Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: Lady Five    31/05/2017    4 recensioni
Dopo la fine della brutta faccenda di Noo, l'equipaggio dell'Arcadia, finalmente riunito, riprende la solita vita vagabonda nello spazio. Con qualche piccolo cambiamento.
Ma la “routine”, per quanto piratesca, non si addice proprio ad Harlock e alla sua ciurma. Così, un po' per caso, un po' per scelta, si lasciano trascinare in una nuova avventura, sulle tracce di un antichissimo mistero e di un'oscura profezia. Con esiti assolutamente imprevedibili.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La meta si avvicinava rapidamente. Erano riusciti anche a recuperare qualche giorno sulla tabella di marcia. La navetta mazoniana, che prima li precedeva, ora li seguiva a brevissima distanza.
Harlock aveva organizzato la riunione con Raflesia, Ipazia, Kei, Yattaran e Maji. Discussero a lungo su come affrontare ogni possibile difficoltà. Harlock fu irremovibile su un punto: su Fanauraa sarebbero sbarcati con lui Clarice, Kei, Meeme, Raflesia, Ipazia e il dottor Werner. L'Arcadia sarebbe rimasta in orbita intorno al pianeta, restando in contatto con loro, pronta a intervenire o ad andarsene immediatamente, secondo gli ordini che il capitano avrebbe impartito.
Quando Clarice, Kei e i Mazoniani se ne furono andati, Yattaran e Maji protestarono: secondo loro era un'imprudenza bella e buona andarsene a spasso, senza un'adeguata scorta, per un pianeta sconosciuto tra gente sconosciuta. Ma Harlock fu irremovibile.
“Ne abbiamo già parlato. Se qualcosa va storto, soltanto se voi sarete a bordo dell'Arcadia potrete fare qualcosa per aiutarci. Se qualcosa va irrimediabilmente storto, dovete tornare subito sulla Dorcas, recuperare Zero e Mayu e riportarla sulla Terra.”
“E... dopo? Che cosa faremo, eh, senza di te?” chiese Yattaran esasperato.
“Oh, avanti, siete grandi ormai! Siete perfettamente in grado di cavarvela da soli! E ricordatevi sempre, soprattutto, che siete uomini liberi, con o senza di me!”
“Ma perché ti porti dietro le ragazze? Clarice capisco, non puoi farne a meno, ma Kei e Meeme... perché correre rischi inutili?”
Il capitano allargò le braccia. Quelle due sapevano essere più testarde di lui.
“Vuoi parlarci tu e convincerle? Te lo sconsiglio. Io ci ho rinunciato. Ci tengo alla mia incolumità!”

Finalmente giunsero nei pressi di Fanauraa e poterono abbandonare la navigazione in-skip. La navetta mazoniana si posizionò di nuovo davanti a loro, indicando la rotta che li avrebbe condotti nell'astroporto della capitale, dove risiedeva Zenobia.
Yattaran trasferì le immagini del pianeta sullo schermo grande in plancia e ne rilevò i parametri. Era poco più grande della Terra, ricco di acque e di vegetazione, con due soli. Ma, man mano che si avvicinavano, apparivano sulla superficie anche delle vaste zone aride. Finora, quindi, tutto sembrava coincidere con quanto aveva mostrato loro Zenobia.
“Fermiamoci qui” stabilì Harlock, appena furono entrati nell'orbita del pianeta.
Una grossa navetta era già equipaggiata nell'hangar e anche tutti i partecipanti alla spedizione erano pronti per la partenza.
“Gli ordini li avete - disse il capitano, laconico come sempre - Ci terremo in costante contatto con le ricetrasmittenti. Io terrò addosso anche quella invisibile che mi aveva dato Yattaran, così voi saprete sempre che cosa sta succedendo. A presto!”
“Buona fortuna!” disse Yattaran, guardando allontanarsi il gruppetto, con aria di disapprovazione.

Raflesia aveva disposto che Talia restasse sull'Arcadia. Mentre raggiungevano l'hangar, Harlock le chiese la ragione di quella scelta.
“Se non dovessi tornare, deve riferire i miei ordini a Gudrun e al Consiglio Supremo” rispose la Mazoniana impassibile. Se fosse in ansia, non lo dava assolutamente a vedere, e il capitano si ritrovò a pensare a quanto in realtà loro due fossero simili.
L'unica che non sembrava avere alcun timore, anzi, non vedeva l'ora di mettere piede su Fanauraa, era Clarice. Parlò quasi intinterrottamente per tutto il tragitto, e finì per contagiare i suoi compagni di viaggio con il suo ottimismo e il suo entusiasmo.
All'astroporto di Ataahua1 trovarono ad attenderli una delegazione inviata dalla regina Zenobia. Appena scesi dalla loro navetta, li investì una ventata di aria molto calda, quasi soffocante. Furono fatti salire su una grossa automobile volante, dagli interni comodi e lussuosi, e soprattutto freschi, che li condusse al palazzo reale. Harlock guardava fuori dagli ampi finestrini, cercando di imprimersi nella memoria quanti più particolari possibili. Osservava con attenzione gli edifici, le strade e gli abitanti, intenti alle loro faccende quotidiane. All'apparenza, la vita scorreva senza problemi, in quella che sembrava una città prospera e tranquilla. Ma in effetti, il capitano aveva notato subito l'aria arroventata che li aveva accolti: per loro, abituati al gelo siderale, era certo più difficile da sopportare, ma comunque non era normale. Aveva qualcosa di malsano. Quanto tempo restava a quel pianeta, prima di diventare invivibile?
Il palazzo reale era una severa costruzione di pietra nera e lucida, dagli alti soffitti sorretti da colonne. Ad Harlock ricordò certe antiche cattedrali terrestri.
Zenobia li ricevette nella sala del trono, insieme ad alcuni dignitari. Harlock notò, non senza una certa soddisfazione (e anche sollievo), che tra loro c'erano anche individui di sesso maschile. Evidentemente, la civiltà mazoniana bis aveva seguito un'evoluzione un po' diversa... più equilibrata.
Dopo che si furono accomodati e i servitori ebbero offerto loro da bere, Zenobia parlò.
“Vi sono stati assegnati degli alloggi qui nel palazzo, per tutto il tempo che vi servirà. Ho convocato per domani i massimi esperti della storia antica di Fanauraa e di Whare Koura2, come noi chiamiamo il nostro antico castello: sono a vostra totale disposizione. Se ora volete andare a riposarvi...”
Harlock scambiò un'occhiata veloce con Clarice.
“Se possibile, maestà, vorremmo fare subito un sopralluogo preliminare sul sito. Mancano pochi giorni al fenomeno che aspettiamo e ogni minuto è prezioso.”
“Certo, capisco. Sarete accompagnati subito lì. Il castello si trova fuori città, ma con i nostri mezzi sarete lì in poco più di un'ora. Ci rivediamo qui stasera. Ci sarà un banchetto in vostro onore.”
“Un banchetto? In una reggia? - pensò subito Kei con sgomento - Ma io non ho portato niente da mettermi!”
Il gruppetto risalì subito sullo stesso veicolo che li aveva condotti lì, che ripartì a gran velocità. In pochi minuti si ritrovarono in aperta campagna. Una campagna coltivata con cura, ma dove qua e là si intravedevano chiari segni di sofferenza: ogni tanto, all'improvviso compariva un campo ingiallito, un gruppo di alberi secchi, un bacino d'acqua quasi prosciugato... Harlock ne approfittò per comunicare a Yattaran che stavano bene e tutto procedeva senza intoppi.
Il castello apparve da lontano, in cima a una collina, in tutto il suo fascino misterioso. Clarice batté le mani, al colmo della felicità.
“È proprio lui, è uguale! Voi non potete capire... sulla Terra ho potuto studiare solo ruderi, ma qui... qui è tutto intero, ed è meraviglioso!”
L'auto volante li lasciò poco distante dall'ingresso. Uno degli accompagnatori spiegò ai custodi chi fossero quelle persone e che cosa dovessero fare, per incarico della regina in persona. Il palazzo, infatti, era considerato un monumento storico ed era aperto al pubblico, con orari di visita ben precisi.
Varcarono il portale quasi in religioso silenzio. Il vento soffocante era un po' calato, forse perché ormai si approssimava la sera. Clarice li guidava, indicando loro le varie parti.
“Sto usando una piantina di Castel del Monte, in realtà. Coincide tutto in modo impressionante...”
“Avremo modo di visitarlo con calma domani - disse Harlock - Ma ora credo che non ci rimangano molte ore di luce, quindi ci conviene andare subito a vedere il luogo dove ... - si interruppe di colpo, temendo che qualche estraneo potesse sentire - il luogo che ci interessa.”
“Sì, hai ragione. Allora, dobbiamo andare nell'ottava sala, che dovrebbe essere - l'archeologa indicò un punto sulla piantina - proprio qui! Dobbiamo salire al piano superiore.”
Si inerpicarono per la stretta scala di pietra e percorsero diversi ambienti, riccamente decorati con mosaici e dipinti, prima di giungere all'ultima sala, rivolta a sud-est. Si assicurarono che non ci fosse nessuno nei paraggi e Harlock si mise di guardia vicino alla porta, per controllare che non si avvicinasse qualche visitatore tardivo o qualche custode troppo curioso.
“Ecco - sussurrò Clarice, indicando la bifora esterna che illuminava l'ambiente - Da lì dovrebbe entrare il raggio di sole che, attraversando la porta-finestra sulla parete opposta, andrà a illuminare un bassorilievo scolpito sul muro ovest del cortile. Dovremmo andare a controllare anche lì se si vede qualcosa. Come vi ho detto, il bassorilievo di Castel del Monte non solo è andato perduto, ma non se ne ha alcuna testimonianza, né una descrizione né un disegno.”
Harlock si guardò intorno. La sala, tolte le decorazioni e le elaborate sculture sulle pareti e sul soffitto, era completamente spoglia, non aveva mobilio né arredi di alcun genere. Si affacciò alla porta-finestra che dava sul cortile e scrutò il muro di fronte. A quella distanza, però, non era possibile distinguere con precisione alcunché.
“D'accordo. Qua per ora abbiamo finito. Scendiamo in cortile.”
Sulla parete interna del cortile, in realtà, di bassorilievi e iscrizioni ce n'erano parecchi. Era impossibile stabilire quale sarebbe stato illuminato dal sole in quella data fatidica. Clarice scattò molte fotografie.
“Secondo quanto sappiamo, il raggio dovrebbe colpire la parte centrale del muro. Spero che gli studiosi di Fanauraa sappiano dirci qualcosa su queste sculture e sul significato delle iscrizioni... sono in alfabeto mazoniano, suppongo.”
Il dottor Werner, che da quando erano arrivati non aveva mai smesso di osservare e prendere appunti, assentì.
“Sì, i caratteri sono mazoniani. Ma le abbreviazioni usate non mi sono note3. Dovremo chiedere ai nostri colleghi di illuminarci.”
“Guardate! Quelle figure... Sì, mi sembrano proprio riproduzioni di alcuni disegni del Voynich! Piante, fiori, stelle... Dovrò verificarle, ma ne sono quasi sicura!”
Tutti si chiedevano soprattutto, però, dove e in che modo sarebbe apparso l'aleph... non sapevano nemmeno che aspetto avesse... Raflesia aveva detto che era più un'esperienza, che un vero e proprio oggetto fisico, ma sapere questo non era di alcun aiuto. Probabilmente, considerò Harlock, non c'era nient'altro da fare se non raccogliere più informazioni possibili e aspettare il giorno giusto.
Fecero così ritorno alla reggia e furono accompagnati nelle stanze loro assegnate.
Kei storse la bocca, quando si rese conto che lei e Harlock avrebbero avuto camere separate, e glielo fece notare, contrariata. Soprattutto la irritava la tranquillità con cui lui aveva preso la cosa.
“E perché avrebbero dovuto fare in un altro modo? Zenobia evidentemente ignora, almeno lei, che tu e io sull'Arcadia viviamo nel peccato!”
“Stupido!”
“Puoi sempre raggiungermi nottetempo...” aggiunse il capitano ironico.
“Potresti farlo tu - ribatté la bionda piccata - E non è affatto detto che ti lasci entrare!”
Il malumore di Kei svanì all'istante quando nella sua stanza trovò tre bellissimi vestiti, destinati alla cena di quella sera. Zenobia doveva aver previsto che loro non si fossero portati abiti eleganti, ma l'etichetta di corte imponeva un certo decoro per tutti.
Kei si divertì a provarli, sorridendo all'immagine che le restituiva lo specchio. Con la vita che faceva, e che adorava, non aveva molte occasioni per indugiare alla frivolezza e spesso lei stessa dimenticava di essere pur sempre una donna, giovane e bella. E innamorata. Era sicura che Harlock non badasse a queste cose... però, invece, magari qualche volta gli avrebbe fatto piacere vederla così... A proposito, pensò divertita, chissà se anche lui si sarebbe adeguato al dress-code della serata...

Com'era prevedibile, Harlock aveva tranquillamente ignorato il dress-code della serata! Bussò alla porta di Kei fresco di doccia e di barba, ma vestito come al solito. Restò a bocca aperta quando Kei gli comparve davanti con l'abito che aveva scelto, che esaltava la sua figura longilinea: lungo e azzurro, con un piccolo spacco laterale e una scollatura appena accennata. Aveva i capelli raccolti e un filo di trucco.
“Sei bellissima!” non poté fare a meno di esclamare, sinceramente ammirato.
Kei arrossì di piacere... forse era davvero il caso di sorprenderlo più spesso.
“E tu? Non sei stato omaggiato di abiti adeguati?”
“Io? Boh, sì, forse c'era qualcosa, ma non era di mio gusto!”
Le porse il braccio, spiazzandola ancora di più, lui che in pubblico non si lasciava mai andare a gesti del genere.
Lungo il corridoio, seguendo una specie di maggiordomo che li scortava verso la sala del banchetto, si unirono a loro gli altri compagni, tutti agghindati per l'occasione. Raflesia, Ipazia, Meeme e Clarice non erano da meno, quanto a eleganza.
“Lei e io saremo gli uomini più invidiati della serata, capitano” lo apostrofò il dottor Werner, indicando le cinque affascinanti signore che li accompagnavano.
“Sì, lo credo anch'io” rispose Harlock, a cui non era sfuggito lo sguardo di ammirazione del professore rivolto a Clarice.
Il banchetto si rivelò una cena abbastanza ristretta, con non più di una trentina di partecipanti oltre a loro, per lo più ministri e consiglieri della regina. Raflesia ebbe il posto d'onore, di fronte a Zenobia, a sottolineare il suo alto rango, pari a quello della sovrana di Fanauraa.
Superati i primi momenti di imbarazzo, la serata fu piacevole, ma soprattutto istruttiva, perché tutti gli invitati erano al corrente del motivo per cui gli ospiti si trovavano lì, e sia Raflesia che Harlock ne approfittarono per saperne di più sulla situazione del pianeta.
“Siete in grado di fare qualche previsione riguardo alla sopravvivenza di Fanauraa? - chiese il capitano - Insomma, sapete quanto tempo avete prima che diventi impossibile restare?”
“In realtà, no - rispose una donna piuttosto matura - L'andamento climatico è molto irregolare, come già sapete. Stiamo già razionando il più possibile i viveri e attuando un rigido programma di risparmio energetico, e questo ci darà qualche vantaggio, ma i nostri esperti stimano che ci possano restare ancora cinque anni, otto al massimo, se non cambia qualcosa. Ed è molto improbabile che accada, non in meglio.”
Harlock calcolò mentalmente che otto anni erano molto pochi, per organizzare un esodo di massa come quello che aveva affrontato Raflesia. La situazione era davvero difficile per quella gente.
Clarice e il dottor Werner furono invitati a illustrare ai convitati le loro teorie su Whare Koura, di cui intendevano discutere il giorno seguente con i loro colleghi. Le perfette corrispondenze tra il palazzo e Castel del Monte facevano ben sperare in un esito positivo.
Se i presenti avessero delle perplessità sulla faccenda, non le lasciarono trasparire. Probabilmente ne avevano già parlato a lungo con Zenobia, prima del loro arrivo su Fanauraa.
Concluso il banchetto, Zenobia comunicò a Clarice e Werner che l'appuntamento con gli studiosi era alle nove del mattino seguente, presso l'archivio storico del palazzo. Naturalmente, tutti loro avrebbero potuto partecipare all'incontro, se avessero voluto. Dopodiché, augurò ai presenti la buonanotte e si ritirò.
Anche loro cominciavano ad accusare una certa stanchezza e ognuno raggiunse la propria stanza. Harlock accompagnò Kei davanti alla sua camera, con tutta l'intenzione di seguirla all'interno. Ma la ragazza gli diede un bacio sulla guancia e gli sbatté la porta sul muso.
“Ehi, ma che modi!” protestò offeso e soprattutto meravigliato da quel comportamento.
Rimase alcuni secondi indeciso sul da farsi, combattuto tra la tentazione di insistere e quella di vendicarsi, andandosene a dormire per conto suo, quando la porta si spalancò di colpo e una mano gentile lo artigliò per il bavero del mantello.
“Dove credevi di andare tu?” chise Kei divertita, trascinandolo dentro e incollandogli subito le labbra sulle sue.

 




 

 

1 Bellezza, in lingua maori.

2 Casa dorata, sempre in lingua maori.

3 Anche nelle iscrizioni antiche, per esempio in latino e greco (tipo lapidi, stele funerarie ecc.), ma anche nei codici medievali), sono usate delle abbreviazioni, con delle regole ben precise.

  
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