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Autore: Mannivu    30/05/2017    0 recensioni
Un giornalista arriva in una sperduta cittadina del South Dakota per un servizio sulla locale festa della fondazione.
Genere: Horror, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attraversai il confine della South Dakota poco dopo il tramonto. Gli alberi avevano già le foglie ingiallite e un forte vento soffiava dal nord. Le strade erano deserte e tutta la gente era radunata nel municipio della città, dove si stava svolgendo l'annuale festa per la fondazione della città. Il mio capo mi aveva mandato qui proprio per raccogliere materiale per un articolo della rubrica delle feste della contea. Quest'anno gli abitanti celebravano il 300º anniversario dalla fondazione e si diceva che avessero preparato qualcosa di particolare.

Arrivato al municipio notai che molti parcheggi erano vuoti, ma la città contava poco più di mille abitanti e pensai che molti abitavano comunque nelle vicinanze e fossero venuti a piedi. Il vento si era calmato, ma la sua furia aveva buttato a terra molte foglie, coprendo la piazzetta antistante il municipio con un tappeto giallo rossastro. Entrai nell'edificio e mi colpì il profondo silenzio che c'era all'interno. L'unico rumore che sentii fu quello della porta che, mossa dal vento, si chiuse dolcemente dietro di me, lasciandomi al buio. Tentai di mantenere il sangue freddo, ma non conoscendo il posto dopo un po' feci l'unica cosa che potevo fare: chiesi aiuto. La risposta fu l'accensione di un faro che puntava il suo cono di luce sul pavimento di fronte a me. Avanzai timoroso verso la luce e mi coprii gli occhi per vedere chi avesse acceso quel faro. Venni colpito alla nuca con un oggetto pesante e svenni.

Mi risvegliai con la luce del faro puntata in faccia. Tentai di coprirmi gli occhi con le mani, ma qualcosa le teneva ferme. Guardai in basso e mi accorsi di essere legato a una sedia che non era sulle quattro gambe, ma era appoggiata al pavimento con lo schienale. Sdraiato in quella posizione, il sangue cominciava a pulsarmi in testa e sentivo il panico e l'adrenalina diffondersi nel corpo. Ero già in iperventilazione quando qualcuno con una voce roca e profonda ruppe il silenzio:
«Alzatelo» disse con tono autorevole.
Alcune mani afferrarono la sedia e la misero nella posizione corretta e finalmente il sangue poteva defluire dalla mia testa. Ero ancora al centro del cono di luce e intorno tutto era buio. Non vedevo nessuno. Sentii freddo e mi accorsi di indossare solamente un paio di pantaloni di tela.
«Salve signor...» continuò dubbiosa la voce dell'oscurità.
«Adams» risposi con la voce tremolante.
«Signor Adams. Perché è qui?» chiese mentre sentii la voce spostarsi nella stanza e fermarsi dietro di me.
«Io... Sono un giornalista. Sono stato mandato qui per fare un articolo sulla festa che tenete per l'anniversario della fondazione della città.»
«Oh, capisco» disse la voce avvicinandosi alla mia nuca. Tentai di voltarmi ma venni bloccato da delle mani spuntate dal buio. «Ora devo chiederle di fare una cosa per me.»
Mi avvicinò un telefono cellulare all'orecchio e sentì il segnale di libero uscire dall'altoparlante.
«Adams, è lei? Perché mi sta chiamando? C'è qualche problema?» chiese dall'altra parte della linea telefonica il mio capo.
«Sì, ecco...» cominciai a dire balbettando. Sapevo che non potevo dirgli la verità, che mi avevano tramortito, svestito e legato ad una sedia. Davanti a me apparve una donna dalla pelle dorata, con dei lunghi capelli ricci. Mi fissò con i suoi grandi occhi verdi e nella mia mente la sentii suggerirmi le parole da dire al mio capo. «Volevo dirle che mi licenzio. Sono stanco dei suoi metodi di lavoro. Si scordi l'articolo e chiuda quella stupida rubrica che non legge nessuno.» Urlai le parole, terrorizzato dal loro significato e intuendo cosa mi aspettava.
«Molto bene» riprese la prima voce «ora sappiamo che nessuno ci disturberà. Deve sapere che è capitato in un giorno molto particolare: il 300 anniversario dalla fondazione. Vede, se fosse venuto qui l'anno scorso o l'anno prima avrebbe trovato tutta la città per strada, con delle lunghe tavolate e una quantità immane di pannocchie disponibili per tutte. Ogni dieci anni, invece, la celebrazione è più... Intima. Ci riuniamo qui nel municipio al buio e aspettiamo che qualcuno passi in città. Delle volte non passa nessuno, ma fortunatamente ci prepariamo in anticipo e nei mesi precedenti catturiamo qualche turista che viaggia da solo, esploratori, viandanti, camionisti. Poi, la nostra Jasmine scava nella loro mente alla ricerca dei collegamenti con l'esterno e, se non sono troppi, dice loro di tagliare tutti i ponti che hanno col passato. Quindi, li mettiamo ancora ipnotizzati nelle cantine del municipio, dove ci sono le prigioni dell'epoca secessionista, e li teniamo in vita fino alla data delle celebrazioni. Se non arriva nessun nuovo viandante solitario in città, usiamo loro come attrazione.
«Nel caso in cui arrivino persone in coppia o in gruppo, uno dei nostri abitanti li porta nel teatro della scuola elementare dove, mentre noi terminiamo il nostro rituale, viene loro offerto un rinfresco e gli viene mostrato un breve video sulla storia della città.»
«Perché fate questo?» chiesi. «Qual è il vostro scopo?»
Molte voci risero nel buio. Poco per volta, uscirono dall'ombra e mi ritrovai circondato da decine di persone con indosso dei sai e delle maschere bianche che mi fissavano. Continuando a ridere dietro a quelle maschere inespressive, sollevarono la sedia a cui ero legato in aria, come si fa nelle marce trionfali. Mi portarono nel buio e all'improvviso davanti a me si aprì una porta. La brezza autunnale aveva ricominciato a spirare e portò all'interno una grossa quantità di foglie. Fuori, nel parcheggio del municipio, centinaia di torce ardevano in mano a altrettante persone anch'esse vestite con sai e maschere. Sembravano aspettare il mio arrivo perché quando fui portato fuori dal municipio mi accolsero mormorando una lunga litania.

Venni condotto nel bosco dietro al municipio, mentre dietro di me una lunga processione continuava a intonare una preghiera monotona. Arrivammo in una radura dove erano stati sistemati alcuni massi a formare una sorta di altare e, qualche metro più in là, una pila di rami formava una pira. Venni posto sulla pira mentre la folla smetteva di recitare la propria preghiera e un uomo muscoloso si mise accanto all'altare. Indossava solo un paio di pantaloni rossi e una grossa collana con dei piccoli teschi. In testa aveva una grossa criniera nera che lo faceva sembrare molto più alto di quanto fosse in realtà.
«Miei cari» esordì e immediatamente riconobbi la sua voce profonda come quella che mi aveva accolto al mio risveglio «come ogni anno siamo qui riuniti per celebrare la fondazione della nostra città. Ogni dieci anni compiamo un sacrificio perché Wakan Tanka ci conservi e aiuti con la nostra vita. Pochi di voi sanno che in particolari occasioni il sacrificio deve essere più grande per dimostrare la nostra devozione a Wakan Tanka. Per cui, in occasione del trecentesimo anniversario dalla fondazione, questa notte tre vite verranno sacrificate a Wakan Tanka.»
A fianco a me vennero portate altre due persone magrissime. Erano malnutrite e molto deboli, tanto che le loro teste erano tenute sollevate da delle mentoniere.
L'uomo dietro all'altare si avvicinò alla pira reggendo una grossa torcia. La folla aveva ricominciato a pregare con voce molto più alta. Quando le fiamme toccarono la pira, le persone esultarono e ululare, alcune urlarono il nome di Wakan Tanka mentre il calore e le fiamme bruciavano il mio corpo.
   
 
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