CHAOS
THEORY
02
Are
you afraid of shooting?
Sei e un quarto di mattina,
occhiali da sole per nascondere le occhiaie, un cappuccino gigante in
mano e un'aria da zombie.
Sì, sono io.
Giustamente i colloqui
si fanno alle sei e un quarto, no? Chi sarebbe mai quella persona
stupida che decide di farli a metà mattina, con calma, magari con un
po' di sole fuori, senza avere bisogno degli occhiali scuri? Buffoni,
dico io! Il punto è che Markus è convinto che meno movimenti si
vedano in giro e meglio è, ma forse trascura il fatto che mezza
città ormai mi conosca dato che bazzico di bar in bar ogni sera. O,
perlomeno, bazzicavo finché un certo ragazzino non è entrato a far
parte della mia quotidianità: ora è un po' diverso, non ho più la
libertà che avevo prima dato che devo badare anche al moccioso. E'
già passata una settimana da quando sono costretto a convivere con
Boogeyman, e non mi sono ancora del tutto abituato. Insomma, ho
vissuto da solo per cinque anni e di punto in bianco mi sono
ritrovato un ragazzino di sedici anni tra i piedi per ordini
dall'alto a cui non ho potuto disobbedire in alcun modo. Ora come ora
cerco di prendere le stranezze di Louis con quanta più filosofia
possibile, anche se a volte risulta più difficile del previsto
considerando che non mi vuole dire niente in merito all'inizio della
sua carriera da mercenario e in merito a quel pugnale dall'elsa
d'argento che ha fatto magicamente sparire dalla camera. Non ho
attualmente idea di dove possa averlo nascosto, giuro.
In ogni
caso, tralasciando questi scomodi dettagli, finalmente la porta
davanti a me viene aperta permettendomi di accedere a quello che mi
piace chiamare 'quartier generale'. Niente di sontuoso stile mafia,
si tratta solo della casa di Markus, ma è comunque bello entrare
nell'atrio e vedere le foto di ognuno di noi appese al muro come se
fosse un'onorificenza di stimata importanza. Beh, certo, ogni
mercenario qui nei dintorni ambisce ad avere la sua foto appesa su
queste pareti, ma non è un obbiettivo condiviso da molte persone
fortunatamente. Troppa concorrenza se no, questo campo necessita di
un po' di tranquillità.
– Ghoul!
Markus mi saluta con un
sorriso da padre che accoglie il figlio a casa, facendomi segno di
entrare nel suo studio. I due maggiordomi mi fanno un cenno e ci
lasciano da soli, chiudendo la porta mentre si allontanano. Ecco,
questo studio è molto stile mafia, lo ammetto. La sedia di velluto
rosso fa molta atmosfera però, dai, bisogna dirlo.
– Che
orario infame per convocarmi. – commento ricambiando il saluto,
stringendogli la mano. – Come fai a non avere sonno?
– Tutto
sta nel non lasciarlo trasparire. – mi confessa lui facendomi
l'occhiolino, sedendosi dietro la scrivania. Giuro che sembra di
stare in un film poliziesco. – Ti chiedo scusa, ma è l'unico
momento libero che ho. Tutti chiedono colloqui su colloqui, tu sei
uno dei pochi che si fa desiderare a dirla tutta. Questo lo
apprezzo.
Credo sia qualcosa del genere “meno vado in cerca dei
problemi, meno sono nei guai”, ma è meglio lasciargli credere che
la mia sia una strategia di buisness. Il buisness fa sempre bene,
anche negli omicidi premeditati.
– Ti ringrazio, faccio il
possibile.
Mamma mia, che attore gente, che attore! Dovevo stare a
Hollywood, io, non di certo qui. A Hollywood!
– Ti ho convocato
per darti due lavoretti. – l'uomo sulla cinquantina davanti a me
appoggia sul tavolo due buste probabilmente contenenti soliti
spostamenti, indirizzi e foto delle vittime. – Uno oggi e uno
domani, scusa il poco preavviso ma la mia agenda è sempre piena.
–
Oggi? – ripeto, aprendo la busta con la data di oggi scritta sopra.
Le foto ritraggono un uomo che ad occhio e croce deve avere
quarant'anni o giù di lì, probabilmente un criminale a sua volta
dato lo sguardo inquietante. Quello che mi dispiace è che avevo
promesso a Boogey che l'avrei portato a fare la spesa dato che dice
che tutto ciò che cucino io fa schifo anche ai sassi. – Veramente
poco preavviso. Non ho molte armi pronte.
Markus mi porge un
ulteriore documento, sorridendomi appena: – Per questo volevo dirti
di portare anche Boogeyman con te. Ti sarà di grande aiuto se non
sei ben attrezzato. – Indica poi il foglio che ha appena appoggiato
sul tavolo, a prima vista una lista infinita di nomi.
– E chi
sono questi? – domando, mettendo da parte per un momento il
discorso di Louis.
– Questi, – ripete Markus con un tono
divertito. – Sono tutti coloro che sono stati uccisi dal
ragazzino.
Sgrano gli occhi, mi sembra impossibile. A sedici anni
io avevo appena appena iniziato a capire cos'era una pistola, come
può quel moccioso aver già fatto fuori qualcosa come cento o
duecento persone? Insomma, la cadenza con cui lavoro io sono quattro
o cinque incarichi al mese, a questo punto mi chiedo a che età abbia
cominciato lui.
– Non ha nemmeno un'arma da fuoco! – obbietto
infine, leggendo velocemente tutti i nomi nella lista. – Finora ho
visto solo un pugnale impossibile da trovare in giro, con l'elsa-
–
Argentata e inserti d'oro. – Markus completa la frase con facilità,
sospirando pesantemente. – E' la sua unica arma, infatti. I suoi
omicidi sono strettamente corpo a corpo, quando occorre lancia il
pugnale a distanza e va dritto a segno. Non ti ha detto nulla a
riguardo?
– Zero. – borbotto, anche se la cosa ammetto che mi
dà parecchio fastidio. – Gli dirò di fare chiarezza prima di
andare oggi, allora, giusto per avere una buona strategia se dobbiamo
lavorare insieme.
– Buona idea. – Markus mi sorride,
appoggiando una mano sulla mia spalla mentre si alza dalla sedia e mi
accompagna all'uscita. – Bisogna temprare bene quel ragazzino, ha
del talento ma potrebbe perdersi facilmente. Usa ogni tuo mezzo a
disposizione, va bene?
Annuisco, stringendogli nuovamente la mano
mentre esco dall'edificio con un amaro in bocca che non vedo l'ora di
togliere. Se quel moccioso crede che a me basti sapere che usa un
pugnale dell'accidenti per uccidere perché è stato il suo battito
d'ali che ha causato l'effetto farfalla e tante belle cose a seguito
si sbaglia di grosso, questa storia deve finire. Ho vissuto
praticamente con un estraneo nell'ultima settimana, e non intendo
andare oltre.
Sbatto la porta d'entrata, appoggiando sul
tavolo le chiavi della macchina e la colazione. Non so come iniziare
il discorso, da una settimana a questa parte Louis non ha parlato de
fatti suoi nemmeno una volta per cui deduco che non sia molto
propenso a farlo, e allo stesso modo non posso prevedere la sua
reazione. Se voglio però che nessuno dei due ne esca ferito devo
assolutamente sapere qualcosa in più, non posso lavorare con
qualcuno di cui non conosco praticamente nulla. Le caratteristiche di
combattimento, se così lo possiamo chiamare, devono essere chiare
come la luce del sole. Non ci sono giustificazioni a riguardo, questa
è una delle regole se si mira alla propria sopravvivenza.
Louis
esce dallo scanso di quella che potrebbe essere la camera da letto
ancora in pigiama, sorridendomi appena mi vede: – Buongiorno. Com'è
andato il colloquio?
– E' andato bene. – rispondo, porgendogli
però poi il foglio che Markus mi ha dato in merito ai suoi
assassinii.
Il moccioso passa in rassegna i nomi, sbiancando
improvvisamente. Bene, ecco la prova che lui è effettivamente
colpevole. Felice che l'abbia ammesso senza dire una parola.
–
Cosa... – è palesemente confuso, probabilmente la causa è il
fatto che io sia in possesso di quella lista. Eccoci al momento della
verità, insomma. – Come fai ad averlo?
– Markus mi ha detto
che dovrai aiutarmi negli omicidi di oggi e di domani e per farlo ho
bisogno di sapere come e perché tu uccidi. – Gli faccio cenno di
sedersi di fronte a me, prendendo le altre due buste. – Ho portato
la colazione, perciò ora con calma mi racconti tutto mentre
mangiamo. Va bene?
Il ragazzino si guarda velocemente intorno, non
so cosa stia cercando ma poco importa dal momento che sembra sedersi
per contribuire a mantenere calma la situazione senza farla
degenerare come succede di solito quando cerchiamo di parlare. Una
sera l'ho mandato fuori di casa, pochi giorni fa, ma poi mi sono
sentito talmente tanto in colpa che sono andato a cercarlo - senso
del dovere, comunque, nient'altro. Ad ogni modo, Louis addenta la sua
brioche e distoglie lo sguardo da me, appoggiando con nonchalance la
lista vicino alle buste come se fosse un foglio qualsiasi.
–
Allora? – lo incito, sperando che non finisca tutto in una
scenata.
– Allora, beh... – fa decisamente fatica a guardarmi
dritto in faccia, ma poco male. E' pur sempre un ragazzino di sedici
anni, no? – Uccido con un pugnale avvicinandomi più che posso alla
vittima e lo faccio perché è attualmente ciò che mi mantiene. Fine
della storia.
– Mi prendi in giro? – Alzo le sopracciglia,
sperando vivamente che comprenda il mio disappunto. Forse mi ha
scambiato per un idiota se pensa che a me vada bene sentire queste
stupidaggini.
Scuote vigorosamente la testa, continuando a
mangiare indisturbato: – Ti dico di no.
– Senti, – cerco di
mantenere la calma, estraendo dalla busta con la data di oggi una
foto della nostra - enorme - vittima. – Lo vedi questo tizio che
somiglia più a King Kong che ad una persona? Io ho solo una Magnum
di trecento anni fa con giusto due proiettili da poter usare, le
altre sono o in riparazione o senza munizioni. Se la mia mira non è
buona e i due proiettili non lo colpiscono nei punti giusti quello lì
mi fa a pezzi, perciò dobbiamo studiare una buona strategia se
vogliamo evitare questo. E, per farlo, mi spiace tanto ma tu devi
dirmi come e perché ammazzi la gente. I ragazzini della tua età
dovrebbero andare a scuola, sai?
– Lo so bene. – borbotta lui
abbassando lo sguardo, stringendo le mani attorno al suo bicchiere
contenente il caffellatte proprio come un bambino in difficoltà. –
Ma, insomma...perché devo proprio dirtelo? Non ti basta sapere qual
è il mio stile?
Devo ammettere che mi fa non poca compassione se
usa quel suo tono da moccioso, ma allo stesso modo so che dovrei
rispettare la volontà di Markus e per questo farlo parlare a tutti i
costi. Tutti noi abbiamo dei segreti, per carità, ma se diventa
questione di vita o di morte si può anche fare un piccolo sforzo.
Alla fine siamo tutti sulla stessa barca: ammazziamo gente per soldi,
quindi ciò che è successo in passato importa relativamente a me
personalmente, piuttosto serve ad una buona riuscita della missione.
Sta di fatto che non sopporto i suoi occhioni da cucciolo.
–
E' per il tuo bene. – concludo alla fine, riprendendo
tranquillamente a mangiare. – Avevi detto che avresti fatto
qualsiasi cosa per aiutarmi a sopportarti, no? Questa potrebbe
rientrare in quella categoria.
Il moccioso sbuffa, alzando gli
occhi celesti con molta fatica verso di me: – Va contro la mia
etica morale scendere a compromessi se una cosa può essere
perfettamente evitata.
Okay, posso dire addio alla calma e alle
buone maniere. Come dice il moccioso, va contro la mia etica morale
anche il restare tranquillo davanti ad un rifiuto di collaborazione.
Mi dispiace risultare sempre il cattivo della situazione, ma cosa ci
posso fare se sembra che il suo passatempo preferito sia portarmi al
limite ogni volta?
– Sei un assassino, – inizio cercando di
risultare il meno psicopatico possibile. – Tu, un'etica morale, non
sai nemmeno cosa sia. Non si può nemmeno dire che tu ed io abbiamo
una dignità, figuriamoci una morale! E, per tua informazione, questo
non può essere evitato. Avrai anche fatto fuori decine di persone,
ma altrettanto ho fatto anche io e so che per farlo ho bisogno delle
caratteristiche di chi è con me. Personalmente farei a meno della
storia, ma oggettivamente non posso. Mi dispiace se tutto questo non
ti piace, ma devi dirmelo.
Il ragazzino sbuffa sonoramente,
finendo di mangiare la sua brioche in silenzio. Se non vuole parlare
lo costringerò anche a costo di usare le maniere forti: preferisco
essere io a fargli male piuttosto che vederlo ammazzato per una
missione andata male.
– Allora? – chiedo, di nuovo, ma spero
che capisca che io ho perso completamente la pazienza.
Louis alza
gli occhi verso di me, scuotendo la testa: – Non voglio.
Okay,
adesso ne ho abbastanza.
Mi alzo velocemente dalla sedia
raggiungendo il suo posto in due falcate, afferrando il colletto
della sua maglietta fino ad alzarlo quasi all'altezza dei miei occhi:
– Questo è un ultimatum: parla adesso o non aspettarti un bel
trattamento.
Di nuovo, sebbene ora con un'espressione spaventata
dipinta in volto, il moccioso si ostina a negare. Il lato divertente
di tutto ciò è che a quanto ho capito lui avrebbe perfettamente
tutte le carte in regola per respingere quello che possiamo chiamare
il mio 'attacco', eppure se ne resta fermo e subisce ciò che decido
di fargli. Quando inizierò a capire il perché delle sue azioni mi
considererò Dio sceso in Terra. Non mi lascia altra scelta comunque,
obbligandomi a portarlo fino al muro al punto di avere la sua schiena
completamente appoggiata alla parete. Come forza fisica sicuramente
vinco io, ma ciò non toglie che lui riuscirebbe tranquillamente a
togliersi da questa situazione piuttosto stretta.
– Non lo
capisci che si tratta di vita o di morte?! – sbotto, tenendo
stretto il suo colletto. Non sono uno molto propenso alla violenza se
c'è un'altra strada disponibile, ma qui io non vedo altre strade
dopo averle già provate tutte. – Cosa ti costa dirmi perché cazzo
tu sei diventato un assassino?
– Mi costa perché sono affari
miei! – replica lui usando un tono sostenuto, puntando i suoi occhi
azzurri su i miei senza timore. – Deve bastarti sapere come
ammazzo, non perché.
– Ti faccio presente che vivi in casa mia
già da una settimana, la tua cara etica morale non ti suggerisce il
fatto che io voglia sapere con chi accidenti sono costretto a
condividere il mio spazio vitale? – Nonostante io assomigli ad una
specie di Jack Torrence di 'The Shining' la sua espressione non
cambia di una virgola. Impressionante.
– Posso anche andarmene
da qui se tanto ti disturbo! – ribatte, dovendosi mettere sulle
punte per avere i suoi occhi alla stessa altezza dei miei. – Adesso
che Markus è convinto che vada tutto bene non c'è alcun problema,
no? Mi cercherò un alloggio dove non è necessario che tutti
sappiano i cazzi miei!
Cerco disperatamente di abbassare la voce
per non rompere troppo alla signora Pepperman, la vicina, ma la cosa
riesce ben poco: – Ma si tratta solo di me!
– Per l'appunto! –
il moccioso appoggia la sua mano sulla mia che attualmente tiene
ancora stretto il suo colletto. – Non voglio che tu ti faccia
strane idee su di me, ci hanno già pensato in passato a farmi il
lavaggio del cervello.
– Non cercherei di fare un bel niente. –
insisto, prendendo un respiro. – Voglio solo sapere per
salvaguardarti, tutto qui. In fondo siamo costretti a convivere, no?
Tanto vale conoscerci dato che sarà solo per due mesi.
Louis
sbuffa, stringendo leggermente la presa sulla mia mano. Ammetto che a
volte mi ricorda proprio un bambino.
– Mi dispiace. –
mormora, abbassando lo sguardo a terra. – Sei l'unico che ho
attualmente al mio fianco, non posso rischiare di rovinare
tutto.
Pare che questa sia una battaglia persa, allora.
Allento
la presa sulla sua maglietta fino a far scivolare il braccio lungo il
mio fianco, strofinandomi la mano sul viso per la stanchezza. Non so
cos'abbia mai dovuto passare questo ragazzino, ma finché non me lo
dice non posso nemmeno tentare di essergli d'aiuto.
– Fa un po'
come ti pare. – concludo, dandogli le spalle. – Se vengo
ammazzato poi hai le chiavi della casa, ricordati di chiudere il
chiavistello quando vai a dormire. Le pentole sono sull'anta a destra
in cucina.
– Ghoul... – Probabilmente ora ha l'espressione
tipica da teenager depresso consapevole di aver commesso un errore
dipinta in volto, ma non potrò mai averne le certezza in quando
afferro velocemente le chiavi della macchina insieme al portafogli e
varco l'uscio di casa, chiudendomi la porta alle spalle. Non ho
nemmeno molti soldi con me, ma la banca sta così distante per
prelevarne che immagino mi farò bastare quelli che ho già. Se il
moccioso non vuole dirmi niente allora devo almeno attrezzarmi con
quante più munizioni che posso se voglio almeno sperare di avere una
chance contro King Kong. Sento che non andrà bene come al solito,
purtroppo.
Ora X, posto X.
Mission Impossible.
Tolgo
la sicura alla Magnum e alla Desert Eagle, riponendole poi nella loro
fodera. Controllo anche che la lama del mio pugnale sia ben affilata
e ripongo anch'esso nella sua fodera, cercando di riprendere un po'
di fiato. Lancio un'occhiata a Boogeyman, lui se ne sta buono buono
al mio fianco non dando il minimo segno di agitazione, a quanto ho
capito è munito solo del suo pugnale misterioso - tra l'altro lo
tiene nella tasca, spero che i pantaloni reggano una lama di quel
calibro. Non abbiamo più parlato da stamattina, gli ho detto solo il
posto e l'ora in cui si sarebbe dovuto far trovare per messaggio. A
quanto ho capito troveremo King Kong dentro questa fabbrica deserta,
a conti fatti si sentono anche dei rumori provenire dall'interno. Non
so come andrà a finire, ma spero che nessuno venga ferito. E con
'nessuno' intendo il moccioso.
– Chi entra per primo?
Mi
giro verso di lui, guardandolo male: – La tua strategia era entrare
così allo sbaraglio con un pugnale contro un bestione del genere?
Wow, che piano infallibile. – Scuoto la testa, tornando a guardare
dritto davanti a me. – E' chiaro che vada avanti io dato che ho
un'arma da fuoco. Tu intervieni come ti pare senza farti colpire.
Il
ragazzino sbuffa, annuendo solamente. Bene, felice che il mio piano
gli stia bene.
A tal proposito, gli faccio un cenno e spalanco
poi la porta di ferro con un calcio, tanto con le buone non si
sarebbe mai aperta. Subito vedo che King Kong sta in piedi di fronte
a noi e spalanca gli occhi, allarmato, ma non è il punto peggiore.
A quanto pare c'era una riunione di scimmioni della quale non ero
stato avvisato.
Che cosa carina.
– Merda. – sbotto,
restando sull'uscio in modo da bloccare a Louis l'accesso e quindi
impedendogli di essere visto. – Signori! – Mi rivolgo poi alle
mie prossime vittime con un sorriso, estraendo la Desert Eagle dalla
fodera. – E' un gran piacere vedervi. – commento prima di aprire
il fuoco, abbattendo subito quello che poteva sembrare più innocuo
date le dimensioni ridotte dei suoi muscoli. Passo poi al secondo e
al terzo, finendo in fretta il blocco di munizioni. Considerando che
King Kong sta correndo contro di me non ho molte speranza di poter
ricaricare la pistola, perciò la rimetto nella fodera e mi vedo
costretto a cercare di aumentare le distante tra me e King Kong-capo
più altri tre scimmioni. Se avessi saputo che avrei dovuto sudare
almeno mi sarei messo una maglietta a maniche corte, così finisco
per sembrare un reduce di guerra quando avrò finito qui...se finirò,
ovviamente.
Lasciando la porta aperta vedo Boogey entrare in
fretta e furia mentre si avventa contro uno dei tre che teoricamente
mi stanno rincorrendo, e quasi non credo a ciò che vedo. Senza usare
forza fisica o altro, al moccioso è bastato correre col pugnale in
mano e colpire esattamente il collo per far collassare uno dei tre,
finendolo con due o tre colpi dritti alla schiena. E' forse questo il
suo stile? Lavora sulla velocità? No, è impossibile, quella non è
solo velocità. Anche io posso essere veloce quanto voglio, ma per
sapere precisamente dove il mio colpo andrà a parare ci vuole una
tecnica infinita, difficilissima da sviluppare. Quel moccioso ha
sedici anni, com'è possibile che possa muoversi in questo modo?
Riporto la mia attenzione su King Kong, mancandolo però sia col
primo che col secondo colpo della Magnum. Non sono molto concentrato,
diciamolo. Ho talmente tanta paura che il ragazzino si faccia male
che non tengo nemmeno conto del fatto che sia veramente un assassino
a sangue freddo nonostante tutti i miei dubbi a riguardo e finisco
per confondere perfino la mia mira. Okay, Ghoul, concentrati. Solo
cinque metri mi separano dal bestione e se continuo a mancarlo non so
quanto bene potrà finire. Salgo su una pedana abbastanza
velocemente, riprendendo la mira e riuscendo finalmente a colpirlo
alla spalla. Mentre lui arranca rivolgo uno sguardo veloce a Boogey
che, intanto, ha già ucciso il secondo scimmione e con una freddezza
impressionante che giace sul suo viso inizia ad attaccare anche il
terzo. Non appena rivolgo nuovamente il volto verso King Kong
qualcosa mi colpisce dritto in faccia, prendendomi sostanzialmente la
parte destra del viso. Ahia, questo ha fatto male. Ad occhio e croce
King Kong deve avermi lanciato addosso un'arma scarica, ma finora non
ero mai stato colpito in questo modo. Forse Boogey ha appena cercato
di chiamarmi, ma non è che riesca molto a capirlo dato che comincio
a vedere triplo. Mancano solo gli occhiali 3D, giuro. Credo
fermamente che l'arma mi abbia colpito la tempia dato che sento un
dolore atroce, ma non appena provo a toccarla non realizzo nemmeno di
essere rimasto fermo e di avere King Kong davanti a me che, con
estrema facilità, mi colpisce con ben poca gentilezza dritto sullo
stomaco, mandandomi k.o.
Comunque non si accontenta e, una volta
che giaccio inerme al suolo, inizia a riempirmi di amorevoli pugni in
qualsiasi punto vitale io possegga.
Spero vivamente che il
moccioso si ricordi di chiudere il gas.
Incredibilmente
sono vivo.
Non me lo sarei aspettato considerando che ero
praticamente certo di aver sentito il mio cuore smettere di battere,
eppure sto sentendo dei suoni attorno a me. Non so bene di cosa si
tratti dal momento che se non ho alcun osso rotto credo comunque di
avere giusto una o due contusioni in giro che mi impediscono di
essere lucido. Da ragazzino ho fatto parecchie risse, ma non credo di
essere mai stato pestato in questo modo. Il mio orgoglio maschile sta
decisamente scendendo in picchiata, che tristezza.
Lentamente
sento meno suoni ma dalle mie palpebre chiuse filtra più luce, come
se stessi lentamente prendendo più conoscenza. Mi chiedo come, ma la
risposta probabilmente dipende da chiunque stia cercando di
rianimarmi in questo momento. Non sono molto delicate le spinte che
ricevo giusto al centro del mio petto, ma se non altro è il segno
che il mio cuore sta finalmente battendo di nuovo, che bello. Sono
vivo, gente! Mezzo distrutto, okay, ma vivo. Sento finalmente l'aria
entrare nelle mie narici, ma allo stesso tempo sento qualcosa di
caldo appoggiarsi sulle mie labbra. Non distinguo bene cosa sia
finché non riesco a trovare la forza di aprire appena un po' le
palpebre, anche se la luce mi dà non poco fastidio. E... Oh
Signore.
Spalanco gli occhi, capendo che ho scordato una parte
fondamentale della rianimazione: la respirazione bocca a bocca. E chi
mi sta salvando è attualmente chi mi ha cacciato in questa
situazione perché non mi ha fornito le informazioni che volevo. Non
avevo mai visto gli occhi di Louis da così vicino ma, se la mia
vista offuscata non mi inganna, oltre ad essere quasi trasparenti da
quanto sono chiari sono anche lucidi. Ora che ci penso non credo di
aver mai nemmeno sfiorato le labbra di un ragazzo, ma in questo
momento è anche l'ultima cosa a cui sto pensando considerando che si
tratta del moccioso. Forse la cosa può anche andarmi bene.
–
Ehi... – cerco di farmi sentire senza sembrare mezzo morto e farlo
preoccupare ancora di più, ma non appena i suoi occhi si spalancano
capisco di aver ottenuto l'effetto contrario.
Merda.
– Sei
vivo! – esclama, prendendo velocemente le distanze da me per
lasciarmi respirare. Ora che lo vedo chiaramente posso confermare che
i suoi occhi siano lucidi, e noto che la sua maglietta è
completamente insanguinata. Non sembra essere sofferente perciò
grazie a Dio il sangue non è il suo, ma non si fa nemmeno tanti
scrupoli ad abbracciarmi come se fossi appena risorto...beh, in
effetti è così. Ma poco importa, ciò che conta al momento è che
non è che il suo peso mi sia molto d'aiuto in questo momento per
quanto affetto questo gesto possa dimostrare.
– Boogey, mi stai
soffocando. – borbotto, vedendolo finalmente allontanarsi con uno
sguardo colpevole dipinto in volto. Questo ragazzino ha dei lati
decisamente infantili, ma sotto sotto è anche carino quando fa così,
lo ammetto.
– S-Scusa... – balbetta, diventando rosso
pomodoro. Non ci credo. Ho a che fare con un assassino o con un
bambino, dannazione? – Come ti senti?
– Rotto. – rispondo,
facendo il possibile per mettermi seduto anche se non sono nelle
condizioni ideali. – Ma grazie a te sono vivo, no? Quindi non serve
preoccuparsi più di tanto.
Louis cerca di sorridere, tirando poi
un sospiro di sollievo mentre si siede a gambe incrociate proprio di
fronte a me. Ammetto che non so da dove venga tutta questa sua
improvvisa allegria se stamattina l'ho appeso al muro e non ci siamo
più parlati, ma immagino che lo scoprirò solo chiedendoglielo,
ormai mi sono arreso all'idea che difficilmente capirò un moccioso
di sedici anni.
– Bel lavoro. – mormoro, anche se è solo per
adesso. Le chiacchiere importanti immagino che le rimanderò a quando
saremo a casa, al sicuro. – Te la cavi bene.
Boogey sorride
ridacchiando proprio come un imbecille, alzandosi poi in piedi e
tendendomi la mano: – Non te lo aspettavi, eh? Andiamo a casa,
dai.
Ah, ora è lui che dice a me di tornare a casa...mia,
tra l'altro. Che barzelletta. Quanto vorrei che tutto questo fosse un
emerito scherzo, considerando che ha appena fatto fuori tre uomini
senza essere minimamente scosso e che continua a sorridere come se
niente fosse.
– Non ci credo.
– La smetti di
lamentarti?
– No...insomma, è ridicolo.
Il moccioso rotea
gli occhi verso di me, sfoderando un sorrisetto odioso: – Sì, più
o meno come te.
– E' il giorno peggiore della mia vita. –
appoggio la fronte al poggiolo del divano, sbuffando. – Prima
rischio la vita e tu fai fuori un branco di scimmioni senza la minima
fatica, poi guidi al mio posto e infine mi medichi pure. Hai idea di
cosa stia succedendo al mio orgoglio?
Il ragazzino annuisce,
divertito, ridendo: – Sì, sì...ma meglio non avere orgoglio che
essere morti, non credi?
Sbuffo, sentendo il batuffolo di cotone
imbevuto di alcool passare più volte sul graffio che percorre tutto
il mio fianco destro, facendomi fare delle smorfie a dir poco
orribili. Del resto non sono così abituato a sopportare il dolore,
in media la vittima è solo una, non un branco di bestie. Il fatto di
non avere la maglietta, ora come ora, mi riporta alla scena di poco
fa, quando sono stato rianimato proprio da Louis. Non è stato niente
di così eclatante, per carità, ma voglio comunque ringraziarlo come
si deve e provare a capire cosa si nasconde dietro la facciata da
bravo bambino che mostra ogni volta.
– Piuttosto, senti... –
volto il viso verso di lui, vedendolo assorto nella medicazione di
una delle tante ferite che ho sulla schiena. – ...chi ti ha
insegnato a rianimare le persone? Hai fatto un buon lavoro con me.
Mi
rivolge uno sguardo veloce, sorridendomi cordialmente: – Intuito?
–
Bugiardo. – scuoto la testa, tanto sono sicuro che stia mentendo
alla grande. – Non so se tu ti sia reso conto di come la tua
ostinazione mi abbia ridotto così.
– Mh. – il moccioso
sospira, continuando però a spalmare non so quale strana crema per
tutta la mia schiena facendomi provare le pene dell'inferno. Credo
che al posto di un unguento ci abbiano messo del cherosene qui
dentro, non c'è altra spiegazione. – Ecco... – Il movimento
della sua mano si fa più lento, così come il tono della sua voce si
abbassa. – Mi dispiace per ciò che è successo, Skyler.
Volto
di nuovo il viso verso di lui, e sì che dovrebbe sapere che non mi
piace essere chiamato per nome, glielo avrò detto una cinquantina di
volte almeno. In ogni caso però non me la sento di rimproverarlo
dato che la sua espressione è veramente dispiaciuta, e anche se
continuo comunque a pensare che sia una seccatura sorprendentemente
anche io ho un cuore che mi porta a stare al suo gioco: – Per cosa
in particolare?
– Per non averti permesso di elaborare un piano
fatto meglio per evitare tutto ciò. – mormora, tenendo gli occhi
celesti fissi sulla mia schiena. – Vorrei parlartene, ma come ti ho
già detto penseresti sicuramente male di me. Non è la storia di un
elfo felice.
– Ti ho chiesto la storia, non se sei mai stato in
trip e hai mai visto un elfo. – ironizzo, ridacchiando appena. –
Ho capito che non me ne vuoi parlare perché pensi che possa
criticarti o simili, ma non lo farei. Non è che io sia un santo,
credo di essere la persona meno indicata per poter giudicare.
E
credo sinceramente in ciò che dico, mamma mia. Figuriamoci se potrei
mai mettermi a decretare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato,
parliamo di uno che fino ad una settimana fa passava la sua vita tra
l'armeria e i bar sempre con tre quarti del corpo composto da alcool!
In fondo cosa può mai aver passato questo moccioso per fare ogni
volta la parte del disperato da soap opera argentine? Dov'è Patty
quando serve una protagonista brutta ma che sa cantare come Céline
Dion?
– Facciamo che studiamo una strategia senza scendere nei
dettagli? – propone il moccioso con tono speranzoso, cercando di
cavarsela con un sorrisetto.
– Facciamo che non voglio essere
ridotto così? – ribatto, guardandolo male. – Non capisco perché
tu ti faccia tutti questi problemi. Sono solo io, in fondo.
Louis
finisce di fissare la garza tutt'intorno al mio bacino, sospirando
subito dopo: – Egoisticamente parlando sei l'unica persona su cui
io possa fare affidamento e se ti perdessi per me sarebbe la fine.
–
Perché pensi che ti potrei giudicare? – mi metto seduto,
appoggiando i gomiti sulle ginocchia e puntando lo sguardo nel suo.
Non so se questo genere di conversazione possa essere qualcosa di
molto simile ad un confronto di problemi di coppia, ma ora come ora a
me sta a veramente cuore sapere cosa mai gli sia successo. Non che
possa fare qualcosa a riguardo, del resto ciò che è stato non si
può cambiare, ma se può essere utile a rendere il nostro lavoro
insieme più semplice o addirittura aggevolato allora non vedo cosa
ci sia di male nel voler cercare di aiutarlo.
– Perché, beh...
– il moccioso fa fatica a guardarmi negli occhi, arrossendo sempre
di più. – A tutte le persone a cui ho raccontato tutta quella roba
non sono più andato bene e mi hanno lasciato da solo.
– E chi
sarebbero tutte queste altre persone? – borbotto, intrecciando le
mani. Non so se la vicinanza dei nostri volti lo renda più o meno
ansioso, fatto sta che riesce appena ad alzare lo sguardo.
–
Persone. – conclude, alzandosi di fretta dalla sedia per evitare
il discorso. Ah, quindi questo è il suo modo maturo di affrontare
una discussione? Prende la sua roba e se ne va? Se si aspetta la
cena, stasera, sappia che è solo una fantasia! In parte perché non
mi reggo in piedi, e va bene, ma anche perché non accetto tutte
queste storie per qualcosa che sono sicuro non sarà niente di così
sconvolgente.
– Un'ultima cosa. – lo fermo, sfoderando uno
dei miei sorrisetti peggiori. Mi dispiace ma il colpo di grazia sarò
io a darlo. – Baci bene, lo sai?
Il suo viso diventa più rosso
del sangue che ha sulla maglietta, mentre tenta di balbettare
qualcosa che però non riesco a capire. Se ha intenzione di rendermi
la vita difficile è bene che sappia che voglio fare la stessa
identica cosa. Perciò gli faccio l'occhiolino, sorridendogli
nuovamente prima di trascinarmi fino al letto e buttarmici su a peso
morto senza badare al male che sento. Al momento non ho più voglia
di parlare quindi proverò semplicemente a dormire e a mettermi in
forze per domani, sperando che il ragazzino si dia una mossa a
decidere di raccontarmi cosa diavolo gli ha fatto intraprendere
questa strada.
– Ghoul?
– Mmh... – Oh Cielo,
adesso non posso dormire? Cos'ha questo moccioso che non va?!
–
Hai visite.
Spero vivamente che non sia mia sorella o mia madre, a
quanto ne sanno loro io sono fidanzato e vivo insieme alla mia
ragazza e ad un cane di nome Ernesto. In effetti il cane che avevo
l'anno scorso si chiamava Ernesto, ma come secondo nome aveva Billy,
che era decisamente più normale. Ernesto Billy, originale vero?
–
Chi è? – borbotto, girandomi verso di lui. Mi venga un colpo se i
miei occhi mi ingannano e lui non sta indossando una mia maglietta.
Da quando si prende queste libertà?
Louis però alza le spalle
con nonchalance: – Uno che dice di chiamarsi Kraken. Ha detto che
ti conosce.
– Quindi se dice di conoscermi tu lo fai entrare
come se niente fosse? – gli rivolgo un sorriso sinceramente
divertito, vedendo il suo viso assumere un'espressione seccata.
Rotea
gli occhi verso di me, facendo anche lui il mio stesso sorrisetto: –
La prossima volta ti butto giù dal letto a calci in culo, va bene?
–
E calmati, Cenerentola. – sbuffo, levandomi di dosso le coperte e
alzandomi senza badare troppo agli acciacchi che sento in tutto il
corpo. Mi chiedo sinceramente cosa voglia Kraken da me di mattina, ma
immagino che potrò scoprirlo solo chiedendo al diretto interessato.
Boogey però cerca di fermarmi trovando come unico appiglio
l'elastico del miei boxer - e doppi sensi a go go!, ritraendo la mano
subito dopo e sedendosi a gambe incrociate sul letto: – Non vorrai
andare di là mezzo nudo, vero?
"Kraken mi ha già visto
così." mi giustifico, appoggiando le mani ai fianchi, sentendo
la garza sfregare contro la mia pelle. – Una volta mi sono beccato
una pallottola sulla spalla e lui mi ha medicato.
– Okay,
però... Beh, sei in convalescenza!
Alzo le sopracciglia,
fissandolo divertito. Quando capirò finalmente cosa pensa questo
moccioso quando dà aria alla bocca potrei anche mettere un manifesto
fuori dalla porta.
– Sta' tranquillo. – alzo le spalle,
sistemandomi velocemente i capelli allo specchio. – Comunque al
contrario tuo non ho tempo per prendere maglie altrui e vestirmi, mi
dispiace.
– Ero in mutande e quello lì ha suonato. – si
difende il moccioso, mettendo il broncio come un bambino a cui sono
state rubate le caramelle. – E' stata la prima cosa che ho
trovato.
Ridacchio per l'espressione del ragazzino, evitando però
la risposta e dirigendomi invece da Kraken che, da bravo ficcanaso,
sta guardando l'unica foto di famiglia che ho sulla mensola della
cucina nonostante sia la stessa che ho da cinque anni e che lui ha
visto almeno diciassette volte. Devo ammettere che per essere un
ragazzo della mia età sembra addirittura più piccolo data
l'espressione assorta da deficiente.
– Devi rompere anche a
quest'ora? – gli chiedo, salutandolo con un cenno mentre mi
avvicino a lui.
Kraken mi squadra da capo a piedi con un'aria
divertita: – Sì, devo andare ad aprire l'armeria tra poco.
Piuttosto, che hai combinato?
Alzo le spalle, sedendomi sul
tavolo: – Ho giocato un po' a nascondino.
Il rosso ride
sommessamente, scuotendo la testa: – Giochi pericolosi, eh?
–
Da morire. – ribatto, trovando per la prima volta questo soggetto
davanti a me appena appena simpatico. "Cosa ti serve?"
–
Volevo fare due chiacchiere con Boogeyman e portarti altre foto del
tipo che devi ammazzare oggi...che dobbiamo ammazzare, mi correggo.
Il ragazzino non mi sembrava molto disposto a fare amicizia,
comunque.
Aggrotto le sopracciglia. Cos'era quel “dobbiamo”?
Credevo di dover andare solo con Louis come da programma, non mi era
stato accennato alcun supporto... Specialmente che si trattasse di
Kraken, poi. Chissà cosa mai andrebbe a pensare dei battibecchi che
abbiamo usualmente io e il moccioso. E chissà cosa direbbe in giro,
soprattutto!
Porto così una mano sul retro del collo,
tossicchiando appena: – Uhm, ieri sera abbiamo litigato e forse non
è molto dell'umore. Ma, comunque, verrai con noi? Markus non mi ha
detto nulla.
– E' tutto improvvisato, infatti, mi ha appena
chiamato e mi ha fatto recapitare le foto a casa e ha detto che ci
sarà anche Lockness con noi. E' per questo che volevo conoscere il
ragazzo.
Ragazzino, vorrei correggerlo.
Non capisco
tutto questo gran bisogno di fare amicizie a destra e a manca,
l'amicizia col mio cane per me era più che sufficiente, ad esempio.
Non dico che sia sbagliato, anzi, ma che bisogno c'è se facciamo
questo lavoro? Dovremmo essere la peggior specie sulla Terra e invece
sembriamo tutti delle teenager in fase premestruale.
– Te lo
chiamo. – concludo, scendendo dal tavolo per dirigermi nello scanso
che porta alla cosiddetta camera da letto. Louis è steso sul letto e
tiene semplicemente la testa appoggiata sulle mani intrecciate, mi
dispiace anche disturbarlo ma so già che nel caso in cui non lo
faccia Kraken finirebbe per rompere i coglioni a mezzo mondo. Così
appoggio un ginocchio sul materasso e mi sporgo verso di lui,
scuotendolo per la spalla: – Vieni a fare amicizia?
– No. –
E' il suo borbottio incomprensibile, accompagnato da una smorfia. –
Quello lì non mi piace.
– Mica lo devi mangiare. – ribatto,
scuotendolo allora più forte. – Ti prego, tenta di essere gentile.
Si può sapere che hai?
Il moccioso gira il viso dall'altra parte,
lasciandomi a fissare i suoi capelli mentre sbuffa come un cretino: –
Niente.
Il Signore o qualcun altro mi dia la forza di non prendere
il dizionario che usavo alle medie, sistemare tutte le orecchie che
ho fatto alle pagine nel corso delle lezioni, e di spiaccicare quel
tomo da tre chili ripetutamente in testa a questo moccioso petulante
e rognoso. Cosa vuole che faccia? Non sono di certo uno psicologo, ma
di sicuro non mi bevo quel “niente” detto tanto per darmi un
contentino. Cos'ho detto di male durante la notte da renderlo ancora
più suscettibile e acido di quanto non sia di norma?
– Senti,
Boogey, – Appoggio la mano sulla sua schiena, notando che ha ancora
la mia maglietta addosso. – Si tratta solo di andare di là,
fingere che vada tutto bene e recitare la parte dell'assassino a
sangue freddo che se ne infischia del mondo intero, poi parleremo dei
tuoi problemi quando se ne andrà.
– Non ho alcun problema. –
ringhia allora il moccioso tornando a guardarmi dritto negli occhi,
anche se le se guance sono rosse come se qualcuno gli avesse appena
dato uno schiaffo. – E non ho voglia di parlare con te, perciò non
stressarmi.
Detto questo prende su e si alza di gran carriera
andando verso la cucina e salutando Kraken usando un tono anche
cortese, ma non fa una sola altra parola e sbatte la porta uscendo di
casa. Bene, ho fatto scappare l'idiota!
Kraken mi raggiunge in
camera da letto, guardandomi mentre trattiene una risata: – Devo
sapere cos'è successo o meglio di no?
– Diciamo che non sono un
buon babysitter. – concludo, facendo sprofondare la mia testa nel
cuscino.
Facendo mente locale, cosa posso aver mai detto qualcosa
di così sconvolgente da rendere il moccioso una ragazzina irritante
e irritata?
Abbiamo parlato delle solite cose, del fatto che lui
non vuole parlarmi della sua storia e del fatto che lui è convinto
che io possa pensare male, ma oltre a questo non c'è stato niente di
più. E' uscito con la mia maglietta addosso anche dopo avermi fatto
chiaramente capire che ha qualcosa - stranamente vorrei aggiungere -
contro di me, continuo a pensare che quel moccioso sia una
contraddizioni vivente. O che il suo secondo nome sia “Incoerenza”,
dipende da quale punto di vista si vuole scegliere. Insomma, non è
che mi faccia felice avere un ragazzino per casa ma comunque non
voglio ferire nessuno - psicologicamente, s'intende, il mio lavoro
non mi permetterebbe di dire questo nel senso pratico della parola,
anche se sembra che io continui a farlo anche senza volerlo. Penso
sia un effetto farfalla, basta una sola parola e si scatena una serie
di reazioni a seguito, e a volte è incredibile come pensando di
cambiare il primo battito d'ali sarebbe potuto cambiare anche
l'uragano. Se non avessi fatto l'ultima frecciatina sul bacio al
moccioso, ora sarebbe qui a parlare con Kraken?