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Autore: GothicGaia    01/06/2017    6 recensioni
Dopo la morte della sua compagnia, Edgar può finalmente mettere le mani sulla ragazza che gli piace veramente, Valerie, la sua figliastra, a cui propone di passare una piacevole notte insieme a lui, in cambio del mantenimento per gli studi.
Ma Valeire essendo una ragazza orgogliosa, rifiuta l'offerta. Edgar, indispettito decide di comprare una casa misteriosa, che si presuppone sia infestata dai fantasmi, dove poter mandare a vivere Valerie, convinto che la ragazza, non essendo in grado di badare a se stessa e suo fratello, ceda infine al suo spregevole ricatto.
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Edgar seduto alla scrivania del Computer rifletté sulla decisione da prendere. I commenti sul sito, assolutamente negativi, erano abbastanza convincenti per fargli credere che quella casa era perfetta, per i suoi piani. Una casa infestata. Emma, la sua compagna, la donna con cui aveva condiviso gli ultimi quattro anni della sua vita, era morta da poco: il cancro aveva avuto la meglio sul suo corpo. E ora aveva lasciato tutto in eredità a lui. Era tutto scritto nel testamento. La cosa a molti era risultata assai strana, perché Emma aveva due figli, a cui tutti, amici e parenti, sapevano avesse sempre voluto molto bene. Il più piccolo Tommy, era ancora minorenne, sotto la sua custodia: un ragazzotto di dieci anni, un po’ goffo. Aveva imparato a farselo amico. E poi c’era Valerie, una ragazza stupenda, dal corpo magro e snello, il viso sottile, dal mento triangolare, la pelle candida e gli occhi di un lilla chiarissimo. Eh sì, lei era la ragione che lo aveva spinto a mettersi con Emma. Aveva scelto la madre per poter passare più facilmente alla figlia. Ovviamente quattro anni prima, quando s’era fidanzato con Emma, Valerie era ancora minorenne, e non c’era molto che lui potesse fare, per averla. Ma ora era cresciuta, e mentre discutevano del testamento a cui Valerie non voleva dare credito, gli aveva proposto di stare insieme a lui come donna, e non come figliastra. In cambio lui gli avrebbe tenuti entrambi nella loro casa, gli avrebbe concesso tutto quello che lei voleva, utilizzando i soldi dell’eredità della madre. Ma Valerie si era rifiutata, di passare anche una sola notte con lui. Era sempre stata molto scostante, non solo nei suoi confronti. E non appena lui si era messo con la madre, la ragazza aveva fatto un test d’ammissione per una scuola molto prestigiosa, all’estero, ed era andata a studiare fuori casa, in modo da farsi vedere solo a Natale e un paio di settimane in estate. Era tornata per il funerale, ma ora ovviamente non poteva più proseguire gli studi universitari, senza i soldi che le passava la madre, a mano ché non si fosse concessa a lui. Era una ragazza testarda, che non si rendeva conto dello svantaggio in cui si trovava, ma alla fine avrebbe ceduto, e quella Casa, che vedeva sullo schermo del suo Computer lo avrebbe aiutato. Una casa infesta, era l’ideala per farle cambiare idea. Sarebbe bastato mandarla a vivere lì per un po’ a farla tornare in ginocchio, pregandolo di tenerla con lui. Molti di quelli che l’avevano abitata, ammettevano di esser scappati, scrivendo nei commenti, di aver percepito strani fenomeni. Voci che bisbigliavano tra le pareti, mobili che si spostano, e luci evanescenti. Ovviamente Edgar non era tipo che credeva veramente ai fantasmi, come certa gente superstiziosa. Ma in una casa lontana da tutto, dove non c’era l’acqua calda, l’energia elettrica, e gli spifferi che passano dalle fessure delle finestre avrebbe fatto passare la voglia di abitarci a chiunque. Fu solo un attimo quello dell’esitazione. Non sapeva se Valerie se la sarebbe cavata da sola, con un fratello più piccolo. Certo Valerie non era tipo che temeva di dover fare le cose per fatti suoi. Infondo aveva sempre viaggiato da sola, e se l’era sempre cavata benissimo. Ma infondo stare in un college era ben diverso da stare in una casa fredda e umida. Poggiando la mano sul mouse cliccò sul numero del venditore. Avrebbe comprato quella casa infestata.
*
Valerie si trovava in macchina con Edgar e Tommy, diretti verso la nuova casa, in cui lei e suo fratello sarebbero andati ad abitare. Erano sotto le vacanze di pasqua, e per fortuna Tommy non doveva andare a scuola. Al momento era uno dei tanti dilemmi che la tormentava. Come avrebbe fatto Tommy a raggiungere la scuola, da quel luogo sperso? Edgar l’aveva minacciata e lei aveva scelto di andare a stare in una casa decadente, piuttosto che accettare di diventare la sua compagna non ufficiale. Sapeva che la situazione non era facile, ma aveva pensato che andare a stare da sola, era un buon modo per pensarci su. Aveva bisogno di riflettere. Doveva trovare un modo per toglierlo di mezzo, quell’uomo, meschino. Da quando si era messo con sua madre, aveva fatto di tutto per stargli lontano, tanto da decidere di andare a studiare all’estero, e di separarsi dalla famiglia, sperando che un giorno la madre l’avrebbe lascito e che non lo avrebbe mai più rivisto. Mai avrebbe immaginato che sua madre avesse un cancro terminale.
“Perché non me l’ha mai detto?” si chiese, senza rendersi conto di aver espresso un pensiero ad alta voce. Una cosa che non le capitava di rado.
“Forse perché negli ultimi anni non ti sei neanche presa la briga di venire alle sue feste di compleanno!” gli rispose Edgar al volante. Valerie gli lanciò un occhiataccia.
“Sai non si può certo dire che tu sia stata una figlia modello!” continuò lui. “Non ci sei praticamente stata in questi anni! Hai sempre pensato solo ed esclusivamente e te stessa! È chiaro che il rapporto si è ridotto al minimo!”
“Mia madre non credeva che i rapporti tra madri e figli dipendessero dalle distanze e dagli interessi! Riteneva che fosse un legame indissolubile!”
Edgar non rispose, e il resto del viaggio lo passarono in silenzio, anche se di tanto in tanto l’uomo le lanciava un occhiata sfuggente, come aveva sempre fatto.
Entro il tardo pomeriggio raggiunsero la nuova casa. La machina si fermò davanti al cancello, e Tommy infilando la testa fra i due sedili spalancò la bocca. “Oh cavoli! È proprio la casa dei fantasmi questa!” esclamò. Effettivamente, già il cancello in ferro nero, contorto, non aveva un bell’aspetto, e il cortile che si trovava oltre, era interamente invaso dal fango bagnato, dalla pioggia. Lì in quella zona a quanto pareva pioveva spesso. Ed effettivamente la casa era interamente circondata da una grande laguna, che aveva formato una specie di palude. Valerie senza preavviso si tolse le scarpe di tennis e s’infilò gli stivali di gomma, afferrando le chiavi del cancello che si trovavano sotto il vetro del parabrezza. Uscì rabbrividendo, mentre una raffica di vento la investì, e si mise a girare le chiavi nei lucchetti. Ci mise un po’, poiché erano molto arrugginiti. Una volta aperto il cancello fece passare la macchina e attraversò il cortile infangato. La casa che gli si parava davanti era peggio di quanto avesse visto nella foto su internet. I muri e i mattoni, erano di un insolito grigio scuro, mentre le tegole che ricoprivano il tetto, erano interamente nere, ben abbinate alle cornici delle finestre, piene di spaccature nei vetri. La veranda e le imposte delle finestre erano di un insolito legno nero, mentre statue di angeli simili che quelle che si trovavano nei cimiteri adornavano quello che in teoria doveva essere il viale, ma che in realtà sembrava un sentiero abbandonato. Mentre Tommy usciva dalla macchina, ed Edgar scaricava i bagagli, Valerie salì la piccola rampa di scale sotto la pergola, e infilò le chiavi nella doppia porta, ricoperta di borchie di ferro. La porta si aprì quasi da sola verso l’interno, con un cigolio sinistro. Tommy allungò la testa, rimanendo comunque dietro di lei, osservando ad occhi sgranati l’atrio completamente buio in cui si intravedeva un camino antico molto alto, e un divano di velluto rosso bordeaux. Valerie una volta superata la soglia, incitò il fratello a fare lo stesso. Un intenso odore di polvere e muffa l’assalì, mentre i suoi occhi si abituavano alla semioscurità.
“Ecco i vostri bagagli!” disse Edgar gettando le valigie atterra. “Mi fermerei volentieri per la cena, ma domani devo andare a lavoro presto!” Valerie si voltò verso di lui.
“Aspetta un attimo!” quella frase le costò veramente molto, perché sul volto dell’uomo si dipinse un espressione soddisfatta. Credeva veramente che si sarebbe arresa così facilmente? “Lasciami almeno i soldi per il taxi! Come farò a raggiungere un centro abitato altrimenti?”
L’uomo si fece una fragorosa risata “Non preoccuparti piccola mia, fra una settimana verrò a trovarti per vedere come state!” la salutò con la mano e richiuse la porta alla sue spalla. Valerie rimase interdetta mentre nella casa piombò un silenzio agghiacciante. “Andiamo a fare un giro prima di disfare i bagagli?” le domandò Tommy.
Valerie rassegnata alla situazione fece un cenno d’assenso al fratellino.
I due si aggirarono con aria incerta, tra i corridoi della nuova casa. Non era uno scherzo, era proprio come avevano scritto su internet. Non c’era l’elettricità, non c’era acqua calda, e cosa più straziante, non c’era la connessione internet. Valerie era stata costretta ad accendere due candele trovate sul ripiano del camino, appositamente lasciate lì, e poi aveva provato a usare il suo portatile, che senza connessione era risultato decisamente inutile. L’intera casa era ricoperta di polvere, e ragnatele che prendevano dai soffitti e candelabri. La ragazza non poté fare a mano di chiedersi come fosse possibile che nel frattempo c’avevano abitato tre famiglie diverse. Con tutta la polvere che si trovava lì sembrava esser abbandonata da un millennio. Al piano terra, il salotto, la cucina e la tavola da pranzo erano interamente arredati da mobili antichi, risalenti all’ottocento, dai colori scuri e poco luminosi. Mentre al piano di sopra, la casa si divideva in tre camere da letto e un bagno, anche essi arredati nello stesso stile. Le tende di tutte le finestre erano di uno strano viola scuro, completamente stracciate e ricoperte di buchi. Anche i letti, matrimoniali, avevano degli alti baldacchini nello stesso stile. Ma la cosa più inquietante, erano i camini, che raffiguravano mostri e statue di gargouille. Perfino i rubinetti della vasca da bagno e dei lavandini riportavano le stesse figure mostruose.
“Io non ci voglio stare in questa casa!” protestò Tommy mentre si trovavano in cucina: una stanza piuttosto ampia dai mobili neri, e ricoperti di polvere. Erano rimasti sbalordita quando si erano resi conto che al posto dei fornelli si trovava un grande focolare, difronte e un lungo tavolo in legno massiccio, e delle enormi pentole in rame e ottone appese alla parete e alla canna fumaria. Per fortuna prima di arrivare lì avevano fatto la spesa, ma non sapendo minimamente come accendere il focolare in quel momento aveva optato per un semplice panino, con formaggio e prosciutto.
“Lo capisco sai Tommy!” gli rispose mentre apriva la cassettiera, con l’intento di trovare un coltello. “Ma dobbiamo resistere! Almeno per un po’…” quando abbassò lo sguardo sgranò gli occhi nel estrarre un coltello lungo quindici pollici. Richiuse il cassetto prima che Tommy lo vedesse e prese i piatti dalla credenza. Mentre Valerie tagliava il pane, un improvviso rumore di pesanti passi provenienti da oltre il soffitto la indussero a portare lo sguardo verso l’alto. Anche Tommy fece lo stesso, e quella sua azione, la convinse di  non esserselo immaginato. I due si lanciarono un occhiata incerta.
“Secondo te cos’è stato?” domandò il bambino.
Valerie non voleva dimostrarsi spaventata, difronte al fratellino. Temeva di peggiorare la situazione, in tal modo. “Nulla!”
“Secondo te cosa c’è oltre quella porta?” domandò Tommy una volta finito il panino. Valerie si voltò per guardare la porta in legno nero, nell’angolo della cucina.
“Non so… forse una dispensa, una volta si usavano molto!” propose. “Andiamo a vedere!” Si alzò dalla sedia e prendendo il mazzo di chiavi cercò quella giusta e l’aprì. Un vento gelido l’investì entrambi salendo da una scala in legno marcio, che scendeva in un buio così denso da poter condurre nell’oltretomba.
“Tu hai il coraggio di andare a dare un occhiata?” domandò Tommy. Valerie scuote la testa in senso di diniego. Risalirono le scale e si avviarono verso le camere da letto.
“Non posso proprio dormire con te Valerie? I letti qui sono tutti grandissimi e io ho tanta paura dei fantasmi!”
“Non ci sono i fantasmi Tommy!” gli rispose lei.
“Ma hai sentito anche tu quel rumore prima, giù in cucina, vero?” Valerie gli carezzò una guancia e gli diede un bacio sulla fronte, prima di prendere la candela sul comodino e di incamminarsi verso il corridoio. Prima di entrare in camera però decise di andare un momento in bagno. Posò la candela sul ripiano del lavandino e si guardò nello specchio. Si sciolse la treccia di capelli rosso scuro e si sistemò la riga sul lato destro. Era davvero troppo preoccupata per pensare a qualsiasi cosa. Stava per essere sopraffatta dall’ansia, quando un ombra aldilà della porta sfrecciò via velocemente.
“Tommy va tutto bene?” domandò, ma era quasi più a se stessa che lo stava chiedendo. Con la candela tra le mani, quasi le desse sicurezza, si affacciò nel corridoio, ma non vidi nulla. Allora decise di avviarsi nella sua stanza e infilandosi il pigiama si stese sotto le pesanti coperte del lettone.
Ma poco dopo fu svegliate dalle agghiaccianti urla di Tommy. Valerie si precipitò nella camera del fratello e lo trovò seduto sul letto madido di sudore, con il respiro affannato.
“Valerie! C’era una… una luce attraverso lo specchio!” e indicò l’enorme oggetto appeso alla parete di fronte al suo letto. Valerie voltò istintivamente il viso. Ma non vide nulla di strano.
“E poi… c’era un enorme gatto verde e giallo, che soffiava!” continuò lui.
Valerie gli carezzò una guancia e lo esortò a ridistendersi nel letto.
“Non c’è nulla di cui avere paura!” cercò di tranquillizzarlo “Era solo un incubo, ti stai suggestionando!” e prima che il fratello potesse ribattere uscì dalla camera.  S’incamminò lentamente nel corridoio, quando le assi di legno del pavimento cominciarono a scricchiolare in modo sinistro, poco distante da lei, e quando abbassò lo sguardo, da sotto il lungo tappetto rosso che ricopriva il pavimento vide muoversi, qualcosa, d’indefinito. Si disse che non era reale, che si trattava di uno scherzo della stanchezza, e rimase immobile, sperando che lo strano movimento sotto il tappetto sarebbe andato via non appena l’avrebbe raggiunta. Ma più si avvicinava e più le pareva reale. Corse subito in camera sua, e ci si chiuse dentro. Le pareti allora iniziarono a tremare e il lampadario a oscillare in modo strano, e la candela che portava con se, si spense lasciandola nello oscurità più totale. Rimase immobili, con la tensione al massimo, sarebbe bastato far cadere una spilla da balia sul pavimento, per farla saltare di paura. Ma non accadde nulla. Allora convinta che si fosse trattata dell’influenza del fratellino spaventato, si andò a rimettere sotto le sue coperte. Non riuscì ad addormentarsi poiché era troppo preoccupata ed agitata, e cadde in uno stato di dormiveglia.
Valerie! Valerie! Valerie! Iniziò a sussurrare una voce nella sua mente, e per lo meno così lei pensava.
Valirie! Valerie! Valerie! La voce continuava a sussurrare.
Quando la ragazza riaprì gli occhi, gridò, più per la sorpresa che per lo spavento.
“Ciao Valerie!” la salutò la creatura che si trovava di fronte a lei. Brillava di una fervida luce bianca, e si teneva ferma sospesa in aria sopra la sua testa. Ma le lunghe ali trasparenti che si agitavano dietro la schiena, gli suggerivano che quello non era un fantasma.
“Io mi chiamo Serafina, e sono una fata!” disse la piccola creatura. Valerie si alzò a sedere ancora scossa, non credendo a ciò che si trovava davanti.
Una fata?
Com’era possibile?
“Le fate solitamente non spaventano la gente dico bene?”
“Oh si è vero! Ma quello è stato lo gnomo! Il Signor Maggiociondolo! A volte prende le sembianze di un gatto verde e giallo, e cammina sotto i tappetti!” e come a dimostrazione delle sue parole, da oltre il baldacchino comparve una creatura dalla lunga barba color paglia, e un cappello e punta verde. “Eccomi qua!” disse salendo sul copriletto e facendo un profondo inchino.
“E poi c’è il folletto!” e improvvisamente dal nulla comparve una creatura smilza dalle lunghe orecchi a punta e una scarmigliata chioma di capelli bianchi.
“E che cosa volete?” domandò Valerie.
“è presto per dirtelo, ma  innanzitutto ti dobbiamo aiutare a sbarazzarti del tuo nemico principale! Edgar!”
“Sarà qui tra una settimana!”
“E noi saremo pronti ad accoglierlo!”
Alcuni secondi dopo Valerie si trovava in camera di Tommy con una Serafina molto entusiasta, accomodata tra le pieghe del cappuccio della sua felpa verde. “Svegliati Tommy!” lo chiamò Valerie scuotendo il fratello per la spalla. Il ragazzino si svegliò aprendo un occhio per volta e la guardò per un attimo, poi spostando lo sguardo verso la sua spalla spalancò la bocca per l’ennesima volta, in un espressione stupita.
Pochi minuti dopo Tommy e Valerie si trovavano con le tre creature magiche a scendere la lunga rampa di scale che si trovava dietro la porta della cucina. “Qui sotto c’è il nostro laboratorio magico!” spiegò il folletto, una volta raggiunta la fine dell’interminabile scala. Si trovarono davanti a una porta in legno massiccio che il folletto aprì molto facilmente. All’interno, un gande tavolo era stipato di bocce e bocchette di cristallo, contenenti liquidi di vari colori, e in fondo un grande focolare con un enorme calderone che bolliva.
Una volta che le tre creature magiche ebbero spiegato il loro piano ai due ragazzi, Tommy e Valerie si lanciarono una lunga occhiata e poi si voltarono verso i nuovi amici.
“D’accordo! Facciamolo!” acconsentì Valerie.
“Vedrete! Dopo quello che gli faremo passare il nostro caro Edgar desidererà non essere mai nato!”
*
Edgar si trovava in viaggio verso la casa infestata con la mente colma delle sue fantasie più erotiche. Immaginava già di trovare Valerie sulla soglia della porta inginocchiata a pregarlo in lacrime. Lui l’avrebbe sollevata di peso e l’avrebbe portata in braccio fino alla camera da letto. Lì avrebbe cominciato a consolarla con baci e carezze, e una volta calmatasi, avrebbe lentamente preso a spogliarla. Avrebbe esplorato ogni singola curva di quel corpo perfetto.
Eh si! Sarebbe stata proprio una bella notte!
Era arrivato, l’inquietante casa si delineò difronte alla sua auto. Il cancello era già aperto, e questo gli dava tutta l’impressione che fosse un buon segno. Era chiaro che lo stava aspettando. Scese dall’auto e si incamminò verso la porta. Bussò al pesante batocchio e chiamò il nome della ragazza. Ma lei non rispose. Forse non l’aveva sentito, la casa era molto grande, ma si sarebbe aspettato di vederla affacciata a qualche finestra, con la disperata speranza di vederlo arrivare. Bussò ancora una volta, e finalmente, la porta, con il tipico cigolio di una casa infesta, si aprì molto lentamente. Ma nessuno era lì ad accoglierlo. “Tommy? Valerie?” chiamò. La porta sembrava essersi aperta da sola, quasi fosse stato un vero fantasma. Si addentrò nell’atrio buio, dicendosi di non suggestionarsi. In fondo i fantasmi non esistevano. La porta si chiuse alle sue spalle con un violento tonfo, che lo fece trasalire. Si disse che non c’era nulla di cui preoccuparsi, e che forse si era trattato solo di un po’ di vento. Un attimo dopo si accese il fuoco nel camino. Da solo. E questo doveva ammettere che non sapeva spiegarselo. Chiamò ancora i nomi dei due ragazzi, ma non ci fu voce che diede ascolto alle sue parole. Forse erano usciti, ma la cosa gli sembrava molto strana, visto che intorno non c’erano molti posti dove andare. La casa era totalmente buia, e il brutto tempo non aiutava di certo. Triò fuori il telefono dalla tasca e accese la torcia. Ma quando portò la luce sulla tavola da pranzo, per poco non cadde all’indietro. La lunga tavola a dieci posti era imbandita di cibo quasi fosse una festa nuziale, ma era tutto marcio, ricoperto di vermi e mosche, che lasciavano un odore nauseabondo. Con la manica sul naso si avviò verso i piani di sopra, quando vide in cima alle scale un enorme belva, simile a un gatto, giallo a righe verdi, che spalanco le fauci e soffio in maniera minacciosa. Per un attimo Edgar pensò che gli sarebbe saltato addosso ma quello scomparve oltre una porta. Con passi lenti e le gambe tremanti, Edgar salì ai paini di sopra, e improvvisamente una donna dai lunghi capelli bianchi e il vestito da sposa comparve nel corridoio. Non era possibile! Non poteva essere vero! Quello era un vero fantasma! Edgar lasciò cadere il cellulare per terra, e si coprì il viso con entrambe le braccia, mentre il fantasma gli passava attraverso. Rimase immobile come da un incantesimo, la donna lo aveva gelato dalla paura.  Ci vollero alcuni minuti, prima che si decidesse ad abbassare le braccia, per raccogliere il telefono. Continuò a camminare lungo il corridoio, quando trovò una porta socchiusa, da cui si intravedeva ondeggiare un lenzuolo bianco. Entrò lentamente e rimase paralizzato, quando sollevano lo sguardo verso l’alto vide il corpo inerme di Valerie penzolare dal soffitto con una corda al collo. Gli occhi lilla, vitrei. Lanciò un urlò e camminò all’indietro, volendo uscire il più in fretta possibile dalla camera. Finì nel bagno che si trovava difronte, ma prima che potesse tirare un sospiro di sollievo, vide il corpo di Tommy inerme, nella vasca, piena di sangue. Lo spavento già di per sé altissimo, lo fece correre lungo il corridoio. Era pieno di fantasmi che lo accerchiarono.
“Sei stato tu Edgar!” dissero loro in coro “Tu hai ucciso Valerie!”
Edgar si fiondò giù al piano di sotto e si infilò nella prima porta che vide, barricandocisi dentro. Era un salottino, con un divanetto. Si sedette e cominciò a respirare affannosamente.
*
“Ora si che hai voglia di divertirti vero cane?!” disse il folletto. Mentre guardavano da una sfera di cristallo magica, che mostrava l’immagine di Edgar seduto sul divano a riprendersi dallo shock, Valerie che si trovava lì con Tommy, sgattaiolò lentamente fuori dalla porta e cominciò a salire le scale in gran fretta. Una volta raggiunta la cucina, aprì il cassetto e prese il lungo coltello che aveva trovato la prima sera, quando erano appena arrivati. Non ne aveva parlato con gli altri. I tre avevano fatto un ottimo lavoro, ma ora doveva procedere per conto suo.
*
Edgar vide il tappetto muoversi in modo strano sotto i suoi piedi, e quasi ci fosse un animale, e alzandosi lentamente senza perdere di vista lo strano movimento, si avviò camminando all’indietro, verso la porta della cucina. L’aprì altrettanto lentamente, e ci si chiuse dentro. Triò un sospirò di sollievo, pensando di avercela fatta, quando voltandosi prese il più grande spavento che avesse mai avuto in tutta la sua vita. Valerie era in piedi, difronte a lui, con uno sguardo furioso. Era viva, e stringeva un coltello. Si avvicinò lentamente, mentre lui si appiattì contro la porta.
“Va… Valerie! Tu… tu sei morta! Ti ho visto penzolare dal soffitto!”
“Morta io?” gli rispose “Se mai tu sei morto!”
Era totalmente impazzita! Ed Edgar lo capiva, chiunque sarebbe impazzito a stare in un posto del genere, per tutto quel tempo. Che cosa aveva combinato? Valerie sollevò il coltello e lo puntò verso di lui.
“Valerie… ti prego! Non è stata colpa mia! Si forse in parte! Ma io non c’entro niente con tutto questo!” cercò di spiegare.
“Non è di questo che ho paura!” gli rispose Valerie. Con un balzo la ragazza gli saltò addosso, tanto violentemente da buttar giù la porta.
“Avanti confessa!” gridò puntandogli la lama del coltello alla gola “Che cosa hai fatto?” gli domandò.
Edgar tremante di paura non sapeva che rispondere. Valerie lo colpì violentemente alla testa facendogli perdere i sensi.
*
Quando Edgar si svegliò, nudo, legato a una sedia, con una corda al collo che arrivava fino al soffitto, e girava intorno a una trave, Valerie in piedi difronte e lui, gli puntò il coltello sotto gli occhi, giusto per ricordargli chi lo tenesse dalla parte del manico.
“Allora Edgar, dimmi, cosa hai fatto?”
“Io… non… lo so…”
Valerie gli fece un profondo taglio lungo l’avambraccio. Edgar urlò.
“Come hai avuto tutti i beni di mia madre?” gli domandò superando l’urlo dell’uomo.
“Io….” Valerie gli piantò il coltello nella gamba, facendolo gridare di dolore.
“Avanti parla, se non vuoi che ti sgozzi come il maiale che sei!”
“Ho… ho…. Falsificato i documenti!”
“Dove sono gli originali!” e vedendolo esitante gli piantò il coltello nel palmo della mano.
“Li ho bruciati! Ho bruciato tutto ciò che riguardava voi due!” disse.
L’aveva ammesso! Aveva ammesso il suo crimine! Non gli era rimasta altra scelta.
“Molto bene!” disse Valerie. Si avvicinò all’estremità della corda, legata a un pilastro.
“Vorrà dire che ti impiccherò!” e afferrò la corda con entrambe le mani.
“Valerie sei impazzita!” la chiamò Tommy, che fece il suo ingresso in quel momento.
“Lascialo andare Valerie! Lascialo andare!”
“Si così chiama la polizia per denunciarci? Meglio farlo fuori, non lo troverà mai nessuno in questa palude!”
“La polizia non ci troverà mai!” disse Tommy “Andremo via di qui Valerie! C’è un altro mondo, oltre a questo! Un mondo abitato da fate e folletti, dove gli uomini non possono arrivare. Ha detto Serafina che in quel mondo c’è un posto per noi!”
FINE
   
 
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