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Autore: Maiko    29/05/2017    0 recensioni
Fu accolta dal piacevole tepore che il corpo dell’altro irradiava e andò a intrecciare le gambe nude con le sue, in cerca del calore che le scaldasse i piedi; Lavi non parve essere turbato dalla freddezza della sua pelle, infatti le avvolse un braccio attorno alla schiena e poggiò la fronte sulla sua spalla con un sospiro contento. [...]
Era assurda, la situazione in cui si trovavano: un Bookman e un’Esorcista in una relazione immorale al di fuori del vincolo del Matrimonio, che si amavano silenziosamente nelle notti più scure per non essere visti. Lenalee temeva il giorno in cui tutto ciò le sarebbe stato strappato via.

[LaviLena]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bookman, Lenalee Lee, Rabi/Lavi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Another Day




La giornata era quasi giunta al termine e il buio avvolgeva il complesso di edifici del Nuovo Ordine, e le torri e le mura di cinta erano visibili solo per le miriadi di luci che baluginavano nelle finestre, quando Lavi rientrò da una missione di quattro giorni particolarmente sfiancante.
Dopo un breve rapporto nell’ufficio del Supervisore, che all’Esorcista sembrò durare una decina di minuti di troppo, Bookman gli si separò per andare a consultare alcuni documenti e il ragazzo si diresse al proprio alloggio con fare assonnato. La missione, di per sé, sarebbe dovuta essere la tipica toccata e fuga per l’Innocence, niente di particolarmente complesso o logorante: la solita prassi; i problemi erano sorti quando, raggiunta la squadra Finder sul posto, erano stati colti alla sprovvista da ben due Level 4. I due Esorcisti ne erano usciti talmente logorati che, una volta eliminata quella minaccia più consistente, far piazza pulita dei Level 1 e 2 rimanenti aveva preso loro il triplo, se non il quadruplo, del tempo che avrebbero normalmente impiegato.
Nonostante l’imprevisto ritardo la missione era andata a buon fine ed erano riusciti a recuperare il frammento di Innocence senza ulteriori intoppi.
Appena concluso l’incontro con Komui, Lavi lasciò cadere la maschera di indifferenza e professionalità che Bookman gli aveva insegnato ad assumere e si abbandonò finalmente, in parte, alla prepotente stanchezza che aveva minacciato di coglierlo per due giorni. Forse, pensò l’Esorcista mentre sforzava il proprio corpo intorpidito lungo il corridoio, il Vecchio aveva avuto compassione del suo misero stato quando gli aveva ordinato di andarsi a fare una dormita per "evitare di essere un inutile peso anche il giorno dopo". Lavi non riusciva a comprendere come Bookman stesso riuscisse a stare in piedi dopo la fatica degli ultimi quattro giorni.
In fondo al corridoio apparve la porta della sua stanza, quasi come un miraggio. Il ragazzo affrettò il passo e ignorò i muscoli dolenti che lo imploravano di fare piano, con l’intento di gettarsi tra le coperte e così placare l’ardente desiderio di dormire e l'appannarsi della vista a ogni battito di palpebra.
Entrò nella camera ricolma di libri e documenti, disordinatamente dimenticati su ogni superficie così come lui li aveva lasciati, e si spogliò della giacca della divisa, logora e sporca dai lunghi combattimenti; la gettò a cavallo di una pila di manoscritti e si scalzò gli stivali dai piedi. Infine, senza curarsi di sfilare i pantaloni dell’uniforme o la maglia leggera che ancora gli copriva il torso, Lavi spinse giù dal letto i tomi più ingombranti (non preoccupandosi dei tonfi che ne seguirono) e si gettò sul materasso con un sospiro soddisfatto.
Rilassò finalmente il corpo tra le lenzuola e, ignorando la benda che ancora gli copriva l’occhio destro, si abbandonò al dolce richiamo del sonno.
 
Fu un quieto ma deciso bussare alla porta, un paio d’ore dopo, a destarlo dal suo dormire.
Gli ci volle una decina di secondi affinché la sua mente assopita riuscisse a dare un senso al rumore che gli rombava nelle orecchie, poi grugnì pietosamente contro la federa del cuscino e lanciò un’occhiata offuscata in direzione della parete all'ingresso, dove un orologio della Scientifica segnava 
1:23 in nitidi caratteri azzurrini.
Strinse gli occhi e sforzò il proprio corpo indolenzito giù dal letto, emettendo un debole verso contrariato quando il movimento improvviso gli fece girar la testa. Percorse a piedi nudi la breve distanza che lo separava dalla porta e l’aprì quel tanto da poterci cacciar fuori la testa, con la domanda “che c’è?” pronta sulle labbra; lasciò ricadere lungo il fianco la mano che aveva meccanicamente sollevato per strofinarsi l’occhio quando mise a fuoco la persona sulla soglia.
«Sei tornato.» disse Lenalee semplicemente, ferma di fronte a lui con i capelli che le ricadevano disordinatamente all’altezza delle spalle e gli occhi un po' lucidi nella semioscurità del corridoio. Lo osservava con labbra strette e un misto di severità e qualcosa di indefinito nelle iridi scure; la camicetta da notte che indossava gli disse che doveva essersi anche lei appena alzata.
Lavi sbatté le palpebre un paio di volte, ancora troppo assonnato per rielaborare immediatamente quanto gli fosse stato detto, per poi aprire bocca e non emettere fiato per una manciata di secondi. «Uh… » articolò intelligentemente, infine, mentre ancora cercava di capire se la sua fosse stata una domanda o un’esclamazione. «Sì?»
Sgranò l’occhio con un verso sorpreso quando Lenalee lo colpì alla spalla: di tutte le cose che si era mai aspettato potessero succedere all'una passata del mattino, l'idea di un pugno non lo aveva mai lontanamente sfiorato. Aprì e richiuse la bocca massaggiandosi la parte lesa, senza sapere bene come reagire al gesto e allo sguardo, ora apertamente truce, che lo passava da parte a parte; l’unico pensiero, un po’ coerente, che lo attraversò in quella frazione di tempo prima che la ragazza parlasse di nuovo, fu che avrebbe volentieri baciato via quell’espressione corrucciata dal suo viso.
«Sei in ritardo di due giorni e non hai nemmeno pensato di avvertirmi del tuo ritorno.» pronunciò lei corrugando le sopracciglia. «È tutto qui quello che hai da dirmi?»
Lavi sarebbe stato ben felice di ammaliarla con le sue doti oratorie, non fosse stato per il sonno che ancora gli avvolgeva le membra e gli impediva di formulare più di qualche pensiero lucido in fila; purtroppo avvertiva ancora il calore delle coperte come uno spettro sulla pelle, così maledettamente invitante, e metà del suo viso era un intricato arazzo che la federa del cuscino gli aveva stampato addosso. E questo era quanto.
«Mi dispiace?» azzardò ancora.
Lenalee abbandonò l’espressione inasprita in favore di una esasperata. Si portò una mano alla fronte e scosse la testa, come se stesse cercando di comprendere per quale insano motivo avesse a che fare con lui, poi rialzò gli occhi e parve finalmente considerare lo stato in cui si trovava: lo sguardo le si addolcì quando notò, prima, il mosaico di righe sulla sua guancia e la benda storta, poi la fascia che gli pendeva pigramente da un’orecchia e la maglia ancora sporca di sudore appiccicata al petto; infine esaminò il suo occhio visibile iniettato di sangue e con un'evidente borsa viola.
Lavi la vide emettere un lungo sospiro, dopodiché avvertì le sue mani delicate sulle spalle fare un po’ pressione; lui, troppo confuso dalla stanchezza per fare o dire alcunché, lasciò che lo spingesse indietro nella stanza.
«Andiamo.» disse Lenalee, il tono più dolce e quieto di quanto non fosse un attimo prima, e richiuse la porta. Gli afferrò il polso e lo guidò verso il letto; lì lo fece sedere e gli afferrò i lembi della maglia per sfilargliela, facendogli capire con lo sguardo di alzare le braccia. Se fosse stato un po’ più in se stesso, in quel momento, Lavi avrebbe fatto una battuta su quanto fosse intraprendente e ne avrebbe approfittato per usare il proprio charm, invece si ritrovò a collaborare senza aprire bocca.
La ragazza piegò l’indumento sporco nell’incavo del proprio gomito e seguitò a togliergli la fascia, liberando una cascata di capelli scarmigliati; posò poi le dita sulla benda nera e iniziò a sfilargliela. Lavi si tese come una corda di violino, più per memoria del corpo che per altro, ma lasciò docilmente che lei gliela togliesse; chiuse entrambi gli occhi e respirò profondamente, avvertendo nuovamente le mani sul viso e il pollice accarezzargli una guancia in un moto rassicurante. Ciò che celava allo sguardo di tutti, dopotutto, non era nulla che lei già non conoscesse.
Lenalee si scostò per andare a poggiare gli abiti a cavallo della sedia, storcendo un poco il naso nel notare il disastro in cui verteva la camera dei due Bookman; raccolse da terra la giacca della divisa e la piegò alla bell’e meglio, decidendo di portarla in lavanderia sulla via del ritorno perché il suo odore era tutto fuorché gradevole. Lanciò un’occhiata fugace all’altro Esorcista, che ora aveva riaperto gli occhi e seguiva i suoi movimenti con palpebre pesanti, e si chiese quanto male la missione fosse andata per ridurlo in quello stato. Si sentì un po' in colpa per il pugno che gli aveva tirato, ma non c'era più molto che potesse fare al riguardo.
Lavi si accorse di essersi distratto solo quando se la ritrovò nuovamente di fronte: sembrava incitarlo a sdraiarsi, lì com’era con una mano sulla sua spalla e lo sguardo aperto e gentile; dopo un paio di secondi si rese anche conto che le sue labbra, così rosee e delicate, si stavano muovendo.
«…Meglio che tu ti stenda.» la sentì dire quando si fu, alla fine, concentrato sulla sua voce. «Mi hai fatta preoccupare.» continuò, con tono delicato ma una costante punta di rimprovero. «Non avevamo vostre notizie da tre giorni e ho pensato… Mio fratello ha detto di aspettare e che se entro la fine della settimana non foste tornati avrebbe mandato qualcuno a cercarvi.» le labbra le si piegarono in un piccolo broncio, che nel suo stato di spossatezza il ragazzo ritenne assolutamente adorabile.
Lavi avvertì la sua mano fare un po’ di pressione e alzò lo sguardo dalla sua bocca a quelle pozze di incantevole viola che lo scrutavano con insistenza. La vide corrugare la fronte e fu nuovamente riportato al presente dalle le sue parole.
«Avanti.
» proferì lei con un sospiro «Non sembri in grado di rimanere sveglio ancora a lungo.» così dicendo lo spinse un po’ all’indietro, delicatamente ma con una certa decisione. «Collabora un po’ con mei, vuoi?» chiese poi, spazientita, quando realizzò che il ragazzo se ne stava rigido e teso come se fosse pronto a recarsi sul campo di battaglia. Suppose, mordendosi le labbra, che una missione prolungata e una carenza di sonno potessero provocare una certa paranoia anche negli individui più lucidi.
Lavi sbatté pigramente le palpebre, come se non si rendesse pienamente conto di cosa accadesse intorno a lui, ma diede un cenno d'assenso e si rilassò nei limiti delle sue capacità. Lenalee lo aiutò a stendersi sul materasso, scostò il lenzuolo da sotto di lui e gli diede una mano a sollevare le gambe sul letto.
«Avresti almeno potuto venirmi a bussare.» borbottò intanto, più per liberarsi dalla preoccupazione accumulata negli ultimi due giorni che per reale intenzione di mortificarlo. Lo coprì con la trapunta fino al torace e sospirò, dandogli una leggera pacca sul braccio. «Continuiamo il discorso domani, tu e io.» concluse. Si chinò per dargli un bacio sbrigativo sulla guancia e indietreggiò di un passo, decidendo con una certa pesantezza di portare i suoi abiti in lavanderia e tornarsene a dormire. Si arrestò quando Lavi le avvolse le braccia intorno alla vita e posò la fronte sul suo ventre, espirando profondamente dalle narici.
«Resta.» biascicò contro il tessuto della sua camicetta da notte; aveva gli occhi semichiusi e la osservava attraverso le ciglia, per quanto fosse possibile da quella strana angolatura.
Lenalee si morse il labbro e andò a poggiare le mani sui suoi gomiti. «Lavi…» iniziò in tono supplichevole, ma fu subito interrotta.
«Ti prego.» implorò lui contro il suo addome.
Sospirò con un certo calore nel petto, perché il ragazzo la stava stringendo a sé con una vulnerabilità che di solito teneva stretta dentro di sé. Erano state ben poche le occasioni in cui le si era aperto e le aveva mostrato quel lato fragile che come futuro Bookman era costretto a ripudiare; la prima volta, la più importante, era stata quando le aveva rivelato quanto nascondeva dietro la benda. Lenalee ancora ricordava come lui avesse distolto lo sguardo ed emesso una risatina in tono spezzato, avendo preso la sua mancanza di parole come un rifiuto o una derisione; non era stato nulla del genere, ma la voce le era mancata così improvvisamente che non aveva potuto far altro che guardarlo.
Avvertì il cuore stringersi un poco e lo stomaco fare una capriola, perché si rese conto, ancora una volta, di quanta fiducia il ragazzo ponesse in lei: se ora se ne fosse andata al mattino Lavi avrebbe provato solo un’enorme vergogna per essersi esposto e, pensò con amarezza, non sarebbe certo stata la prima volta.
Con un sospiro, Lenalee si accorse di essere stata sconfitta.
Tentennò ancora un istante, disegnando col pollice piccoli cerchi sui suoi gomiti ruvidi, e si ritrovò per l’ennesima volta a chiedersi per quale motivo Dio li avesse uniti quando il loro legame aveva così breve vita. Socchiuse gli occhi e pensò a suo fratello, che ancora adesso vedeva in lei quella bambina sperduta e tremante di cui aveva raccolto i cocci all’Ordine tanti anni prima e che ignorava come, ormai, fosse divenuta donna. Se solo avesse saputo… Lenalee, talvolta, si divertiva a immaginare quale reazione avrebbe avuto alla scoperta della loro relazione. Non avrebbe mai voluto mentirgli e nascondergliela, ma sapeva che non sarebbe stato così ancora per molto, perché quello che c'era tra loro era un legame illecito e a scadenza: Lavi sarebbe presto divenuto Bookman, lo sapevano bene entrambi, e Bookman non ha né cuore né affetti. Qualunque, piccolo idillio stessero vivendo prima o poi avrebbe avuto fine.
Ogni volta che ci pensava, Lenalee avvertiva stringersi il cuore nel petto e gli occhi pizzicare e si chiedeva per quale motivo continuasse a torturarsi; perché seguitasse speculare sul dopo, su quando loro non sarebbero più stati. Eppure era inevitabile, allo stesso modo in cui lo era partire per ogni missione con la consapevolezza che avrebbe potuto essere l’ultima. Altre volte, invece, il dolore la coglieva in quei radi, spensierati attimi in cui immaginava il se, le infinite possibilità di una vita insieme. Talvolta, Lenalee non ci dormiva la notte.
Socchiuse gli occhi e risalì con la mano per infilare le dita tra la massa di capelli rossi. «Sei sleale.» sussurrò. Sospirò pesantemente quando il ragazzo, perfettamente conscio di averla vinta, sciolse la presa sulla sua vita e si fece un po’ più in là nel letto, scostando un lembo del lenzuolo per lei; Lenalee emise un piccolo sbuffo e piegò i suoi abiti alla bell’e meglio ai piedi del letto, abbastanza in là affinché non ci inciampassero sopra la mattina seguente, poi si infilò sotto le coperte. Fu accolta dal piacevole tepore che il corpo dell’altro irradiava e andò a intrecciare le gambe nude con le sue, in cerca del calore che le scaldasse i piedi; Lavi non parve essere turbato dalla freddezza della sua pelle, infatti le avvolse un braccio attorno alla schiena e poggiò la fronte sulla sua spalla con un sospiro contento.
Lenalee portò una mano sulla sua nuca e attorcigliò le dita tra i fili dei suoi capelli disordinati, tirandoli gentilmente per districare i nodi e massaggiandogli il capo; l’altro mugugnò piano, a metà strada verso il mondo dei sogni, e le posò un bacio sulla clavicola, laddove la spallina della camicetta scivolava perché troppo larga. «Ti adoro.» mormorò lì contro la sua pelle.
La ragazza avvertì il calore avvolgerle il petto e salire fino al viso, come accadeva ogni volta che lui le si metteva così a nudo; emise un verso affermativo, non fidandosi della stabilità della propria voce e avvertì Lavi piegare le labbra contro la sua pelle in un piccolo sorriso, sicuramente ben conscio dell'effetto che le sue parole avevano su di lei. Esalò una breve risata sulla sua tempia. «Me lo auguro, Junior.» replicò infine, dopo qualche attimo, guadagnandosi uno sbuffo divertito e un leggero pizzicotto sul fianco.
Lavi era caldo, un po’ sudato dietro al collo e nell’avvallamento della schiena; aveva un po' di terra sulla guancia e tra i capelli e non odorava di buono. Lenalee avrebbe dovuto esserne disgustata e accompagnarlo alle docce (e francamente il suo naso protestava un po') ma la sua mente richiamò facilmente occasioni in cui lei stessa, sporca e stremata dopo lunghe missioni, era andata a cercare rifugio e protezione tra le sue braccia. Erano stati proprio quei momenti, inizialmente una fuga dalla realtà quando la Guerra diveniva insopportabile che non avevano nulla di romantico, a legarli indissolubilmente e segnare l'inizio del loro declino.
Non ci volle molto affinché Lavi si rilassasse e il suo respiro divenisse più pesante e regolare. Non si era addormentato del tutto, notò lei distrattamente, perché ancora sentiva le sue labbra lasciarle delicati baci sulla spalla; forse sarebbe andato incontro all'ennesimo sonno agitato, ma sperò che la propria vicinanza potesse essergli d'aiuto. Chiuse gli occhi e abbandonò la fronte contro la sua tempia, augurandosi che il torpore venisse presto anche per lei e allontanasse tutti quei pensieri molesti che le occludevano la mente. Prima che il coraggio le mancasse inclinò il viso verso il suo orecchio:
«Ti adoro anch’io.» sussurrò, perché anche lei si era costruita infinite barriere per non ferirsi più. Lavi la udì ugualmente e la strinse di più a sé.
Era assurda, la situazione in cui si trovavano: un Bookman e un’Esorcista in una relazione immorale al di fuori del vincolo del Matrimonio, che si amavano silenziosamente nelle notti più scure per non essere visti. Lenalee temeva il giorno in cui tutto ciò le sarebbe stato strappato via.
 
* * * *
 
Fuori dalle mura si udirono i primi cinguettii; l’aria primaverile, ancora frizzante, si insinuava tra gli spiragli delle finestre e ghermiva coloro che prima dell'alba osavano avventurarsi nei corridoi.
Bookman, espressione tipicamente stoica e indecifrabile sul volto, camminava e rimuginava su quanto aveva scoperto in biblioteca. La notte era stata lunga e tediosa, forse troppo silenziosa senza i continui chiacchierii di Lavi, ma certamente fruttuosa; decise che avrebbe discusso le nuove informazioni con il Supervisore a orari più consoni, magari dopo il pranzo o durante il caffè del mattino.
Raggiunse le proprie stanze e si chiese se fosse il caso di svegliare il suo allievo o di lasciarlo dormire ancora un poco; una parte di lui volle sperare di trovarlo già in piedi, ma le possibilità erano ben misere. Aprì la porta sulla camera buia e gettò un'occhiata ditratta alla figura rannicchiata sotto le lenzuola, poi accese un cerino per ravvivare la candela di fianco all’ingresso.
Si richiuse l’uscio alle spalle e, quando si voltò nuovamente, spalancò gli occhi: perché sul materasso, con la coperta tirata su fino al busto, Lavi e Lady Lena dormivano stretti l’uno all’altra; i loro visi erano distesi, apparentemente sereni in quel rifugio che si erano ritagliati, e l’abbraccio che li univa pareva essere l’unica cosa che contasse nel loro piccolo mondo.
Bookman espirò profondamente e strinse le labbra in una linea sottile; chiuse un attimo gli occhi per riprendere controllo di sé, avvertendo qualcosa che un tempo avrebbe chiamato pietà stringergli il petto. Quando li riaprì osservò il proprio successore immerso nel sonno più dolce contro la spalla dell'amante e si disse che non sarebbe dovuta andare così. Lavi era ancora troppo giovane, troppo ingenuo e debole a tutti quei sentimenti che invece doveva imparare ad abbandonare. Bookman aveva creduto che non sarebbe mai successo, che la vita avrebbe risparmiato il giovane da un amore troppo difficile da lasciare indietro. Lo aveva temuto, certo, ma non l'aveva mai considerata una possibilità; avrebbe dovuto prevederlo.
Erano entrambi poco più che bambini, quei due ragazzi scelti da Dio, cresciuti troppo in fretta a causa della Guerra e privati di un'infanzia. Bookman avrebbe dovuto vederlo nei sorrisi e negli sguardi che si rivolgevano quando si incrociavano nei corridoi, nelle notti in cui Lavi rientrava tardi sperando che lui non se ne accorgesse; nel modo in cui era sempre un po’ distratto quando il dovere chiamava, sempre di più. L'aveva creduta una semplice infatuazione, un sentimento frivolo e passeggero e non ricambiato che presto sarebbe andato via.
L'amore non era cosa per loro; non per gli Esorcisti e non certo per i Bookmen. Entrambi lo sapevano, di questo almeno era certo, ed entrambi sapevano dell’inevitabile fine a cui questo sarebbe andato incontro.
Si massaggiò una tempia ed emise un lungo sospiro. L’immagine del suo successore e Lady Lena, seminudi e abbracciati in quell’atto che credevano tuttora nascosto agli occhi del mondo, era incancellabile dietro le sue palpebre. Soffiò sulla candela e uscì dalla stanza.


 

Spazio autrice:
Finalmente! Eccomi di nuovo nel mio fandom, questa volta con una LaviLena che avevo nel petto da parecchi mesi.
Li ho sempre adorati, insieme, e nel mio cuoricino continuo a sperare che tra loro accada qualcosa alla fine del manga; purtroppo, credo sappiamo tutti bene che la Hoshino, se mai inserirà qualche coppia, concluderà con la Allena. La speranza è l'ultima a morire, però!
Penso di avere in mente un'altra, breve fanfiction per questi due, ma non so se e quando mi metterò a scriverla. Nel frattempo pubblico questa per quei poveri sventurati che come me amano la LaviLena e soffrono internamente.
Voglio precisare che, non sapendo ovviamente cosa si celi sotto la benda di Lavi, sono voluta rimanere il più vago possibile riguardo al suo occhio.
Se a qualcuno andasse di lasciarmi un commentino per dirmi che ne pensa, mi farebbe molto piacere!
Maiko.

(Non posso credere che la LaviLena non sia tra le possibili coppie da inserire nelle note!)

Edit 16/03/18
Ho sistemato un po' la storia, perché rileggendola mi sono resa conto di quanto risultasse pesante; in questo modo dovrebbe essere più scorrevole alla lettura!
  
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