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Autore: The Custodian ofthe Doors    31/05/2017    0 recensioni
Will amava il Texas come niente al mondo, perché significava casa, famiglia, calore, felicità. Amava ogni cosa di quello Stato, del suo Stato, ogni piccola collina e grande prateria, le mandrie e le corse dei cavalli liberi nel caldo luminoso del Sole.
Will ha sei anni, una famiglia numerosa, una madre esuberante che gli annuncia di aver trovato un ranch tutto per loro ed una nuova avventura da intraprendere, che li porterà sulla strada polverosa della Stella di Rame, in un viaggio sorprendente ed una meta inaspettata che un poco si rivelerà un luogo concreto ed un po' solo quel lungo ed infinito correre verso il futuro, tra strade di campagna che si insinuano per l'infanzia e l'adolescenza, alla perenne ricerca di maturità che spesso i bambini ricercano senza rendersi conto di quanto sia magnifica la loro età.
Ma la verità è che ogni strada che decidiamo di percorrere porta a ciò che saremo, a ciò che ha fatto di noi quello che siamo e che sia una lingua d'asfalto o una strada di campagna, per quanto potremmo allontanarci, troveremo sempre il modo per tornare a casa.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Will Solace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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C O U N T R Y R O A D


Extra.

[Giugno]



Quattro anni dopo.

Piegò la maglia che gli era scivolata di mano e la infilò dentro al borsone aperto sul letto, la vernice rossa dell'intelaiatura a forma di macchina ormai di qualche tonalità più chiara dell'originale, sbiadita dal tempo e dal sole impietoso della Valley. Non aveva la più pallida idea di cosa gli sarebbe potuto servire, ogni quanto si faceva la lavatrice lì o cose del genere, a dirla tutta non sapeva neanche se dovesse portarsi i compiti. Sospirò.
L'anno dopo sarebbe entrato finalmente alle medie, era diventato un ragazzo grande finalmente, certo non grande come i ragazzi del liceo o come Nathan che ora era al College, ma era sicuramente sulla buona strada per la pubertà, gli erano persino usciti un paio di peletti sul mento e no, Ryan poteva prenderlo in giro quanto voleva, ma quelli erano sicuramente i suoi primi due peli di barba, non era banale peluria. Come se poi lui potesse permettersi di parlare! L'unico che poteva dir qualcosa era Andrew, che sorprendendo tutti, si era presentato qualche giorno prima con un bellissimo sfogo d'acne su una guancia.
E sua madre poteva dire quello che le pareva, ma l'acne era il primo passo verso l'adolescenza, non c'era nulla di cui vergognarsi, anzi, lui e gli altri ragazzi stavano invidiando Andrew come se non ci fosse nulla di più bello al mondo che avere delle bruttissime bolle sul volto.
Si lanciò uno sguardo attraverso lo specchio dentro l'anta dell'armadio, dove le sue magliette a maniche corte facevano bella mostra appese con le suo autentiche camicie hawaiane, gliele aveva portate Risie direttamente da Kaneohe, dove vivevano i nonni paterni. Sorrise e si sporse per prenderle, si sarebbe portato anche quelle, si.
Fece un rapido conto e decise che forse doveva proprio portarsi dei quaderni nuovi, a quanto gli aveva detto il suo satiro avrebbe dovuto imparare il greco antico, o rii-impararlo visto che secondo lui già lo conosceva. Si guardò attorno alla ricerca dei blocchi degli appunti nuovi che aveva comprato il Settembre precedente con i suo amici e l'occhio gli cadde su una mensola alta, dove teneva le foto fatte durante quei cinque anni passati a Phoenix. Certo, ve ne erano tante altre appese per la camera ed un numero indefinito per tutta casa, ma lì c'erano le più importanti, come quelle di Natale o del Palaghiaccio, il primo saggio di danza e la prima gara di nuoto di Rise, Ara con il suo bell'arco e la medaglia d'oro, Jajeck sporco d'erba tra tutta la sua squadra, la coppa alta sulla sua testa. C'era Ryan sulla spalla di uno dei ragazzi della squadra di basket del liceo, quando avevano vinto contro Tucson. O lui e Turan alla prima dello schiaccianoci in cui avevano ballato sia lui che Rise. E ancora Andrew senza un dente dopo aver parato la battuta di un battitore professionista dritta in faccia. C'era sua madre al Country Bar e i nonni sulla veranda del ranch, c'erano tantissimi ricordi ma non poteva portarli con sé tutti, senza contare che aveva paura di perderle o rovinarle se avesse deciso di prendere qualche foto.
Nonostante tutto si arrampicò sulla sedia per raggiungere il ripiano e guardare da vicino quei frammenti di passato.
Posò lo sguardo sulla primissima foto che avevano scattato insieme, gliela aveva fatta Albert alla loro prima visita al Maniero, rigorosamente senza dir nulla a Madame e infilando a tutti una copia di soppiatto dentro allo zainetto. Ritraeva loro otto da piccoli, appena sei anni, Ryan doveva ancora farli a ben pensarci, ridacchiò. Subito affianco invece quella scattata dopo il suo rientro dal Texas tutti quegli anni prima, gli pareva così lontano quel giorno, quando avevano finito il posto per mettere le toppe sulla Guida, applicandovi l'ultima, piccola, bianca e tondeggiante. Nella foto erano tutti ammucchiati, Turan e Risie, i più alti, in piedi dietro di lui, che spiccava al centro con la guida aperta di dorso verso l'obbiettivo; alla sua destra Jajeck teneva un braccio attorno al collo di Rise, sporto in avanti per tenere l'altra mano sulla spalla di Alexander accucciato davanti a lui; dall'altro lato Ryan poggiava tutto il suo peso contro la sua spalla, una mano alzata in segno di vittoria e l'altra che teneva stretta nel pugno la maglia del rosso. Ai suoi piedi il cugino seduto vicino ad Arabelle che se ne stava tranquilla e sorridente al centro, i capelli sciolti a formarle una tenda attorno al volto.
Gli venne da ridere a ripensare a tutto il casino che avevano fatto per decidere se qualcuno oltre Albert, che era l'addetto all'attacco delle toppe, dovesse anche solo vedere la loro segretissima Guida Nera, ma alla fine Summer Solace aveva giurato di portarsi il segreto nella tomba e loro le avevano creduto.
Quanto erano piccoli ed ingenui, si disse con affetto e nostalgia.
Ora invece erano cresciuti, in molti sensi diversi, lo avevano fatto assieme fino a quel momento, ma adesso lui sarebbe dovuto andare al Campo Mezzosangue, dove stavano tutti quei “ragazzi come lui” e probabilmente non avrebbe più passato un'estate con i suoi amichetti.
Stava per scendere dalla sedia improvvisamente rattristato da quel pensiero quando uno scintillio strano lo fece bloccare sul posto, cos'era?
Spostò le due foto ed allungò la mano per tastare lo spazio impolverato che le divideva dal muro, sussultando e rischiando di cadere quando le sue dita incontrarono un rettangolo metallico con dei tasti in rialzo sul dorso. Strinse la presa e chiuse gli occhi, senza voler credere di aver in mano proprio ciò che pensava essere.
Scese con cautela dalla sedia e si sedette sul letto fissando stralunato e confuso il mangiacassette che aveva ritrovato.
Era indubbiamente quello di suo nonno, quello che si portò via dal Texas cinque anni prima e che lo fece tanto pensare un anno dopo credendo di esserselo perso per sempre. Premette il tasto play e con sempre più stupore si rese conto che ancora funzionava, che dopo tutti quegli anni le pile erano ancora cariche.
S'affrettò a cercare le cuffiette, ma quando aprì il cassetto ritrovò quelle vecchie a ponte che erano sempre state attaccate al riproduttore. Come c'erano arrivati entrambi in camera sua? Per un attimo si chiese se non fosse possibile che fosse stata sua madre a metterlo lì, ma dubitava fortemente, che fosse stato…
Scosse la testa ed infilò il jak delle cuffie nel piccolo forellino impolverato, sbrigandosi a sistemarsi le vecchi spugne arancione sbiadito sulle orecchie, spingendo a ripetizione il tasto avanti per raggiungere proprio ciò che voleva.
Ed eccolo lì, proprio come lo ricordava, John Denver che con voce lenta e melodiosa cantava di quella strada di campagna che lo avrebbe riportato a casa sua.
Si lasciò cadere sul letto e sorrise chiudendo gli occhi.
Alla fine lui a casa c'era arrivato, quella canzone non era altro che la degna conclusione di tutta la sua disperata ricerca, eppure mancava ancora qualcosa.


Louis, il papà di Alexander, era stato così bravo e veloce, oltre che gentile, da riportargli il mangiacassette proprio il giorno in cui sarebbe partito per il Campo.
A tutti i genitori dei suoi amici aveva detto che sarebbe andato in questo campo particolare che gli aveva consigliato uno dei fratelli della mamma e chissà perché tutti gli avevano creduto senza batter ciglio, o meglio, Providence e Tory avevano ridacchiato sotto i baffi come le due sorelle mancate che erano, esattamente come i gemelli mancati che erano invece i loro figli, ma in ogni caso avevano taciuto.
Mentre gli adulti parlavano tra di loro in attesa dell'arrivo del treno che lo avrebbe portato a New York, Will fece cenno ai ragazzi di avvicinarsi per dirgli le ultime raccomandazioni e fargli sentire ciò che aveva preparato.
Era triste dirgli addio in quel modo, sapere che non avrebbero passa l'estate tutti assieme a far chissà quale danno che solo loro potevano fare; persino Ares, accucciato ai piedi di Rise, piagnucolava rattristito e Will poté giurare di aver visto Ryan asciugarsi al volo una lacrima, prima che Andrew gli passasse una mano sul braccio con fare rassicurante.
Erano cresciuti tutti quanti, soprattutto d'altezza, ma anche di carattere, di fisionomia, eppure a Will sembravano ancora quei bambini che avevano deciso di essere suoi amici senza neanche chiedergli cosa ne pensasse lui, se gli andasse bene.
Chiese solo un attimo d'attenzione prima di premere play e far partire la registrazione.
C'era stato grande giubilio e profonda sorpresa quando aveva raccontato di aver ritrovato il mangiacassette, ma ce ne fu molto di più quando i bambini riconobbero la canzone.
La voce acuta ma perfettamente intonata di una Risie di sette anni cantò le prime strofe della canzone, seguita subito dal fratello nel ritornello e poi da tutti loro in coro. Era quella che avevano registrato tutti assieme per il loro secondo Natale, per farla sentire a suo nonno che era andato a trovare lo zio Anthony a Chicago e per i genitori dei suoi amici che erano sparsi per il mondo, impegnati in mille missioni diverse, ne avevano mandato una copia ai loro di nonni e persino a Nathan che aveva cominciato il College ed era lontano.
E tutti e sette gli sorrisero, Ares alzò le orecchie e cominciò a scodinzolare; era felice di averli sorpresi, voleva che sapessero che li avrebbe sempre portati con sé.
Che erano la sua famiglia.
La canzone finì lentamente ma il nastro non si interruppe come Will credeva. Fu il suo turno di guardare incuriosito lo strumento per poi spostare lo sguardo sui suoi amici, Andrew arrossi colpevole davanti ai ghigni soddisfatti degli altri ed il biondo si ritrovò a non capire, finché ancora una volta la voce di Rise -della Rise di ora- non proruppe nell'aria pregna di chiacchiere ed addii:

<< “ Per ricordarti, anche adesso che sei lontano, che noi siamo qui ad aspettarti, che ci saremo sempre, così non ti perderai, così non dimenticherai quel è la strada di campagna che ti riporterà a casa”>>

William li aveva abbracciati uno ad uno, infischiandosene che non fosse da uomini così come avevano fatto i suoi amici, e si, Ryan aveva piagnucolato proprio come Ares, anche lui gli era saltato addosso per leccargli la faccia e fargli sapere quanto gli sarebbe mancato. Chissà cosa avrebbero detto i ragazzi del Campo se avesse raccontato che una sua amica aveva chiamato il suo cane come un dio.
Il satiro che lo aveva trovato era chiuso in bagno a parlare con i suoi superiori e Will non voleva minimamente sapere come fosse possibile e perché proprio in bagno. Gli avevano detto che i telefoni e tutti gli oggetti in grado di trasmettere onde radio erano vietati e quindi non avrebbe neanche potuto telefonare e far sapere che era arrivato, che stava bene.
Ripoggiò la testa contro il finestrino e riavviò il mangiacassette lasciando che la voce di Risie gli ricordasse ancora che ci sarebbe sempre stato qualcuno ad aspettarlo a casa.
Chiuse gli occhi e sorrise, alla fine sua madre non gli aveva mentito, lo aveva portato in Arizona e lì aveva davvero vissuto un'incredibile avventura, fino a scoprire chi era, fino a scoprire chi era suo padre.
Un dio lui ed un semidio io.
E se quella non era l'avventura della sua vita, Will non sapeva proprio cos'altro potesse essere.
Qualunque cosa sarebbe successa una volta arrivati a New York però non gli faceva minimamente paura, lo elettrizzava, gli faceva venir voglia di cantare a squarciagola e dire a tutti che lui l'aveva sempre saputo, anche se non ne era consapevole forse, ma aveva sempre saputo di essere in grado di vedere più di quanto non vedessero gli altri. Così come i suoi amici.
Sospirò, se solo Mapel gli avesse creduto quando gli aveva raccontato che non era stato lui ad uccidere quel mostro, ma che era stata Risie a suo di mazzate e che se non fosse stato per i suoi amici lui non si sarebbe neanche reso conto che quel cane non era propriamente un cane… ma non c'era stato verso, loro erano semplici mortali e non potevano venire con lui, non sarebbero neanche stati in grado di superare l'arco.

<< Devi farlo da solo Will, questa è la tua di avventura, non la nostra.>> gli aveva detto con voce dolce Turan.
<< Non fraintenderci, ci piacerebbe tantissimo venire con te.>> aveva continuato subito Andrew.
<< Ma non possiamo, lo hai sentito il caprone, non siamo come te. Forse abbiamo quella cosa, la vista o quel che è, ma sei tu quello forte qui, sei tu il semidio.>> Ryan gli aveva assestato una delle sue micidiali pacche sulle spalle, mai terribili come quelle dei due giganti del gruppo, ma comunque temibili. Poi Arabelle aveva annuito e gli aveva stretto la mano,
<< Ricordati però che ci saremo sempre, anche se non ci telefonerai, noi chiederemo a tua mamma, sapremo sempre come starai. Non ti libererai di noi.>>
<< E poi non è un addio, lo sai benissimo, ci rivedremo a Settembre per la scuola.>> Aveva aggiunto Alexander.
<< E se ti servisse mai qualcosa, facci un fischio, glielo faccio vedere io come la sua dannata barriera non ci fa passare, gliela sfondiamo a suon di calci.>> Jajeck aveva trovato subito l'appoggio di tutti quanti, più che seri all'idea di distruggere una barriera protettiva solo per lui. Li aveva ringraziati e si era voltato verso Risie che non aveva ancora detto nulla, limitandosi ad ascoltarli in silenzio. Le si avvicinò piano e allungò una mano che venne prontamente presa da quella della ragazzina, qualcosa di liscio e fino intrappolato tra i due palmi.
Si guardarono per un tempo incalcolabile e poi semplicemente lei rafforzò la presa, << Buona fortuna William, torna presto.>>
Will aveva inghiottito il groppo che gli si era formato in gola e l'aveva tirata per quella stessa mano per poi stringerla in un abbraccio spacca ossa, ma che era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento,
di cui avevano bisogno entrambi.
<< Non ho bisogno di altra fortuna, ho già voi.>>

<< Questo è disgustosamente diabetico, sappilo.>>


Si, qualunque cosa sarebbe successa lui aveva sempre i suoi amici, la sua famiglia, che lo aspettavano a casa. E casa, aveva imparato Will, non era un luogo.
Casa erano le persone che ami e che ti amano.
Avrebbe affrontato la sua grande avventura e poi sarebbe tornato vittorioso dalla sua famiglia. Voltò il mangiacassette e osservò l'adesivo che vi aveva messo sopra neanche due ore prima. Piccolo come una noce, tondeggiante e dallo sfondo bianco, un contorno rosso ed una semplice scritta centrale di un rosso più scuro, abbellita da un fiore d'ibisco stilizzato.
Una sola parola che valeva più di mille altre.
“Ohana”.
Non sapeva cosa lo aspettasse al suo arrivo, non sapeva nulla di quel luogo, della sua gente, di suo padre e di tutto il suo mondo, ma sarebbe stato pronto ad andare in capo al mondo ora che aveva capito che neanche la lontananza lo avrebbe mai potuto dividere dalla sua famiglia.
Non vedeva l'ora di iniziare, non vedeva l'ora di poter raccontare tutto ai ragazzi, a sua madre.

L'avventura di Will Solace, figlio di Apollo, aveva appena imboccato una nuova strada maestra.










[ F I N E ]












Questa è la fine della storia, o forse è solo la spiegazione di come è cominciata, ma una volta partiti, con della buona musica e qualche bel ricordo, siamo tutti più propensi a goderci il viaggio.
TCotD.
   
 
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