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Autore: marig28_libra    01/06/2017    3 recensioni
Le ombre del vespro si abbattono minacciose sul leone dei de Jarjayes, protettore araldico di una stirpe da secoli servitrice della corona francese.
Colpiti dal lutto delle loro bambine , François e Judith non riescono più a generare un erede sano e a vedere la serenità degli animi…
Oltre i campi di battaglia e le oscure incomprensioni, i due dovranno trovare il coraggio di prendersi ancora una volta per mano e riscoprire se stessi…Tra passato e presente , la ricerca dell’origine : la maturazione dell'amore assoluto e contorto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Generale Jarjayes, Madame Jarjayes, Marron Glacé
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAP 4 - Patriarchi e focolari: l'apprendista in catena

4

patriarchi e focolari :

l’apprendista in catene

 

 

"... il mondo si divideva per me in tre parti, e nella prima io, lo schiavo, vivevo sottoposto a leggi concepite solo per me alle quali, senza saperne il motivo, non riuscivo del tutto ad adeguarmi, poi c'era un secondo mondo infinitamente lontano dal mio in cui vivevi tu, occupato a dirigerlo, a impartire gli ordini e ad arrabbiarti se non venivano eseguiti, e infine un terzo, dove il resto dell'umanità viveva felice e libera da ordini e da obbedienze"

( F. Kafka )

 

 

 

Novembre 1755

Saint-Cloud , Parigi

 

Oltre la Senna esfoliata ed oltre i turgidi giardini del castello Saint-Cloud, si scorgeva una villa di titanico candore.  La cupola spuntava dalle fronde dei tigli come fosse il cranio bianco di un abate che leggeva di nascosto chissà che cupi manoscritti...
Chiunque andasse a cavallo o passasse con la carrozza verso ovest , lontano da Ile-de-la Citè,  vedeva imperare , oltre un cancello gotico  di fiori ,  un’ insolita struttura classica. Un polposo viale di querce  mostrava, inquietante binocolo, la facciata templare greca.
Colonne ioniche troneggiavano da una massiccia scalinata sorreggendo la loggia di un pronao che ombreggiava il portone d’accesso.
“ La fortezza di Deifobe”, chiamata così da tutti i nobili, veniva vegliata all’entrata da una  terrificante statua della sibilla cumana che scrutava minacciosamente qualunque ospite chiedesse responsi. La donna anziana, d’angosciante bellezza e avvolta in un pesante  peplo, si diceva fosse stata scolpita nelle Fiandre da Jean de Boulogne e portata a Parigi dai proprietari del palazzo…Quella nobile famiglia era talmente potente che ordinò di riprogettare  l’intera dimora, nel sedicesimo secolo, all’architetto Jacopo Barozzi  , uno degli artisti stimati da re Francesco I  che lavorò ai cantieri di Fointanebleau. I raffinati locali interni, vantavano alcuni affreschi di Rosso Fiorentino  e Francesco Primaticcio che rappresentarono episodi dell'Iliade, dell'Eneide e degli Argonautica.
Coloro che godevano  dei capolavori  realizzati dai più abili manieristi italiani erano da secoli rispettati e temuti dai reali di Francia.

Una sola stirpe celava  preziose armature medioevali, arazzi persiani, tele inedite di Rubens…
Una sola stirpe glorificava  uno spietato capostipite feudatario che fece tremare persino Carlo Magno.
Erano i Girodel. 

Lo stemma di un maestoso cervo,affisso al testone del pronao,  recava inciso il loro nome, la loro progenie sorvegliata dall’animale sacro alla vergine Diana.
Quando il sole tramontava cospargeva sangue sui marmi quasi desiderasse ungere di languida devozione quel Santuario, d’ingessata sobrietà esterna e di bronzeo barocchismo interno.

Il vento che defluiva, tra le foglie degli alberi, rendeva la sera nascente già paurosa di affrontare le ore del suo viaggio.
Le vetrate della sala da pranzo riflettevano quella liquidità bluastra invernale che forse avrebbe spruzzato le prime nevicate.   
Sarebbe stato bello illuminare il grigio verde del giardino con il biancore dei fiocchi di neve.Le ombre si potevano zuccherare e gli uccellini decoravano il ghiaccio imprimendo punti croce  di zampette…

-         Victor Clement! -  esclamò  il conte Frédéric Claude, generale dell’Artiglieria Reale – t’incanti  davanti la finestra? La cena è già a tavola!

Il bimbo sussultò lievemente , distogliendosi dalla visione scura del cortile.
Era dotato di una squisita e triste bellezza e lì, davanti l’enorme vetrata del balcone, pareva un preoccupato astronomo che non riusciva a studiare i pianeti…
 La natura gli aveva donato un corpo proporzionato, tenero e sottile plasmando un visetto d’insolita e allungata paffutezza…Dal capo si riversavano onde spumeggianti di un castano delicatissimo uguale all’arenaria levigata dai ruscelli.

       - Su, tesoro vieni – mitigò dolce la contessa Ivonne – la minestra si sta raffreddando.

Si diresse veloce verso la tavola imbandita dove i genitori l’attendevano…
Il padre, inguainato in una giacca di velluto nera, imperava dal suo sedile di legno con le spalle ampie che avvisavano pari a ali d’avvoltoio. Lo jabot bianco traforato era un bouquet  di neve congelata che annaspava tra l’inchiostro dei baveri. 
A contrastare simile a un raggio fruttato , forse nascente o forse morente, la madre avvolta in un abito arancio rosato ricamato agli orli da un damascato mogano.
I lunghi capelli ricci castano dorato erano  legati in una voluminosa crocchia da finissimi fermagli d’argento che formavano un piccolo bruco di diamanti. Alcune ciocche fumose lasciate libere incorniciavano quel viso  di Musa che pareva veramente impolverato di gesso opaco.

- Scusatemi …- disse il bimbo che si mostrava maldestro in quel completino bordò troppo serioso per la sua età.

- Non ti preoccupare – tranquillizzò la bella donna prendendolo in braccio e aiutandolo a sedersi sulla grande sedia accanto a sé.

- Arrivi al piatto?

Il piccolo sporgeva dalla tovaglia solo con la testolina e guardava abbacchiato il piatto che gettava fumo sul nasetto. 

- Christine – chiamò la giovane donna alzandosi – potreste portare per favore un altro cuscino?

La governante di casa aiutò  la padrona a sistemare il piccolo sulla morbida pila di sostegno: era una cinquantenne  accalorante, dal viso di sobrietà quadrata e dai capelli  scuri raccolti in uno chignon.

-State comodo, signorino?

-Grazie, nounou Christine – rispose timido lui temendo di spazientire il padre – ce la faccio, adesso.  

La signora sorrise affettuosamente.
Pensava che fosse proprio un bravo bambino.
Si sedeva composto, non metteva in disordine nulla, si esprimeva sempre educatamente e giocava in silenzio…
Troppo in silenzio.
Quella caratteristica la preoccupava un po’ ma era da attribuirsi alla sua indole introversa e… al Conte.

- Suvvia, Ivonne – sospirò l’uomo con sarcastico affaticamento – è giusta la vostra premura ma credo che alcune volte dimentichiate che Victor ormai ha già superato l’età in cui le gambe sono  incapaci di camminare diritte.

La donna guardò il marito che sedeva a capo tavola: aveva rinunciato da tempo a tremare di  fragile rabbia perché qualunque saetta non bruciava il viso di quell’uomo che portava fieramente sulla gota destra una raffica di cicatrici d’arma da fuoco.

- Frédéric – rispose autorevole e calma – ho semplicemente notato che questa sedia è inadeguata per un bimbo. È troppo grande e ogni volta abbiamo bisogno di cuscini…

- Quante sciocchezze…nostro figlio è in grado di adeguarsi a tutto. Non è manchevole di alcuna capacità e non possiamo rischiare che la mollezza lo appanni.

- Avete ragione- ribatté cupa la contessa- anche giocare un po’ , giusto qualche minuto, è deleterio per la mente di Victor che già inizia a studiare latino.

- Dovreste essere felice…prima impara ad affinarsi meglio è. Gli consento di partire avvantaggiato.

La sposa prese posto a tavola, alla destra del marito, insabbiando l’irritazione. Se fosse stata adolescente già sarebbe stata sull’orlo di tagliarsi il viso di lacrime.
Aveva provato quei brucianti torrenti il giorno prima del matrimonio e nel corso degli anni era stata costretta a stringarli per il decoro sociale…per una finta serenità.
Quell’ufficiale, dai lunghi capelli neri sfregiati d’elettrico grigio, possedeva la superbia di un direttore d’orchestra che suonava brani tetri. 

- Sono lieta che lui apprenda adesso ciò che gli altri ragazzini fanno dopo…però credo si potesse perfettamente aspettare e avanzare per gradi…ha solo sei anni.

Il figlioletto fissava impensierito la madre che stava alla sua sinistra ed evitava di posare lo sguardo sul padre che serbava una flemma intimidatoria…
La donna lo poteva prendere in braccio di nascosto e non sia mai il Conte nero udisse “ papà”,  un termine da plebeo sporco e ignorante!
Era proprio un bambino confuso.
Continuò a mangiare la minestra, anche se quel verde passato di verdure, mutava in un’ insidiosa fossa lagunare.

- Non sto applicando nessun precetto maligno e neppure anomalo – ribatté l’uomo arrochito – la mente di un bambino adesso è più ricettiva e fresca. Vedrai che Victor, da grande,  raggiungerà vette d’eccellenza e sarà più avanti degli altri. Dico bene?

- Sì, padre – rispose il bimbo fingendo un contegno che mascherava scettico imbarazzo.

- Cosa ti raccomando sempre?

 - La mente deve essere lucente come una lama e un vincitore non deve mai rompersi la schiena contro il suolo.

- Bravo – approvò il padrone – inoltre non solo possederai un’anima colta: diventerai un vero uomo di spada. Te la stai cavando discretamente…però alcune volte sembra che tu abbia paura di colpire l’avversario…e cadi all’indietro.

- Beh è che…devo migliorare a tenere molto ferma l’elsa e…a capire i punti deboli dell'altro spadaccino.

- Ricordati Victor che riflettere eccessivamente, durante un duello, può costare caro.

Il subordinato guardò impaurito il piatto con la carne d’agnello che stava affianco la scodella del brodo… Era sanguinosamente abbrustolita e la salsa di cipolle pareva un unguento funebre sul cadavere di un guerriero debole.

-Però – obiettò  in un piccolo guizzo di ribellione- se non ho tempo di osservare come  sconfiggo il nemico?

- Figlio mio – rise il conte traboccante d’inquisitoria sufficienza – il difficile è trovare un punto d’incontro tra il cervello e le braccia. È d’obbligo velocizzare i ragionamenti e farli scivolare sulla punta della lama.

Ivonne coccolò il piccolo confortandolo:

- Victor…hai presente ora che stai imparando a suonare la chitarra? All’inizio ti sembrava difficile pensare e pizzicare le corde contemporaneamente, perché prima calcolavi per troppi minuti le note e dopo sbagliavi…adesso stai migliorando e hai l’impressione di non pensare tanto quando suoni... non fai  più gli errori  di prima.

Frédéric sbuffò tenuemente tagliando la carne nel piatto.

- Interessanti le vostre soavi similitudini – appurò canzonatorio e regale -  paragonare l’insegnamento  della spada all’apprendimento della musica…entrambe elevati arti, certo…peccato che nell’esercito non si suonino ariette di melodrammi ma si scandiscano marce e ordine.

- Se non erro, caro, la musica ha, fin dall’antichità, fatto parte dell’educazione dei nobili…Apollo era sia un temibile arciere che il più sublime dei musici.

 - Vi rammento che non abitiamo, purtroppo, nell’Arcadia o a Delfi…vostro padre non aveva bisogno di prendersi tanto disturbo per regalare una chitarretta così pregiata...

La contessa bevve un bicchiere d’acqua per spegnere le fiamme che le graffiavano la gola e il fegato…Victor, intanto, allontanò il piatto della minestra e avvicinò quello delle costole d’agnello che erano sudate tali e quali alle sue.
La governante Christine arrivò silenziosamente a togliere alcuni vassoi aiutata dalle altre domestiche che portarono via le zuppiere di ceramica.
Osservò, discreta, i suoi signori sentendo l’aurea di grigia tensione attanagliarle il petto…
Confrontò afflitta gli sguardi di Frédéric e Victor: possedevano le stesse iridi ma mentre quelle del primo esponevano un celeste striato di proiettili gelidi, quelle del secondo parevano intrise della brillantezza dei mari tropicali. 

- A proposito…il conte Sanchez sta bene?- chiese il militare con gelido garbo - Siete andata a fargli visita spesso ultimamente.

- Lui, per fortuna, gode di perfetta salute – replicò la moglie riprendendo la calma e guardando il contorno di fresche verdure che abbracciava la carne -  Era da tanto poi  che non vedevo mio fratello che ora abita Lione.

- Sì…ricordo…mi avevate tra l’altro accennato ai danni che hanno colpito la vostra tenuta…

- La casa deve essere ristrutturata da cima a fondo e il sistema di irrigazione dei campi contigui aveva presentato alcuni problemi…adesso abbiamo assunto naturalmente  personale di competenza tecnica. Agrimensori, geometri, architetti. C’è stato un continuo viavai.

- Le manutenzioni  sono un bell’impiccio…d’altronde se si vuole vivere su fondamenta solide...

- I lavori procedono zelantemente.

Frédéric prese una  brocca di vetro blu  e versò il vino nel calice di cesellato cristallo…
Lo decantò elegantemente aggrottando le sopracciglia…
Il bambino lo teneva sottocchio quasi osservasse una miccia che stesse per giungere a un barile di polvere da sparo.

- Immagino che l’ architetto Gerard Touluse  sia abile e degno di fiducia.

La donna impallidì alle parole del marito e mandò pesantemente giù l’insalata.

- Sì…assolutamente…- reagì  rinnovando il contegno -  lo conosciamo da molto tempo.

Il conte bevve in burrascoso silenzio e dopo interrogò con finta ingenuità:

- Da prima del nostro matrimonio?

- È un amico di famiglia e i miei genitori  hanno ininterrottamente nutrito per lui una profonda stima.

Victor aveva visto più di una volta quel brillante architetto quando andava con la madre a trovare il nonno…Era un uomo molto semplice, dalla fisicità morbida ma non appesantita, possedeva due grandi occhi grigi perennemente assolati che assomigliavano a pietre ferme e lucenti. La  voce suonava sincera , bella e gli parlava in modo gentile e allegro.

- Peccato che non abbia qualche cappella o atrio da lasciargli  restaurare…- interruppe Frederic accartocciando i pensieri del figlio - sarei proprio curioso di vederlo all’opera… Diversi miei colleghi ne parlano bene…una bella carriera non c’è che dire. Chi l’avrebbe mai detto? Il figlio di due commercianti di provincia…architetto insigne…

- Il talento sboccia in qualunque dimensione, Frédéric…non privilegia né la terra, né il cielo. Non mi sembra che Michelangelo e Leonardo fossero figli di duchi o conti.

- Certo…certo…mi auguro che questo Gerard abbia anche talento nella finezza e nel garbo che serba al… prossimo.

Il bambino seguitava a tacere sapendo che la mamma, prima di andare a letto, si affacciava alla finestra quasi attendesse d’essere salvata da qualcuno…e molte delle lettere che scriveva cominciavano con “ Caro Gerard “ :

- Sono uomo molto paziente, Ivonne…Evitate di allontanarvi da Saint-Claude nei prossimi giorni …Sapete…Victor si distrae spesso se non ci siete.

La giovane, accarezzando protettiva i capelli del figlio,  s’imporporò d’indignazione :

- Credete che io voglia abbandonare questa casa?!

- Mi limito a dare suggerimenti, cara. Alcune volte i battiti del cuore sono talmente forti che sembra picchino il cervello e demoliscano i timpani.

Ridacchiò piano, simile al fuoco che, strepitando,  divora  un covone di grano.  

- A proposito… - riprese indurendo di nuovo le sottili labbra - avete provato un qualche leggero malessere in questi giorni…in questo mese?

La contessa sospirò agitata cercando di temporeggiare tamponandosi la bocca col tovagliolo di stoffa.

- Io…non ho avvertito… Né emicranie, né nausee, né strano appetito verso un certo cibo.

Il marito poggiò il dorso allo schienale della sedia da sovrano giustiziere:

- Vi siete sottoposta ad una visita medica?

-Il dottore ha detto che…è tutto nella norma.

- Quindi…?

- Ancora nulla.

Il militare espirò pesantemente prendendosi la fronte con la mano:

- Perché deve essere un’impresa?

-Sono cose che possono accadere, Frédéric…ci vuole tempo.

-Ivonne. Vi rammento che in questi sette mesi non mi avete portato alcuna lieta notizia, né sembra che desideriate coinvolgervi seriamente.

-È l’ansia che vi procura queste impressioni.

-È una fantomatica impressione che voi scappiate?

Victor rabbrividì saggiando il contrasto tra il tono calmo che adoperava il padre e l’espressione di celeste violento con cui sferzava la sposa.

-Io non ho l’abitudine di fuggire – affermò ella con inclinazione tentennante -  È che non amo distruggermi in battaglie continue.

Frédéric detonò un sorriso tagliente, più terrificante dell’ espressioni adirate e offese. La parte destra del volto, piena di cicatrici, pareva aumentare di rugosità e quelle piccole fosse si restringevano pari a crepe di un terreno arido.

- La vostra bellezza è accresciuta, siete più disinvolta, avete un’ammirevole compostezza che v’invidiano tutte…- musicò velenoso prendendo la mano della moglie- eppure io vedo in quegli occhi la fanciulla che ho portato all’altare.

- Io non sono di ferro ed è normale che possa stare qualche volta poco bene.

Il generale sbatté il tovagliolo sul tavolo e scandì pregno di artico incendio: 

-Qualche volta? È una coincidenza che diciate d’avere mal di testa  o d’essere indisposta quando dovreste rispettare i vostri doveri?

- Io li rispetto fin troppo.

L’uomo, ghignando acidamente, finì di bere il vino dalla coppa.

- Evitate i vittimismi da santa. Sapete che non vi si addicono.

Ivonne , tentando di non balbettare e far tremare le dita, controbatté col petto gonfio:

- Il ruolo di Conte regnante vi sta a pennello.

Lui , lanciando un’occhiata tirannica alla moglie, ordinò apatico al figlio:

- Victor. Sono le otto. È ora che ti prepari per andare a letto.

- Ma…padre…- obiettò l'altro delicatamente - io vado a dormire alle nove e mezza.

- Christine. – venne troncato secco- Accompagnate  nostro figlio nella sua camera.

- Frédéric – sibilò la madre -  Non c’è alcuna fretta!

- Ivonne. Domani si deve alzare presto. Lo attende il precettore e ha lezioni di scherma.

La giovane stritolò il tovagliolo nella mano:

-Noi dovremo andare al Parco di Saint-Claude!

Il governatore socchiuse gli occhi recitando dispiacere:

-Mi dispiace, cara. Sono stato intempestivo nell’avvisare il cambio di programma. La prossima volta sarò più diligente.

La contessa, mentre si chinava verso il bimbo per il bacio della buonanotte, gli sussurrò all’orecchio.

-Tranquillo tesoro…usciremo nel pomeriggio.

Victor , a malincuore, dovette abbracciare la mamma in fretta…
Sapeva che il padre non pativa tanto le effusioni…

-Su, signorino venite.

La balia Christine lo aiutò a scendere dal sedile e , prendendolo per la manina,  lo guidò per la scalinata di marmo che portava alle camere superiori.
Era proprio un bambino triste…
Doveva aspettare il mattino senza aver paura del buio…
I suoi occhi si muovevano precari uguali all’acqua trasportata in un secchio che perde gocce e non irriga liberamente la terra.

 

***§***

L’orologio a pendolo rimbombava  mezzanotte e stelle gocciolanti…
Ancora mezzanotte.
Solo stelle che perdevano acqua.
La camera rintronava di silenzio e tappezzerie di fiori finti.
Ancora silenzio e tappezzerie.
Solo fiori disegnati e piatti.

Le tende della finestra erano leggermente scostate per far infiltrate un remo pallido di luna che nuotava paralizzato sulle piastrelle.
Croci scivolose e asettiche, ombre delle vetrate strisciavano a terra allungandosi impercettibili.
Victor guardava la vuotezza decorata della sua stanza, impaurito di perdere la rotta  tra le onde delle lenzuola del letto.
Il baldacchino di raso rosso pareva una rete pronta a catturarlo in un qualsiasi attimo di distrazione procurandogli una fine da coniglio.
Si chiamava Victor , vincitore...Il luccicore dei fasci littori che si levano al termine delle battaglie, l’aroma dell’alloro che cinge il capo degli eroi… L’aquila d’oro che sovrastava il nome di Roma…Tutte quelle onorificenze, che aspettavano di materializzarsi su una bella divisa, pesavano sulla sua azzurrina veste da notte.

Eroe? Aquila?

Era uno schermidore dilettante che più che dilettarsi si angosciava e più che un maestoso rapace delle montagne appariva un passerotto che non spiccava il volo.
A stemperare magro e ironico Victor ,  Clement  il nome del nonno materno...però... un Vincitore poteva  essere davvero clemente verso gli altri?
Il piccino respirava felicemente i minuti solo se aspettava la mamma, solo se giocava davanti a lei mostrando orgoglioso l’esercito dei soldatini che preparava apposta per difenderla…
Riusciva a distinguere le sfumature dei verdi  fogliami solo quando passeggiava sotto i tigli e tra le ombre c’erano squame di luce che danzavano sui capelli e sul petto di Ivonne.

All’improvviso un gentile battito risuonò sul duro legno della porta.
Un lieve fruscio di veste blu, morbido e leggero volteggiava sul pavimento fuori l’oscura tana.
Lui si mise a sedere sul materasso credendo che il sangue freddo nelle vene fosse divenuto tè caldo e dolce.
Conosceva benissimo quei passi.
Erano quelli della sua fata in cuffietta che l’aveva sempre cullato nei momenti in cui la Contessa era malata o era dal fratello, fuori Parigi.
Un’altra sequela di bussi.

- Avanti.

Una donna, non molto alta, avanzò piano con un candelabro in mano.

- Signorino Victor…state bene? – gli domandò preoccupata – prima ho sentito che eravate uscito dalla vostra stanza e poi siete tornato qui…

- Nounou Christine…- lamentò mogio- non ho sonno.

La nutrice sorrise tale e quale a una brezza primaverile:

- Vi porto una tazza di latte?

- Va bene.

Alcuni minuti dopo, la signora giunse con un piccolo vassoio d’argento e una coppa di ceramica smeraldina, la preferita di Victor. Poggiò le candele su un mobile di cedro e si accomodò sull’orlo del letto vicino a lui.

- Nounou… la mamma  può venire da me?

Christine assunse una piega disagiata e abbattuta…
Non poteva riferire che il conte Frédéric aveva costretto la consorte a riceverlo nella stanza matrimoniale .

- Mi dispiace…- mormorò pulendo con un fazzoletto la bocca del bimbo marchiata di latte- Madame è …con vostro padre.

- Oh…lei mi legge le fiabe e si mette pure a dormire qui qualche volta…

Non capiva perfettamente certi meccanismi adulti ma sapeva benissimo che il generale gli rubava la principessa.
Tacque qualche minuto cercando di arrabbiarsi ma si accorse di provar soltanto timore:  rimembrava una volta in cui si era messo a piangere forte perché Ivonne non poteva coricarsi con lui e il padre gli aveva tirato uno schiaffo dando inizio ad un terribile litigio coniugale. 

- Purtroppo signorino non so leggere…- confessò dispiaciuta la balia.

Il bambino sollevò le coperte e le si addossò in grembo.

- Però…- obiettò con tenero cruccio - tu sai qualche storia…te le raccontavano anche a te da bimba?

- Oh..certo!- rise lei accarezzandolo-  conosco quelle del mio vecchio villaggio.

- Nounou - le borbottò con la testa poggiata sul suo petto che profumava di dolce pasta- Non dire niente a mio padre. Lui dice che io sarò un uomo e non devo stare tanto attaccato a maman.

- Signorino….- rivelò prendendogli scherzosamente il faccino tra le mani- mio padre diceva che un bambino amato dalla propria mamma sarà senza dubbio un uomo valoroso. Perché saprà proteggere e adorare le fanciulle come un cavaliere. Anche senza  spade. 

Victor sorrise…Luminosità di pioggia che cadeva inondata dal sole.

- Non vedo l’ora di saper suonare la chitarra!

- E’ un bellissimo strumento.

- Già…ti prometto che farò  canzoni con tante favole tue e della mamma…    

 

 

 

Note storico-artistiche:

Jean de Boulogne  o il Giambologna ( 1529-1608) è stato uno scultore fiammingo che ha operato a lungo a Firenze. Grande esponente del Manierismo, alcune tra le opere famose : Il ratto delle sabine ( Loggia della Signoria , Firenze) , Statua Equestre di Cosimo I – Piazza della Signoria , Fontana del Nettuno- Piazza del Nettuno, Bologna.

Jacopo Barozzi , detto il Vignola ( 1507 – 1573) : fu uno dei più importanti architetti della corrente manierista , autore del trattato Regola delli Cinque Ordini d’Architettura . Alcuni tra i suoi progetti più noti: Palazzo Farnese , Villa Giulia, Chiesa del Gesù ( Roma)

Note personali:

ciao a tutti! scusate il lieve ritardo! ^^”
ecco finalmente una panoramica introspettiva sulla famiglia Girodel e in particolare sul piccolo Victor…
costoro segnano un taglio netto con i de Jarjayes e i Grandier…a parte la ricchezza smisurata e incredibile ( la loro dimora è sostanzialmente una pinacoteca e galleria d’arte ) ci sono gravi problemi all’ interno. Frédéric , che già ha avuto modo di spiccare con la ““ simpatia”” , è un po’ l’imperatore incontrastabile che non è differente da come si comporta nell’esercito…Ivonne e Victor sono uniti nel loro ruolo di succubi ma soprattutto nel ruolo di madre e figlio. Sarà proprio l’affezione del bambino alle figure femminili ( indifferente  non è la posizione di Christine – nounou è il diminutivo affettuoso francese di nourrice , nutrice) a farlo maturare nella maniera più nobile che conosceremo…( e a portare futuri contrasti col padre-padrone)
più avanti verranno alla luce altri episodi di questa famiglia( specialmente sulla drammatica condizione di Ivonne)…

Spero che abbiate apprezzato quest’altra digressione ( non particolarmente serena XD )
L’ultima parte del 4 capitolo vedrà ….la nascita di Oscar!!!

Non so dirvi la data precisa…ma entro la fine di giugno mi auguro di aggiornare ( è un po’ un periodo di intasamento esami ^^”)

Un saluto grande!
( un ringraziamento affettuoso per la pazienza con cui mi seguite :-* )

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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