, facendo irrigidire Gae come il tronco di un albero:

"Elin..." 

"Oh scusa, me n'ero scordata. Allora abbraccio Gabry!" 

Helene mollò la presa sull'amica e, senza smettere di sorridere con sincero sollievo, abbracciò il ragazzo che la guardò con espressione confusa:

"Come mi hai chiamato?" 


Intanto Ivan, che era appena entrato nella sala, superò il trio quasi di corsa, passandosi nervosamente una mano tra i capelli biondi piuttosto umidi e lanciando un'occhiata perplessa ai tre, chiedendosi perché sembrasse che in quell'hotel sembrassero tutti fissati con gli abbracci... bastava pensare ad Emil e alla sua mania di stritolare il prossimo senza motivo, ridacchiando e trovando particolarmente divertente le reazioni perplesse o irritate a seconda dei vasi. 

Il ragazzo scosse il capo, dicendosi che ci avrebbe pensato più tardi mente si avvicinava alla pedana, salendo i gradini frettolosamente e affrettandosi a prendere posto tra Irina e Pawel.

"Ah, eccoti qui... ho chiesto a Cal dove fossi, ma mi risposto in modo strano... come mai hai i capelli bagnati?" 

Irina si accigliò leggermente, allungando una mano per sfiorare i capelli del ragazzo mentre Ivan sbuffava, tirando fuori la bacchetta e asciugandosi i capelli:

"Perché la mia migliore amica ha un pessimo senso dell'umorismo." 
"Ti ha buttato in piscina? Peccato, per una volta che avrei trovato un'idea di Jordan buona me la sono persa..." 

Pawel scosse il capo, parlando con un tono sinceramente dispiaciuto che gli fece guadagnare un'occhiata torva da parte dell'amico, mentre Cal passò accanto al trio per andare a sedersi con un sorriso sulle labbra:

"Che dici Ivan, il mio senso dell'humor è ottimo. Persino Pawel lo pensa, per una volta... il che é tutto dire." 

"Penso ancora che tu sia una gran rompiscatole Jordan, non farti strane idee." 

Cal sorrise al polacco come a volergli dire che la cosa era perfettamente reciproca mentre Irina si limitava a sospirare, sentendo più che mai la mancanza di Maya e della sua capacità di tenere Pawel sotto controllo. 

"Credo che quando tutto questo sarà finito non sopporterò più nessuno dei due..." 

Al borbottio di Ivan Irina annuì, come a volergli dire che era d'accordo e che lo capiva mentre Jarrod si era alzato, piazzandosi davanti alla pedana e facendo vagare lo sguardo sui ragazzi con aria confusa:

"Dove sono finiti i violinisti?" 

"Qui." 

Gabriel sorrise, sollevando leggermente una mano per attirare l'attenzione del violinista mentre Pawel, seduto davanti a lui, faceva lo stesso.

"Dove sono Bach e Crawley?' 
"Rebecca non sta molto bene signore..." 


La voce di Eleanor giunse quasi timidamente alle orecchie di Jarrod, che inarcò un sopracciglio e parlò di nuovo:

"E Bach?" 

"Ehm..." Eleanor lanciò un'occhiata incerta in direzione di Gabriel, come se non sapesse cosa rispondere a quella domanda... ma per fortuna ci pensò il ragazzo, che abbozzò un sorriso mentre si voltava nuovamente verso l'esaminatore:

"Diciamo che le fa assistenza medica." 

"Capisco... beh, per vostra fortuna oggi Koller deve dirigere a Innsbruck, quindi ci siamo solo io e Tina... e siamo molto meno pignoli di lui. Ora, archi davanti e fiati dietro, voglio sentire il Valzer di Strauss... oggi suonerete insieme." 


                                                          *


"Ma non puoi buttare quella carta!" 
"Come sarebbe a dire?" 

"Quello è un nove, tu avevi un sei... se sono diverse non puoi calare la carta di un altro colore." 
"Ok, va bene... allora eccoti un bel nove." 

Emil sorrise, posando sul mucchio una carta blu e facendo così sbuffare leggermente Rebecca, che calò subito dopo un'altra carta:

"Non provarci, a cambiare colore... rosso." 
"Ah si? Beccati questa allora. Blu." 

Emil sorrise con aria divertita di fronte allo stupore della ragazza, che alzò lo sguardo su di lui prima di parlare con un tono piuttosto amareggiato:

"Mi vuoi far pescare quattro carte?" 
"Esattamente... scusa." 

"No, scusami tu. Rosso, di nuovo." 

Rebecca sfoggiò lo stesso sorriso angelico del ragazzo mentre calava la sua stessa carta, facendogli sgranare gli occhi chiari con orrore:

"Come? Devo pescare otto carte?" 
"Esattamente... scusa." 

"Questo gioco comincia a non piacermi poi molto... i Babbani si divertono davvero così?" 
"A quanto pare... me l'ha insegnato Elly ieri. Ma se vuoi possiamo sempre giocare a scacchi... dopo che avrò vinto, certo." 

Rebecca sorrise mentre Emil sbuffava, pescando una ad una le otto carte che gli spettavano dal mucchio e ritrovandosi così con più di 15 carte in mano, che guardò con aria malinconica:

"Come faccio a liberarmi di tutte queste carte? Sei stata perfida." 
"Sei tu che hai piantato le tende qui per tenermi compagnia e mi hai chiesto di insegnarti a giocare a carte, no? E a me piace molto vincere." 

"Si, me ne sono accorto... tieni, pesca due carte." 


                                                               *


"Helene, si può sapere perché sorridi in quel modo? Mi fa piacere vederti così allegra, ma stai cominciando a somigliare allo Stregatto..." 
"Forse ha bevuto qualcosa di alcolico a colazione e non ce ne siamo accorti..." 

Gabriel inarcò un sopracciglio, voltandosi verso la flautista e lanciandole un'occhiata sospettosa mentre la rossa sbuffava, cercando nel raccoglitore lo spartito della Sinfonia nº 5 di Beethoven.

"Smettetela di borbottare... quando sono scorbutica non va bene, quando sorrido neanche... che cosa devo fare allora? Sono solo stupita della mia sfacciata fortuna, chi l'avrebbe detto?" 

"Attenta, potrebbe comparire da un momento all'altro." 

Gabriel le sorrise prima di voltarsi nuovamente, sistemandosi il violino sulla spalla mentre Helene sfoggiava una smorfia, rabbrividendo alla sola idea e dicendosi di non pensarci.

La giornata era andata, fino a quel momento, incredibilmente bene... ci mancava solo che Alexander comparisse dal nulla per rovinargliela.


"Se avete finito di fare salotto potremmo iniziare, signori... in do minore, prego." 


                                                             *


"È per me? Oh, non dovevi..." 

Ivan bloccò la mano che reggeva la forchetta a mezz'aria al sentire quella voce, prima che il piatto che aveva davanti sparisse insieme alla forchetta, portandosi così via la sua preziosa fetta di Sacher. 

"Ehy! Ma non puoi ordinartene una?" 

Ivan si voltò verso Cal, che gli sorrise prima di girare sui tacchi e allontanarsi, limitandosi a sostenere che doveva consideralo un risarcimento per tutte le brioche si che le aveva rubati da sotto al naso da quando erano a Vienna. 

"Grandioso... forse dovrei cominciare a mangiare sempre in camera." 

Il russo sbuffò mentre si rimetteva dritto sulla sedia e Irina ridacchiava accanto a lui, facendo un cenno al cameriere più vicino perché portasse al ragazzo un'altra fetta di torta. 

"No, ti prego, mi priveresti di tutto il divertimento." 
"Non del piacere della mia compagnia?" 

"Anche... ma sopratutto del divertimento." 


Irina sorrise prima di spostare, per un momento, lo sguardo su Pawel. Il polacco era seduto a qualche tavolo di distanza, impegnato a leggere una delle diverse lettere che gli erano arrivate. 

"Juraszek riceve moltissima posta, o sbaglio?" 
"Sì... è piuttosto legato alla sua famiglia e ai suoi fratelli. E poi ovviamente ci sono Veronika e Maya." 

Ivan si strinse nelle spalle, tamburellando con le dita sul tavolo mentre riportava lo sguardo sulla ragazza che gli stava di fronte, abbozzando un sorriso:

"Sai, in fin dei conti non è come sembra... certo, è incredibilmente pignolo, ma non è così pieno di sè, credo che in realtà si sia sempre sentito un po' inferiore rispetto ai suoi brillanti fratelli maggiori, nonostante gli sia molto affezionato." 

"Anche io ho due fratelli più grandi... tu ne hai?" 
"Ho un fratello maggiore, sì." 

"Credo di non averti mai visto scrivere una lettera o riceverne una da quando siamo qui." 
"Non amo scrivere. E io e mio fratello non ci parliamo spesso." 

Irina inclinò leggermente il capo, studiandolo con attenzione prima di parlare di nuovo, sorridendo con amarezza:

"Mia madre mi scrive di tanto in tanto da quando sono qui... vuole tenersi aggiornata su come vanno le cose. Credo che sarebbe molto più felice di me se dovessi vincere... è stata lei a farmi iniziare a suonare." 
"Io ho iniziato con mio padre." 


Ivan si voltò di nuovo verso Pawel mentre si rigirava l'anello d'argento che portava ormai da anni, guardandolo leggere quelle lettere e provando a pensare all'ultima volta in cui si era ritrovato in quella stessa situazione. Molto tempo prima, in effetti. 

Suo fratello gli scriveva in realtà, di tanto in tanto... ma più che per chiedergli come stesse lo faceva per questioni burocratiche o economiche, spesso riguardanti la madre.


"Non è strano il modo in cui ci facciamo condizionare dalle nostre famiglie? Maya non sopporta i suoi genitori, che da sempre sono scettici sulla sua passione per la musica, che quasi non si parlano da anni... mentre sua madre la fa sentire perennemente inadeguata e suo padre la prende in considerazione solo quando c'è un successo da festeggiare. Pawel si sente inferiore rispetto ai suoi fratelli da quanto dici, e io sono qui perché mia madre mi ha fatto iniziare a suonare... e perché ho preferito filarmela piuttosto che affrontare quello che la mia famiglia ha scelto per me." 

"Se proprio devi fare una lista, Cal non ammetterebbe mai di avere un gran bisogno delle persone essendo cresciuta quasi da sola. Non conosce suo padre e sua madre non si è presa molto cura di lei... è convinta di poter fare tutto da sola, ma non è così. E Pawel infondo ha una gran paura di deludere le persone che tengono a lui, per questo non sopporta di sbagliare." 

"Quanta allegria racchiusa sotto lo stesso tetto... tu invece? Quale condanna ti ha inflitto la tua famiglia?" 

"Non saprei. Nessuna, spero." 


                                                             *


"È arrivata questa per te." 

Helene alzò lo sguardo e sorrise debolmente a Gabriel per ringraziarlo, prendendo la lettera che il ragazzo le porgeva e leggendo il nome del mittente con un nodo in gola, intuendo di chi si trattasse.

La ragazza sbuffò leggermente e lasciò la busta sul tavolino accanto alla poltrona dove si era seduta, mentre Gabriel prendeva posto di fronte a lei e la guardava con leggero stupire:

"Non la leggi?" 
"Me la mandano Willem e Susanna." 

Helene iniziò ad attorcigliarsi nervosamente una ciocca di capelli intorno ad un dito, senza accorgersi subito dell'espressione confusa di Gabriel. Quando se ne rese conto sospirò, facendo un lieve gesto con la mano prima di spiegarsi: era abituata a parlarne con Gae o con le sue amiche che già conoscevano la storia.

"I miei genitori." 
"Ah... li chiami per nome?" 

"Sì, in genere sì." 

Helene annuì, puntando lo sguardo su un punto indefinito del tappeto mentre Gabriel esitava prima di parlare a sua volta, fissando distrattamente un punto della finestra della grande sala:

"Sai... nemmeno io vado molto d'accordo con i miei genitori. O almeno, non con mio padre." 
"Come mai?" 

"I miei genitori sono Babbani. Mia madre è sempre stata piuttosto affascinata da me, da quello che so fare, dal mio mondo... ma non mio padre. Molti maghi accusano alcuni di noi per discriminazione contro i Babbani, ma credo che si stupirebbero di come possa accadere anche il contrario." 

"Tuo padre non accetta che tu sia un mago?" 
"No, non l'ha mai fatto... e non si impegna neanche a nasconderlo. È una persona piuttosto rigida, precisa, non sopporta che le sue idee non vengano accolte, che le sue regole non vengano rispettate. È abituato che tutti lo ascoltino e rispettino le sue regole, e sfortunatamente il suo unico figlio è molto diverso da lui... Disprezza il mio carattere estroverso, sognatore e un po' sulle nuvole, oltre al fatto che io sia... diverso da come si aspettava, in tutti i sensi." 

Gabriel sfoggiò un lieve sorriso, quasi tetro mentre si stringeva nelle spalle, ripensando a tutte le discussioni che aveva avuto con suo padre in passato... e anche sua madre, prima che Theresa prendesse il figlio e se ne andasse, sotto sollecitazione da parte del marito stesso. 

"Mi dispiace. I miei genitori sono magizoologhi, viaggiano perennemente da anni e io sono cresciuta con mia nonna. Lei è Babbana e mi ha cresciuta quasi come se fossi tale... ho davvero realizzato di essere una strega solo ad undici anni ma ancora oggi mi sembra quasi di essere divisa in due, buona parte della mia vita è legata al mondo Babbano." 

Helene abbassò lo sguardo sulla lettera dei suoi genitori, chiedendosi se quell'anno l'avrebbe aperta... solitamente finiva dritta nel cestino o nel caminetto a seconda dei così, e anche se Gae spesso le dicesse di almeno provare ad aprirle, era piuttosto sicura che non l'avrebbe fatto neanche quell'anno. 

Ogni tanto le capitava di chiedersi che cosa sarebbe successo se mai le fosse capitato di incrociare i suoi genitori in strada, su un marciapiede... l'avrebbero riconosciuta, almeno? Forse lei non avrebbe neanche fatto caso a loro, in effetti. 


"Beh... a volte le persone fanno davvero scelte pessime. Sia maghi che Babbani." 


                                                        *


Eleanor si chiuse la porta della sua camera alle spalle, lanciando un'occhiata alla porta bianca che collegava la sua stanza a quella di Rebecca, trovandola chiusa. 
Sentì distintamente la voce dell'amica, unita a quella di Emil... in effetti non si stupì per nulla, quando mai quei due stavano in silenzio?


L'ex Tassorosso si avvicinò alla porta e l'aprì leggermente, sorridendo nel vedere i due impegnati a giocare a scacchi sul letto di Rebecca, lui seduto su una sedia e lei sul materasso, sotto le coperte e con una tazza di thè in mano. 

"Ma Rebecca, non puoi andare a marcia indietro con la Torre!" 
"Dannazione, confondo sempre le mosse... oh, ciao Elly." 

"Ciao... Emil, sei ancora qui?" 

Eleanor sorrise e si avvicinò ai due, superando Cinnamon che era rannicchiata nella sua cuccia e stava masticando una pantofola 

"Certo, potevo forse lasciare Becky da sola? Avrebbe sentito indubbiamente la mia mancanza." 
"Beh..." 

Rebecca interruppe la frase sul nascere, sorridendo debolmente quando Emil si voltò di nuovo verso di lei con un sopracciglio inarcato. 
Il Tassorosso si trattenne dal far notare che riusciva chiaramente a vedere quanto 
 in realtà la sua presenza le faceva piacere visto il considerevole buon umore di Rebecca. 

"Scherzavo! Ho stracciato Bach a carte prima, vediamo ora con gli scacchi..." 
"Sciocchezze, ti ho fatto vincere perché sono un gentiluomo." 
"Non ci credo minimamente." 

"Io non mi pronuncio... ma c'è per caso del thè anche per me?" 
"Certo Elly, ne ho fatto a litri... non per vantarmi, ma sono bravissimo a fare il thè. Oltre che a consolare le persone, dare abbracci, coccolare gli animali e fare da infermiere." 

"In pratica, sei perfetto." 

Rebecca passò una tazza all'amica senza battere ciglio, osservando il ragazzo e guardandolo annuire, ignorando deliberatamente il suo tono sarcastico:

"Quasi Becky, ora non esagerare con i complimenti... se sapessi cosa vuol dire essere in imbarazzo, arrossirei." 
"Sul fatto che tu non conosca l'imbarazzo siamo tutti d'accordo... ma stavo scherzando!" 

"Certo, certo..." 






   
 
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