Serie TV > I Medici
Segui la storia  |       
Autore: Stella Dark Star    29/05/2017    1 recensioni
Per Andrea Pazzi e Lucrezia Tornabuoni è amore a prima vista quando s’incontrano nella basilica di San Lorenzo durante il funerale di Giovanni de’ Medici. Il problema è che entrambi sono sposati e per di più le loro famiglie sono nemiche naturali. Ma questo non basterà a fermarli. Tra menzogne e segreti, l’esilio a Venezia cui lei prenderà parte e il ritorno in città della moglie e i figli di lui, sia Andrea che Lucrezia lotteranno con tutte le loro forze per cercare di tenere vivo il sentimento che li lega. Una lotta che riguarderà anche gli Albizzi, in particolar modo Ormanno il quale farà di tutto per dividerli a causa di una profonda gelosia, fino a quando un certo apprendista non entrerà nella sua vita e gli farà capire cos’è il vero amore.
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Delfina de' Pazzi - La neve nel cuore", un'intensa e tormentata storia d'amore tra la mia Delfina e Rinaldo degli Albizzi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo ventidue
Addio
 
“Posso restare qui con Piero. Ci occuperemo noi della casa. Piero può seguire la Banca. Dio sa quanto ha bisogno di maggiori responsabilità!”
Aveva tentato, aveva sperato, si era buttata senza timori. Qualunque cosa pur di non lasciare Firenze. Non poteva andare. Non voleva. Andare in esilio avrebbe significato forse non fare più ritorno e perciò non rivedere più lui...
Gli occhi di Contessina, con il loro verde brillante e infinito, le avevano quasi dato una speranza. Era la stessa donna che qualche ora prima aveva coraggiosamente salvato il marito e la città entrando a Palazzo della Signoria in sella ad un bianco destriero e facendo valere le proprie ragioni. Un atto memorabile, un gesto di amore sconfinato per l’uomo che amava e per la propria città. Quella donna avrebbe acconsentito alla sua richiesta di certo, senza contare che Piero era già caduto nello sconforto al pensiero di dover lasciare la propria casa. Però…ormai la guerriera aveva deposto le armi a causa dello stesso uomo che aveva salvato. Cosimo si era mostrato indegno quando, invece di ringraziarla per il suo tempestivo aiuto, l’aveva vittimizzata dichiarandosi disposto a morire piuttosto che essere esiliato. Ma, visto che il danno era fatto, aveva stabilito che tutta la famiglia partisse per Venezia all’infuori di lei. Con quel doloroso pensiero nella mente, Contessina non rispose nulla e si limitò a sfiorare la guancia di Lucrezia con una carezza, infrangendo così ogni sua speranza.
Era dunque la fine?
Doveva assolutamente trovare una via d’uscita, un modo per restare senza destare sospetti. Ebbe un leggero mancamento che la fece barcollare, si ritrovò con lo stipite della porta piantato nella schiena, il respiro le mancò improvvisamente. Si diede una spinta in avanti, dandosi la forza di mettere un piede di fronte all’altro annaspando in cerca d’aria. Dalla gola arida si levarono frammenti di parole: “Andrea…. Non…voglio.”
Giunse alla propria camera da letto e vi scivolò all'interno, quindi chiuse la porta facendola sbattere alle proprie spalle. Finalmente un singhiozzo pose fine all’agonia, il respiro le tornò assieme ad una pioggia di lacrime che presero a scendere precipitose lungo le sue guance per poi finire sul pavimento. No, era quella l’agonia. Ed era appena cominciata. Si lasciò cadere sul letto, il viso premuto contro la coperta nel tentativo di soffocare i singhiozzi che si erano fatti più forti e che le stavano massacrando il petto. Strinse tra le dita un lembo di coperta, sollevò leggermente il viso: “Aiutami.” Una richiesta disperata che però non poteva giungere all’orecchio dell’uomo che amava.
Due colpi alla porta e una voce familiare: “Madonna Lucrezia, vi sentite bene? Messer Cosimo mi manda a dirvi che è quasi giunta l’ora di partire.”
La voce della fedele serva arrivò ovattata attraverso la porta, ma bastò a placare il pianto di lei. Lucrezia si passò velocemente il fazzoletto sul viso per asciugare le lacrime e prese un respiro profondo: “Va bene.” Per fortuna la voce non le uscì troppo roca.
Saltò giù dal letto e corse allo scrittoio con rinnovata energia. Non aveva tempo da perdere, una volta a Venezia avrebbe potuto piangere quanto voleva. Afferrò la penna dal calamaio, con mano tremante, e prese a scrivere meglio che poté.
Mio amato Messer Pazzi,
è con il cuore in frantumi che vi scrivo questa mia. Quando leggerete le mie parole io sarò già lontana con la mia famiglia e mi rammarico di non essere riuscita a dirvi addio personalmente.
Ho tentato l’impossibile per restare qui Come abbiamo potuto anche solo pensare che il nostro legame potesse avere un futuro? Forse ciò che credevamo di provare altro non era se non una via di perdizione causata dalle insoddisfazioni delle nostre vite. Io e voi siamo persone diverse, con sogni diversi e aspirazioni diverse. Eppure, se non fossi sposata non esiterei ad unirmi a voi Questo esilio, a cui prendo parte per volere dei miei suoceri, arriva come un aiuto dal cielo. Dio sta dando sia a me che a voi la possibilità di ricominciare, di imparare dai nostri errori. Per quanto io vi ami Sono certa che la lontananza ci farà presto dimenticare tutto ciò che vi è stato tra noi.
Addio.”
Era un miracolo che fosse riuscita a salvare il foglio di pergamena dalle lacrime che avevano ricominciato a cadere dai suoi occhi. Scrivere simili menzogne era stato più arduo che mai.
Sparse la polvere per assorbire l’inchiostro, quindi vi soffiò per toglierla. Dovette rivolgersi all’intero Creato per trovare la forza di non strappare subito quella lettera piena di falsità. Una volta arrotolato il foglio e impresso il proprio sigillo, Lucrezia si alzò dalla piccola sedia e uscì dalla stanza a passo spedito. Lo sguardo che vagava da una parte all’altra, in cerca di qualcuno a cui affidare il prezioso messaggio. E poi vide l’unica persona che poteva aiutarla.
“Marco Bello.” La voce le uscì quasi strozzata, ma comunque fu abbastanza per attirare la sua attenzione.
L’uomo fece un cenno col capo: “Sì, Madonna?”
“Devo affidarti un incarico, ma bada che resti un segreto tra noi.” Disse lei, mostrandogli il rotolo di pergamena. Quindi si sporse su di lui per sussurrargli i dettagli all’orecchio: “Ti prego di portarla a Palazzo Pazzi. Immediatamente. Consegnala a chi ti aprirà la porta e dì solamente che venga data a Messer Pazzi al tramonto. Non prima.”
Marco la guardò in tralice: “Pazzi? Lucrezia, non credo sia una cosa saggia…”
“Fallo!” Aveva quasi gridato, si schiarì la gola e riprese a parlare sottovoce: “Fallo, ti prego. Per me è molto importante.”
Lui la fissò alcuni istanti, ma poi lasciò un respiro e le prese la pergamena dalla mano: “Farò presto. A breve partiremo e non vorrei che Cosimo si accorgesse della mia assenza.”
Un sorriso sfiorò le labbra di Lucrezia: “Ti ringrazio.” Voltò lo sguardo altrove e poi lo riportò su di lui: “Vado a vedere se Piero ha bisogno di me.”
Marco la osservò allontanarsi  e imboccare un corridoio, appena sparì alla sua vista sollevò la pergamena e la squadrò con disappunto. Scosse il capo: “Il suo contenuto potrebbe essere pericoloso.” Gli tornò alla mente il giorno in cui li aveva colti in flagrante, nella camera da letto di lei, intenti a baciarsi. Fece per stringere la lettera nel palmo della mano con l’intento di sgualcirla e poi farla sparire. L’avrebbe salvata dal suo stesso peccato e messo la parola fine a quella relazione abominevole. Ma non ne ebbe il coraggio. Imprecò tra i denti contro se stesso, quindi si arrese: “Che la lontananza possa rimettere quella ragazza sulla retta via.”
*
Il servitore, impeccabile nei suoi abiti di buona fattura e stirati a dovere dalla moglie, entrò nella sala tenendo con una mano il manico di una grande caraffa d’argento ricolma di ottimo vino rosso. Con attenzione riempì quasi fino all’orlo tre calici, anch’essi d’argento, posti su di un vassoio sul bordo del tavolo di forma circolare coperto da un elegante telo ricamato. Svolto il proprio compito, posò la caraffa su di un secondo vassoio e chinò il capo per congedarsi.
Rinaldo prese un calice per primo e lo sollevò, un’espressione evidentemente entusiasta sul volto: “Possiamo ritenerci soddisfatti per il risultato ottenuto!”
Ormanno al suo fianco e Tommaso di fronte, presero anch’essi i calici in mano in previsione di un brindisi.
Rinaldo si rivolse a Tommaso: “Devo farti i miei complimenti, ragazzo. Da quando sei a nostro servizio hai dimostrato il tuo valore e le tue capacità. Non solo i tuoi ‘preparati’ si sono rivelati utili più di una volta, ma anche la tua abilità di ottenere informazioni è ammirevole. Per questo motivo, il primo brindisi spetta a te!”
Tommaso fece un cenno col capo in segno di ringraziamento e arricciò un angolo della bocca in un mezzo sorriso compiaciuto, in quel modo tipico che gli apparteneva. Il primo sorso di vino fu alquanto gustoso, per lui.
Poi Rinaldo riprese la parola e puntò lo sguardo sul figlio: “Ormanno, cosa posso dire? Sei un figlio obbediente, un soldato valoroso e un abile uomo di politica. Non permetti a nessuno di calpestarti o intimorirti. Hai la mia piena stima.”
Ormanno sorrise, fiero di sé: “Vi ringrazio, padre.” E anche il secondo brindisi venne fatto.
Tommaso si incaricò personalmente di riempire nuovamente i calici di vino, intuendo che vi sarebbe stato dell’altro. E anche perché non gli capitava tutti i giorni di gustare del vino di buona annata!
Rinaldo si schiarì la voce: “Ed infine, brindiamo a questo giorno. All’esilio di quella serpe di Cosimo. Alla partenza di una famiglia che per anni ha spadroneggiato nella nostra amata città.”
Ormanno lo interruppe: “Perché Pazzi non è qui con noi? Anche lui ha contribuito, dovrebbe essere qui a festeggiare.”
Suo padre sfoggiò un’espressione beffarda: “Temo che il nostro alleato non sia dell’umore. La sua bella ha lasciato la città, da quanto ho sentito.”
“Voi credete che lui….stia soffrendo?” La voce spezzata dalla delusione.
Rinaldo scacciò l’argomento con un gesto della mano: “Si riprenderà.” Senza ulteriori indugi si portò il calice alle labbra e bevve l’intero contenuto tutto d’un fiato. Tommaso lo imitò volentieri. L’unico a non aver più voglia di festeggiare era lui, Ormanno. Grazie all’esilio sperava che finalmente Lucrezia sarebbe uscita dalla sua vita, in tutti i sensi. Ma quando sarebbe uscita dalla vita di Andrea, dalla sua mente e dal suo cuore? Con questi quesiti nella mente si portò il calice alle labbra per bere un sorso. Aimè, il vino aveva assunto un sapore diverso ora, come se si fosse tramutato in un amaro veleno. 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > I Medici / Vai alla pagina dell'autore: Stella Dark Star