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Autore: IlMareCalmoDellaSera    31/05/2017    2 recensioni
Un racconto del mio personale Sangue di Drago, tramite le varie missioni (o quest) che Skyrim ci consente di intraprendere.
(Le missioni saranno raccontate in ordine cronologico sparso, ma ognuna in un capitolo diverso. Il nome di ciascuna missione darà il titolo ad ogni capitolo)
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dovahkiin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Winterhold era probabilmente una delle città di Skyrim con il clima più inospitale. Il vento che soffiava dal Mare dei Fantasmi, arrivava pressoché intatto con tutto il suo carico di freddo. Anche quando non nevicava, il sole si vedeva di rado.

Mentre procedeva per le strade di Winterhold, Daric avvertì un senso di malinconia e abbandono. La città era veramente piccola per essere una delle principali di Skyrim, ed aveva un aspetto alquanto derelitto. Molte abitazioni erano in macerie, apparentemente da molto tempo. Se non avesse visto le guardie pattugliare le strade, l'avrebbe quasi scambiata per una città abbandonata.

Proseguendo per la via principale, schiaffeggiato dalle raffiche di vento, giunse finalmente in vista dell'Accademia di Winterhold. Era uno spettacolo affascinante e inquietante allo stesso tempo. L'edificio dell'Accademia si trovava su un'isola rocciosa, larga appena per contenerlo, con le pareti a strapiombo sul mare. La via d'accesso era un percorso articolato di ponti di pietra, a stento sostenuto da alcuni pilastri di roccia. Era evidente che era successo qualcosa in quel posto, il tutto aveva un aspetto veramente precario, ed era ovvio che c'era qualche forma di magia a mantenerlo in piedi.

Salì per la prima rampa di pietra, e si trovò davanti ad un arco chiuso da un cancello di metallo. Memore della precedente visita al Collegio, Daric esaminò la colonna destra e trovò subito quello che cercava: l'incisione stilizzata di una mano. Daric vi appoggiò sopra la sua, e l'incisione si illuminò per qualche istante.

Dopo non molto tempo vide, da lontano, una persona uscire dall'Accademia, evidentemente per venirgli incontro. Al cancello si presentò un'altmer, indossava una veste scura e teneva i suoi lunghi capelli acconciati in due code alte dietro la testa.

«Salute a te» esordì lei, dopo aver aperto il cancello. «Dunque sei ritornato, quali affari ti portano stavolta all'Accademia di Winterhold? Ancora in cerca delle Antiche Pergamene?»

«Non stavolta, Faralda» sorrise Daric. «Vorrei entrare nel Accademia, sono interessato alle ricerche di uno dei vostri studiosi».

«Davvero?» fece lei, sorpresa. «Chi sarebbe questo studioso?»

«Arniel Gane, se non ricordo male».

Faralda alzò un sopracciglio «Arniel? Mi stupisce che tu sappia quello che sta ricercando, visto che nemmeno noi colleghi lo sappiamo. È una persona molto... riservata, diciamo».

«In verità mi interessano più le sue ricerche pregresse».

«Capisco. Ebbene, se vuoi entrare nell'Accademia, dovrai superare una semplice prova. Dovrai dimostrarmi che possiedi le conoscenze di base delle arti arcane».

«D'accordo, ci sto» rispose con estrema tranquillità. Confidava che la sua preparazione sarebbe stata più che sufficiente.

«Bene. Mostrami una magia di cura della Scuola del Recupero, usala su di me».

Un caso davvero fortuito, il Recupero era una delle sue Scuole preferite.

Senza esitare, stese il braccio destro e rivolse il palmo verso Faralda. Un'aura dorata la circondò interamente, e lei chiuse gli occhi.

Dopo qualche secondo, Daric abbassò il braccio e l'aura si spense. «Allora?» chiese.

Faralda fece un profondo respiro, quindi riaprì gli occhi. «Notevole, non sento più la stanchezza» rispose, impressionata. «Almeno per una volta, Colette Marence sarà felice di avere uno studente abile nel Recupero» aggiunse con una velata ironia. «Sei ammesso nell'Accademia».

Girò i tacchi e gli fece cenno di seguirla. Insieme percorsero i ponti in pietra che portavano all'Accademia, ma mentre Faralda proseguiva spedita, Daric lottava con la tentazione di rivolgere lo sguardo verso il basso, sopratutto verso certi punti dove il parapetto era crollato. Temeva continuamente che una raffica un po' troppo forte avrebbe potuto farlo precipitare dal ponte, quindi con una mano si reggeva al suo bastone, con l'altra si appoggiava al parapetto come se ne andasse della sua vita.

Quando arrivarono finalmente all'ingresso dell'Accademia, riuscì a recuperare un minimo di contegno, anche se si sentiva le gambe molli.

Un secondo cancello metallico si aprì sul cortile interno dell'Accademia, dalla semplice forma circolare, con al centro una grande statua raffigurante un mago. L'Accademia consisteva principalmente in tre strutture: una dal lato opposto all'ingresso, e altre due, più piccole, ai lati.

Attraversarono diritti il cortile e si fermarono davanti all'edificio più grande.

«Aspetta qui, per favore» disse Faralda, «avviserò il Maestro dell'Accademia, sarà lei a guidarti in un giro di introduzione».

Daric annuì, e Faralda entrò nell'edificio.

Rimase da solo, a guardarsi un po' intorno, e pensò che finalmente era arrivato dove voleva arrivare. Quando si era messo in viaggio per Skyrim, aveva pensato che avrebbe raggiunto l'Accademia senza problemi, che avrebbe imparato quello che cercava, e che poi se ne sarebbe tornato a casa. Per adesso la prima ipotesi era stata smentita clamorosamente, sperava che almeno le ultime due non dovessero subire la stessa sorte.

Fu riscosso dai pensieri quando udì la porta aprirsi. Si voltò e si trovò al cospetto di una donna dallo sguardo severo.

«Benvenuto all'Accademia di Winterhold» esordì lei, «sono Mirabelle Ervine...» si interruppe, squadrandogli il viso. «Ci siamo già incontrati?» chiese, quasi confusa.

«Sì, sono venuto qui non molto tempo fa, ma solo per consultare alcuni testi della vostra biblioteca» spiegò.

«Già, adesso ricordo meglio» Mirabelle annuì. «Potresti ripetermi il tuo nome?»

«Mi chiamo Daric».

«Dunque, Daric, ti mostrerò brevemente l'Accademia». Indicò con un gesto la porta da cui era appena uscita, «da qui si accede alla Sala degli Elementi, è il posto dove si tengono le lezioni e, quando queste non ci sono, dove si può fare pratica con gli incantesimi. Da qui si accede anche agli alloggi dell'Arcimago, ti prego di non disturbarlo inutilmente, puoi rivolgerti a me se hai qualche domanda riguardo le regole dell'Accademia. Infine, c'è anche l'Arcaenum, la biblioteca dell'Accademia, ma questo immagino tu lo sappia già. Vieni, continuiamo» .

Si diressero verso uno degli edifici minori.

«Questa è la Sala delle Apparenze, qui alloggiano gli insegnanti» spiegò Mirabelle. «Se avessi bisogno di consultarti con un insegnante, ti consiglio di cercarlo qui in prima istanza. Potrai trovare anche un incantatore arcano e un laboratorio d'alchimia, se ne avessi bisogno. È obbligatorio tenere tutto in ordine, non voglio ingredienti e gemme dell'anima sparse in giro».

Ripresero a camminare e giunsero all'edificio gemello. «Questa è la Sala della Conquista, è dedicata prevalentemente agli studenti ed ai ricercatori, ma vi alloggiamo anche io e Tolfdir, uno degli insegnanti. Faralda mi ha detto che sei interessato ad alcune ricerche di Arniel Gane, è vero?»

«Sì».

«Quando vorrai parlargli, lo troverai in questa Sala, è qui che trascorre molto del suo tempo. Ti avviso però che se non vorrà condividere le sue ricerche, dovrai rispettare la sua decisione. Qui all'Accademia la condivisione della conoscenza è libera ma volontaria. Mi sono spiegata?»

«Certo» si affrettò a rispondere. Non c'era minaccia nel tono della donna, ma lei stessa emanava un'aura di autorità così intensa, che non sentiva minimamante di volerla contrariare.

«Molto bene. Vieni, ti indico la tua stanza» quindi entrarono nell'edificio.

La Sala della Conquista aveva una struttura circolare, divisa in vari piani. Al centro si trovava un pozzo magico, che sprigionava una colonna di luce blu alta fino al soffitto, e tutt'intorno erano disposti gli alloggi.

«La stanza subito a destra è la tua» disse Mirabelle, «nel baule ai piedi del letto troverai un ricambio d'abiti, casomai volessi toglierti quelli da viaggio che indossi ora».

Non era una cattiva idea. A dirla tutta aveva anche bisogno di una buona dormita, ma quella poteva aspettare.

«Fra poco si terrà la prima lezione per i nuovi studenti di questo anno, se non vuoi perderla ti consiglio di sbrigarti. Il giro di introduzione è finito, ti auguro una buona permanenza all'Accademia».

«Ti ringrazio».

Mirabelle annuì, ed uscì dalla Sala.

Daric entrò nella stanza assegnata. Vi trovò un letto, una sedia, e del normale mobilio in cui riporre gli effetti personali.

Aprì il baule ai piedi del letto, e vi trovò un cambio di abiti puliti, dello stesso tipo che aveva visto indosso a Mirabelle e Faralda. Era una veste leggera e comoda adatta ad un mago, ma sufficientemente calda per il clima rigido di Skyrim.

Senza perdere tempo si spogliò, indossò i nuovi abiti e ripose i suoi in un armadio. Non era venuto per seguire le lezioni, ma visto che era arrivato giusto in tempo per la prima, non c'era motivo di non seguirla. Avrebbe parlato con Arniel Gane una volta che fosse finita la lezione. Rimise la sua tracolla sulla spalla, alla quale agganciò il suo inseparabile bastone.

Uscì dalla camera quasi correndo, e per poco non si scontrò con un altro membro dell'Accademia. Un khajiit, ad essere precisi.

«Oh!» Esclamò questi, sorpreso. Dopo aver squadrato Daric per un istante, sorrise. «Anche tu sei nuovo quest'anno, si? J'zargo ti ha sentito parlare con Mirabelle Ervine, poco fa» parlò con la tipica inflessione dei khajiit, quindi gli porse la mano.

«Sì, sono appena arrivato. Mi chiamo Daric» rispose, stringendogli la mano.

«J'zargo è arrivato due settimane fa, finalmente oggi c'è la prima lezione per i nuovi. Vieni anche tu, vero?»

Daric annuì. Dopotutto non era così in ritardo come aveva pensato, o quantomeno non era l'unico.

Uscirono insieme nel cortile, e il khajiit cercò di rompere il ghiaccio con un po' di conversazione.

«J'zargo è contento di avere un altro vicino di stanza» disse, mentre si dirigevano alla Sala degli Elementi. «Finora ha avuto solo quel Thalmor come vicino» fece una smorfia, «A J'zargo non piace affatto».

Daric stava per rispondere al commento amichevole del khajiit, ma la parola "Thalmor" lo fece replicare contrariato: «Come?» per un momento sperò di aver sentito male. «C'è un Thalmor anche qui?»

«Oh, sì. Il nome è Ancano, è il consigliere dell'Arcimago».

«Consigliere?!» ripeté, incredulo. «Da un Thalmor non mi farei consigliare nemmeno quale paio di stivali indossare la mattina».

Il khajiit ridacchiò. «J'zargo la pensa come te. Quando J'zargo diventerà Arcimago, caccerà subito il Thalmor dall'Accademia» annuì con convinzione.

Daric sorrise. «Allora sappi che faccio il tifo per te» disse.

Il khajiit gli lanciò un'occhiata strana, come se non si fosse aspettato quella risposta.

Arrivarono alla Sala degli Elementi, ed entrarono.

La Sala era un ambiente molto grande, dalla forma circolare, con un grosso pozzo magico al centro.

Vicino al pozzo stava un vecchio mago, che stava parlando ad altri due studenti. Alla loro entrata, aveva smesso di parlare, e i due studenti si erano girati per controllare.

«Venite, avvicinatevi. Abbiamo appena cominciato» disse con calma l'insegnante.

«Lui è Tolfdir» sussurrò J'zargo, mentre si avvicinavano.

«Come dicevo» riprese Tolfdir, «la consapevolezza della pericolosità della magia è essenziale per un mago. Sia per la magia che voi stessi impiegherete, sia per quella che vi troverete ad affrontare. Nel primo caso, lo studio e la preparazione diventano elementi imprescindibili per evitare che questo potente strumento, che è la magia, si ritorca contro di voi».

«Questo lo sappiamo» disse una studentessa, una dunmer. «Non saremmo qui se non avessimo una preparazione adeguata».

«Certo, cara. Certo» assentì il vecchio mago, «non sto mettendo in dubbio la vostra preparazione nell'uso della magia, io sto parlando del controllo della magia. Saper impugnare una spada, non implica il saperla maneggiare con destrezza e sicurezza. Saper usare la magia e saperla controllare devono andare di pari passo, è questo ciò che si intende con "maestria". Per saper controllare la magia sono necessari anni, se non decenni, di studio e pratica».

«Allora è meglio cominciare subito, no?» intervenne J'zargo.

«Calma, per favore» redarguì Toldir. «La fretta è una cattiva consigliera. Bisogna adoperare prudenza, prima di tutto, altrimenti il disastro è inevitabile».

«Ma noi siamo appena arrivati» disse l'altro studente, «non hai ancora testato le nostre capacità».

«È vero, ma questa premessa è valida per chiunque, anche i più esperti non devono sottovalutare la pericolosità della magia» rimase in silenzio per qualche istante, in attesa di altri commenti, quindi si rivolse a Daric: «Tu non hai ancora parlato, cosa ne pensi in proposito?»

«Beh...» si trovò un momento spiazzato, ma la risposta gli balenò subito in mente: «Il mio maestro mi diceva spesso che solo chi comprende la pericolosità della magia ne può comprendere appieno il potere».

«Una frase saggia e di buonsenso» disse Toldir con approvazione, «Voi che ne pensate?» chiese agli altri tre apprendisti. Questi si scambiarono uno sguardo, un po' interdetti.

«Se la mettiamo in questi termini, non posso certo dargli torto» disse la dunmer, e gli altri due annuirono.

Tolfdir scoppiò in una risata leggera. «Davvero? Allora penso che prenderò in prestito quella frase per la prima lezione del prossimo anno, spero che il tuo maestro non si offenderà».

Daric sorrise, «Affatto, ne sarebbe lusingato».

«Ad ogni modo» riprese Tolfdir, «questo discorso era funzionale per il vero argomento di questa lezione. Infatti, il controllo è necessario anche per difendersi dalla pericolosità della magia altrui. Oggi faremo un po' di pratica con gli incantesimi di difesa. Vorresti aiutarmi con una dimostrazione?» chiese a Daric.

«D'accordo» si avvicinò all'insegnante, incerto su cosa volesse fare.

«Sai usare un incantesimo di Scudo?» gli chiese, e Daric annuì. «Bene. Adesso ci distanzieremo di qualche passo, poi tu innalzerai lo Scudo e io lo colpirò con una magia offensiva, va bene?»

«Va bene» era un po' riluttante a fare da bersaglio per una dimostrazione, anche se protetto da uno Scudo.

Si allontanarono e si posizionarono uno di fronte all'altro. Daric protese davanti la sua mano, e uno scudo vibrante di pura energia magica si sprigionò e si espanse di fronte a lui. Tolfdir quindi evocò un dardo di fuoco e lo scagliò dritto sullo Scudo. Il dardo si disintegrò sullo Scudo con una piccola fiammata, e ovviamente Daric rimase totalmente indenne.

«Tienilo ancora alzato» disse Tolfdir, mentre un altro dardo di fuoco si stava formando dalla sua mano.

Colpì lo Scudo altre due volte, quindi disse: «Molto bene, basta così. Puoi tornare con i tuoi compagni, ti ringrazio per l'aiuto».

Daric abbassò la mano e lo Scudo svanì, quindi ritornò al suo posto al fianco di J'zargo.

«Gli Scudi sono tra le magie difensive più semplici» spiegò Tolfdir, giungendo le mani dietro la schiena. «Si tratta di respingere il magicka ostile con il proprio magicka, e questo ha una grande limitazione, qualcuno di voi la conosce o l'ha intuita?»

L'altro ragazzo, dal nome ancora sconosciuto, alzò la mano e rispose «Forse... la potenza dello Scudo deve essere commisurata alla potenza della magia ostile?»

«Bravo, è proprio così. Avrete solo l'istinto e l'esperienza per intuire quanto forte dovrà essere il vostro Scudo. Con uno Scudo troppo debole non sarete protetti in modo adeguato, con uno troppo forte consumerete inutilmente il vostro magicka. Per il momento però vi limiterete ad esercitarvi a creare uno Scudo che sia il più stabile possibile. Vi dividerete a coppie e ripeterete la dimostrazione che abbiamo fatto io ed il vostro compagno: uno dovrà tenere lo Scudo alzato, mentre l'altro lo colpirà tre volte, poi vi scambierete i ruoli e lo ripeterete ancora. Non dovete esagerare, né con l'attacco né con la difesa. Lo scopo di questo esercizio è imparare a controllare il magicka, in modo che il vostro Scudo rimaga solido sotto gli attacchi ostili. Se non avete domande, potete cominciare».

Dato che nessuno avanzò domande, procedettero a dividersi in coppie. I primi furono la dunmer e l'altro ragazzo, quindi Daric si rivolse a J'zargo, sorridendo: «Dovrai accontentarti di me, stavolta. Come preferisci incominciare?»

«Visto che Tolfdir ti ha fatto usare lo Scudo, ora tocca a te attaccare, e J'zargo si difenderà».

«D'accordo».

Si allontanarono a sufficienza, e J'zargo sollevò il suo Scudo. Mentre evocava un dardo di fuoco nella sua mano, Daric notò che lo Scudo di J'zargo era un po' flebile. Dato che Tolfdir comunque aveva consigliato di mantenere bassi sia gli Scudi che gli attacchi, non si fece domande e scagliò il suo dardo in direzione di J'zargo.

Come era prevedibile, il dardo esplose all'impatto con lo Scudo, ma questo non vacillò, e nemmeno J'zargo. I successivi due attacchi ebbero lo stesso risultato, J'zargo abbassò lo Scudo e ghignò, soddisfatto. «Non sembra così difficile» disse.

Daric sorrise di rimando, ma non disse nulla. Si limitò al alzare il suo Scudo, e con l'altra mano fece cenno a J'zargo di attaccarlo.

Continuarono in questo modo a scambiarsi i ruoli, ma mentre la sessione di pratica continuava, Daric ebbe due impressioni che si facevano sempre più forti.

La prima era la crescente difficoltà che stava provando J'zargo nel mantenere e sostenere gli Scudi. Nonostante apparisse sempre concentrato, i suoi Scudi sembravano progressivamente più deboli ed incerti, al punto che Daric si stava trovando costretto a diminuire ancora di più la potenza dei suoi attacchi, e J'zargo sembrava esserne consapevole.

La seconda sensazione che aveva, era che J'zargo stesse prendendo questa sua difficoltà un po' troppo sul personale. Infatti, mentre i suoi Scudi erano di volta in volta più deboli, i suoi attacchi verso Daric erano di volta in volta più forti. Il khajiit sembrava essere determinato nel metterlo in difficoltà, tuttavia Daric accolse quella sfida silenziosa, e aumentò di conseguenza la potenza dei suoi Scudi.

Nessuno dei due sembrava intenzionato a darla vinta all'altro, fino al punto che un dardo di fuoco di J'zargo esplose contro lo Scudo di Daric con un fragore tale che riecheggiò sulle pareti della Sala.

«Voi due, qualcosa non va?» la voce di Tolfdir li richiamò da quella strana competizione. Daric vide che gli altri due apprendisti si erano fermati e li stavano guardando, incuriositi.

J'zargo sgranò gli occhi, come se fosse uscito da una sorta di trance, e solo in quel momento si fosse effettivamente accorto di quello che aveva fatto. Quando incrociò lo sguardo di Daric, un'espressione colpevole si dipinse sul volto felino, ed il khajiit distolse lo sguardo in imbarazzo.

«Tutto a posto» rispose Daric, tranquillo.

Toldir annuì, quindi si rivolse a J'zargo: «E tu, figliolo? Qualcosa non va?»

Il khajiit scosse il capo. «No, niente» borbottò.

Dallo sguardo di Tolfdir era evidente che aveva capito cosa era successo. Forse li stava osservando già da tempo, o forse era merito di quell'intuito tipico degli insegnanti.

Ciò nonostante, non commentò la faccenda. «Molto bene» disse «possiamo anche finire qui, per oggi. Domani continueremo con questo esercizio, finché non avrete preso abbastanza dimestichezza. Siete liberi di andare, e ovviamente siete anche liberi di restare e continuare con la pratica, a voi la scelta. Mi raccomando di nuovo: non esagerate» pronunciò l'ultima frase guardando prima J'zargo e dopo Daric. «Buona giornata» si congedò e quindi si diresse verso l'uscita della Sala.

Quando la porta si chiuse alle spalle di Tolfdir, J'zargo si avvicinò a Daric.

«J'zargo ti porge le sue scuse» disse, chinando brevemente il capo. «Si è lasciato trasportare dall'entusiasmo ed ha esagerato, J'zargo è dispiaciuto per quello che è successo».

Daric rise. «Entusiasmo eh? A me sembrava che volessi incenerirmi».

«Oh, no, questo mai!» replicò subito, con tono allarmato.

«Ma certo, stavo scherzando. Comunque è anche colpa mia, sono stato io a darti corda dopotutto».

«Ecco, se fossi in te non lo farei più» disse una voce alle sue spalle. «J'zargo è molto competitivo, come hai potuto vedere».

Daric si girò e vide gli altri due apprendisti che si avvicinavano a loro, era stato il ragazzo a parlare.

«Non c'è nulla di male nella competizione, aiuta J'zargo a migliorarsi» replicò secco il khajiit.

«Non penso che far saltare in aria i tuoi competitori sia un buon modo per migliorarsi» disse la dunmer. «Se il tuo compagno non avesse avuto uno Scudo adeguato avresti potuto ferirlo gravemente»

Il khajiit incrociò le braccia, sulla difensiva «J'zargo è dispiaciuto e si è già scusato, non infierire con le prediche per favore».

«Invece infierisco quanto voglio!» si avvicinò a J'zargo e gli puntò un dito al petto. «Non pensare di fare la stessa cosa con me, se mai ci trovassimo a fare pratica insieme, perché non sarò così idiota da lasciartelo fare!»

«Non è colpa di J'zargo se i suoi incantesimi sono così potenti» replicò lui, con un ghigno insolente.

Lei roteò gli occhi «Che Azura ci salvi dalla testardaggine di questo khajiit, io ci rinuncio» disse esasperata, allargando le braccia.

A quanto pareva, quei tre avevano già avuto modo di conoscersi. Daric stava quasi per ridere a quel battibecco, quando realizzò una cosa.

«Aspetta un momento» si rivolse all'altro ragazzo «Ha detto che sono un "idiota"?» chiese, indicando la dunmer.

Il ragazzo si accigliò, riflettendoci un momento «Effettivamente sì, amico» poi si rivolse a lei «È stato molto scortese da parte tua, dopotutto neanche lo conosci» disse con tono il più possibile serio, ma osservandolo si capiva che stava la stava provocando per gioco, e che si stava trattenendo dal ridere.

Lei però sembrò non averlo intuito, perciò replicò confusa: «Ma non è vero! Io non... oh!» Quando realizzò che, implicitamente, era sottinteso nell'ultimo rimprovero che aveva fatto a J'zargo, arrossì e si portò una mano alla bocca.

Quella reazione fu l'ultima goccia che fece traboccare il vaso, e tutti e quattro scoppiarono a ridere. Quando l'ilarità si fu placata, lei si rivolse a Daric «Scusami, non intendevo darti dell'"idiota", davvero».

Daric agitò una mano, come a voler respingere le scuse. «Non c'è bisogno di scusarti, non hai tutti i torti» disse, ridacchiando di nuovo.

Quel piccolo equivoco aiutò a rompere il ghiaccio, e Daric si presentò anche agli altri due apprendisti.

La dunmer si chiamava Brelyna Maryon.

«Maryon? Fai parte della Casa Telvanni?» domandò Daric, curioso.

«Sì» rispose, sorpresa «Come lo sai?»

«Credo di aver incontrato un tuo parente a Stormhold, tempo fa. O almeno, credo che lo fosse, aveva il tuo stesso cognome».

«Non ti ricordi il suo nome?»

«Purtroppo no, me l'hanno presentato una volta e poi non ci siamo più rivisti».

«Oh, capisco» disse, e d'improvviso si fece pensierosa. Probabilmente stava cercando di immaginare quale familiare fosse.

Il ragazzo invece si presentò come Onmund.

«Mi toglieresti una curiosità?» gli chiese Onmund, mentre gli stringeva la mano «Da dove vieni? Non mi sembri originario di Skyrim».

«In effetti no, vengo da Cyrodiil».

«Dunque è così» sospirò, deluso «Allora sono davvero l'unico apprendista nord dell'Accademia».

«E ti stupisci? Lo sai che la tua gente odia la magia» disse Brelyna.

«Lo so, lo so» ammise Onmund, ormai rassegnato.

Tuttavia, l'impazienza di J'zargo interruppe la conversazione: «Non perdiamoci in chiacchiere. Vogliamo continuare a fare pratica?» suggerì.

«Sei sicuro che Daric voglia fare ancora coppia con te?» replicò Onmund con un ghigno divertito.

«Ma veramente...» il khajiit rimase interdetto. Rivolse uno guardo supplicante a Daric, che tuttavia esibiva un'espressione impassibile. J'zargo però non si lasciò scoraggiare, quindi gli chiese direttamente: «J'zargo ha potuto... constatare che sei molto bravo con gli Scudi, vorresti per favore aiutare J'zargo a fare pratica?»

Daric sorrise. Dopotutto, se non si faceva problemi a chiedere l'aiuto degli altri, forse l'arroganza del khajiit era solo una facciata.

«Io invece ho visto che sei molto bravo con le magie di Distruzione» disse Daric. «Forse ognuno di noi due può imparare qualcosa dall'altro, che ne pensi?»

Il khajiit rimase con un'espressione stupita per qualche secondo, sorpreso dalla risposta, e forse sorpreso anche dal complimento ricevuto, ma alla fine sorrise di rimando ed annuì.

Ripresero quindi tutti e quattro ad allenarsi, stavolta seriamente, e di quando in quando si scambiavano domande e suggerimenti. Nel frattempo altri apprendisti arrivarono nella Sala per fare pratica, quindi ad un certo punto i quattro compagni si avvicinarono per non occupare troppo spazio e non disturbare troppo gli altri.

«J'zargo non riesce a capire bene come usare il magicka con questi Scudi» borbottò il khajiit, frustrato, vedendo che ancora non riusciva ancora a generare uno Scudo sufficiente.

«Se vuoi un consiglio, cerca di essere meno "irruento"» disse Daric. «Ho l'impressione che buona parte del magicka che usi se ne vada disperso. Ricordati che ti stai difendendo, quindi la forza non serve. Devi proiettare il magicka davanti a te, con delicatezza, e manipolarlo per formare il tuo Scudo. Se usi la forza il tuo magicka viene spinto via e non riesce a potenziare lo Scudo in modo adeguato».

J'zargo ponderò il consiglio «Forse hai ragione» disse, «non è così facile come sembra».

«Vedrai che è solo questione di pratica».

«Giusto» il khajiit annuì con rinnovato vigore e convinzione «Continuiamo?»

Proseguirono con l'allenamento, ma quando Daric si accorse di non riuscire più a controllare bene il suo magicka, alzò una mano per fermare J'zargo.

«Io mi fermo qui, scusami» gli disse.

«Qualcosa non va?»

Daric scosse la testa «Sono solo stanco per il viaggio, tutto qui».

«Credo sia meglio che ci fermiamo tutti» intervenne Brelyna, «meglio non esagerare».

Furono tutti d'accordo nell'interrompere l'allenamento, visto che comunque l'avrebbero ripetuto il giorno dopo con Tolfdir. Nella Sala erano rimasti solo altri due apprendisti, che a quanto pare si stavano allenando a far levitare degli oggetti con la Telecinesi. Quando uscirono dalla Sala, videro che era scesa la notte.

«Caspita, non mi ero reso conto che fosse così tardi!» Esclamò Onmund.

«Io sì» disse Daric, poco prima di portarsi una mano alla bocca ed essere colto da un lungo sbadiglio.

«Lo vedo. Da quanto sei in viaggio?»

«Due giorni» rispose, massaggiandosi gli occhi stanchi.

«Sei partito da Cyrodiil e sei arrivato qui in due giorni?» fece Onmund, confuso.

«Non proprio. Sono qui a Skyrim già da qualche mese. Sarei dovuto venire qui sin da subito, ma ho avuto qualche... contrattempo».

«Lo credo bene, tra i draghi e la Guerra Civile l'ultimo periodo è stato difficile» disse Brelyna.

«Perlomeno il Sangue di Drago è riuscito a fermare Alduin» disse Onmund, quasi rabbrividendo a quel nome, «altrimenti non so in che situazione saremmo».

Daric sorrise. Tutte le volte che sentiva nominare il Sangue di Drago, si sentiva in imbarazzo. La verità era che non era abituato a questa fama, e probabilmente non lo sarebbe mai stato. Ora che il Sangue di Drago aveva assolto la sua missione, era opportuno che si ritirasse dalla scena, per questo evitava accuratamente di farsi riconoscere se poteva.

Entrarono nella Sala della Conquista, e furono accolti dal vociare allegro degli apprendisti. Era arrivata l'ora in cui praticamente tutti i membri dell'Accademia si ritiravano nei loro alloggi. Dal suono delle voci, si avvertiva che c'erano molte persone che chiacchieravano tra loro, però tutti sembravano parlare a mezza voce, quindi il brusìo di fondo era più che tollerabile. Visto che anche Mirabelle e Tolfdir alloggiavano in questa Sala, probabilmente nessuno ci teneva ad essere rimproverato.

«Mangiamo qualcosa?» propose J'zargo.

Onmund e Brelyna assentirono, e Daric si limitò a seguirli mentre si dirigevano in una delle stanze.

Essendo uscito di fretta, prima, Daric non aveva avuto occasione di esplorare l'edificio, quindi solo in quel momento scoprì che una delle stanze era adibita alla preparazione ed al consumo dei pasti. C'era un lungo tavolo in legno, affiancato da due panche per sedersi; alcune dispense erano allineate sulle pareti, cariche di cibo e vettovaglie; infine ad un angolo esterno, a destra dell'entrata, c'era una zona allestita per la cottura del cibo, con un caminetto e varie pentole e padelle.

Daric si avvicinò al caminetto, ma lo trovò spento, non c'era nulla in cottura.

«Non ci sperare troppo» gli disse Onmund, avvicinandosi. «Mi hanno detto che se vogliamo cucinare qualcosa siamo liberi di farlo, ma non c'è nessun cuoco che se ne occupa».

«Peccato» mugugnò, «non so cosa darei ora per un pasto caldo».

«Ti capisco» Onmund gli passò un braccio intorno alle spalle, con fare quasi consolatorio. «Vieni, ti faccio vedere cosa c'è da mangiare».

Lo guidò verso le dispense, dove stavano anche Brelyna e J'zargo, e Daric poté constatare che erano ben fornite. Vide pane, formaggio, pesce affumicato, anche della carne essiccata. C'era anche una discreta quantità di frutta e verdura fresca.

Tutti e quattro si servirono alle dispense, quindi si sederono insieme al tavolo.

Quando ebbero finito di mangiare, incominciarono a parlare tra loro dell'Accademia.

«Spero che inizieremo presto ad approfondire l'Evocazione, è quello che mi interessa di più» disse Brelyna.

«Telvanni fin nel midollo, eh?» scherzò Onmund. «A me interessa una preparazione più ampia, anche se meno approfondita».

«Come mai?» chiese Daric.

«Vorrei fare il mago di corte».

«Bah!» Fece J'zargo, scettico. «La magia non beneficia della politica, sappilo».

«Infatti non mi occuperei di politica» precisò Onmund, «mi occuperei sempre di magia, solo che lo farei al servizio di uno jarl».

«Saresti comunque limitato, non avresti piena libertà».

Onmund scrollò le spalle. «Se non altro avrò un po' di rispetto, cosa non facile per una mago a Skyrim».

«Non dovresti farti tarpare le ali dai pregiudizi» disse Brelyna, contrariata, «dovresti fare quello che più ti piace».

«Chi ha detto che non mi piacerebbe? A me piace rendermi utile» sorrise Onmund. «Ma quando si tratta di magia, la gente qui si fida solo dei guaritori e dei maghi di corte, purtroppo».

«Non credere che a Cyrodiil la situazione sia tanto migliore» interloquì Daric con tono cupo. «Il Sinodo ed il Collegio dei Sussurri stanno cercando da tempo di accaparrarsi il posto che un tempo apparteneva alla Gilda dei Maghi. Tra le loro beghe quelli che ci rimettono sono quelli come me, che vogliono semplicemente studiare la magia».

«Già, ho sentito che ti rendono la vita difficile se non sei affiliato ad una delle due».

Daric annuì. «Non immagini quanto».

«Tu di cosa ti occupi invece?» chiese Brelyna. «Ti stai specializzando in qualche cosa?»

«Ultimamente mi sto occupando di magia sperimentale» rispose Daric, in modo vago.

Gli altri tre rimasero in silenzio, guardandolo. Probabilmente stavano aspettando un'ulteriore spiegazione da parte sua e, vedendo che non arrivava, Onmund lo incalzò: «Non puoi dirci altro? Adesso ci hai incuriositi».

Daric sorrise a mo' di scusa, «Per il momento è meglio di no, vorrei prima assicurarmi che io non stia lavorando su qualcosa di troppo pericoloso».

Brelyna ridacchiò: «Non credo che "pericoloso" sia la parola più adatta per distogliere la curiosità» osservò.

«Vero! Ora J'zargo è ancora più curioso» disse il khajiit, imbronciato.

«La curiosità uccise il gatto» recitò Daric con un ghigno sinistro, e il volto di J'zargo si tramutò in una maschera di terrore.

Onmund, che in quel momento stava bevendo, per poco non si strozzò e incominciò a ridere e tossire. Brelyna, che era seduta accanto a J'zargo, gli mise una mano sulla spalla, nel tentativo di tranquillizzarlo, ma anche lei era in preda alle risate.

Forse non era la miglior battuta da dire ad un khajiit, ma non era riuscito a resistere. Non si era aspettato una reazione del genere, forse il povero J'zargo non sapeva cosa stava a significare quella frase.

«Ehi, stai tranquillo!» Gli disse Daric, sentendosi un po' colpevole. «È solo un modo di dire, non è una minaccia».

L'espressione di J'zargo passò dal terrorizzato, all'incredulo, e infine all'indispettito. «I vostri modi di dire sono inquietanti» disse, cercando di mantenere un contegno quasi da offeso; presto però si fece contagiare e iniziò a ridere anche lui: «Va bene» disse, «J'zargo si meritava una piccola vendetta da parte tua».

«Credimi, non era mia intenzione spaventarti» replicò Daric, «Pensavo si capisse che stessi scherzando».

«Mica tanto» disse Brelyna. «A giudicare dalla faccia che ha fatto, sembrava che gli avessi lanciato una maledizione mortale».

«Oh sì, è stata impagabile» disse Onmund, tenendosi una mano sulla pancia.

Continuarono a chiacchierare ancora per un po', fino a quando decisero di andarsene a letto.

A quanto pareva alloggiavano tutti al piano terra, quindi dopo un saluto ognuno si ritirò nella sua stanza.

Daric riuscì a malapena a spogliarsi e ad infilarsi sotto le lenzuola, prima di scivolare in un agognato sonno ristoratore.



Il giorno dopo, Daric si svegliò nel completo silenzio della Sala.

Si mise a sedere sul letto, rimanendo in ascolto per qualche secondo, ma riuscì a sentire solo il suono sommesso di qualcuno che russava.

Di solito si svegliava molto presto, ma a giudicare dal silenzio stavolta era più presto del solito.

Scese dal letto e si inginocchiò a terra. Senza pensarci portò una mano al petto, le dita si strinsero attorno al suo amuleto. Chinò il capo e chiuse gli occhi, avvicinando l'amuleto alla fronte. Le sue labbra si mossero, formulando parole silenziose di gratitudine e raccomandazione. Quando ebbe finito, si rialzò e si vestì. Rifece il letto e, ancora scalzo, vi si sedette sopra a gambe incrociate. Visto che nessuno era ancora sveglio, poteva approfittare del silenzio per fare il suo abituale esercizio di rilassamento mentale; chiuse gli occhi, rallentò il respiro e cercò di non pensare ad altro: solo all'aria che, in un ciclo, entrava e poi lentamente usciva.

Come al solito, non aveva cognizione del tempo che passava; solo quando si svegliarono un po' di persone, e il loro vociare si fece insistente alle sue orecchie, decise di smettere. Si diresse verso la stanza comune e si servì qualcosa da mangiare alle dispense. Mentre scrutava il tavolo in cerca di un posto per sedersi, riconobbe il compagno khajiit.

«Buongiorno» lo salutò, mentre si sedeva in un posto vuoto accanto a lui.

J'zargo sussultò, come se fosse stato sovrapensiero. «Buongiorno a te» replicò con un sorriso.

Daric vide che il piatto di J'zargo era ormai vuoto «Sei sveglio da molto tempo?» gli chiese.

Questi scosse il capo «Non molto». Poi disse: «J'zargo ti è molto grato per l'aiuto che hai dato ieri. Verrai anche oggi per la lezione, sì?»

«Credo di sì, devo prima parlare con una persona oggi» rispose, addentando poi una fetta di pane.

Cominciarono a parlare della lezione del giorno prima, J'zargo aveva alcune curiosità sul funzionamento degli Scudi, e Daric cercò di rispondergli come meglio poteva. Avrebbe dovuto dirgli di rivolgersi a Tolfdir per le domande, ma tutto sommato non gli pesava.

Dopo non molto tempo si unì a loro anche Onmund, e infine arrivò anche Brelyna. Quando tutti e quattro ebbero finito di mangiare, Daric si ricordò del suo impegno.

«Scusate, qualcuno di voi conosce Arniel Gane?» domandò.

«No, il nome mi è familiare, ma non lo conosco» disse Onmund.

J'zargo scosse la testa. «Mai sentito quel nome».

Dopotutto anche loro non erano lì all'Accademia da molto tempo, forse poteva chiedere a Mirabelle Ervine...

«Io lo conosco» disse invece Brelyna, «o perlomeno, so chi è» si corresse. «Mi ha parlato un paio di volte, chiedendomi di dare un'occhiata ad alcuni marchingegni nanici».

«Tu conosci la tecnologia dei nani?» fece Onmund, sorpreso.

«Certo che no» lei fece una smorfia. «Probabilmente ci sperava. Bah, come se tutti i dunmer fossero esperti di quella roba».

«Sai dov'è la sua stanza?» le domandò Daric.

«Sì, me lo ricordo. Devi salire al secondo piano, dalle scale la sua stanza è la prima a destra».

«Grazie» disse, alzandosi dalla panca. «Ci vediamo dopo» si congedò e quindi uscì dalla stanza.

Seguì le indicazioni di Brelyna, ed appena arrivato al secondo piano si affacciò alla stanza indicata. Vi trovò un uomo, chino su un tavolo ad esaminare uno strano contenitore, apparentemente costruito con il caratteristico metallo nanico.

«Chiedo scusa» esordì Daric.

Il mago sussultò e si voltò verso di lui «Sì?»

«Sto cercando Arniel Gane...»

«Sono io» disse l'uomo, «se hai qualcosa da dirmi ti prego di fare in fretta, sono molto occupato».

Mentre Daric entrava nella stanza, ebbe modo di osservare meglio il mago. Era un uomo probabilmente di cinquant'anni, con una calvizie estesa e dei pesanti cerchi neri attorno agli occhi.

«Mi chiamo Daric» si presentò. «Il mio maestro ti ha contattato da parte mia, tempo fa».

Arniel rimase spaesato per qualche secondo, al punto che Daric temette che si fosse scordato della lettera che gli era stata inviata; invece dopo non molto la sua espressione si accese «Ah sì, ora ricordo. Quindi tu sei l'allievo del vecchio Plinius?»

Daric annuì.

«Pensavo che non saresti più venuto, nell'ultima lettera c'era scritto che hai avuto dei contrattempi».

«Già, ma grazie ai Nove ne sono uscito vivo» lo disse con una leggera ironia, che Arniel ovviamente non poteva cogliere.

«Buon per te» Arniel incrociò le braccia e lo scrutò con interesse. «Dunque qual è il motivo per cui sei venuto da me? Vorresti ricordarmelo?»

«Certo, è molto semplice: avrei bisogno di alcune nozioni sulla magia tonale».

Arniel annuì. «Posso insegnarti quel che so, ma non è molto, sono gran lungi dall'essere un architetto tonale».

«Non importa, mi bastano le nozioni fondamentali» disse Daric, «mi occorrono soprattutto per capire se sono utili alla mia sperimentazione».

«Quale sperimentazione?» chiese una voce alle sue spalle.

Lo sguardo di Arniel si spostò sull'ignoto interlocutore, e la sua espressione mutò in una di disagio e timore. Daric si voltò e si trovò ad incrociare lo sguardo fiero ed altezzoso di un altmer, abbigliato con le vesti dei Thalmor.

«Quale sia non credo che ti riguardi» disse Daric in tono piatto. «Suppongo che tu sia Ancano, il consigliere dell'Arcimago».

«La tua supposizione è esatta, sei sveglio per essere un apprendista» disse l'elfo in modo quasi sprezzante. «Non serve che mi dica il tuo nome, lo so già. Scoprirai che ci sono ben poche cose di cui, prima o poi, non venga a conoscenza. Dico bene, Arniel?»

«N-non capisco cosa vuoi dire» balbettò Arniel nervosamente.

«Lo sai molto bene cosa voglio dire» replicò Ancano con una velata minaccia nella voce, poi si rivolse nuovamente a Daric: «Ti consiglio di assumere un atteggiamento diverso da quello del tuo collega, la reticenza non fa altro che alimentare sospetti».

Faralda gli aveva detto che Arniel era molto riservato sui suoi studi, probabilmente era a questo che si riferiva Ancano.

Daric alzò un sopracciglio. «Personalmente, penso che anche ficcare il naso dappertutto alimenti molti sospetti».

«Pensala come vuoi» replicò l'elfo, indifferente. «Per svolgere al meglio il mio compito devo essere a conoscenza di cosa succede qui».

«A quale "compito" ti riferisci? A quello di consigliere dell'Arcimago, o a quello di agente dei Thalmor?»

Ancano assottigliò gli occhi «Cosa vorresti insinuare?»

«Nulla» rispose Daric, con un sorriso amabile «ma, giusto ieri, mi è stato detto che la condivisione della conoscenza qui è a discrezione di ciascuno».

«Conosco bene le regole e-»

«E le stai ignorando» una voce femminile interruppe Ancano. Subito dopo, Mirabelle Ervine entrò nella stanza, un'espressione irritata sul viso. Stavolta fu il turno di Ancano a mostrarsi a disagio.

«Vieni con me» disse ad Ancano, con un tono che non ammetteva repliche, ed uscì.

L'elfo la seguì con riluttanza, ed Arniel e Daric si scambiarono uno sguardo perplesso. Dopo qualche secondo si sentì Mirabelle parlare dalla stanza attigua.

«Credevo di essere stata chiara, giorni fa» disse lei «Smettila di infastidire le persone in questo modo».

«Ti assicuro che non è mia intenzione» si sentì replicare l'elfo, con un forzato tono cortese. «Voglio solo assicurarmi che sia tutelata la sicurezza di tutti».

«I tuoi interrogatori sono indebiti» disse Mirabelle seccamente. «Non sta a te controllare, è compito mio e degli insegnanti. Qui non sei nell'Impero o nel Dominio, sei un ospite, e l'Arcimago si aspetta che ti comporti come tale. Non prenderti più autorità che non ti competono, sono stata chiara?»

«Sì, certamente» fu la replica asciutta dell'elfo. «Sarò fedele al mio ruolo».

«Molto bene, penso non ci sia altro da aggiungere» Mirabelle concluse la conversazione. Dopo poco la donna rientrò nella stanza, si rivolse ad Arniel: «Ero venuta ad avvisarti che c'era qualcuno che ti cercava, dato che ieri non ho avuto tempo, ma a quanto pare non c'è più bisogno» disse, lanciando un'occhiata a Daric. «Mi auguro che non ci saranno ulteriori problemi. Buona giornata a voi».

«Altrettanto a te, Mirabelle, ti ringrazio» disse Arniel, quindi la donna annuì e se andò.

«Quel Thalmor!» Sbottò Arniel, «fa troppe domande, c'è sotto qualcosa secondo me. Ma non riuscirà a rubare le mie ricerche, questo è sicuro».

Poi, vedendo che Daric era rimasto a fissare l'ingresso della stanza, gli chiese: «Ehi, stai bene?»

Il ragazzo sospirò, estatico. «Sì, è solo che... all'improvviso credo di amare quella donna».





Angolino noioso delle spiegazioni: come avrete notato, non ho seguito in modo pedissequo l'ambientazione di gioco. Questo perché in un gioco, per motivi tecnici, si adottano alcune semplificazioni, che però fuori dal contesto del gioco hanno poco senso. Ad esempio, ha senso che Faralda se ne stia tutto il tempo in piedi, al gelo, davanti all'ingresso dell'Accademia ad accogliere i visitatori? Per me no, quindi mi sono inventato quella specie di "campanello magico". Altro esempio: è normale che l'Accademia sia così piccola ed abbia così pochi studenti? Io ho voluto ingrandirla un po', e popolarla con altri studenti. Un'altra licenza che mi sono preso riguarda l'ingresso all'Accademia; nel gioco, durante la main quest si è praticamente costretti a diventare un membro dell'Accademia, solo perché si ha bisogno di informazioni sulle Antiche Pergamene; per me ha più senso che una persona possa visitare l'Accademia, magari solo per consultare la biblioteca, senza necessariamente diventarne un membro. Di licenze ce sono anche altre, ma non starò qui a spiegarle tutte, perciò se trovate qualcosa che non vi convince scrivetemelo pure.

Anche in questo capitolo si conosce qualcosa di più sul Sangue di Drago, ma in un'atmosfera molto più leggera. Spero che vi abbia convinto la mia interpretazione dei personaggi dell'Accademia, dato che sono tra quelli a cui sono più affezionato.

Vi avviso anche che ho pubblicato la seconda "versione" del primo capitolo, che contiene un'aggiunta di circa 500 parole. Se non avete voglia di rileggerlo tutto, scorrete fino all'inizio del consiglio di pace. Se vi va, fatemi anche sapere come vi è sembrata la modifica.

Ciao e alla prossima :)

  
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