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Autore: Luxanne A Blackheart    02/06/2017    2 recensioni
"Noi due siamo uguali, anche se diversi, Zafiraa. Siamo uguali perché siamo stati rinnegati. Siamo diversi perché distruttivi in modo differente: tu come la neve, io come il fuoco."
Zafiraa ha diciotto anni e due problemi. È albina e una piratessa, una delle più temute ed odiate dei sette mari. Fattori questi che rendono il sopravvivere,  in una società fortemente maschilista e  superstiziosa, molto difficile.
Zafiraa ha un rivale che cerca di catturarla, direttamente imparentato con il sultano, che la vuole morta dopo il torto subito.
Ma non appena le loro spade affilate si incontreranno, capiranno di essere due animi affini i cui destini e passati sono fortemente collegati fra di loro.
Sono neve e fuoco.
Sono rinnegati dalla stessa terra.
Sono un uomo e una donna che non hanno un posto nel mondo e che cercheranno di crearselo. Insieme, separatamente, chi può dirlo?
L'importante è che due occhi verdi da cerbiatta e capelli rossi come il fuoco non muovano le carte in tavola, girandole a proprio favore. Perché il tempo passa per tutti, ma le abitudini restano.
Segreti mai rivelati, bugie, odi repressi e amori proibiti e immorali... siete pronti a rientrare a Palazzo Topkapi e vivere una nuova avventura?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
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Due anni dopo, coste turche.


Combattevano ormai da ore, pirati contro turchi, cercando di avere la meglio l'uno sull'altro. Erano circa le cinque del pomeriggio su una spiaggia dalla sabbia nera. Zafiraa, stretta nei suoi pantaloni in pelle e nella semplice camicia bianca, armata da una spada affilata e pesante che indirizzava con abilità contro i nemici, che cercavano di disarmarla o semplicemente ucciderla. Aveva indossato un cappello marrone per nascondere i capelli bianchi, non potendo completamente mascherarsi, aveva deciso di nascondere la cosa che dava più nell'occhio.
Suo padre era alle prese con due uomini, almeno il triplo della sua stazza, sua madre con altri due. Zafiraa affondò l'arma nel ventre di uno e tagliò di netto la testa dell'altro, facendo schizzare il sangue ovunque. Il liquido le bagnò il viso e i vestiti, donandole un po' di colore, ma anche una strana e incredibile sensazione di potere. Nella battaglia, nel tenere fra le mani una spada si sentiva un dio, si sentiva superiore, anche perché sapeva di essere un'abile guerriera e spadaccina, proprio come i suoi genitori.
Si guardò intorno, cercandolo, osservando il campo di battaglia per vedere dove diavolo si fosse nascosto il suo nemico numero uno, quello che doveva cercare in tutti modi di annientare, quello che aveva predetto la loro mossa, incredibilmente.
-Mustafà, fatevi avanti, dove diavolo siete! Sono qui, tutta per voi. O avete forse paura di essere sconfitto da una donna? -
-Per Allah!- Gridò un turco, correndole incontro con la sciabola alzata al cielo. Zafiraa si scostò all'ultimo minuto, spingendolo per terra e affondandogli la lama nel petto; la sentì penetrare nel cuore dell'uomo e la sua vita lasciare il corpo lentamente, man mano che i battiti rallentavano. - Stupido turco, pensavi di potermi battere?-
-Lui certamente non era in grado di farlo, ma io sì. Zafiraa finalmente ci rincontriamo. - Mustafà era dietro di lei, l'aveva raggiunta finalmente e in lui non c'era una goccia di sangue o qualcosa che facesse credere di essere stato occupato in una battaglia.
-Adesso lasciate fare il lavoro sporco ai vostri lacchè? Che razza di uomo e capitano siete? -
-Almeno io sono un uomo e mi conviene fare questo lavoro, ma voi siete una donna. Le donne devono stare a casa, a curare i figli, non a fare questo genere di cose. Siete deboli e stupide. -
Zafiraa fece un suono simile a un ringhio e attaccò, sferrando il primo colpo che Mustafà riuscì a reggere. Si conoscevano ormai da due anni e sapevano l'uno il punto debole dell'altra, dopo innumerevoli battaglie combattute. Zafiraa sapeva che la sua gamba sinistra era quella più debole, perché lei stessa vi aveva fatto un taglio profondo e lungo con la sua spada e non si era mai ripreso; mentre Mustafà sapeva che il suo punto debole era il fianco destro, perché lui stesso vi aveva affondato la spada.
-Azzardati solo un'altra volta ad insultare il mio sesso e ti farò saltare entrambe le mani. - Zafiraa cercò di colpirlo con un calcio, ma fu afferrata per il piede e cadde a terra, battendo forte la schiena; spalancò lo sguardo quando vide la lama del suo avversario arrivarle addosso ed ebbe la prontezza di spostarsi. Tuttavia il suo cappello venne infilzato al terreno ed i suoi capelli bianchi le caddero sulla schiena come una cascata di onde. Mustafà la guardò a bocca aperta, mentre la battaglia continuava senza mai fermarsi; ma lei non lasciò che lui aprisse bocca e gli si fiondò addosso, buttando la spada al lato. Lo riempì di pugni, facendogli sanguinare il viso barbuto.
-Non mi guardate mai più così, sono stata chiara? - Un suono di tromba mise fine alla battaglia. Zafiraa si alzò da terra, abbandonando il corpo dell'uomo lì e afferrando anche la sua di spada. Alexandros, suo fratello, era riuscito a sgattaiolare sulla nave e indirizzare i cannoni sulla spiaggia. Il suono avvertiva ai suoi di ritirarsi, mentre i nemici venivano bombardati uno ad uno da palle di fuoco. Questo round lo aveva vinto Zafiraa.


*** ***
Zafiraa uscì dalla locanda, volendo respirare un po' d'aria fresca. Giocava con il medaglione che sua madre le aveva regalato per proteggerla. Era a forma di cuore sul quale erano state incise delle onde. Le aveva detto che a regalarglielo era stato suo zio Ibrahim come regalo di nozze, tanto tempo prima e lei adesso voleva darlo a sua figlia.
I suoi genitori ne parlavano sempre. Lo dipingevano come un uomo rude, anche se molto gentile e dal cuore grande. Per le persone che amava avrebbe fatto di tutto e proprio per quel motivo fu ucciso, diciotto anni prima dal sultano.
Beh, in effetti questo non glielo avevano detto i suoi genitori, ma l'aveva origliato da una conversazione avvenuta tra loro e una donna dai capelli rossi, che veniva a trovarli una volta ogni tanto. I suoi genitori si comportavano sempre in modo strano durante la sua breve permanenza, perché la nascondevano, richiudendola da qualche parte o facendole fare qualcosa che doveva portarla fuori dalla nave. Era un comportamento molto strano, perché non avevano mai manifestato quel tipo di reazione con nessuno, tranne che con lei.
Era talmente persa nei suoi pensieri che non si accorse del gruppetto di uomini, che portavano l'uniforme di Mustafà, raggiungerla ed accerchiarla.
Zafiraa portò subito la mano lì dove teneva la spada, ma si rese conto di averla lasciata a suo fratello perché la portasse ad affilare.
-Maledizione! - Borbottò fra i denti, pronta a difendersi con le mani. Ma non sarebbe servito a nulla, perché erano in netta maggioranza e lei era solo una, per di più stordita dal vino. - Che cosa volete da me, sporchi turchi ? -
-Farti fare una bella gita, strega dai capelli bianchi. - Due uomini l'afferrarono per le braccia e altri due per le gambe, ignorando le sue urla e il suo dimenarsi continuo.
-Lasciatemi o vi farò mangiare dagli squali del pacifico, maledetti turchi. Ho detto lasciatemi! Alexandros, padre, madre! - Zafiraa cercò di liberarsi mordendo la mano di uno dei suoi rapitori, ma fu inutile perché quelli non la lasciavano andare.
-Fatela stare zitta. - Uno di loro la lasciò cadere per terra per poi afferrandole la testa, sbattendola al suolo. Zafiraa perdette i sensi e in quel modo i turchi poterono portarla ad Amasya. Avevano deciso di fare un regalo inaspettato al loro padrone e futuro sultano Mustafà, una sorpresa molto gradita.


*** ***


Amasya*, sanjak* di Şehzade* Mustafa Muhlisi.




-Rumeysa, vieni qui. - Mustafà chiamò la moglie, che stava leggendo un libro delle fiabe ai figli Mehmed, Orhan e Mihrişah. Era una bellissima donna, gentile e dolce; quando l'aveva vista per la prima volta nel suo harem l'aveva colpita, per questo motivo l'aveva resa la sua Favorita e aveva avuto tre figli, meravigliosi e ben educati, che amava moltissimo. Lui, di certo, non era come suo padre, che amava solamente i figli che gli aveva dato Hurrem.
-Dimmi, marito mio, che cosa posso fare per te? -
-Devo andare a risolvere delle questioni. Mi hanno chiamato. - Mustafà le sorrise, baciandole dolcemente la fronte.
-Ma sono le nove di sera ed è una settimana che sei tornato da noi tutto dolorante e sanguinante. Il tuo bel viso deve ancora guarire da ciò che ti ha fatto quella bestia di un pirata. -
-Sarò di ritorno tra un'ora, Rumeysa, non preoccuparti. Adesso saluto i bambini. - Mustafà baciò la moglie, per poi entrare nelle sue stanze dove i suoi figli erano accoccolati, l'uno vicino all'altra. Mihrişah, la minore, si alzò e gli corse incontro, buttandogli le braccia addosso.
-Padre, non mi dite che state partendo! Io voglio stare ancora con voi! - La bimba gli tirò la barba, facendo sì che il padre la guardasse nei grandi occhi scuri. - Se partirete ora, io non vi parlerò mai più. -
Mustafà rise, baciandole una guancia e rimettendola sotto le coperte. Guardò i suoi figli, sentendo il cuore esplodergli di orgoglio e amore e disse: -Non sarò via per molto. Solo poche ore, il popolo ha bisogno di me. Devo imparare ad essere un bravo sovrano, proprio come vostro nonno, e una volta che lo avrò imparato e andremo a Palazzo Topkapi a Costantinopoli, allora prometto che non vi lascerò mai, neanche per un'ora. -
Si intrattenne ancora per qualche secondo con i figli, leggendo loro delle storie e quando si furono addormentati, andò nei sotterranei.
Alcuni membri della sua ciurmaglia lo avevano fatto chiamare, dicendogli che avevano qualcosa di molto succulento su cui poteva mettere le mani, un regalo per il suo imminente compleanno.
Incontrò i cinque uomini nei sotterranei del palazzo, i quali, senza parlare lo condussero ad una cella, l'unica piena. Stesa per terra c'era una ragazza, vestita da uomo, con i capelli bianchi come la neve.
Mustafà sorrise, passandosi la lingua sul labbro. - Adesso sì, che ci divertiremo, amici miei. -






nda: Amasya è una provincia turca affidata a Mustafà dopo essergli stato detto di andarsene da Manisa in favore del fratello, figlio di Hurrem, Mehmed. L'Amasya si trova nell'Anatolia. Sanjak significa suddivisione. Uno 'sanjak' nell'impero ottomano era una provincia o distretto, che potevano essere governato dagli eredi al trono. Şehzade significa principe in turco.

Eccomi qui| Come vi sembra questo capitolo? E' corto lo so, ma la vera storia inizierà dal prossimo. Questo è servito da introduzione ai personaggi. Avrete intuito che caratterini hanno i nostri due protagonisit! Ma di certo non saranno gli unici personaggi, ce ne saranno altri che amerete/odierete. Keep calm che siamo ancora all'inizio.
Ho realizzato il video della storia, lo trovate su YouTube, sotto il nome di 'Rinnegati: Neve e Fuoco'.
Beh, fatemi sapere tutto; impressioni, teorie, se vi è piaciuto o meno e se avete consigli da darmi fate pure.
Al prossimo capitolo xx


 
   
 
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