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Autore: Vulpinia    31/05/2017    2 recensioni
Blake Morgan si era sempre considerata una persona fortunata. Aveva tutto ciò che desiderava dalla vita: una madre che nonostante il suo lavoro all'FBI riusciva a trovare del tempo per stare con lei, molti amici e un fidanzato che non aveva occhi che per i suoi. Non ha mai creduto nel soprannaturale, per Blake non erano altro che favolette per fare rigare dritto i bambini che combinano qualche marachella. Ma dopo la morte della madre per mano di un serial killer si ricrederà completamente. Sentita costretta dal testamento del genitore a trasferirsi da una zia mai vista prima d'ora in una piccola città chiamata Beacon Hills scoprirà ben presto che lei con il soprannaturale c'entrerà e non poco, verrà a conoscenza dell'esistenza di un parente che non aveva mai pensato di avere e un legame con un uomo che forse è meglio non averci a che fare.
[Scallison, Stydia]
Genere: Angst, Erotico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Peter Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Primo Capitolo
Ricominciare da capo
 


Blake Morgan si era sempre considerata una persona fortunata. Aveva tutto ciò che desiderava dalla vita: una madre che nonostante il suo lavoro all'FBI riusciva a trovare del tempo per stare con lei, molti amici e un fidanzato che non aveva occhi che per i suoi. 

Ma tutto questo cambiò solo dopo una settimana del suo diciottesimo compleanno. Un serial Killer a cui sua madre stava dando la caccia assieme alla sua squadra dell'FBI, era riuscito ad ingannarla tramite una prova e rapirla. Furono sei giorni orribili per Blake, il collega di sua madre l'aveva chiamata subito informandola della situazione. Sentire quelle parole per la ragazza fu come morire lentamente e dolorosamente. Sapeva cosa faceva, conosceva il suo modus operandi. Aveva letto dai giornali cosa l'S.I. faceva alle sue vittime, conosceva i dettagli dei suoi giochi perversi con cui torturava le sue vittime ed era a conoscenza di quanto tempo passava con loro prima di lasciare il cadavere ormai freddo e sfigurato in un campo di grano. Ha pregato e pianto fino allo sfinimento sperando che sua madre si salvasse, che con fortuna trovasse uno stratagemma per liberarsi e fuggire ed avvisare la polizia. Ma purtroppo il destino di sua madre non fu diverso da quello delle altre vittime.

Sei giorni dopo il detective Joseph Moore, il capo della squadra incaricata di trovare l'assassino di cui faceva parte anche sua madre, si presentò alla sua porta e Blake capì tutto appena lo vide da dietro la porta decorata di casa. Non c'era bisogno di dire qualcosa. Sua madre non c'era più, non ci sarebbe stata mai più. Non avrebbe più potuto darle il buongiorno prima di andare a scuola, non l'avrebbe più sentita rientrare la sera dal lavoro e non avrebbe mai più udito la sua risata echeggiare per il salotto mentre guardavano i loro programmi trash preferiti. La ragazza in lacrime e il detective rimasero per quasi un ora in silenzio seduti sulla poltrona dell'ampio salotto. Per Joseph era difficile comunicare alla figlia di una vittima l'assassinio di un parente, questa volta però per lui era peggio. Conosceva Alexis, la madre di Blake, dai tempi dell'accademia e non avrebbe mai pensato di dover chiamare un suo famigliare per richiedere l'identificazione del cadavere. A causa del coinvolgimento personale lui e la sua squadra non era stato permesso di indagare sul caso e non hanno potuto fare altro che aspettare. Ogni giorno si chiedevano che cosa sarebbe successo se il direttore dell'FBI gli avesse lasciato il caso, la sua collega sarebbe stata ancora viva? Forse l'agente aveva lasciato un indizio che solo chi la conosceva poteva capire e così scoprire l'identità dell'assassino? O non sarebbe cambiato niente? Tutte queste domande perseguivano la squadra ed erano convinti che lo avrebbero fatto per sempre.

"Sono pronta per riconoscerla", disse la ragazza con la voce rotta dalle lacrime. 
Il detective le prese una mano e gliela strinse dolcemente per rassicurarla.

"Non c'è bisogno che tu lo faccia. Tua zia sta arrivando e lo farà lei.".
Blake si voltò e lo fissò duramente, le sopracciglia ravvicinate e abbassate indicavano che era arrabbiata nel sentire chi stava per arrivare.

"Perché l'avete chiamata? Lo sai benissimo che non si sentono da anni! Non mi ha mai vista, neanche in foto! Come i suo genitori le ha sbattuto in faccia la porta e ora lei accetta di riconoscere il suo... corpo?", chiese alzando la voce e provando una scossa di dolore nel pronunciare quell'ultima parola.

"Abbiamo pensato che forse è meglio così. Non è necessario che tu la veda in quello stato.", disse Joseph con calma.

"Ma..."

"Vuoi davvero che quello sia il tuo ultimo ricordo che hai di lei?", chiese cercando di misurare le parole.
Blake abbassò lo sguardo e si prese il viso tra le mani scoppiando a piangere. L'agente l'abbracciò e la tenne stretta a sè per molto tempo prima che la ragazza si decidesse di alzarsi e di accompagnarlo alla porta.
"Blake, se vuoi posso rimanere qui con te stasera. Non è il caso che tu rimanga sola in un momento come questo.", disse l'agente con affetto.

"No, non ce nè bisogno. Voglio stare da sola ora. Tu torna al lavoro e cattura il figlio di puttana che ha ucciso mia madre".
L'agente non fece in tempo a rispondere che Blake sbattè con forza la porta facendo vibrare il vetro decorato e corse in camera sua. Si buttò sul letto della madre e si avvolse nelle sue coperte, ne annusò il profumo e ricominciò a piangere in posizione fetale. L'unica cosa che voleva era stare da sola insieme al suo dolore.


Blake perse la cognizione del tempo, senza accorgersene era rimasta a letto per tre giorni di fila senza mangiare e bere, l'unica cosa che faceva era cercare di non pensare e di dormire. Voleva rimanere a letto avvolta nell'odore di sua madre finché il triste mietitore non si fosse deciso di abbassare la falce su di lei e raggiungere sua madre. La persona più importante della sua vita non c'era più e si chiedeva qual era il senso di continuare a vivere. Alexis era sempre stata il suo punto di riferimento, un modello da seguire, la metà della sua anima. Era sua madre, la sua migliore amica, la sua confidente, il suo tutto. Erano sempre state solo loro due. 
Di suo padre non ne sapeva niente, nemmeno il nome o il cognome o com'era fatto. Sua madre le disse chiaramente che lui aveva scelto di non avere niente a che fare con lei e con sua figlia e che gli unici figli che avrebbe riconosciuto sarebbero stati quelli che avrebbe avuto con sua moglie. Le disse che preferiva raccontarle una verità dolorosa piuttosto che mentirle con il rischio che un giorno venisse a scoprire tutto.


Blake sentì la porta di casa venire aperta e alcune voci parlare a bassa voce. Non riuscì a capire cosa stessero dicendo ma riconobbe la voce di Joseph. Blake si domandò che ci facesse lì in casa sua finché non sentì dei passi salire le scale e una voce femminile rispondere alla domanda dell'uomo.
Il cuore della ragazza cominciò a pompare velocemente e si strinse ancora di più nelle coperte. Dalla porta aperta della camera fece capolino una figura di una donna alta all'incira un metro e settanta e dalla corporatura atletica. La donna fece qualche passo incerto ed entrò nella stanza, illuminata dai raggi che filtravano dalla finestra poteva vederla finalmente per intero: pelle chiara, viso quadrato con zigomi e mandibola pronunciati, fronte larga e mento squadrato. I suoi occhi, che in questo momento erano acquosi, erano uguali ai suoi e a quelli della madre, verdi con sfumature gialle. I capelli castani ricadevano morbidi fino al seno. Il trucco era semplice, un po' di fondotinta, del mascara e un rossetto rosso chiaro sulle labbra. Indossava una semplice camicetta blu e dei pantaloni aderenti neri abbinate a delle ballerine dello stesso colore.
"Ciao Blake", la salutò sua zia con tono agitato.
La ragazza la guardò in silenzio.
"Ti avrei voluto conoscere in circostanze diverse.", disse facendo un passo verso di lei, guardò il letto e lo indicò, "Posso sedermi?", chiese.
Blake annuì e la guardò attentamente.
"So che non ci conosciamo, so che non ci siamo mai viste e che non abbiamo nessun legame affettivo... Ma ecco, voglio dirti che ci sono, okay? Per qualsiasi cosa.".

"Come ci sei stata per mia mamma in tutti questi anni?", chiese retorica con una punta di acidità nella voce.

"Io... È complesso da spiegare e poi...".

"Cosa c'è di complesso nell'alzare la cornetta e scambiare qualche parola con la propria sorella?", domandò con rabbia.

"Per molto tempo non ho composto il suo numero, i miei occhi erano cieci a causa di mia madre e di mio padre. Sai, io e tua madre siamo cresciute con un'educazione rigida, ci hanno imposto delle regole ferree e ci hanno manipolato fino a farci pensare cosa era giusto e cosa non lo era. Ma solo dal loro punto di vista.", mormorò con tono addolorato, "Alexis...", pronunciò il suo nome con nostalgia, "Ha capito molto prima di me che la vita che stavamo vivendo non poteva essere chiamata vita. Cominciò a fare di testa sua, ovviamente a casa fingeva di rispettare le regole e di pensarla come i nostri genitori, ma una volta fuori... Dovevi vederla Blake, era un uragano. Passava ore e ore insieme ai suoi amici, a parlare, a giocare, a bigiare la scuola e andare in giro per le colline alla ricerca di un posto tranquillo dove passare il tempo e la invidiavo, era una cosa che non ci era concessa perché potevamo stare in compagnia dei maschi solo in presenza di un adulto e io non ero coraggiosa quanto lei.", ricordando la sorella sorrise, sorriso che cominciò a sbiadire quando si ricordò il terribile giorno in cui la cacciarono. "Quando Alexis rimase incinta i miei genitori cercarono di comprire la cosa, avevano anche ideato un piano per farla sposare presto con l'uomo che l'aveva messa incinta e far credere agli altri che il bambino fosse nato prematuro. Ma quando scorprirono che era già sposato e più grande di lei... Loro dissero che gli aveva offesi, che si sentivano traditi da ciò che lei aveva fatto. Mia madre le preparò i vestiti e nostro padre l'accompagnò fino fuori città. Da quello che mi hanno detto lui le diede una bella somma di denaro per farle passare tranquilla i primi mesi di gravidanza e le proibì di ritornare.". 
Blake ascoltò attentamente quello che le diceva, sua madre non parlava mai della sua vita prima della sua nascita. Non le aveva mai detto il nome del posto in cui era nata perché temeva che sarebbe andata a conoscere i suoi nonni. Sua madre aveva bruciato tutto, le fotografie, le lettere che le inviava suo padre per sapere come stava andando la gravidanza e ogni tanto le metteva dei soldi tra i fogli delle lettere per lei e per la bambina.
"Quando i nostri genitori morirono pochi mesi fa trovai il coraggio di alzare la cornetta e di chiamarla. Era sorpresa di sentirmi e accettò di vedermi qui a Washington. Non era cambiata per niente, aveva sempre quell'aria furbetta che la distingueva sempre dalle altre ragazze della nostra cerchia di amiche. Le raccontai dell'incidente e dell'eredità che ci avevano lasciato i nostri genitori. Non versò lacrime e ne volle venire al cimitero a visitarli e dargli l'ultimo saluto. Posso comprenderla, se mi fossi trovata nella sua stessa situazione probabilmente avrei reagito anche io così.", disse toccando continuamente la collana che aveva attorno al collo.
Una piccola catenella in argento con un pendente a forma di cuore tempestato di piccole pietre di zirconia cubica.
Anche sua madre ne aveva una, la portava sempre al collo e quando le chiedeva chi gliela aveva regalata rispondeva sempre con voce nostalgica "La mia persona speciale". "Mi piacerebbe che tu mi dessi la possibilità di aiutarti con il funerale di Alexis.".
Blake la guardò e annuì. Si domandò se sua madre sarebbe stata  d'accordo e appena riguardò la collana pensò di si. La portava ogni giorno e ne aveva sempre cura, come se fosse un tesoro prezioso. Voleva dire sicuramente che nonostante tutto il dolore provocatole lei l'amava ancora. Probabilmente non aveva mai smesso di amarla.
"È una cosa tra sorelle", pensò Blake. Non conosceva quella sensazione e pensò che, se lei avesse avuto una sorella o un fratello, tralasciando tutte le ingiustizie recatole probabilmente avrebbe perdonato tutto.
E che gli avrebbe voluti al suo funerale.
 
"Come ti chiami?", chiese la ragazza con voce stanca.
La donna strabuzzò gli occhi sorpresa.

"Tu... Tu davvero non sai come mi chiamo?", chiese addolorata.
Blake scosse la testa.
"Mi chiamo Erin.".
La donna allungò la mano e Blake gliela strinse.


Erin prenotò una stanza dell'impresa funebre per la veglia. La sera prima del funerale tutte le persone a cui stava a cuore sua madre erano presenti, compresi i suoi amici e il suo ragazzo, tutti con gli occhi rossi dal pianto e un espressione triste sul volto. La stanza era molto carina, dai colori caldi che la rendevano in qualche modo intima. Alle pareti c'erano appese le foto più belle che ritraevano Alexis con un sorriso radioso, tutte la ritraevano nei suoi momenti più felici. La semplice bara in pino con le maniglie d'oro era chiusa, gli era stato consigliato poichè era impossibile rendere accettabile il suo viso e temevano che le persone vedendola sarebbero state male o sarebbero svenute. Sopra di essa c'era un mazzo con nove rose bianche con foglie decorative di colore verde tenute insieme da un nastro di colore bianco.
Blake guardò le dieci fila di sedie davanti a lei posizionate sopra a un tappetto marrone grande quasi quanto la stanza e si convinse che a sua madre sarebbe piaciuto.
Erin e lei avevano lavorato insieme nel rendere i due giorni perfetti per commemorare la sua vita. Non si parlavano moltissimo, la donna cercava di conversare con lei ma Blake era quasi sempre distratta nei suoi pensieri oscuri per poterla considerare molto. La ragazza guardò ogni persona avvicinarsi alla sua bara, chinarsi e sussurare qualcosa, come se sua madre potesse veramente sentire e rispondere. Altri baciavano il legno, altri accarezzavano la superficie liscia e altri rimanevano a guardare piangendo. Strinse molte mani, rispose "Grazie" in automatico quando le venivano fatte le condoglianze e non parlava con nessuno. Erin invece era il contrario, parlava di continuo della sorella, stringeva calorosamente la mano a tutti e ringraziava ogni persona per la presenza dicendo che ad Alexis le avrebbe fatto sicuramente piacere.
Blake non riusciva a capire come poteva essere così calma e tranquilla, come poteva non vacillare quando di fianco a lei c'era la bara in cui riposava la sua tanto amata sorella. Lei si sentiva vuota, aveva paura di parlare perché temeva di scoppiare a piangere, a volte sentiva qualcosa dentro di lei scalciare e le prendeva la voglia irrefrenabile di rompere tutto e di urlare, urlare e urlare. Trevor, il suo ragazzo, le stava sempre affianco e ogni tanto la guardava sperando che non crollasse sul pavimento. Era preoccupato per lei, non avevano mai parlato di quanto accaduto e odiava la cosa perché lei gli diceva sempre tutto.
La veglia finì con un raccoglimento in preghiera e Blake non voleva che finisse perché non era ancora pronta nel vedere, il giorno dopo, la bara venire seppellita e scomparire davanti ai suoi occhi. Non era ancora pronta per dirle addio.

"È finita", pensò Blake mentre saliva in macchina con sua zia Erin.
Strinse forte a sè la bandiera americana piegata con cura in cui fino a poche ore fa era posata sopra la bara della madre. La giornata era stata particolarmente bella per essere una giornata di gennaio. Non faceva freddo e il sole si era deciso di uscire fuori e illuminare con i suoi raggi tutte le persone presenti nel cimitero.
La cerimonia era stata breve, alcuni suoi colleghi avevano pronunciato qualche parola per sua madre, altri avevano tenuto un breve discorso di commemorazione. 
Sua zia per tutto il tempo le aveva stretto la mano come per donarle forza, per farle capire che non era sola. 


Febbraio

Un mese esatto dopo suonarono al campanello di casa Morgan e la ragazza, a passi lenti, andò ad aprire trovandosi davanti un fattorino con in mano un trasportino color verde mela. Il ragazzo la guardò con un sorriso gioioso incurante del modo in cui lei si presentava: i capelli neri erano scompigliati in uno chignon stretto, aveva delle occhiaie spaventose sotto agli occhi e indossava ancora il pigiama nonostante fosse appena pomeriggio.
"Ho una consegna per lei, signorina Morgan", disse porgendole il trasportino.
La ragazza lo guardò stranita.

"Non ho ordinato nulla", disse senza prendere ciò che il fattorino le porgeva.
Il ragazzo guardò i fogli con il destinatario della consegna e scosse la testa.

"Qui dice il contrario", disse facendole vedere i documenti.
Blake prese il trasportino e per poco non gli scivolò dalle mani da quanto era pesante.

"Un momento, ho altre cose da darle. Si voltò e scese velocemente i gradini color panna e raggiunse il camion con i sportelloni aperti dietro e recuperò due borsoni grandi e ritornò da lei. Glieli appoggiò a terra e dal taschino tirò fuori una penna bic di colore nera.
"Firmi qui", disse porgendole la penna e i documenti da firmare.
Lei firmò e dopo aver consegnato il tutto al fattorino lui la salutò e se andò via.
La ragazza mise il trasportino dentro casa e raccolse le due borse anch'esse pesanti. Si chiese come era possibile che fossero destinate a lei e dubbiosa guardò dentro alla gabbietta. In fondo al traportino di plastica colorata riposava un piccolo carlino di colore nero. Sbattè le palpebre sorpresa e decise di aprire le borse. Ci trovò dentro due ciotole di metallo, una pettorina, un collare e del cibo, tanto cibo, sottoforma di umido e in crocchette. In fondo alla seconda borsa trovò una lettera e perse un battito quando lesse il suo nome con la calligrafia di sua madre. Con mani tremanti la raccolse e aprì la busta.
Ci trovò dentro una lettera.

Buon compleanno tesoro mio!
Si, questo regalo ti è stato recapitato con un mese di ritardo ma capirai benissimo, dopo aver visto il contenuto della gabbietta, il motivo del mio ritardo.
Fin da piccola avevi sempre desiderato prenderti cura di un cucciolo tutto tuo ma non ti avevo ancora ritenuta adatta per una responsabilità così grande.
Ma ora che hai 18 anni e dopo avermi dimostrato più e più volte di essere in grado di prenderti le tue responsabilità ho deciso di darti quello che hai sempre desiderato: un cucciolo tutto tuo.
Non vedo l'ora di tornare a casa per vedere quella piccola peste gironzolare per casa e vedere il tuo bellissimo sorriso sul volto.

Con amore, 
Mamma.


Blake strinse la lettera al petto e cominciò a piangere. Non si sarebbe mai aspettata questo, un ultimo regalo da parte di sua madre. Ora come non mai la sentiva presente, come se da un momento all'altro tornasse a casa e le chiedesse se il regalo le fosse piaciuto.
Sentì dei lamenti provenire dal trasportino e si asciugò gli occhi con il palmo della mano. Il cucciolo era davanti alla rete di plastica e la guardava con i suoi occhietti neri. Blake aprì il meccanismo di apertura e il cagnolino uscì camminando come meglio poteva e si avvicinò a lei. Abbaiò dolcemente e la ragazza sorrise. Lo prese in braccio e lo guardò negli occhi.
"Benvenuto in famiglia, Edgar Allan Poe".

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre


Blake se ne stava sdraiata sul divano a guardare un quiz a premi alla tv quando sentì suonare alla porta. Guardando l'orologio appeso al muro si chiese chi era andata a disturbarla a quell'ora di notte. Spostò delicatamente Edgar che dormiva rumorosamente ai suoi piedi e andò ad aprire.
Erin sorrise appena la vide e la salutò con un "ciao" sussurrato.
La ragazza aprì di più la porta facendola entrare e la donna notò lo stato in cui riversava la casa: era perfetta. Rimase sorpresa dalla cosa, si aspettava che la casa fosse in un completo caos. I mobili sembravano luccicare dalle tante volte che erano stati puliti. I pavimenti erano immacolati, così puliti che ci si poteva mangiare sopra. Persino Blake era curata, i capelli erano in perfetto ordine, la manicure era fatta a opera d'arte così come l'estetica del viso. Su internet aveva letto che molte persone, quasi tutte, dopo la perdita di un genitore avvenuta in un modo molto cruento perdevano interesse in tutto. Non si curavano più l'aspetto e perdevano la voglia persino di pulire la casa. Capì che Blake, a quanto pare, faceva parte di quella cerchia di persone che per non pensare a tutto, teneva occupata la mente in faccende domestiche e pulizia di se stessa.
"Non ti aspettavo", mormorò Blake guardando la sua valigia a tracolla.
Eris sorrise nuovamente.

"Si, mi dispiace. Non ti ho avvisata. È stata una cosa fatta all'ultimo momento", confessò la donna.

"Sono preoccupata per te, Blake. Non rispondi quasi più alle mie chiamate, alle mie mail e ai miei messaggi", disse con tono preoccupato.

"Mi dispiace", rispose sincera, "Molte volte mi dimentico di farlo".
Erin entrò in salotto e guardò il piccolo cane che russava sopra al divano beige.

"E lui chi è?", chiese con un sorriso avvicinandosi al cane facendo piano per non svegliarlo.

"Lui è Edgar Allan Poe", rispose la ragazza guardando quella macchia nera vivente sul divano.

"Edgar Allan Poe", ripetè con un sorriso la zia, "Come lo scrittore preferito di Alexis", disse mentre accarezzava la testolina rotonda del cane. 
Blake annuì con un sorriso.

"Mi dispiace di averti fatta preoccupare. Ma come vedi sto bene.", disse fredda la ragazza.
Erin la guardò per qualche secondo prima di concentrarsi nuovamente sul cane.

"Non mi sembra che tu stia bene, Blake. Dopo la morte di tua madre hai smesso di andare a scuola e sei stata bocciata."

"Credo che sia un comportamento alquanto normale vista la perdita che ho subito. Non sono stata in grado di andare a scuola e fare finta di niente, di tornare alla normalità", rispose lei in fretta.

"Hai smesso di uscire, di vedere i tuoi amici. Quando è stata l'ultima volta che l'hai fatto?", chiese lei osservandola attentamente.

"Io... Non me lo ricordo", disse pensierosa, "Ma tu come fai a sapere tutto questo?", chiese incrociando le braccia al petto.

"Alcuni tuoi amici mi hanno contattata su facebook. È da quando c'è stato il funerale che mi hanno scritto dandomi tue notizie", rivelò lei sedendosi su una poltrona.

"I miei amici hanno fatto cosa?", chiese lei incredula.
Era vero, con i suoi amici si era pian piano allontanata e con Trevor, il suo ragazzo, si era lasciata dopo poche settimane. Aveva scoperto tramite un video girato a una festa di una loro compagna il suo tradimento. Non ci furono parole o incontri, solo il suo stato di facebook che da impegnato era passato a single.

"Loro sono preoccupati per te. Hanno fatto il possibile ma quando hanno visto che non facevi altro che alzare barriere per chiuderti dentro loro hanno deciso di aspettare che tu ti decidessi di parlare con loro".

"E hanno deciso di fare la spia", mormorò arrabbiata.

"Lo hanno fatto per il tuo bene", disse lei con un sorriso.

"Senti, Blake, oggi sono venuta qui non solo per vedere come stai. Ma anche per farti un offerta", disse.

"Che offerta?", domandò curiosa.

"Vieni a Beacon Hills con me. Forse allontanarsi da tutto questo potrebbe giovarti e farti ricominciare. Potresti finire l'ultimo anno là e poi, se vorrai, ritornare qui per il collage".

"Quindi secondo te sarebbe per me salutare venire sradicata dal mio ambiente che ho sempre conosciuto, andare a vivere per un anno dalla costa opposta dove non conosco nessuno?", chiese scettica.

"Forse è una buona occasione per te per stare meglio. Allontanarsi da questa casa potrebbe essere una soluzione. Non vedere le stanze che condividevi ogni giorno con tua madre, vedere la porta in cui entrava la sera o semplicemente vedere la sua camera potrebbe essere terapeutico. Andare in un posto in cui nessuno ti conosce e che nessuno è a conoscenza della tua perdita potrebbe essere una soluzione per farti ricominciare", disse Erin con convinzione.
"Lo sai che tua madre l'avrebbe voluto, ricordi il suo testamento?", domandò infine.
Blake abbassò lo sguardo. Come poteva dimenticarsi del testamento della madre? Pochi giorni dopo il funerale, lei e sua zia, le uniche parenti rimaste in vita, erano state chiamate dal notaio per leggere le ultime volontà di sua madre. Le aveva lasciato tutta la sua eredità - da cui aveva preso veramente poco, il giusto per pagare le bollette e il cibo per lei ed Edgar - la casa e la sua auto. A sua zia invece aveva lasciato delle lettere e un carillon antico che Blake non aveva mai visto. E una lettera per entrambe in cui chiedeva, in caso di morte avvenuta prima della sua maggiore età, che Blake venisse presa in custodia dalla sorella e se nel caso fosse morta dopo il raggiungimento dei diciotto anni, le sarebbe piaciuto che sua figlia fosse andata a vivere per un po' di tempo con la sorella per riallacciare le radici ormai perdute da tempo.
Blake guardò sua zia e sospirò. 
"E se avesse ragione? E se veramente mi potesse dare conforto andare a vivere altrove?" si domandò pensierosa.
"Ma come potrebbe essere terapeutico per me cambiare completamente ambiente? Perché mia madre vuole che io vada nel posto che ha sempre odiato e che non mi ha mai parlato?", pensò subito dopo.

"Ti lascio la notte per pensarci. Io ho prenotato una camera in un albergo vicino" disse alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi a lei.
"Mi piacerebbe tantissimo che tu venissi a Beacon Hills e conoscere i posti in cui tua madre andava per svagarsi. Prendila come un'oppurtunità per conoscerla meglio", le disse con un sorriso, "Io e John saremmo lieti di averti con noi", aggiunse infine.

"John?", domandò guardandola.
Non aveva mai accennato a un John prima d'ora.

"È il mio compagno", rispose con un sorriso. "È venuto anche lui alla veglia e al funerale ma visto le circostanze abbiamo ritenuto opportuno aspettare per dirtelo. Avevamo troppi pensieri per la testa per fare una cena di famiglia, non era il momento adatto".
Blake annuì e l'accompagnò alla porta. Erin le diede un bacio sulla guancia e le diede la buonanotte.

Per tutta la notte Blake non riuscì a dormire, i suoi pensieri erano occupati con insistenza dai ricordi della madre. Anche se stava chiusa in camera sua poteva sentire il suo profumo provenire dalle sue coperte dall'altra parte della casa. Si girava e rigirava nel letto così tanto che Edgar scese giù con un lamento per riaddormentarsi pochi istanti dopo sul tappeto bianco posto di fianco al letto. Era così ormai da mesi, la notte era un incubo per lei, il buio non le piaceva. Aveva sempre l'impressione che nascosto nell'ombra ci fosse qualcuno ad osservarla e questo non le permetteva di dormire tranquillamente. Il pomeriggio per lei era l'unico momento in cui riusciva ad addormentarsi senza problemi e il cambio del giorno con la notte le aveva creato non pochi problemi.
Sbuffò aprendo gli occhi e guardò il soffitto illuminato dalla luce del lampione posto fuori dalla finestra. 
"E se avesse ragione?", si domandò per la millesima volta. 
Guardò la foto della madre posta sul comodino e sospirò quando capì la risposta definitiva.
Alle sei meno un quarto del mattino, impaziente di aspettare un'ora decente, prese il telefono e compose il numero di Erin.
La donna rispose dopo pochi squilli.
"Pronto?", domandò con la voce impastata dal sonno.

"Mi dispiace per l'ora ma non riesco ad aspettare. La mia risposta è si. Ma lo faccio perché è quello che voleva mia madre. Rispetto la sua ultima volontà".


Organizzare tutto il viaggio non era stato semplice. Molte cose di Blake non potevano essere portate in aereo ed Erin insistette nel pagare una ditta di traslochi per poter portare tutto ciò che aveva Blake in camera a parte il mobilio. Pagò a caro prezzo il camion che avrebbe guidato fino alla costa opposta per portare il tutto.
Dopo una settimana e mezza passata ad imballare le sue cose, a cercare una compagnia aerea che concedesse al cane di essere portato a bordo, chiamare qualcuno che si occupasse della casa almeno un giorno alla settimana fino al loro ritorno, partirono per Beacon Hills.
L'aeroporto di Washigton D.C. non era pieno di persone come al solito grazie all'ora, erano solamente le cinque e mezza del mattino e pochissime persone erano sedute in attesa della partenza. Dopo aver fatto il regolare check-in, il controllo bagaglio e aver aspettato dieci minuti in modo che facessero arrivare la navetta che le avrebbero portate all'aereo, saliro a bordo. Edgar era particolamente tranquillo, guardava attorno a sè con aria curiosa alzando di tanto in tanto il muso annusando l'aria e l'odore degli altri passeggeri. Sistemò come meglio potè il cane al suo posto, vicino al suo sedile e al finestrino, e sospirò aspettando la partenza che sarebbe avvenuta da lì a poco.
"Vedrai, Beacon Hills ti piacerà", disse Erin prendendola per mano.
Blake sorrise non molto convinta sperando di aver fatto la scelta giusta. Avevano davanti a loro ben nove ore di volo contando pure lo scalo di due ore per prendere l'aereo che le avrebbe portate all'aeroporto di Ontario e poi avrebbero fatto quasi mezz'ora di strada per arrivare a destinazione. Fortunatamente si era portata via un po' di cose per svagarsi, come un libro che doveva finire da tempo e il tablet munito di cuffie con salvati alcuni episodi di serie tv con cui doveva rimettersi in pari.
Quando il capitano comunicò all'equipaggio che tra pochi minuti sarebbero partiti, Blake si sentì un po' male. Si rese conto che non voleva del tutto andarsene, che voleva ritornare a casa e rifugiarsi nelle calde e famigliari coperte delle madre. Trattenne le lacrime mentre sentì l'aereo muoversi. Erin si accorse del suo stato d'animo e le prese una mano. 
"Andrà tutto bene, non ti preoccupare", le disse con tono dolce. 
Blake non potè far altro che stringerle forte la mano mentre l'aereo prese quota lasciandosi così alle spalle una parte di sè.

Una volta arrivate all'aeroporto di Ontario si rese conto il viaggio non era stato così tremendo e stancante come aveva pensanto. Una volta arrivate in modalità crociera, Blake accese il tablet e passò un paio di ore in compagnia di una serie tv, di tanto in tanto accarezzava il cane che dormiva sul suo trasportino per rilassarsi. Le hostess erano state tutte gentili con loro, le avevano portato la colazione che avevano consumato in silenzio ognuna perse nel proprio passatempo, Erin aveva deciso di leggere un libro di seicento pagine di una saga fantasy di cui Blake aveva sentito soltanto parlare.
Una volta arrivate allo scalo dell'aeroporto di Salt Lake City avevano aspettato le due ore dall'imbarco chiacchierando del più e del meno facendo merenda con della frutta secca, delle barrette proteiche e del succo di frutta.
Di nuovo a bordo, a metà viaggio, consumarono un pasto leggero e atterrarono dopo solo due ore e mezza.
Una volta recuperato i bagagli e aver fatto i controlli opportuni, Blake seguì sua zia con Edgar che camminava con la lingua a penzoloni al suo fianco. Arrivarono al parcheggio dell'aeroporto e misero i bagagli nel baule di una vecchia Renault verde metalizzata. Salirono in auto e prese in braccio il carlino dandogli così la possibilità di vedere fuori dal finestrino. Dopo quasi venticinque minuti di viaggio arrivarono a Beacon Hills.
Blake guardò con curiosità la zona che sembrava risiedere in una valle con delle colline poste un po' ovunque, le case suburbane erano pressoché uguali anche se i proprietari facevano del loro meglio per differenziare l'una dall'altra. C'è chi aveva il giardino curato con delle aiuole tagliate alla perfezione, chi invece aveva lo steccato sempre tinteggiato di bianco che proteggeva al suo interno un giardino pieno di fiori dai colori sgargianti e chi invece non gliene fregava niente dell'estetica della casa e lasciava in disordine l'esterno. 
"Ti dispiace se facciamo una sosta al supermercato?", domandò Erin girando per una via, allontanandosi sempre di più dalle case.
Blake scosse la testa a guardò di nuovo fuori dal finestrino. Si stavano avvicinando alla zona commerciale del posto, da quanto le aveva detto sua zia c'era anche un centro commerciale e un cinema da quelle parti.
Erin parcheggiò l'auto e guardò Edgar dormire sulle gambe della sua padrona.
"Potremo lasciare il cane in macchina e tenere un po' il finestrino abbassato", disse la donna mentre si slacciava la cintura.

"E se qualcuno me lo porta via?", chiese un po' spaventata la ragazza.
Erin sorrise con dolcezza.

"A Beacon Hills nessuno porta via il cane di nessuno, non ti devi preoccupare di questo. Non lasceremo tanto abbassato il finestrino, solo il minimo per far girare l'aria. Poi non ci staremo molto dentro, devo solo prendere due cose", disse con un sorriso.
Blake annuì e scese dall'auto, abbassò un pochino il vetro e chiuse la portiera guardando Edgar che la fissava con occhi languidi, come se avesse paura che lo lasciasse lì solo per sempre. Blake appoggiò una mano sul finestrino e sorrise.

"Tornerò presto, non ti preoccupare", mormorò per incoraggiare il suo amico a quattro zampe, come se si aspettasse che lui la capisse.
Si voltò verso sua zia e si incamminò verso il supermercato.


Melissa McCall stava confrontando due torte dai gusti differenti quando sentì udire una voce famigliare provenire da dietro di lei. Si voltò e vide Erin Morgan che entrava nel suo stesso reparto seguito da una ragazza più giovane e, dopo averla guardata meglio, dovette appoggiare ciò che aveva in mano sui scaffali per non farli cadere. La ragazza era la copia sputata di sua madre.
Il suo portamento, il suo viso, i suoi occhi verdi con delle sfumature di colore giallo e le sue labbra piene erano uguali a quelle di Alexis. I suoi capelli che scendevano fino alle spalle in morbide onde erano di un colore marrone scuro, questi erano le uniche cose che la differenziavano da sua madre che invece aveva i capelli biondi. Il gusto nel vestire era quasi uguale a quello di sua madre, indossava una maglietta aderente colore blu notte, dei jeans neri e dei stivaletti dello stesso colore. La guardava con la bocca semi-aperta dalla sorpresa.
Quando Erin vide Melissa si bloccò sul posto e si voltò verso la nipote.
"Ti dispiacerebbe andare a prendere del formaggio nel banco frigo dietro di noi?", chiese con un sorriso indicando il posto in cui doveva andare.
La ragazza annuì e si voltò allontanandosi da loro.
Erin, velocemente, si avvicinò alla donna.

"Lei non sa niente.", disse velocemente senza salutarla, "Lei non deve sapere niente. So quello che hai fatto tempo fa a mia sorella e ti avverto McCall, se oserai solamente farle quello che hai fatto ad Alexis te la farò pagare!", disse guardandola con sguardo omicida.
Melissa, nervosa, con il pollice fece roteare il nuovo anello di fidanzamento che aveva nell'anulare sinistro e scosse la testa.

"Non le farò niente.", disse alla svelta, "Non ho intenzione di farlo.", disse sincera.
Erin la guardò per qualche istante negli occhi e annuì, si voltò e si incamminò verso la nipote.
Melissa prese alla svelta una torta pescata a caso e camminò il più velocemente possibile verso la cassa, non vedendo l'ora di uscire da lì. Arrivata alla macchina chiuse la porta con forza e dopo essersi allacciata la cintura partì per tornare a casa.
Il cuore le pompava velocemente nel petto e si asciugò la fronte dal sudore.
Non poteva credere che lei sarebbe venuta lì a Beacon Hills. Non aveva mai pensato che sarebbe potuto succedere.
"E ora cosa faccio?", si domandò mentre percorreva la strada di casa.
"Dovrò raccontare la verità oppure lasciare perdere?", si chiese una volta arrivata.
Guardò Scott entrare in casa seguito da Allison e sospirò.
Avrebbe lasciato perdere. Per il bene di suo figlio lo avrebbe fatto.

 
Angolino personale:
Vi faccio un grande applauso per essere arrivati fino alla fine del capitolo. È solo introduttivo, serve per far conoscere la protagonista della storia.
Nei prossimi capitoli ci sarà più azione e vedremo i nostri beniamini molto spesso.
Se vi va di lasciare una piccola recensione per dirmi come vi è sembrato il capitolo mi farebbe soltanto che piacere. ^^
Al prossimo capitolo.
   
 
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