Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    31/05/2017    5 recensioni
1827. Andrew Spencer, erede del titolo degli Harford, parte per il Grand Tour europeo assieme ai suoi migliori amici, Keath e Leonard. Il viaggio ha sì lo scopo di fare nuove scoperte e conoscenze - come effettivamente avverrà - ma serve ad Andrew come via di fuga dal suo annoso, terribile problema. Il suo cuore sanguina per una donna che pensa di non poter avere.
Violet Phillips, al tempo stesso, è alle prese con un problema non dissimile: la Stagione a Londra, mille potenziali cavalieri e nessuno che realmente colpisca il suo cuore... poiché esso è già impegnato, e dall'uomo per lei più inavvicinabile di tutti.
Potrà il Grand Tour aiutare Andrew a chiarirsi le idee, e trovare il coraggio che ora gli manca per dare voce al suo cuore?
E potrà Lucius Bradbury, cugino di Alexander Chadwick, aiutare Violet nella riscoperta di se stessa e di una forza che non crede di avere? - SEGUITO DI "UNA PENNELLATA DI FELICITA'" e "SOTTO IL VELO DELLA NOTTE"
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1.
 
 
Aberdeen – 3 Luglio 1827
 
 
Seduto su una comoda poltrona di vimini, posta sulla terrazza della villa dove, più di tre anni addietro, si era trasferita la sorella, Andrew sorseggiò la sua limonata e inspirò pacifico la brezza salmastra.

Il mare era visibile anche da quella distanza, pur se vi era quasi un miglio, prima di poter giungere alla costa e alle sue spiagge.

Quel giorno, complice la bella giornata di sole e il cielo sgombro di nubi, quella linea blu e uniforme si scorgeva in tutta la sua solitaria bellezza.

Suo zio, da cui aveva preso il nome, era stato un grande amante del mare e delle avventure ma, contrariamente a quanto avevano tutti temuto, lui non ne aveva seguito le orme.

Piuttosto, la più avventurosa tra i due gemelli Spencer, era sempre stata Elizabeth e, anche grazie a un’avventura mozzafiato, aveva trovato l’amore della sua vita.

Alexander Chadwick, secondogenito del duca Barrett, scelse proprio quel momento per raggiungerlo sulla terrazza e, con un sorriso, gli si accomodò appresso.

Nel servirsi della limonata fresca, sorrise non appena le figure della moglie e della loro primogenita – Rose Amelia – comparvero nel giardino sottostante.

La piccola, di quasi tre anni, trotterellava nell’erba, seguita da un’attenta Elizabeth che, da poco meno di tre mesi, attendeva il loro secondogenito.

Rose era nata con un mese di anticipo, rispetto a quanto avrebbe dovuto, ma i medici si erano dichiarati ottimisti fin dall’inizio.

Nonostante le paure della madre e del padre, infatti, la piccola aveva accettato subito il latte e non aveva avuto problemi a prendere peso.

Era letteralmente sbocciata sotto i loro occhi, da piccola e indifesa come era loro sembrata all’inizio, divenendo forte e piena di vitalità nel breve decorrere di un paio di mesi.

Ad Alexander e Lizzie era parso spontaneo chiamarla come un fiore, visto quel cambiamento così rapido avvenuto sotto i loro occhi.

Il secondo nome, invece, era stato scelto dal maggiore dei figli di Clarisse, su espressa richiesta di Elizabeth.

I bambini erano parsi lietissimi di poter partecipare in prima persona a una scelta simile e, alla fine di lunghe discussioni, erano giunti al nome di Amelia, una loro prozia molto amata.

Ora Rose, con i suoi capelli neri mossi dalla brezza e le gambettine corte e paffute, stava tentando di compiere il suo nuovo record di corsa senza cadere.

“Come stanno, le tue signore?” domandò Andrew, sorridendo tranquillo al cognato.

“Oh, Rose è sempre più curiosa di sapere perché la mamma si sta allargando, e Lizzie è sempre più curiosa di sapere quanto si allargherà, viste le sue dimensioni già al terzo mese. Il dottore dice che è possibile che siano due gemelli, visto che lei è ella stessa una gemella. Inoltre, anche nella mia famiglia, ne abbiamo, perciò…” gli spiegò Alexander, lasciando scivolare fuori dalle labbra un leggero sospiro.

“Preoccupato?” domandò subito Andrew, guardandolo curiosamente.

“Non so che dirti, Andrew. Se guardo Lizzie, mi tranquillizzo, perché è serena e pacifica, e non è mai stata male. Né durante la prima gravidanza né, per ora, durante questa. Ma, non appena la perdo di vista per un qualsivoglia motivo, vado nel panico, e la mia mente galoppa.”

Sorridendo comprensivo, Andrew asserì: “La tua mente brillante ti sta dando dei grattacapi, allora.”

“Non infierire, cognato. Non è colpa mia se mi hanno incastrato per quel giro di conferenze su e giù per l’Inghilterra. Neanche pensavo che il mio libro potesse interessare a qualcuno” sospirò Alexander, scuotendo il capo.

Combination Acts: perché, dare maggior potere ai lavoratori, può essere solo un bene” citò Andrew, sorridendo al cognato. “Di certo, ti sei inimicato una parte considerevole del partito Tory, con questo libro ma, in compenso, i Whigs ti adorano.”

“Tu dici?” ironizzò Alexander, prima di sollevare una mano quando moglie e figlia li salutarono.

Andrew fece lo stesso e, nel levarsi in piedi, domandò: “Le raggiungiamo?”

“Solo se mi prometterai di non mettere in ansia tua sorella. Voglio che ti sappia sereno, quando partirai per il Grand Tour” sottolineò Alexander, fissandolo con intenzione.

Andrew distolse lo sguardo dagli occhi fin troppo indagatori del cognato e, con tono volutamente neutro, replicò: “Perché non dovrei essere tranquillo e sereno? Partirò per un bellissimo viaggio di tre mesi, assieme ai miei migliori amici. Conto di divertirmi un sacco, e tornare con un bagaglio di esperienze unico. Cosa potrei desiderare di più?”

“Non sarò certo io a dirtelo, cognato. Ma sappi che, come l’ho intuito io, anche Lizzie ha capito che qualcosa non va…  e con chi non va”  gli fece affettuosamente notare Alex.

Andrew impallidì leggermente, a quelle parole e, nel passarsi una mano sul viso – fattosi improvvisamente stanco e cereo – mormorò: “Come… come l’ha scoperto?”

“Andiamo, Andrew. E’ la tua gemella, e poi stiamo parlando di Lizzie. Non è esattamente l’ultima arrivata, ti pare? Inoltre, è una ficcanaso matricolata, e dovresti saperlo meglio di me” ironizzò il padrone di casa, dandogli una pacca sulla spalla.

“Sono un idiota, vero?”

“Io penso soltanto che tu sia una persona molto ligia ai propri precetti, con un grande amore per la tua famiglia e i legami familiari… ed è per questo che, ora come ora, non sei a Londra, a goderti la Stagione come un qualsiasi altro ventenne sano di corpo e di mente, ma qui da noi” gli sorrise Alexander. “Coraggio, andiamo da Lizzie. Ti salverò io dalle sue domande. Ho più o meno imparato come domarla, quando diventa troppo curiosa.”

“Più o meno?” ironizzò Andrew, facendo sorgere un sogghigno sul volto del cognato.

“Credo mi ci vorrà tutta la vita, per scoprire i mille e più segreti di tua sorella, ma sono a buon punto” ammise Alexander, avviandosi lungo un corridoio assieme all’amico e cognato.
 
***

I capelli castano dorati raccolti in una treccia e il viso illuminato dal sole, Elizabeth Spencer Chadwick sprizzava gioia e vitalità da tutti i pori.

Andrew l’aveva sempre amata, era sempre stata l’altra parte di sé e, dal giorno in cui si era sposata con il suo amore, aveva sentito come un vuoto aprirsi nell’animo.

Pur sapendo quanto fosse felice la sua Lizzie, aveva percepito questo senso di disequilibrio, dentro il cuore, e il tempo aveva mitigato solo in parte quel dolore.

Certo, lei e Alexander erano spesso in visita a Green Manor – amavano passare le festività natalizie a York, accompagnati da tutto il clan Chadwick – ma Andrew sentiva di aver perso un’amica, oltre che una sorella.

Il fatto di avere Max lo aiutava, ma il fratello era spesso assente per via della scuola, e questo contribuiva a farlo sentire solo.

Inoltre, da quando aveva scoperto dentro di sé sentimenti così dirompenti nei confronti della persona più sbagliata al mondo, vivere a Green Manor era diventato difficile, per non dire impossibile.

La possibilità di partire per il Grand Tour assieme agli amici – avevano rimandato di oltre un anno, a causa di una brutta caduta da cavallo occorsa a Keath, il suo migliore amico – era la via di fuga migliore che gli si potesse offrire.

La settimana seguente sarebbero partiti dal porto di Aberdeen con destinazione Calais e, da lì in poi, avrebbero deciso di volta in volta dove recarsi. Cosa visitare.

Forse, quella distanza immane avrebbe raffreddato i suoi sentimenti, permettendogli di tornare rinato, non più condizionato da quel pensiero traditore.

Stampandosi un sorriso sul viso, Andrew cercò quindi di scacciare quei pensieri per dedicare solo la parte migliore di sé, alla sorella.

Raggiuntala, le sfiorò la schiena con una carezza, lei si volse con un sorrisone ed esclamò lieta: “Oh, eccovi! Rose, fai vedere allo zio cos’hai imparato?”

La bimba, dai chiarissimi occhi di ghiaccio, al pari della madre, fissò lo zio con un sorriso sdentato e, da brava bambina, si esibì in una perfetta riverenza.

Peccato che, l’attimo dopo, mostrò la lingua ed emise un ‘bleah’ che fece scoppiare a ridere i due uomini, e sogghignare soddisfatta la madre.

“Ma cosa le insegni?” esalò Andrew, chinandosi per prendere in braccio la nipote.

Lei lo dispensò di tanti baci umidi, prima di chiamarlo con il suo nomignolo, ‘DyDy’.

La erre contenuta nel suo nome le causava ancora troppe difficoltà.

Nel sentire, però, la madre e il padre chiamare spesso lo zio con il nome di Andy, Rose aveva escogitato quello stratagemma, accorciando così il nome nel più semplice DyDy.

A lui stava benissimo, perché adorava tutto di quella bimbetta allegra e bellissima, che già recava sul suo viso i tratti più nobili di ambedue i genitori.

Da adulta, avrebbe fatto decine di vittime, tra gli uomini.

Ma, per quel momento così agghiacciante, c’era ancora un sacco di tempo, perciò non doveva neppure pensarci.

Con in braccio la nipotina, Andrew sorrise alla sorella e le domandò: “Posso partire tranquillo, o avrai voglie così assurde da costringere il tuo uomo a fuggire disperato?”

Elizabeth piazzò le manine sui fianchi e, leggermente accigliata, borbottò: “Cosa vorresti dire, fratello? Che sono troppo esigente?”

“Affatto. Chiedere castagne in giugno mi sembra qualcosa di normalissimo” ironizzò Andrew, dandole un affettuoso bacio sulla guancia.

Lei lo accettò con un sorrisino e, serafica, replicò: “Va detto che la nostra cuoca è stata così lungimirante da preparare, l’autunno precedente, dei buonissimi marron glacé, così ho potuto soddisfare la mia voglia senza far morire nessuno per l’esasperazione.”

“Una lode a Mrs Kenneth” declamò a mezza voce Alexander, guadagnandosi un’occhiataccia da parte della moglie, cui però lui non badò.

“Farò così, allora. Ti invierò dall’Europa tutti i prodotti fuori stagione che troverò, siano essi in forma di confettura, gelée o quant’altro, così saremo certi di poter coprire tutta la tua gravidanza” le promise Andrew, ghignando beffardo.

“Davvero molto spiritoso, fratello. Mi sto sbellicando dalle risate” celiò Lizzie, sollevando ironica un sopracciglio.

“Lo so, so essere molto spiritoso, quando voglio” chiosò lui, avviandosi verso una delle passeggiate del giardino assieme a Rose. “Andiamo, nipotina mia, prima che la mamma mi morda.”

“Mamma modde! Mamma modde!” ripeté Rose, tutta giuliva.

Esasperata, Elizabeth fece per seguire il fratello, ma Alexander la trattenne un attimo e la moglie, con un sospiro leggero, mormorò: “E’ ancora combattuto, vero?”

“Sapevo che te n’eri già accorta…” ironizzò lui, vedendola ghignare furba. “…ma vorrei che non ci pensassi troppo. Andrew mi sembra un tipo che se la sa cavare anche da solo.”

“Sì, mio fratello è ingamba, ma è anche maledettamente onorevole e ligio ai suoi mille e più paletti mentali. Ne ha più del Ton, credo” sospirò Elizabeth, scuotendo il capo. “Non mi piace vederlo soffrire, soprattutto per un problema che, di fatto, non esiste.”

“Esiste per lui, però e, credo, potrebbe esistere anche per la controparte interessata. Dopotutto, vi conoscete da una vita, e questo distruggerebbe degli equilibri decennali” sottolineò Alexander, offrendole il braccio per incamminarsi a loro volta.

“Sì, lo so, Alex, ma pensaci bene: cosa ci sarebbe di male?”

“Nulla. Io lo so, tu lo sai, ma Andrew si pone dei problemi immani, e non so nulla di ciò che pensa la lei del suo cuore, o la sua famiglia” sottolineò il giovane, sorridendo mesto alla moglie.

“Se è per questo, non lo so neppure io. Non ho mai voluto impicciarmi perché, in fondo, non sono affari mei, però… mi spiace vedere Andrew così demoralizzato.”

“Sono sicuro che questo viaggio lo aiuterà. Keath e Leonard lo terranno fuori dai guai e, quando tornerà, sarà più sereno, con le idee più chiare” la rassicurò lui, sollevandole una mano per baciarne il dorso.

“O sarà distrutto, se chi pensiamo noi accetterà di sposare qualcun altro, in sua assenza” sospirò Elizabeth, non proprio tranquilla.

“Se ciò avverrà, allora vorrà dire che doveva essere così fin dall’inizio, e tuo fratello se ne farà una ragione. Se tu non mi avessi voluto, io non ti avrei mai costretto a sposarmi” sottolineò Alexander, con un mezzo sorriso.

“Lo so” sorrise lei, levando il capo per ricevere un bacio dal marito.

Alexander aveva ragione; qualsiasi fosse stato il risultato di questa Stagione, loro avrebbero dovuto accettare ciò che ne sarebbe venuto.

Anche se questo avesse voluto dire veder soffrire Andrew.
 
***

Mano nella mano con Maximilian Leonard Spencer, Violet Cecelia Phillips sorrise nel portarsi in mezzo alla sala ballo del palazzo dei Greenwood, ospiti generosi di quella serata danzante.

Ammiccando alla sua ballerina, per quel reel, Max disse a mezza voce: “Ammettilo, che ti fa ancora male il piede… lord Wilmington sembrava avere un conto in sospeso con la tua scarpina destra.”

“Non me ne parlare! Credo mi verrà un livido, entro domattina… e temo che la scarpina sia irrimediabilmente rovinata” sospirò Violet, muovendosi leggiadra al fianco di Max.

L’amico fece del suo meglio per non scoppiare a ridere – questo avrebbe fatto voltare più di una testa indignata e offesa – e la ragazza, ammiccando, aggiunse: “Inoltre, ero quasi giunta a chiedergli di ricorrere alle mentine, prima di danzare con qualcun’altra.”

Ora Max rischiò di crollare, gli occhi colmi di lacrime d’ilarità, che trattenne stoicamente per non incorrere nel biasimo degli altri invitati.

Violet gli sorrise dolcemente, lei angelica nello spirito come nel corpo, con incantevoli capelli biondi che le incorniciavano il viso delicato e i profondi occhi azzurro cielo.

Era sempre stata così. Splendida, dolce, angelicamente eterea e nobile d’animo.

Forse, troppo delicata per il mondo in cui vivevano, complice anche il suo fisico slanciato e magrissimo, tale da renderla apparentemente ancora più fragile di quanto non fosse.

Fin da quando aveva memoria, Violet era sempre stata protetta e coccolata da tutti, e lui l’aveva sempre vista come una sorella da accudire e seguire fedelmente.

Con Violet aveva un genere di rapporto che, per certi versi, somigliava molto a quello che legava Andrew ed Elizabeth.

Come se fossero nati assieme, cullati dallo stesso grembo per nove mesi, e dividessero pensieri e sensazioni.

Per questo, andavano così d’accordo, e proprio per questo Max si era piegato a partecipare alla Stagione per due anni di fila.

Non se l’era sentita di lasciare Violet ad affrontare Londra da sola, visto quanto poco apprezzava la mondanità e il caos di quella città.

Lei aveva sempre preferito la calma composta dello Yorkshire, con le sue campagne immense, le piccole cittadine, le persone che conosceva da una vita intera.

Quel genere di vita tranquilla le permetteva di studiare – cosa che amava – con una particolare propensione per la nautica e l’ingegneria navale.

Il tempo che non spendeva studiando, lo passava con la madre e le sue amiche, dedicandosi ad attività filantropiche.

Nulla a che spartire con la capitale del Regno, in poche parole.

Londra era un suppurato di veleni, perdizione e doppiogiochismo. Niente che potesse piacere a un’anima candida come la sua.

“Sono sicuro che, durante il prossimo ballo, ti divertirai. Lord Finneghan è conosciuto per la sua bravura di ballerino, e sembra che sia anche piuttosto spigliato nel parlare. Non un idiota indefesso” la rincuorò Max, sorridendole nel farla volteggiare nel mezzo della sala.

“Lo spero proprio. Non voglio rischiare di sfiancarti, costringendoti a essere l’unica persona con cui posso parlare un po’” gli sorrise lei, allontanandosi per comporre la figura di rito, prima di tornare da Max.

Lui scosse il capo, replicando con calma: “Non potrà mai succedere. Sai che sono qui per te, e te sola, perciò usami come preferisci.”

“Ma come? Nessuna donzella ti ha rapito lo sguardo? Eppure, vedo che ci sono alcune fanciulle davvero carine” esalò sorpresa Violet, raggiungendo Max nel centro del salone per chiudere la danza.

Quando anche l’ultima nota si fu spenta, i ballerini si esibirono in un breve applauso e, infine, abbandonarono la sala l’uno al braccio della propria compagna.

Riaccompagnando Violet da Kathleen, che era la sua chaperon, Max asserì: “Mia cara Lettie, credimi quando ti dico che, prima di sposarmi, dovrà succedere il finimondo. Le ragazze che ho incontrato finora, sono l’equivalente faunistico di una qualche specie di volatile non proprio aggraziato che qui non nominerò.”

Violet rise dietro il suo ventaglio di corno e, ammiccando all’amico, esalò: “Oh, mio Dio, Max, ma che cattiveria!”

“No, mia cara, tutt’altro. Sono anche troppo generoso” sospirò il giovane, prima di sorridere alla madre, lasciare il braccio di Violet e accomodarsi al fianco di Kathleen, seduta su un’ottomana nei pressi di una veranda. “Ti siamo piaciuti, madre?”

“Ovviamente sì. Ballate entrambi benissimo, e state molto bene assieme” sorrise loro Kathleen, battendo poi leggermente il suo ventaglio chiuso sul braccio di Violet. “Lord Throknorton ti ha guardata assiduamente durante tutto il ballo con Max, perciò ti avverto fin d’ora. Se, durante il vostro minuetto, dovesse dirti delle cose a sproposito, avvisami subito, e io lo rimetterò in carreggiata.”

“Oh… non lo avevo affatto notato. Grazie di avermelo detto, Kathleen” esalò sorpresa Violet, sbattendo le palpebre con aria confusa. “Dovrò prestare più attenzione. Non mi ero resa affatto conto del suo interesse.”

“A questo penso io, tesoro. Il tuo unico compito è quello di divertirti e, a questo proposito… lord Finneghan, buonasera” disse gentilmente Kathleen, levandosi in piedi assieme a Violet.

“Lady Spencer, è sempre un piacere vedervi… lord Spencer…” esordì Roger Finneghan, scapolo d’oro di Londra, per quell’anno. “Miss Violet, come sempre siete stupenda. Avete danzato divinamente, prima, assieme a lord Spencer. Spero soltanto di poter reggere il confronto.”

Accettando la mano protesa, Violet replicò: “Da quel che mi è stato detto, lord Finneghan, non debbo temere di essere scontentata, in quanto vi reputano un ottimo ballerino.”

Nel dirlo, sorrise brevemente a Max e lord Finneghan, intercettato quello sguardo, tributò un cenno di ringraziamento al giovane prima di accompagnare Violet sulla pista.

Tornata a sedersi, Kathleen lanciò un’occhiata furtiva al figlio minore e mormorò: “Niente danze, a questo giro?”

“Mi sono concesso due turni di riposo. Certe fanciulle hanno la stessa eleganza nel danzare di un pony zoppo” sospirò Maximilian, passandosi una mano nella folta chioma bruna. “E poi, volevo controllare come se la cavava Samuel. Suo padre mi ha espressamente chiesto di tenerlo fuori dai guai. Dici che ha subodorato qualche disastro imminente?”

Gli occhi di Max, di un bel color nocciola caldo e misterioso, sondarono distrattamente la sala e la madre, sorridendo appena, asserì: “Può darsi di sì. So che si è visto alcune volte con certe damigelle non proprio …adatte a lui.

“Oh, capisco. Deve essermi sfuggita la cosa, mentre ero impegnato a quel comizio a Trafalgar Square.”

Kathleen sorrise con aria orgogliosa, di fronte a quell’accenno riguardante gli impegni sociali del suo ultimogenito.

Aveva sempre apprezzato la sua passione per la politica, e Christofer lo aveva sempre lasciato fare, concedendogli ampio spazio di manovra.

Per quella sera, però, erano altri gli argomenti che le stavano a cuore. Uno in particolare, per essere precisi.

“Se nessuna incorre nel tuo gusto, come mai sei rimasto per più di un mese a Londra? Avresti potuto unirti a tuo fratello, e partire a tua volta per il Grand Tour. Eton è finita anche per te.”

“Lascio quel viaggio ad Andrew. Non vorrei mai essergli d’impiccio. Noi due avremo altri momenti per stare insieme” si limitò a dire Max, ghignando.

“Sai benissimo che Andrew non penserebbe mai questo, di te. Ti vuole bene, e non sei mai stato un peso, per lui” sottolineò per contro Kathleen.

“Sì, lo so, madre, ma desidero che possa muoversi liberamente, senza il pensiero fisso di dover pensare a me. Sai che Andrew tende a essere un tantino protettivo” le fece notare lui, vedendola sorridere divertita in risposta.

A ben vedere, quando era giunta la notizia della nascita di Rose, il primogenito degli Spencer era partito col suo cavallo la notte stessa, senza attendere che la famiglia partisse con lui.

Era giunto ad Aberdeen con quasi un giorno di anticipo rispetto a loro e, quando erano entrati nella stanza di Lizzie, lo avevano trovato lì, ancora in abiti da cavaliere, a vegliare sulla sorella.

E quella era solo l’ultima, in ordine di tempo, tra le famose imprese eroiche, e forse un tantino eccessive, di Andrew.

Lui si era sempre prodigato perché i ‘piccoli di casa’ avessero tutto il necessario, e poco importava che, a quei bisogni, potessero pensare anche i relativi genitori.

Andrew era sempre stato così. Assai responsabile, oltre che molto, forse troppo serio e ligio al dovere.

“Abbiamo sempre temuto, per via del nome che gli demmo alla nascita, che potesse diventare scapestrato e irrefrenabile e invece, invero, la più birichina è sempre stata Lizzie” sorrise Kathleen. “Tu, invece, sei sempre stato la via di mezzo tra i due, una sorta di ponte, un trait d’union tra i gemelli. Ne sono felice, perché ho sempre temuto che, il loro rapporto così speciale, potesse pesarti.”

“Lizzie e Andy mi hanno sempre messo in mezzo. Non c’è mai stato il pericolo che potessi sentirmi solo” sorrise Max, volendo cancellare eventuali paure della madre. “Voglio loro molto bene anche per questo, ma so quando non devo far parte della partita. Devo essere qui, e ora, mentre Andrew deve partire per l’Europa.”

“E tornerà più sereno, secondo te?” gli domandò a sorpresa la madre.

Quindi, si era accorta anche lei che qualcosa turbava Andrew. Ma di che stupirsi, in fondo?

Era loro madre, dopotutto.

“Lo spero per lui. Anche perché, visto che non conosco il problema alla base di questa sua tristezza di fondo, non saprei come aiutarlo” sospirò Maximilian, stringendo le mani in grembo.

“Speravo che, almeno con te, si fosse confidato. A Christofer non ha detto nulla” asserì spiacente la madre, scuotendo il capo.

“Andrew è forte e, quando e se avrà bisogno di noi, ce lo dirà” si convinse Max, sorridendo alla madre.

“Speriamo… quanto a te, perché dici di dover trovarti qui e ora? Cosa mai devi fare?” gli domandò curiosa la madre.

“Devo fare un favore a un’amica” si limitò a dire Max, ammiccando all’indirizzo di Violet.

Kathleen sorrise fiera e, nello stringere brevemente una mano al figlio, sussurrò: “Sono molto orgogliosa dei miei pargoli.”

“Grazie, madre” replicò Mac, sorridendole. “Ma sii orgogliosa anche di papà… guarda con chi sta parlando?”

Non appena Kathleen ebbe inquadrato lord Mallory-Jones, sospirò e disse: “Povero caro. Chissà con cosa lo sta esasperando, stavolta? Ormai dovrebbe accettare come un fatto compiuto, i Combination Acts. Perché intavolare ancora una discussione su questo?”

“Non l’ha ancora accettato? Ma se sono passati tre anni?!” esalò Max, sorpreso.

“Certe persone sanno essere assai testarde, e tuo padre mi ha detto che, in sede di consiglio, continua a prendere la parola per far notare che sulle sue terre, da quando l’emendamento è passato, gli scioperi sono diventati quasi mensili.”

“Forse, dovrebbe chiedersi perché” ghignò Maximilian, facendo sorridere divertita la madre.

“Oh… non sarò mai io a dirlo. Credimi. Ci tengo ancora, alle mie orecchie” ironizzò Kathleen.

“Io, invece, penso che andrò a dire due parole a lord Throknorton. Sta puntando Violet come se fosse un mastino con una volpe. Meglio mettere in chiaro un paio di punti” sottolineò Max, levandosi in piedi con cupo cipiglio.

“Non vuoi che sia io a farlo?”

“Certe cose sono più incisive, se escono dalla bocca di un uomo” ironizzò il figlio, inchinandosi brevemente alla madre. “Inoltre, non vorrei mai tu usassi il gergo che, sicuramente, userò io contro di lui.”

In quel mentre, Christofer raggiunse la moglie e, nel vedere la figura del figlio sparire tra la folla, le domandò: “Dove sta andando? In guerra? Aveva uno sguardo…”

“Oh, sei qui!” esalò Kathleen, volgendosi verso di lui. “Si sta recando da lord Throknorton per mettere in chiaro un paio di questioni riguardanti Violet. Gli ho detto che vi avrei pensato io, ma ha ritenuto che la voce di un uomo avrebbe potuto essere più incisiva, in questo caso.”

“Mi domando cosa gli dirà…” ironizzò Christofer, accomodandosi accanto alla moglie. “Allora, come procedono le cose? Violet ha finalmente dichiarato di apprezzare qualcuno in particolare?”

“Direi di no. Anzi, è piuttosto distaccata come suo solito. Gentile fino allo sfinimento, mi viene da dire, ma assai lontana dall’essere colpita da qualcuno. Sembra che nessuno la interessi veramente, e si rilassa solo quando è con Max.”

“Due Stagioni, e nessuno le sfiora seppur minimamente l’animo? Gli uomini inglesi devono essere divenuti ben miseri, ultimamente” esalò sorpreso Christofer.

“Diamole tempo. In fondo, non è una questione così pressante. Compirà diciotto anni solo a settembre, perciò ha ancora tutto il tempo del mondo, per sposarsi” sorrise Kathleen, battendogli una mano sulla gamba.

“Anthony ne sarà contentissimo. Con Violet, non gli capiterà mai di ritrovarci con un fidanzamento tra capo e collo, come è capitato a noi” ironizzò Christofer, ammiccando alla moglie.

“Oh, no davvero. E, a proposito della nostra figliola sposata tra capo e collo, è giunta una lettera da Lizzie giusto stamattina, quando tu eri già uscito per raggiungere il Parlamento. Ci saluta tutti, e ci informa che Andrew si è fermato da loro per un paio di settimane, prima di partire dal porto di Aberdeen per raggiungere Calais” gli spiegò Kathleen.

“Quindi, non ha gozzovigliato assieme a Keath fino al giorno prima della partenza. Beh, per lo meno ha pensato bene di non partire da sbronzo” sorrise Christofer.

“E quando mai Andrew si è ubriacato in vita sua?”

“Potrebbe sempre succedere. Anzi, a volte me lo auguro. Quel ragazzo è fin troppo serioso. Gli ci vuole, un colpo di testa” dichiarò Harford, facendo sorridere maliziosa la moglie.

“Attento a quel che chiedi. Potrebbe tornare a casa maritato con una donna conosciuta chissà dove” lo minacciò bonariamente Kathleen.

“Chissà…” rise Christofer, e sua moglie con lei.

 


 
Note: Ed ecco che si riparte con una nuova avventura e, stavolta, avremo due storie assieme. Scopriremo i percorsi paralleli di Andrew e Violet, e le loro difficoltà in campo amoroso.
Per il momento non vi dico altro, ma vi preannuncio che faranno la loro entrata in scena un sacco di personaggi nuovi, dal prossimo capitolo. Alla prossima settimana, e grazie per esservi imbarcate/i nuovamente con me!
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark