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Autore: in rotta per il paradiso    31/05/2017    3 recensioni
Cecco e Max sono due ragazzi figli della strada. Sono cresciuti tra risse e droga e ne sono diventati campioni. L'unica cosa che può salvare Max è la piccola Benedetta, la sorellina del suo migliore amico. E quando tutto sembrava​ andare bene, qualcosa li travolge.
Dedicato a coloro che hanno qualcosa per cui vivere e talvolta anche per morire...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Erano passati due mesi da quel tragico incidente. Come ogni pomeriggio, Cecco e Benedetta aspettavano il loro turno per entrare nella camera di Massimiliano. Rimanevano pazientemente seduti nella sala d'aspetto ad attendere che i suoi genitori uscissero per lasciarli entrare.
I dottori continuavano a ripetere che le condizioni del ragazzo rimanevano stabili e che questa fosse una buona notizia, tuttavia i loro occhi fuggivano sempre quelli colmi di lacrime dei familiari. Un pomeriggio, nel quale Cecco si trovò ad assistere a quella quotidiana scena, esplose.
«Cosa significa che le sue condizioni sono stabili? È in coma da due mesi! Quando cazzo si sveglierà?»
Benedetta, che era accorsa non appena aveva udito le urla del fratello maggiore, ascoltò la risposta e cadde in lacrime sul pavimento, seguita dalla madre di Max che urlava e piangeva nello stesso momento. Il marito della donna inveì contro l'uomo, il quale aveva risparmiato loro la reale condizione di suo figlio senza alcun diritto. Solo la forza di Cecco riuscì ad acquietare il padre del suo migliore amico che altrimenti rischiava di alzare le mani contro il medico.
Nonostante la speranza che avessero potuto nutrire, in cuor loro tutti capivano che la ripresa di Max sarebbe stata un miracolo e nessuno credeva più ai miracoli…
Il padre abbracciò la moglie che si reggeva a stento al muro bianco. L'unica cosa positiva che aveva recato l’incidente di loro figlio fu il loro riavvicinamento. A che prezzo? La vita aveva donato loro due bellissimi figli, uguali nei tratti somatici e opposti nel carattere. Ora non ne avevano più. Erano stati così pessimi come genitori da dover togliere loro tutto ciò che aveva davvero valore?
«Si riprenderà… Noi dobbiamo essere forti, almeno quando si sveglierà potremo dargli la serenità che gli abbiamo sempre negato» provava a confortarla quell'uomo rude che si era dimostrato davvero devastato da quanto fosse accaduto.
«Nessuno ci porterà indietro nostro figlio! Lo hai sentito il dottore?» urlava tra le lacrime.
Lui le afferrò il volto e le disse di smettere di piangere, perché Max si sarebbe svegliato.
Cecco e Benedetta entrarono come ogni pomeriggio nella stanza dove il loro più caro amico riposava. Vederlo ogni giorno attaccato a quei tubicini e con una veste bianca addosso, lui che detestava il bianco più di ogni altro colore, li destabilizzava. Non riuscivano a comprendere cosa potesse essere scattato nella mente di quei due bastardi per compiere quel gesto folle. Cecco era venuto a conoscenza di quello che era realmente accaduto solo perché il ragazzo che forniva loro le consegne richieste, si era pentito e gli aveva raccontato tutto senza omettere nessun fatto. Il pugno che gli assestò sul volto riuscì a rompergli il setto nasale e spaccargli un labbro. Aveva giurato a se stesso che avrebbe fatto vendetta e quei due avrebbero pagato con dolore il peso delle loro azioni!
Guardò il suo migliore amico poi volse lo sguardo alla sua sorellina. La osservava mentre lei non staccava gli occhi da Massimiliano, nonostante le lacrime silenziose le scavassero le guance. Lei era cambiata: parlava poco, mangiava poco, studiava tanto. Affogava il suo dolore la sera, quando nessuno poteva sentirla piangere, quando pensava che lui stesse dormendo e non potesse ascoltare i suoi singhiozzi. Lui non riusciva più a dormire la notte, quando chiudeva gli occhi e un lieve senso di stanchezza lo inghiottiva faceva degli incubi orribili. Si svegliava di soprassalto, con il cuore a tremila e i capelli e la pelle madidi di sudore. Lo stava uccidendo la conoscenza di sapere che Max stava in quelle condizioni per salvare lui. Avrebbe cambiato vita; lo doveva a sua sorella la quale aveva perso il ragazzo che amava, lo doveva al suo migliore amico dal momento che si era sacrificato e lo doveva a se stesso, perché su quel letto d'ospedale avrebbe dovuto esserci lui…
«Devi essere forte, non puoi arrenderti ora! Sei sempre stato forte, devi tornare a stare con noi…» gli diceva tra le lacrime Benedetta.
«Che stai facendo? Non può sentirti…»
«Ti sbagli! Lui percepisce tutto ciò che lo circonda! Noi dobbiamo dargli forza!»
Cecco non rispose. Alcune notti, quando si svegliava in preda ai brutti sogni, vedeva il letto di Benedetta vuoto ma disfatto. Non ci impiegava molto a comprendere che neanche lei riusciva a dormire serenamente e preoccupato si alzava per controllare dove stesse e soprattutto a fare cosa. La trovava nel piccolo salottino, davanti al computer vecchio che neanche funzionava bene a leggere attentamente delle pagine Internet. Le cose che gli aveva appena detto erano il frutto di notti insonni. E chi era lui per smentire quelle deboli speranze?
Un’infermiera si affacciò nella stanza e sorrise a quei due ragazzi che vedeva ogni giorno.
«Come state?» chiese loro gentilmente come tutti i giorni.
«Siamo venuti a trovarlo. Ora ce ne andiamo» le rispose Cecco.
«Non preoccupatevi. Vi lascio stare altri dieci minuti»
«È vero che lui sente la nostra presenza e quello che gli diciamo?» domandò Benedetta senza neanche distogliere lo sguardo da Massimiliano.
«Certamente e sono convinta che si sveglierà!»
«Non è vero e lo sapete! Ci state mentendo tutti!» strillò furiosa Benedetta. Se ne andò dalla stanza in lacrime e attraversò tutto il corridoio sotto gli sguardi incuriositi di dottori e persone estranee. Uscì nel parcheggio e prese a calci secchi, vasi e panchine. Il dolore la distruggeva.
«Ti chiedo di scusarla, non è arrabbiata con te…» disse imbarazzato Cecco.
«Cosa pretendi? Sente di aver perso il ragazzo di cui è innamorata… Il suo comportamento è giustificato»
«Ti ringrazio per la comprensione»
«Ti lascio sola con lui» gli disse l'infermiera chiudendo la porta.
Il ragazzo strinse la mano di Massimiliano e lo guardò con gli occhi lucidi. Come erano arrivati fino a quel punto?
«Scusami amico mio per tutto questo. La vita fa schifo senza di te, la vita che facevamo insieme e che ci sembrava sopportabile, ora è un incubo! Ho smesso con le cose che ci hanno portato a tutto questo… Ti devo la vita, è come se fossi mio fratello e non riesco a vederti bloccato in questo letto d'ospedale».
Gli spasmi del pianto represso erano violenti e gli occhi velati e rossi di lacrime gli rendevano la vista offuscata. Gli stringeva forte la mano perché sperava che gli rispondesse anche solo con un semplice movimento della dita, almeno avrebbe saputo che lui lo stesse ascoltando. Le lacrime sgorgavano e gli segnavano il viso, guardava il soffitto per cercare di smettere e per darsi un contegno.
«Non te l'ho detto tante volte, ma ti giuro che ti voglio bene!»
Piegò il viso sul letto e continuò a piangere senza freni, senza dignità e senza quella forza che lo aveva sempre contraddistinto. Una mano gli accarezzò la nuca in un gesto di solidarietà e Cecco comprese che l'orario inoltrato delle visite era terminato e che doveva salutare colui che considerava ormai un fratello.
   
 
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