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Autore: Susannah_Dean    29/05/2017    4 recensioni
Un'esplosione in un quartiere di periferia, un mistero da risolvere e un pericolo da combattere. Una giornata come le altre su Mobius, se non fosse per un passato che non vuole essere dimenticato e dei legami impossibili da spezzare. Riusciranno i nostri eroi a salvare la situazione ancora una volta, o sarà il destino a lasciarli senza scampo?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Knuckles the Echidna, Rouge the Bat, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Che è successo? – Chiese l’agente Johnson, facendo un gesto vago con la mano.
Shadow seguì la direzione indicata con lo sguardo e incrociò la sagoma di Rouge, distante alcuni passi da loro. La sua partner non sembrava più a rischio di collassare sull’asfalto, ma era rimasta appoggiata alle transenne. I suoi occhi non scrutavano più la folla, ma erano puntati sulla strada davanti a lei, anche se vitrei e distanti com’erano era improbabile che vedessero qualcosa.
Il riccio nero meditò un istante sulla domanda. Dire la verità sarebbe probabilmente stata la scelta migliore, e avrebbe evitato problemi ad entrambi. D’altra parte, se qualcuno oltre a lui avesse avuto anche solo il sospetto che Rouge fosse coinvolta direttamente, l’avrebbero estromessa dal caso e lei non gliel’avrebbe mai perdonato.
Perché toccava sempre a lui risolvere certe questioni, maledizione?
- Lo spettacolo deve averla sconvolta – disse infine, dandosi mentalmente del cretino. – Troppe persone scomparse. E’ meno probabile che le troviamo tutte.
L’agente inarcò un sopracciglio. – Non credevo fosse così emotiva – commentò. Era una bella donna, un’Overlander alta e robusta dai corti capelli scuri, ma soprattutto aveva un ottimo intuito e un cervello finissimo: non sarebbe stata scelta come vice personale del comandante Tower, e dunque come uno degli elementi più importanti della GUN, senza queste caratteristiche, ma in quel momento Shadow avrebbe voluto avere a che fare con qualcuno di meno attento.
- Abbiamo tutti un punto di rottura – replicò, ignorando il tono dubbioso della frase precedente. Si sarebbe occupato dell’incredulità altrui se e solo se fosse stato necessario. Per ora, era meglio cambiare discorso. – Dobbiamo andare in ospedale a parlare con i testimoni?
La Johnson scrollò le spalle. – Non io. Dubito che troverò qualcosa, ma si aspettano che cerchi degli indizi. – Abbassò lo sguardo su di lui, pensierosa. – Hai già controllato all’interno?
- Tutti gli edifici. Non tutti gli appartamenti, ma è inutile. Qualunque valore stiano cercando di misurare, è tornato a posto dopo l’ondata di prima. – Il riccio fece una pausa, riflettendo. – Prendo Rouge e vado a parlare con i bambini. Informateci, se scoprite qualcosa.
- Ricevuto. – L’agente abbozzò un saluto militare e si allontanò a lunghi passi. Shadow tirò un silenzioso sospiro di sollievo, poi si diresse verso il punto dove la pipistrellina era rimasta senza cambiare posizione.
- Come stai? – Chiese, incrociando le braccia. Era preoccupato, nonostante il problema di averla dovuta coprire. Non era abituato a vedere questo aspetto del carattere di Rouge.
Lei fece un debole sorriso. - Meglio. Cosa ti ha chiesto Fran?
Fran. Come riuscisse a ricordarsi tutti quei nomi era un mistero. – Mi ha chiesto cosa ti fosse successo. Le ho fatto credere che fossi solo turbata.
- L’ha bevuta?
- Non abbastanza. Prima o poi tornerà a fare domande.
- Le parlerò io. Affascinare le persone perché facciano quello che voglio è il mio lavoro.
- Non ho dubbi – replicò Shadow, sollevato. Il fatto che fosse in grado di scherzare era indice di miglioramento. – Vuoi spiegarmi cos’è questa storia? Credevo che non fosse rimasto più nessuno della tua famiglia. Avevo controllato il tuo file alla GUN.
- Il file dice quello che io voglio che dica. C’è un altro pezzo di storia che non sa nessuno.
- E hai intenzione di farmela conoscere, o…
- Devo, per come è messa la situazione. – Rouge si staccò dalla transenna. Aveva ripreso un po’ di colore, anche se era ancora anni luce dalla sua solita verve. – Però non adesso. Credo che abbiamo del lavoro da fare. Giusto?
Pur provando la sensazione di trovarsi di fronte a un puzzle con un pezzo mancante, Shadow non poté fare a meno di annuire. Non c’era modo di sapere se l’evento di poche ore prima si sarebbe ripetuto, e, nel caso, quando questo sarebbe accaduto. Meglio mettersi all’opera in fretta e sperare che il coinvolgimento di Rouge non le avrebbe impedito di lavorare al meglio: altrimenti, si sarebbe riservato il diritto di mandarla a casa personalmente.
Dopo che lei gli avesse fornito una spiegazione razionale, magari.
 
 
L’ondata di ricordi travolse Rouge con la stessa potenza di un treno in corsa.
A causa del loro preoccupante stato di shock, i bambini erano stati portati all’ospedale più vicino a Stormtop Lane, uno dei pochi edifici in cui non avrebbe mai voluto mettere piede di nuovo. Ora che si trovava lì, questa convinzione non poteva che rafforzarsi: nulla sembrava essere cambiato negli anni, persino le infermiere sembravano le stesse. Il flusso costante di suoni, immagini ed odori era così familiare che le pareva di essere tornata indietro nel tempo.
Respirò a fondo, decisa a non perdere la calma. Avrebbe mantenuto la compostezza che era ormai il suo marchio di fabbrica, ciò che le aveva permesso di raggiungere un livello simile, e di sicuro non avrebbe permesso ad un dannato ospedale di strappargliela via.
Presa questa decisione, la pipistrellina seguì Shadow lungo gli infiniti corridori identici l’uno all’altro, imponendosi di non ricordare la strada migliore per raggiungere la stanza che volevano. Se avesse dato a vedere quanto quel posto le fosse noto, il suo partner avrebbe tentato di sbatterla fuori, e quello sì che sarebbe stato indecente. Perciò lasciò che fosse lui a guidarla, fino a che non si fermarono di fronte ad una porta chiusa, di fronte a cui li aspettava una dottoressa.
Quest’ultima, una gatta ormai avanti con gli anni, si accigliò dietro gli occhiali dalle lenti spesse. – Mi avevano avvertito che sareste arrivati. Potete parlare con loro, ma non a lungo. Non hanno ancora realizzato bene che cosa sia successo, non potete turbarli troppo.
Rouge fece uno sforzo per non rispondere a quelle parole già sentite decine di volte, e sperò che Shadow facesse altrettanto. Si era resa conto di aver già visto quella dottoressa, e non voleva che lei le dedicasse più attenzione del necessario e la riconoscesse a sua volta. Si limitò ad annuire e ad entrare nella stanza, una volta che la donna si fu fatta da parte.
I due bambini erano seduti sullo stesso letto, nonostante ce ne fossero due. Probabilmente avevano resistito ai tentativi di tenerli lontani più di un metro l’uno dall’altra. Si voltarono entrambi sentendo la porta aprirsi, e lanciarono identiche occhiate preoccupate ai due sconosciuti appena entrati.
- Pochi minuti – avvertì la dottoressa, e chiuse la porta alle loro spalle, lasciandoli soli con i loro unici testimoni.
Nonostante le apparenze, Shadow era piuttosto bravo a capire i bambini, perciò lui e Rouge non ebbero neanche bisogno di guardarsi per capire quale fosse la strategia migliore in quella situazione. Il riccio nero si tenne in disparte, più lontano dal letto occupato, lasciando che fosse l’altra a sedersi sull’unica sedia disponibile, direttamente di fronte ai piccoli. Era più facile che fosse lui ad intimorirli, dopotutto.
- Faremo molto in fretta – assicurò loro per prima cosa, sperando che sarebbe stato davvero così. Non vedeva l’ora di uscire da quel posto. – Voi siete Logan e Nadir, giusto?
Annuirono in perfetta sincronia. Logan era una lince dalla pelliccia dorata, con grandi occhi azzurri che la fissavano con aperta curiosità, mentre Nadir aveva occhi castani come il pelo da leonessa che la copriva. Rouge giudicò che se avessero continuato con quella sintonia, sarebbero rimasti amici molto a lungo e si sarebbero messi insieme prima del diploma. Sempre che Stormtop Lane non li facesse finire in prigione prima ancora di entrare al liceo, naturalmente.
Si voltò verso la bambina. – Nadir, ci hanno detto che puoi tradurre tu quello che Logan segna con le mani. – Shadow aveva raccolto tutte le informazioni durante la sua crisi esistenziale e gliele aveva riferite lungo la strada.
La piccola annuì di nuovo. – Riesce a capire quello che dicono tutti guardando la bocca, ma quando parla solo io capisco cosa dice.
Parla. Prima che questa scelta di parole potesse distrarla, Rouge riprese a rivolgersi a loro. – Allora potete raccontarci cos’è successo. Con calma, avete tutto il tempo che volete.
Erano frasi tanto riciclate dai telefilm di polizia che era possibile che non funzionassero. Invece Nadir trasse un grande respiro e iniziò a parlare, lanciando ogni tanto un’occhiata ai gesti compiuti da Logan. – Dovevamo già essere a casa. Eravamo in ritardo per i ghiaccioli. Ci siamo fermati a comprarli perché io avevo i soldi, se no eravamo noi anche lì. – Parlava in tono monocorde, gli occhi apparentemente fissi su Rouge ma del tutto fuori fuoco. La dottoressa era stata nel giusto: qualunque cosa avesse visto quella ragazzina, non ne aveva ancora realizzato le conseguenze.  – Abbiamo visto una grossa luce verde. Sembrava di quelle che fanno gli alieni nei film, ma non c’erano le astronavi.
Fin lì non era niente di nuovo. – Va bene. Vi ricordate cos’è successo dopo?
Logan riprese a gesticolare con più foga. Nadir lo osservò con attenzione, poi tentò di ripetere ciò che aveva visto. – C’è stato un sacco di rumore. Sono usciti tutti dai negozi, e guardavano dalle finestre. Non dalla strada nostra, però, dalle strade vicine. Nella nostra strada non si vedeva nessuno. Avevamo visto Zozzo Toby in mezzo alla strada, e dopo la luce verde non lo si vedeva più. – La bambina rivolse a Rouge uno sguardo quasi colpevole. – I ragazzi grandi lo chiamano Zozzo Toby perché dorme sulla strada e non si lava mai. Ce lo hanno insegnato loro.
L’altra le fece segno di non preoccuparsi. – Avete visto ancora qualcosa prima? Pensateci bene.
I due si guardarono, incerti. La piccola lince mosse le mani alcune volte, poi se ne passò una sulla testa come a lisciarsi dei capelli immaginari. Nadir esitò visibilmente, lanciando occhiate agli adulti davanti a loro. – Non so se lo so dire bene.
- Prova. – Disse Shadow, in tono pacato. – Tutto quello che dite è molto importante, per noi. Non dovete avere paura.
- Non ho paura – rispose Nadir immediatamente, e Logan al suo fianco fece un secco gesto di diniego. – È che c’era un uomo, lì.
Rouge si sporse verso di loro, più interessata che mai. Una novità, finalmente. - Un uomo?
- Sì. Ha fatto lui la luce.
In teoria, poche cose avrebbero potuto cogliere davvero di sorpresa due agenti navigati come loro. A quanto pareva si erano appena imbattuti in una di queste. Mentre tentava di reagire allo stupore, Rouge cercò di ricordare quante creature in grado di provocare un’ondata di energia del Caos da sole potessero esistere. A parte quella in piedi al suo fianco, s’intende. – Potete descriverlo? – Riuscì a balbettare.
- Non lo so. Era strano. – La ragazzina puntò un dito verso Shadow. – Aveva gli aculei come te, ma erano…strani. Non li avevo mai mai visti così prima.
Logan agitò una mano davanti al suo naso per attirare la sua attenzione e fece alcuni gesti rapidi e brevi. – Chiede se può disegnare. È bravo, non posso spiegare bene come disegna lui.
Shadow partì di corsa. Prima ancora che i bambini potessero reagire, era tornato con in mano un foglio e una penna, presumibilmente rubati alle infermiere.
L’esibizione parve risvegliare qualcosa nei due mocciosi, neanche avessero assistito a uno spettacolo di magia. Logan rimase a fissarlo a bocca aperta, mentre Nadir squittiva eccitata. – Mondiale!
Il riccio si concesse un breve sorriso soddisfatto mentre allungava il materiale a Logan, ignorando la gomitata che Rouge gli tirava per essersi messo così in mostra. Mentre il bambino disegnava furiosamente, Shadow si rivolse direttamente alla sua amichetta. – C’è qualcuno che può stare con voi, che non fosse a casa oggi?
- Non lo so. – Nadir si mise l’indice in bocca, riflettendo. – La mamma e il papà di Logan lavorano, e anche il mio papà. I papà lavorano insieme, ma non so se erano tornati. Mio fratello era a casa, sicuro sicuro. – Spalancò gli occhi, pieni di improvviso orrore. – Dove lo ha portato la luce? Non c’era più nessuno, dopo la luce. Dove è andato?
Lo shock dell’evento doveva aver iniziato a svanire. Qualcuno avrebbe dovuto rassicurarli entrambi, restare con loro in modo permanente. Lavoro di routine per un assistente sociale, ma se davvero le cose non erano cambiate negli ultimi anni, sarebbero passati secoli prima che uno di quei disgraziati si facesse vedere in quella zona. Questo, tuttavia, lasciava lei e Shadow in una pessima situazione. – Non lo so, tesoro. Dobbiamo scoprirlo per poter portare tutti a casa. Stiamo facendo delle indagini, capisci? Come gli investigatori della tv.
La bambina annuì. A quanto avevano scoperto in precedenza, aveva poco meno di sette anni, e una definizione del genere era accettabile e comprensibile, nonostante il labbro tremante indicasse una crisi di pianto imminente che nessuna rassicurazione avrebbe fermato. – Li trovate, vero? Zenit…Mio fratello ha paura delle cose nuove, anche se è già grande. Lo dovete trovare in fretta.
Prima che potessero trovare una risposta decente-non potevano promettere, le promesse erano deleterie nel loro mestiere-Logan lasciò andare la penna e piantò il disegno praticamente in faccia alla sua amica. Nadir lo osservò con attenzione, poi annuì. – Uguale. Proprio questo. Aveva gli aculei rossi. Il resto non l’ho visto. Ha agitato la mano ed è venuta la luce.
La prima reazione di Rouge, dopo aver recuperato il foglio e aver abbassato gli occhi su di esso, fu di sentirsi soddisfatta. Era un’immagine rozza, ma ben decifrabile: il disegno di una mano abile, anche se chiaramente infantile.
Tuttavia, prima di potersi in qualche modo congratulare ( che sarebbe stata un’idiozia in ogni caso: puoi complimentarti per il disegno di un bambino quando quest’ultimo ha disegnato un cavallo o una casetta, non quando ha abbozzato l’identikit di chi potrebbe aver fatto sparire sua madre, talento o non talento), la donna si sentì ghiacciare il sangue nelle vene. Solo il suo rigido, istintivo autocontrollo le impedì di allontanare il pezzo di carta da Shadow, che si era chinato sopra la sua spalla per vedere meglio, per impedirgli di riconoscere a sua volta l’essere ritratto.
Questo aveva guanti da cui sporgevano punte acuminate, due per ogni mano. Aveva davvero degli aculei, lunghi e sottili, che scendevano fino oltre alle spalle. Due spesse righe sopra gli occhi indicavano un’espressione arrabbiata o severa. Un identikit efficace, davvero.
 Solo che se qualcuno lo avesse colorato di rosso, sarebbe diventato identico a Knuckles.
Per qualche miracolosa fortuna, sono di nuovo qui! Non so per la gioia di quanti, ma ssssh.
Non so quanta differenza ci sia fra i fumetti della Archie Comics e i videogiochi, ma nei fumetti gli Overlander sono...esseri umani. Esseri umani che non vivono insieme agli animali come Sonic ma in disparte (spoiler: non fanno niente di utile se non creare la GUN. Spero di renderli un po' più utili in questa storia).
Confido nelle vostre reazioni. Addios!
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