In the corner of the room
I have wasted my time
Dwelling in the shadows of the past
In the front seat did you hear my heart beat…
Woooh so I can face it
Woooh and I will chase it
Woooh I will embrace it…
You can’t outrun your skeleton
No way no way…
In the corner of the room!
(“Skeleton”
– Dolores O’ Riordan)
Non
aveva avuto più un attimo di pace.
Alla
fine, ciò che Tristan gli aveva sibilato in faccia prima di essere rinchiuso
nel container si era rivelato vero.
Lo
aveva seppellito in fondo al mare, ma non aveva potuto seppellire allo stesso
modo la parte più autentica di se stesso.
E
adesso si sentiva soffocare, esattamente come Tristan nei profondi abissi… era
come se un macigno gli si fosse piantato nel petto e lo opprimesse.
Non
poteva andare avanti così.
Aveva
resistito una settimana, poi un mese, poi due…
Alla
fine aveva ceduto.
Era
sceso fino in fondo al mare per distruggere quel sarcofago e salvare Tristan,
lo aveva portato sulla terraferma, lo aveva guardato mentre tossiva e sputava
acqua e poi… e poi, finalmente, quando lo aveva visto riprendere fiato,
ansante, con gli occhi sgranati e increduli, anche il macigno che aveva nel
petto aveva iniziato a sciogliersi e a liberarlo.
Non
del tutto, però, non ancora.
Aveva
trasportato il giovane fino al palazzo dei Mikaelson, lo aveva persino ospitato
nella sua stanza.
Per tenerlo
d’occhio, per controllarlo, si era detto. Non posso comunque fidarmi di lui.
Tristan
non aveva accennato la minima reazione, non aveva detto una parola, si era
limitato a guardarsi intorno con quei grandi occhi chiari… in cui, però, pareva
non ci fosse altro che confusione.
La
prima reazione che era riuscito a provocargli era stata quando aveva tentato di
metterlo sotto la doccia per ripulirlo dall’acqua marcia che aveva addosso.
Sentendo l’acqua scorrergli sul viso, il ragazzo aveva perso la testa, si era
ribellato con le poche energie rimastegli, aveva emesso gemiti e mugolii e solo
con molta fatica Elijah, pur essendo molto più forte di lui, era riuscito
nell’impresa di lavarlo.
Dopo
averlo asciugato e avergli dato degli abiti puliti, lo aveva aiutato a mettersi
sul letto.
Ancora
senza una parola, Tristan si era infilato sotto le coperte e voltato dalla
parte opposta, dandogli la schiena.
Tutto
ciò era avvenuto la notte prima e adesso Elijah rifletteva sull’accaduto, nella
tranquillità dello studio dell’immenso palazzo dei Mikaelson. Non sapeva più se
avesse fatto bene o male a salvare Tristan dalla sua atroce condanna. Il suo
intento, o perlomeno ciò che sosteneva con se stesso, era quello di fare con
lui ciò che non aveva fatto prima, tentare di guidarlo, magari anche
forzatamente, dalla sua parte. Farne un alleato, ridare umanità al mostro,
valersi di lui per proteggere ancora una volta la famiglia.
Se io sono un
mostro, sei stato tu a crearmi: tutto ciò che ho fatto ricade su di te. Le tue
mani sono lorde del sangue delle mie vittime!
Questo
gli aveva detto Tristan prima di essere rinchiuso. Questo Elijah non poteva
dimenticare.
Adesso
le cose sarebbero cambiate…
Ma
era forse troppo tardi? Tristan aveva forse perduto l’ultimo barlume di senno
che gli rimaneva in fondo agli abissi? Si sarebbe rivelato un nemico ancora più
pericoloso?
La
tranquillità dello studio fu ben presto interrotta, quando Klaus si precipitò
come una furia dentro la stanza, sbattendosi la porta alle spalle.
“Elijah,
non puoi averlo fatto davvero!” esclamò, senza nemmeno degnarsi di spiegarsi
meglio.
Il
fratello alzò lo sguardo e lo squadrò da capo a piedi senza mostrare la minima
emozione.
“Non
so di che cosa tu stia parlando, Niklaus, perciò non posso dirti se l’ho fatto
o meno” rispose, laconico.
“Hai
veramente tirato fuori il piccolo mostro dal fondo del mare e… e l’hai portato
in casa nostra? Nella nostra casa? Ma sei completamente impazzito?” insisté
Klaus, furibondo e incredulo allo stesso tempo.
“Vorrei
sapere chi ti riferisce cose del genere. Non mi piace essere spiato, mi fa
pensare che tu non ti fidi di tuo fratello” replicò Elijah, mantenendosi calmo
mentre Klaus era molto nervoso.
“A
quanto pare faccio benissimo a non fidarmi! Ma che cosa ti è passato per la
testa, si può sapere? Quel maledetto ci ha traditi e ha tramato per eliminarci.
Ha rapito Rebekah, ha ucciso Jackson e per poco non ha fatto lo stesso con
Hayley. L’unico posto adatto a lui era quel container in fondo all’oceano e
adesso tu lo hai tirato fuori!”
Elijah
manteneva una perfetta padronanza di se stesso e questo lo metteva in una
posizione di vantaggio rispetto a Klaus, che si indignava sempre di più.
“Per
la precisione, è stata Aurora a rapire Rebekah e a confinarla in fondo
all’oceano all’insaputa dello stesso Tristan, è stata ancora Aurora a sottrarre
il cavallino di quercia bianca e a ricavarne proiettili ed è stata di nuovo lei
a cercare di uccidere noi e Freya” affermò Elijah. “Eppure tu hai continuato a
esitare. Se l’avessi eliminata quando vi siete ritrovati, invece di lasciarti
andare alle tue brame, forse avremmo potuto evitare molti spiacevoli
inconvenienti.”
Klaus
represse un gesto di stizza.
“Me
lo rinfaccerai per l’eternità? Va bene, ho sbagliato a fidarmi di Aurora, vuoi
che mi inginocchi ai tuoi piedi e ti chieda perdono?” fece, caustico.
“Tuttavia, se io ho commesso questo errore, allora tu ne hai commesso uno
ancora maggiore andando a liberare quel serpente di suo fratello e, cosa ancora
più grave, portandolo in casa nostra.
Prima ti permetti di giudicare me e poi prendi una decisione che ha
dell’assurdo?”
“Dovresti
ascoltare ciò che ho da dire invece di accusarmi. Niente mi impedirà di
eliminare Tristan se mi deluderà ancora, ti assicuro che ho il pieno controllo
su di lui. Ricorda, però, che siamo ancora sotto la minaccia della Profezia e
un’alleanza con Tristan potrebbe esserci utile per più di un motivo. Questa è
la sua occasione per redimersi e anche la mia per rimediare a ciò che ho
lasciato che accadesse. Quello che lui ha detto prima che lo imprigionassi era
vero: sono stato io a crearlo ed è ora che me ne assuma la responsabilità”
ribatté Elijah senza scomporsi.
“Tristan
De Martel è sempre stato un manipolatore e tu sei caduto nella sua trappola?
Non posso credere che tu ti lasci influenzare da quello che ha detto, da quando
sei diventato così ingenuo? Lui non si metterà mai dalla nostra parte!”
“Non
sono ingenuo. Come ti ho già spiegato, il mio è soltanto un tentativo: se
Tristan mi deluderà ancora una volta, lo eliminerò definitivamente, ma nessuno
potrà dirmi che non ho fatto il possibile per rimediare ai miei errori. In
quanto all’alleanza, non è previsto che Tristan abbia voce in capitolo: si
metterà dalla nostra parte o morirà, a lui la scelta.”
“Questa
tua ossessione di redimere la gente comincia davvero a seccarmi” disse Klaus, sconfitto
dall’ostinazione del fratello. “Va bene, fai quello che vuoi, l’importante è
che non sia qualcuno di noi a rimetterci!”
“Pensi
davvero che metterei in pericolo la mia famiglia, Niklaus? Mi conosci dunque
così poco? Spero che tu non abbia dimenticato chi sono io e che cosa faccio a
chi fa del male alla mia famiglia” replicò lapidario Elijah. “Non osare
metterlo in dubbio nemmeno per un istante.”
Klaus
non trovò nulla da replicare.
“Tieni
presente, inoltre, che avere qui Tristan come ostaggio potrebbe consentirci di
catturare anche Aurora” aggiunse l’Originale. “Credevamo di esserci liberati di
lei, ma poi è scomparsa e adesso ignoriamo dove si trovi. Aurora è totalmente
fuori controllo e per questo doppiamente pericolosa ma, se venisse a sapere che
Tristan si trova nelle nostre mani, potrebbe ignorare la prudenza e noi
l’avremmo in nostro potere. Ho valutato bene tutti i lati positivi di questa
situazione, non dubitarne.”
Dette
queste parole, Elijah ritenne chiusa la conversazione e, ignorando il fratello,
uscì dalla stanza per andare a controllare il suo prigioniero. Quella mattina
gli aveva lasciato due delle sacche di sangue che tenevano di scorta, nel caso
si fosse svegliato mentre lui non c’era. Sapeva che la lunga permanenza nel
sarcofago in fondo all’oceano lo aveva prosciugato di ogni energia e che
avrebbe avuto bisogno di tempo e nutrimento per riprendere le forze, tuttavia
era sorpreso dal fatto che fosse caduto in un sonno tanto profondo e
prolungato. Non si era mosso per tutta la notte e pareva che respirasse appena…
si domandò ancora una volta se quel tipo di supplizio potesse avergli lasciato
dei danni permanenti.
Tristan,
invece, nel frattempo si era svegliato. Le sacche di sangue erano vuote ed,
evidentemente, gli avevano fornito sufficiente energia per alzarsi dal letto,
anche se il tragitto compiuto era stato piuttosto breve. Elijah lo trovò in
piedi davanti alla finestra, avvolto in una coperta, che cercava di immergersi
nel raggio di sole che filtrava dalle persiane socchiuse e guardava fisso
qualcosa fuori. Non si voltò nemmeno quando il suo Creatore entrò nella stanza
e richiuse la porta dietro di sé.
“Che
cosa ci fai lì?” gli domandò.
“E’
freddo…” mormorò appena Tristan. La voce era debolissima, forse perché le corde
vocali erano state inutilizzate tanto a lungo… o forse perché aveva gridato
disperatamente e inutilmente per così tanto tempo da consumarle. “Volevo
scaldarmi.”
“Qui
non è freddo” si stupì Elijah, prima di rendersi conto che, per Tristan, il
gelo proveniva da dentro e non sarebbe passato tanto facilmente. Un altro
pensiero si presentò fugace nella sua mente: il giovane Conte De Martel aveva
conservato il suo anello solare perfino in fondo all’oceano ed era per questo
che adesso poteva tentare di scaldarsi nella lamina di luce che penetrava dalle
persiane, ma… aveva davvero verificato di indossare ancora l’anello o, al
contrario, il suo era stato un semplice azzardo? “Ad ogni modo, vedo che sei
riuscito ad alzarti e ciò significa che stai recuperando le forze.”
Il
giovane si strinse nelle spalle e continuò a guardare fuori dalla finestra,
come se avesse davanti uno spettacolo interessantissimo. Non si era voltato
verso Elijah nemmeno per un istante.
“Molto
bene” disse allora l’Originale. “Dato che ti sei svegliato, possiamo parlare.
Ovviamente non ho avuto modo di spiegarti niente ieri notte, quando sono venuto
a liberarti, ma c’è un motivo ben preciso se sei qui adesso.”
Nessuna
risposta, nessuna reazione da parte di Tristan.
Elijah
mosse qualche passo verso di lui e continuò quello che sembrava un monologo.
“Avevi
ragione quando hai detto che la responsabilità di ciò che sei diventato è mia.
Sono stato io a crearti, tu sei la mia prima creatura e io ti ho lasciato a te
stesso, divenendo in un certo qual senso complice delle tue azioni malvage”
riprese. “Questa è una seconda possibilità che sto offrendo a te per redimerti
e a me stesso per rimediare ai miei errori: tenterò di educarti, guidarti e
fare di te un valido aiuto per la mia famiglia, ne hai sicuramente le
potenzialità e a noi serve tutto l’aiuto possibile in questo frangente, sotto
la minaccia della Profezia.”
“E
se fosse troppo tardi? Se non ci fosse più niente da redimere in me?” domandò Tristan, ma era come se in fondo non gli
importasse. Continuava a fissare fuori dalla finestra, come ipnotizzato da
qualcosa, e tutte le sue reazioni sembravano in qualche modo rallentate.
“Beh,
in quel caso sarebbe un vero peccato” replicò Elijah. Il suo tono era
volutamente cinico, ma dentro di sé quel macigno che lo aveva oppresso per
tanto tempo cominciava a farsi sentire di nuovo. “Se non ci fosse modo di
recuperarti, sarei costretto a eliminarti una volta per tutte, senza alcuna
possibilità di tornare indietro. E tu sai che lo farei. A quel punto, però,
saprei di aver fatto tutto il possibile e non avrei più alcun dubbio di aver
agito per il meglio. Sono stato abbastanza chiaro?”
“Cristallino”
fu la laconica risposta di Tristan. Si aggiustò meglio la coperta addosso,
cercando di ricavarne il massimo calore possibile, e non disse altro.
“Bene,
allora riflettici bene e cerca di fare la scelta giusta” concluse Elijah, prima
di lasciare la stanza.
Solo
quando ebbe udito la porta richiudersi e i passi del suo Sire allontanarsi
lungo il corridoio, solo allora Tristan si decise a voltarsi e a lasciar vagare
lo sguardo sulla camera in cui, comunque, si trovava prigioniero.
Aveva
volutamente evitato qualsiasi contatto visivo con il suo Creatore: in quel
momento era troppo debole e fragile per sopportarlo e non sapeva come avrebbe
potuto reagire.
Odiava
e temeva quella sua dipendenza, ma era altrettanto consapevole di non potersene
liberare.
Tristan
si strinse ancora di più la coperta attorno al corpo e si sedette nell’angolo
della stanza accanto alla finestra, raggomitolandosi su se stesso come aveva
fatto all’interno del container.
Non
era poi così diverso, in fondo, era ancora e sempre prigioniero.
FINE