I.
Trambusto
notturno
Ho già
accennato molte volte a
come il mio amico Holmes odiasse i problemi banali, quelli che alla sua
mente
brillante apparivano solo come frivole facezie. Nel corso degli anni
furono
innumerevoli le occasioni in cui riuscì ad evitare abilmente
di rimanere
coinvolto in affari del genere, ma altrettante quelle in cui volente o
nolente
si ritrovò immischiato a tal punto da non poterne
più uscire. Voglio tuttavia
riportare in queste pagine il più incredibile di questi casi
- e senza dubbio
anche il più ilare - al quale ebbi la considerevole fortuna
di fare da
spettatore.
Accadde circa
un anno dopo il
nostro primo incontro e le incredibili avventure riportate in Uno studio in
rosso
e ne Il
segno dei Quattro. Mi ero sposato da
poco, e nonostante
questo avevo ancora la brutta abitudine di frequentare il numero 221B
di Baker
Street. Nel corso degli anni mia moglie Mary cercò di
dissuadermi in svariate
occasioni dal continuare il mio rapporto d'amicizia con Sherlock
Holmes, ma
questa fu una delle poche cose in cui mi rifiutai categoricamente di
seguire
ogni suo consiglio. Ero troppo legato ad Holmes per smettere di
essergli amico.
Quella sera
era stata per qualche
motivo mortalmente noiosa - almeno per il mio amico - e considerando
che in
quel momento egli non era impegnato in nessun caso la situazione poteva
dirsi
ancora peggiore. E' ormai tristemente noto il vizio a cui Holmes si
lasciava
andare quando il suo cervello non era attivo, e quella sera aveva
deciso di
sperimentare erbe allucinogene a me sconosciute. Tentai di fermarlo, ma
come mi
successe molte altre volte sia prima che dopo quella sera fallii
miseramente
nel mio intento.
L'effetto del
mix di droghe sul
mio amico fu sorprendente. Di solito quel veleno rendeva Holmes
esuberante e
iperattivo, ma in quell'occasione ci fu l'effetto esattamente opposto.
I sensi
e l'intelligenza di Holmes vennero sensibilmente rallentati, e dal
genio che
era divenne un completo ebete nel giro di due minuti. Reagiva in
ritardo e
assai stupidamente agli stimoli esterni, farfugliando parole sconnesse
e
ridendo senza motivo a qualsiasi cosa dicessi. Era davvero penoso
vedere una
grande persona come lui ridotta in uno stato così umiliante.
Stavo provando
a farlo rinsavire
un minimo, quando accadde qualcosa che attirò la nostra
attenzione.
Improvvisamente udimmo un grande strepitio provenire dal fondo di Baker
Street:
grida e rumore di gente che correva risuonarono nitide nell'aria come
fucilate.
Il tutto durò poco, appena qualche istante, tempo tuttavia
sufficiente a creare
una gran confusione sia dentro che fuori l'appartamento di Holmes.
Mi precipitai
subito alla
finestra per vedere cosa stesse succedendo, ma ero arrivato troppo
tardi. Feci appena
in tempo a vedere alcune figure sfuggenti sparire in dei vicoli
laterali che
sentii un gran bussare provenire dal portone del palazzo. Anzi,
più che bussare
era piuttosto un violento picchiare: pareva che stessero cercando di
sfondare
la porta.
- Aiuto! -
urlava qualcuno - Per
l'amor di Dio, aprite! Invoco il diritto d'asilo!
Non potevo
vedere chi stesse
bussando perché il portone del palazzo era sito in una
piccola rientranza del
muro esterno, così che l'ingresso non era direttamente
visibile dalla finestra.
Tuttavia i rumori si sentivano benissimo, ed è per questo
che mi arrivò forte e
chiara la risposta irata della signora Hudson, la nostra padrona di
casa.
- Via di qui,
ubriacone! - urlò
infatti la donna - Non voglio gente come te in casa mia! Già
ho i miei
problemi, e non me ne servono di nuovi!
L'uomo parve
tuttavia non
desistere dal suo proposito di voler entrare, e alla fine parve
riuscirci
poiché sentimmo il rumore della porta che si apriva. Temendo
che fosse riuscito
a sfondarla e che volesse fare del male alla signora Hudson, mi
precipitai
immediatamente di sotto. Qui si potrebbe giustamente far notare che
abbandonai
a sé stesso Holmes in maniera assai imprudente e negligente,
e non posso certo
dire di non averlo fatto. Ma come questa cosa influenzò la
storia corrente il
lettore lo potrà vedere poco più avanti.
Scesi le scale
e in un lampo
arrivai nell'ingresso, quasi all'unisono con Dawson. Dawson era il
portiere
dello stabile, e occasionalmente faceva anche da valletto: era lui
infatti a
portare ad Holmes i biglietti da visita dei clienti illustri quando ne
capitavano.
Se Holmes non c'era oppure voleva essere lasciato solo ogni tanto io e
lui
chiacchieravamo oppure giocavano a carte.
Ad entrambi
bastò un occhiata per
capire ciò che stava succedendo: l'ubriaco stava addosso
alla signora Hudson,
tenendola per un braccio e urlando parole sconnesse. Si trattava di un
ometto
di mezza età, stempiato, con folte basette grigie e due
grandi gote rosse rese
accese dal troppo vino. In quel frangente tuttavia né io
né Dawson stemmo ad
osservare il nuovo arrivato, ma ci avventammo immediatamente contro di
lui per
fermarlo, qualsiasi cosa stesse facendo alla signora.
Gli fummo
addosso in un attimo, e
non gli demmo il tempo di reagire. Essendo poi ubriaco i suoi movimenti
erano
insicuri e malfermi, e bastò appena qualche spintone da
parte di Dawson per
mandarlo col fondoschiena per terra. Fortunatamente io e il valletto
eravamo
arrivati subito, e a parte un grosso spavento la signora Hudson non
aveva avuto
altre conseguenze da quello spiacevole incontro.
L'intruso,
rintronato dalla
"batosta" appena presa, se ne restò intontito a sedere per
terra e
parve non reagire alla nostra presenza. Visto che l'uomo era innocuo io
e
Dawson, più tranquilli, ci mettemmo a parlare.
- E' stata
proprio una fortuna
che lei fosse qui, Dawson - dissi io - Da solo non so proprio come
avrei fatto.
- Non
è stata fortuna, dottor
Watson - replicò l'altro - Ho sentito tutto quel frastuono
da casa mia e,
conoscendo il tipo di affari che tratta il signor Holmes, ho pensato
che qui ci
fossero dei guai e così sono corso subito in aiuto.
Dawson era un
lavoratore solerte,
e anche per questo lo apprezzavo. Abitava al 229 di Baker Street, e
così poteva
andare e venire da casa sua indisturbato. In questo caso la cosa era
stata un
vantaggio: senza il suo tempestivo intervento chissà cosa
sarebbe potuto
accadere...
Io e Dawson
restammo ad assistere
la signora Hudson per qualche minuto, giusto il tempo per farla
riprendere.
L'ubriacò continuò a rimanere fermo per terra,
perso nei propri borbottii senza
senso, e almeno per quel momento non costituì più
un pericolo.
La cosa che
tuttavia ci dette più
problemi fu l'imprevisto arrivo del mio amico Holmes. Ancora sotto gli
effetti
delle droghe assunte poco prima, l'uomo era riuscito in qualche modo a
scendere
le scale indenne ed era giunto nell'ingresso reggendosi faticosamente
alla
ringhiera. Appena mi scorse mi rivolse un sorriso ebete. Deciso a non
farlo
vedere in quelle condizioni dagli altri mi diressi verso di lui con
l'intento
di riportarlo in camera, ma accadde qualcosa di inaspettato.
Improvvisamente
l'ubriaco, visto che ebbe il mio amico, si rizzò in piedi e
si mise a fare
salti di gioia, strillando con una fastidiosa voce acuta e stridula.
- Sherlock
Holmes! - urlò quello
con tono impastato e confuso - Sherlock Holmes! Lo riconosco! Ecco la
persona
che mi potrà aiutare!
Tutti
rimanemmo attoniti a quelle
improvvise esclamazioni, guardandolo stupiti mentre saltellava dalla
gioia. Io
e Dawson fummo però costretti a saltargli nuovamente addosso
quando l'uomo si
lanciò contro il mio amico, sempre ripetendo il suo nome.
Probabilmente non
aveva alcun intento ostile, ma non si sa mai cosa c'è da
aspettarsi da un
ubriaco.
Io e Dawson
prendemmo l'uomo per
le braccia, fermandolo quand'era giunto a pochi pollici da Holmes. Egli
provò a
divincolarsi come una furia, ma contro due uomini robusti e forti come
me e il
portiere c'erano ben poche speranze di successo per lui.
- Lasciatemi!
Lasciatemi! - urlò
- Signor Holmes, mi aiuti lei! Mi stanno aggredendo di nuovo! Qualcuno
vada a
chiamare la polizia!
Se c'era
qualcuno in diritto di
farlo quelli saremmo stati noi. Comunque non perdemmo tempo con simili
inezie
e, sollevandolo di peso, portammo l'uomo via dall'ingresso preparandoci
a
sbatterlo definitivamente fuori.
- Torni
presto! - esclamò Holmes
rivolgendosi all'ubriaco, accompagnando la sua frase con una serie di
sciocche
e vacue risate.
Portammo
l'uomo fuori di casa e
lo buttammo giù dalla cima della breve scalinata che
conduceva alla nostra
porta. L'ubriaco si fece un gran bel volo prima di atterrate
pesantemente col
fondoschiena sul lastricato. Con un'esclamazione di soddisfazione io e
Dawson
ci sfregammo le mani e rientrammo in casa, chiudendoci ben bene dietro
la porta
a chiave. Lasciai il portiere con la signora Hudson e me ne tornai di
sopra con
Holmes, chiudendomi con lui nella nostra stanza per evitare che se ne
andasse
ancora libero al giro in quello stato indecoroso.
Gli effetti
della droga ci misero
un bel po' a passare, e per tutto il resto di quel giorno il mio amico
rimase un
completo idiota. Una buona nottata di sonno fu ristoratrice per
entrambi e il
mattino successivo, mentre io mi ero ripreso dalla prova di forza del
giorno
prima, il mio amico era finalmente ritornato in possesso delle proprie
facoltà
mentali. Era molto seccato per quel che gli era accaduto, e quando gli
raccontai per filo e per segno che cosa era successo mentre non era
capace di
intendere e di volere il suo umore non fece altro che peggiorare.
- Questo, mio
caro Watson - mi
disse - E' stato proprio un increscioso incidente. Non credevo che la
miscela
che stavo sperimentando mi avrebbe procurato un così
sgradevole effetto. Giuro
su tutto ciò che ho di più caro, dottore, che mai
più oserò anche solo pensare
a queste mortifere sostanze!
E, devo dire,
questa fu una
promessa che mantenne. Quello spiacevole episodio ebbe almeno una buona
conseguenza: Holmes da quel giorno smise effettivamente di drogarsi.
Per i primi
tempi lo sorvegliai discretamente, ma vedendo che teneva fede alla sua
promessa
alla fine smisi di preoccuparmene. Non potevo essere che contento se il
mio
amico aveva smesso di usare quella robaccia! In compenso il suo consumo
di
tabacco compressato in tutte le forme aumentò
esponenzialmente. La pipa era il
suo piacere preferito, anche se non disdegnava i sigari e le sigarette.
Qualche
volta lo vidi anche masticare direttamente le foglie del tabacco, ma
ciò
avveniva molto raramente.
Non siamo
comunque qui per
parlare dei gusti del signor Sherlock Holmes, che i miei lettori
conosceranno
già ampiamente. Questo discorso sui suoi vizi mi ha fatto
perdere il filo del
discorso e finire fuori strada, ed è meglio che torni alla
nostra attuale
storia prima di divagare ulteriormente.
Se io e Holmes
pensammo mai che
quell'affare fosse terminato lì allora ci eravamo sbagliati
di grosso, poiché
quella stessa mattina i guai vennero a cercarci. Avevo da poco concluso
il mio
racconto riguardo la sera precedente e stavo facendo colazione assieme
al mio
amico quando improvvisamente sentimmo del trambusto provenire dal piano
di
sotto. Già allora ebbi un presentimento, ma vinto dalla
curiosità mi alzai
assieme ad Holmes ed entrambi andammo a vedere cosa stava succedendo.
Ma non facemmo
in tempo a
scendere di qualche gradino che subito fummo investiti dalle urla della
signora
Hudson. Temendo che fosse successo qualcosa ci affrettammo allora ad
andare al
piano di sotto, e la scena che vedemmo a quel punto fu davvero
sorprendente. La
porta d'ingresso era spalancata, e Dawson sembrava star trattenendo
qualcuno
dall'entrare; la nostra padrona di casa era seminascosta dietro un
mobile e
urlava infuriata contro l'intruso. Il mio sguardo si
soffermò allora su di
esso, e fu con immenso stupore che riconobbi l'ubriaco della sera prima.
- Lasciatemi
passare! - stava
gridando - Devo urgentemente parlare col signor Sherlock Holmes, e non
ho tempo
da perdere!
Il mio amico,
che senza dubbio
possedeva un sangue più freddo del mio, decise allora di
porre fine a quella
ridicola scena. Mi scansò e scese definitivamente le scale -
ci eravamo fermato
a metà della rampa - andando incontro al nostro "ospite".
- Eccomi, sono
qui! - disse -
Posso sapere chi è che mi desidera così tanto?
A quel punto
l'attenzione di
tutti si rivolse verso Holmes. La signora Hudson e Dawson lo guardarono
sollevati, grati per il suo tempestivo arrivo. L'altro uomo invece,
constatando
la presenza di colui che stava cercando, si fece scappare
un'esclamazione di
soddisfazione e aggirò Dawson sfoderando una
velocità assolutamente
insospettata.
- Finalmente!
- eruppe, quasi avventandosi
sul mio amico - E' da mezzora che cerco di parlare con lei, ma questa
donna e
questo bestione non mi hanno voluto lasciar passare!
Già
la sera prima quell'uomo
aveva avuto un aspetto ilare mentre era ubriaco, ma posso giurare che
da sobrio
faceva divertire ancor di più. Alterato com'era le sue gote
purpuree erano
diventate di un rosso acceso, che creava uno strano contrasto con le
sue
basette grigio topo. Sembrava quasi uno di quei pagliacci
rintracciabili nei
circhi itineranti, e se non fossi riuscito a trattenermi probabilmente
mi
sarebbe scappato da ridere. Io tuttavia sembravo l'unico a starsi
divertendo in
quella situazione, poiché tutti parevano terribilmente seri.
- Noi due ci
conosciamo già -
fece l'uomo ad Holmes - Per cui credo che si possano saltare i
convenevoli.
- Veramente -
ribatté Holmes - A
parte il fatto che lei è un rigattiere, non credo di sapere
nient'altro sul suo
conto.
- Ecco, vede!
- disse l'altro
sorridendo compiaciuto - Come può dire che sono un
rigattiere se poi afferma di
non conoscermi? Questa è la prova che lei già sa
chi sono io!
- Mi dispiace
signore, ma si
sbaglia - rispose Holmes - Basta osservare come lei è
vestito per capire che
lavoro svolga. E, perdoni la mia franchezza, ma abiti di pregio usati
come
questi li poteva indossare solamente un rigattiere pieno di
sé.
Osservando
l'abbigliamento
dell'uomo non potei fare a meno di essere d'accordo con Holmes. Vestiva
un
completo grigio, che tuttavia ad una seconda occhiata si capiva
benissimo
essere stato un tempo nero e soprattutto non mezzo mangiato dalle
tarme. Un
buco era ben visibile in cima alla tuba del visitatore, così
come le scuciture
sugli orli delle maniche della giacca e dei pantaloni. Come aveva detto
Holmes,
solamente un rigattiere orgoglioso avrebbe potuto indossare abiti
così eleganti
ma allo stesso tempo così scadenti; del resto era un modo
come un altro per
ostentare il fatto che egli conducesse affari "importanti".
L'uomo parve
accigliarsi per
l'osservazione di Holmes e gli avrebbe sicuramente ribattuto se il mio
amico,
che aveva assunto un'aria quanto mai seccata, non lo avesse interrotto
prima.
- Signore -
gli disse - Ha
intenzione di stare qui a recriminare cosa devo o non devo sapere per
tutto il
giorno oppure vuole spiegarmi perché è tornato?
La sua intrusione di ieri sera
è stata piuttosto insolente e sgarbata, e da come vi state
comportando dubito
che siate qui per porgere le vostre scuse alla signora Hudson qui
presente.
- Non voglio
niente da quel
demonio! - urlò allora la nostra padrona di casa, ancora
nascosta dietro il
mobile - Mi basta che se ne vada!
I discorsi di
Holmes e della
signora Hudson fecero vistosamente imporporare le gote già
rosse dell'uomo, il
quale inizialmente fu sul punto di rispondere qualcosa di assai poco
educato.
Egli parve però controllarsi e, dopo essersi schiarito la
voce, cominciò a
narrarci una storia quanto mai bizzarra.
- Signor
Holmes, anche se a
malincuore, devo ammettere che lei ha ragione. Il comportamento da me
tenuto la
scorsa notte è stato increscioso, e me ne vergogno. Mi lasci
però illustrare
gli eventi che mi hanno condotto ad irrompere qui come una furia.
- Mi chiamo
Nicholas Neareby e,
come lei ha giustamente intuito, faccio il rigattiere. Ho il mio
negozio in
mezzo a Marylebone, e ci sto praticamente tutto il giorno. Ieri
è stata una
giornata particolarmente proficua, anzi, potrei dire la più
remunerativa che mi
sia mai capitata. Alla sera, quando ho chiuso il negozio, ero molto
contento.
Forse anche troppo. Diciamo che ero in vena di festeggiare, e
così ho fatto un
salto all'Old Champions Club, che sta proprio a due passi dal mio
negozio.
Credo di aver alzato un po' troppo il gomito, e non essendo molto
abituato
all'alcol devo essermi perso nei suoi fumi.
- Dopo qualche
ora di bagordi
decisi di tornarmene verso casa. Abito in Boston Street, proprio qui
dietro,
quindi si può intuire come fossi obbligato a passare per
Baker Street per poter
tornare a casa mia. Lo feci, e fu allora che venni aggredito.
- Erano in
due, questo lo ricordo
bene. Mi assalirono all'improvviso, senza darmi un attimo di tregua:
uno mi
colpì subito da dietro sulla nuca e mi urlò
qualcosa, mentre l'altro mi venne
incontro e si abbassò, probabilmente per vedere se portavo
con me qualcosa di
valore. Era così, perché in una tasca interna
della giacca avevo tutto
l'incasso di quel giorno. Per fortuna quel balordo non lo sapeva, e si
limitò a
controllare la parte bassa del vestito e il sopra dei pantaloni.
- E qui,
signor Holmes, successe
una cosa strana. Nonostante fossi ubriaco e fuori di me, l'alcol aveva
rimosso
i miei freni inibitori e così, dopo alcuni attimi di
smarrimento, reagii. Con
un urlo e uno strattone mi liberai dalla stretta del bandito di dietro
e tirai
un pugno a quello che mi stava davanti. Ma, con mia immensa sorpresa,
il mio
braccio trapassò il brutto ceffo e non gli fece niente. Mi
voltai e provai
allora a colpire l'uomo dietro di me, ma anche quello venne trapassato
dal mio
pugno senza che gli accadesse niente.
- Voi tutti
potete benissimo
capire il turbamento da me provato allora. Spaventato, credetti di star
combattendo dei fantasmi o chissà quali altre diavolerie, e
così fuggii e mi
rifugiai al portone più vicino, che per accidente era
proprio il vostro. Il
resto penso lo sappiate. Signor Holmes, mi rivolgo a lei per venire a
capo di
questo mistero, e anche di un altro.
- E sarebbe? -
chiese il mio
amico.
- Svegliatomi
sul tardi, questa
mattina mi sono accorto di aver perso il portafoglio. Mi aiuti a
ritrovarlo, la
prego!
- Quello con
l'incasso del
giorno?
- No, il mio
personale! Dentro
c'erano ben sette sterline, e per di più era di pelle di
scoiattolo nero
americano, una vera rarità! Uno di quei delinquenti deve
avermelo sfilato dai
pantaloni, e io lo voglio riavere a tutti i costi!