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Autore: Alise13    29/05/2017    0 recensioni
Sophie è una normale ragazza che frequenta il college, tranne per il fatto che vive con dei cacciatori fin da quando era piccola. I cacciatori discendono dagli angeli della morte, esseri letali che da millenni combattono contro i demoni. Lei è umana e per anni accettare di non appartenere al mondo della persone che ama é stato un dolore profondo. Magnus, l'unica famiglia che abbia mai avuto, la protegge insegnandole l'arte della guerra perché Sophie è un bersaglio facile non essendo una cacciatrice. Jeremy è affascinante, bello da mozzare il fiato, ed è un cacciatore, unica pecca? La sua sorella gemella. Tutto sembra andare come deve andare finché nella vita di Sophie non arriverà Azazel, demone purosangue che le stravolgerà la vita, portandola a mettere in dubbio tutto ciò in cui crede.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arrivata in aula mi lasciai cadere sulla sedia buttando le braccia sul banco.
"Sei il ritratto della disperazione"
La voce di Rachel era divertita.
Girai la testa per guardarla ma prima che potessi risponderle rincarò la dose "ritratto sei un fottuto zombie" in effetti non avevo dormito molto la notte precedente e amavo la sua sincerità, ma in quel momento avevo così i nervi a fior di pelle che l'avrei strozzata.
"A che serve una migliore amica se non per farti notare quanto sei zombie la mattina. Grazie. Ti voglio bene anch'io."
"Dovere" sghignazzò. 
"Allora si può sapere che ti è successo?"
"Ti dico solo una parola Laurel" la sua bocca formò una O ed emise uno strano gridolino.
"Malefica è tornata!"
Nascosi la testa tra le braccia ancora distese sul banco.
"È un incubo" ripensai alla sera precedere alla villa. La casa di Magnus, la casa in cui ero cresciuta, era poco fuori la città ed era immersa in qualche acro di terra verde. Amavo quel posto, amavo poter avere delle piante da accudire, anche se l'idea di vivere all'ultimo piano di un grattacielo sarebbe stata una valida alternativa. Nella villa c'era una vera palestra di ultima generazione, niente a che vedere con quella piccola e polverosa nascosta sul retro del Pantheon. Il gruppo di Philadelphia che sapeva della mia esistenza era il benvenuto alla villa e quando accadeva sembra di stare in un ostello della gioventù. I cacciatori erano chiassosi, e sguaiati a qualsiasi età. La sera precedente però rimpiansi i momenti dell'ostello della gioventù perché c'era qualcosa di peggio, Laurel. La principessina non faceva altro che lamentarsi e girovagare per la villa urlando e sbraitando ordini ai poveri disgraziati che ci lavoravano. Maria, la signora che gestiva le pulizie sembrava sempre sul punto di darle una padellata in testa e potevo giurare di averla vista in più occasioni trangugiare ibuprofene come se fossero caramelle. Quel che non capivo però era l'atteggiamento di Magnus, era il suo padrino, era la figlia del suo miglior amico, ma il fatto che non vedesse quel che tutti vedevano era sconvolgente, lui non vedeva un'arpia, un mostro che spruzzava veleno ad intervalli brevi e regolari, no, lui vedeva un angelo e avevo qualche sospetto che avesse pure l'aureola nel suo ideale. Delle volte sembrava rimbambito e non ero certo mancata nel farglielo notare. E non era gelosia la mia, non ero l'unica a subire la sua presenza.
"Ma questo vuol dire che c'è anche quel gran pezzo di Figo del suo gemello?" Mi chiese Rachel. 
Annuì.
Rachel non sapeva dei cacciatori, e così doveva continuare, non mi sarei mai perdonata se le fosse successo qualcosa. Lei era la mia migliore amica, l'unica amica vera che avessi mai avuto e l'avevo incontrata al college, a lei raccontavo tutto ciò che mi passava per la testa tralasciando i dettagli sull'altra vita, non era facile nasconderle quella parte, la voglia di sfogarmi con qualcuno che fosse più vicina alla mia natura, che mi volesse bene era forte. 
Emise un gridolino che fece girare le persone sedute intorno a noi che puntualmente ignorò.
Rachel era quella che ai giorni d'oggi veniva definita curvy, ma una vera curvy, era morbida sui fianchi, con un seno prosperoso, era soda e compatta una bomba sexy, quando poi prendeva il sole sembra una latina, accanto a lei mi sentivo una bambina sfigata, o meglio mercoledì della famiglia Adams. Non avevo un seno generoso come il suo ed ero magra che non mi faceva avere fianchi morbidi e dolci come i suoi, ma non mi potevo lamentare sul mio giro vita che era stretto e mi donava in prospettiva più forme di quante ne avessi in realtà. Grazie agli allenamenti intensi a cui Magnus mi sottoponeva il sedere era tondo e ritto, però a differenza di Rachel io non vestivo in modo tale da mettere in evidenza i miei punti forti, anzi, li nascondevo accuratamente sotto magliette larghe e jeans senza arte né parte. Era difficile occuparsi di moda o anche solo avvicinarsi a quel mondo quando vivevi con un cacciatore. Non gli avevo mai dato importanza perché non mi era stato mai insegnato a dargli peso o ad annoverarlo tra le mie priorità, per non parlare del trucco. Tutte cose che Rachel non mi perdonava e che mi rinfacciava tutte le volte che poteva.
"Ti prego" sussurrò 
"Ti prego cosa?" 
"Posso darti una sistemata? Non ce la faccio a pensare che sarai a stretto contatto con quel gran pezzo di ragazzo di Jeremy conciata così" e mi indicò come se stesse indicando un povero verme spiaccicato sull'asfalto.
"Farò finta di non averti sentito" l'idea di andare a fare shopping per negozi mi terrorizzava avevo una sorta di fobia, la shoppingfobia e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea nemmeno Rachel.
"Sei una donna orribile sappilo" mise il broncio.
"Lo so, sono una perfida nemica della moda" 
"Sei così bella, la gente pagherebbe oro per avere il tuo viso, il fisico è una cosa così volubile, ma un viso bello come il tuo.. è una fortuna che nemmeno ti immagini" sospirò "tu stai sputando su un dono amica mia, un dono del cielo". E apri le braccia con i palmi rivolti all'insù. Per fortuna iniziò poco dopo la lezione che fu abbastanza impegnativa.
Finita la lezione tornammo sul discorso Jeremy.
"Per quanto resterà questa volta?"
"Una settimana ha detto"
"In una settimana possono succedere tante cose sai?" Mi fece l'occhiolino. 
"Mi ha invitata a prendere un caffè" dissi così disinvolta che li per li Rachel non afferrò la notizia gli ci vollero ben quattro secondi per inchiodare in mezzo al corridoio, fissarmi nelle palle degli occhi e urlare un urrà che le fece guadagnare occhiate scioccate da mezza università. Le misi prontamente una mano sulla bocca e la trascinai da un lato cercando di calmarla, ma in quel goffo tentativo urtai qualcuno che , strano ma vero, riuscì a zittire la mia amica. Era rimasta letteralmente a bocca aperta e non erano molte le situazioni che l'avrebbero potuta ridurre al silenzio totale; per una frazione di secondo vagliai le varie possibilità chiedendomi se non ci fosse un mostro marino alle mie spalle pronto a mangiarmi o peggio il rettore dell'Università. Quando mi girai mi ero già affrettata a chiedere scusa, ma le parole mi morirono in gola.
Un ragazzo di un metro e ottanta dai capelli rossi sangue ci stava fissando, dovevamo sembrare due ebeti, ma quello era davvero una cosa che non capitava spesso. Il ragazzo aveva gli occhi grigi chiari e labbra carnose, alzò un sopracciglio non capendo cosa stesse succedendo, o almeno così interpretai io, era dannatamente bello, ma non una bellezza comune, aveva lineamenti particolari, la mascella ben definita, il petto scolpito sotto la t shirt aderente, la pelle leggermente ambrata, come baciata dal sole era così bello che ti veniva la malsana voglia di toccarlo per vedere se era reale. 
Alla fine dopo essermi asciugata metaforicamente la bava riuscii a soffiare fuori uno scusa. Il ragazzo si portò una mano chiusa a pugno davanti alla bocca e rise. Che bella risata pensai tra me e me. Mentre la mia mente si imprimeva ben bene quell'immagine, incrociai il suo sguardo e per qualche strana ragione un'ora strano formicolio alla nuca mi scosse.
Ad interrompere quell'imbarazzante momento fu Jeremy che a sorpresa si presentò all'università. Non era la prima volta che veniva a prendermi a scuola, ma quella mattina proprio non me l'aspettavo; sapevo che era stato tutta la notte fuori a cacciare e perlustrare la città e solitamente quando faceva il turno lungo il giorno dopo si concedeva una bella dormita.
 Mi sembrava di essere in un sogno, era una situazione surreale e mi rincuorò sapere che anche Rachel stava assistendo a tutto ciò perché altrimenti ero abbastanza sicura che non  mi avrebbe creduta.
"Ciao Sophie" disse alzando la mano e socchiudendo poco gli occhi mentre sorrideva con la sexy fossetta che gli spuntava sul bel viso. 
"Rachel!" 
La mia amica che era un passo dietro di me spostò gli occhi a desta e a sinistra e poi la sentii sussurrare un "sono morta e sono finita in paradiso, non c'è altra soluzione" 
Quando Jeremy arrivò davanti a noi la sua espressione cambiò il suo bel sorriso si era spento, la mano era corsa veloce dietro la schiena dove sapevo teneva il pugnale di ferro. Una scossa elettrica mi percosse la schiena. Rachel non si era accorta di nulla ancora imbambolata dalla situazione.
Jeremy serrò i denti, ero improvvisamente passata dal paradiso all'inferno, vedere Jeremy prepararsi ad uno scontro mi fece nascere una paura tremenda nel petto. Quello davanti a me non era più Jeremy il ragazzo di cui ero innamorata, il ragazzo che mi parlava con voce dolce, che mi prendeva la mano quando ero spaventa, no, era il cacciatore che aveva puntato la preda. Rachel fortunatamente lavorava come baby sitter e dopo aver visto l'ora squittì correndo via lanciandomi un bacio e salutando Jeremy, ma non se ne andò senza tirare un'altra squadrata al bel rosso .
Sentii Jeremy ringhiare.
"Che diavolo sei?" Rivolto al bel tizio. Forse avevo capito male ma non gli aveva chiesto chi fosse, ma cosa fosse?
Il ragazzo rise, una risata roca, sexy e pericolosa.
"Jeremy cosa succede?" Mi prese per un braccio e mi fece scivolare con disinvoltura dietro la sua schiena.
"Ma guarda un po' un cacciatore, affascinante. Me li ricordavo più.." fece finta di pensarci su portandosi l'indice al mento "più uomini, ora vedo che arruolano anche i bambini" Jeremy ringhiò ancora spostando il peso su entrambe le gambe come pronto a fare un balzo e saltargli al collo.
"Cosa vuoi fare? Tagliarmi la testa qua davanti a tutti? Non era contro le regole palesarsi davanti agli umani? Ma aspetta un secondo..."
I suoi occhi si posarono nuovamente su di me, quel grigio chiaro bruciava più del fuoco, il suo sguardo mi fece avvampare, una cosa di cui mi vergognai profondamente vista la situazione.
"Lei è umana... interessante" si passò la lingua sulle labbra inumidendole un poco.
"Non ti azzardare nemmeno a guardarla"
Il ragazzo rise di nuovo "sennò che mi fai Bambi? Mi prendi a calci nel culo?"
"Oh non sai quanto mi farebbe piacere.."
Poi come se niente fosse successo lo sconosciuto girò sui tacchi e si incamminò lontano da noi, ma non prima di aver avuto l'ultima parola. 
"Ci vediamo a giro Sophie" e mi fece l'occhiolino sparendo nella folla di studenti.
Con un rapido movimento Jeremy mi prese per il polso, strinse così forte che ero sicura avrei avuto un bel livido, ma non dissi niente mentre lo guardavo prendere il cellulare e digitare in fretta un numero, il telefono fece si e no due squilli poi una voce rispose.
"Sono io, è come ci hanno detto, c'è un sangue puro a New York"
Ci fu una pausa " ne sono sicuro, l'ho appena visto. Ci ho parlato" calò un silenzio di tomba e poi la voce disse qualcosa che non capii. Eravamo arrivati alla macchina di Jeremy che mi fece cenno di salire. Il tragitto fino al Pantheon fu un misto di imbarazzante silenzio e... paura. Non capivo cosa stesse succedendo era tutto così assurdo. Avevo voglia di urlare, ma non avrei saputo che dire e non ero abituata a vedere Jeremy in quello stato così decisi di aspettare di arrivare al Pantheon.
Quando arrivammo Jeremy sembrava di poco più rilassato come se mettere una bella distanza tra noi e quello che era successo lo facesse nuovamente respirare. Si passò una mano tra la chioma ramata.
"Perdonami" sembrava in imbarazzo.
E poi indicò il polso.
"Non ti preoccupare " il mio sguardo però si fece più duro, più soldido.
"Hai intenzione di dirmi cos'è appena successo?"
Si appoggiò alla macchina con la schiena, le spalle alte, tese.
"Ti ho detto che eravamo venuti qua per un lavoro.."
Sembrava combattuto se dirmelo o no " continua, voglio sapere, quel tizio a cui stavi per staccare il collo davanti ad una folla di umani conosceva il mio nome ho il diritto di sapere che cacchio sta succedendo" 
"Ci hanno mandato qua per verificare un'informazione che ci è stata data da un demone" quando diceva "data" intendeva "costretto sotto tortura"
"Ha detto che uno dei principi dell'inferno, è tornato sulla terra. Ovviamente nessuno gli ha creduto, ma un'informazione del genere non si può nemmeno prendere alla leggera. Nessuno vedeva un purosangue da secoli Sophie, nessuno, pensavamo che fossero una leggenda, ma quando l'ho visto l'ho sentito subito" i cacciatori avevano un dono quello di sentire e vedere cose che a noi umani era impossibile percepire.
Quindi quello che avevo urtato era un principe degli inferi, un puro sangue, la prima stirpe del male, i primi ad essere stati creati da Lucifero. Questa si che era bella, avevo appena pensato che quel tizio fosse il più bel ragazzo mai visto, ovviamente esclusi i presenti. Porca paletta e sapeva il mio nome! Perché sapeva il mio nome? Jeremy mi guardò come se avesse sentito la mia domanda. Stavo andando in iperventilazione, ma non volevo perdere il controllo, se anche era vero che non potevo essere una cacciatrice niente mi impediva di comportarmi come tale.
"Non so perché sapesse il tuo nome. Tutto questo non ha senso. Sta succedendo qualcosa di grosso Sophie, qualcosa che va oltre l'immaginazione" 
Si staccò dalla macchina fermandosi a pochi centimetri da me, senza che me ne accorgessi ero appoggiata al suo petto solido, il contatto con il suo torace mi fece perdere un battito. Un profumo di lavanda mi inebriò. Le sue braccia mi cinsero i fianchi mentre le mani si intrecciarono dietro la schiena. Quel contatto mi fece avvampare e ringraziai Dio di aver il volto nascosto nel suo petto.
Appoggiò il mento sulla mia testa, un gesto che faceva spesso quando eravamo piccini, quando ero terrorizzata da qualcosa.
"Non ti accadrà niente finché ci sarò io. È una promessa."
   
 
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