Un uomo che fino al giorno prima per me era stato solo uno sconosciuto, mi aveva salvato la vita, salvandola anche a Michael, Lincoln e Sucre. Non avevo avuto molto tempo per conoscerlo, ma avevo intuito che tipo d’uomo fosse. Aldo aveva commesso degli sbagli, soprattutto nei confronti dei suoi figli, ma si era impegnato sul serio per rimediare ed era morto provandoci.
Veder piangere Michael per la morte del padre era stato straziante. Si erano appena ritrovati, giusto il tempo per potersi dire addio per sempre. Era così ingiusto, ingiusto e orribile.
Lincoln e suo fratello decisero di seppellire il padre su un’altura. Mentre i due fratelli si occupavano di scavare la fossa per l’ultimo saluto ad Aldo, io e Sucre rimanemmo in disparte, seduti sul cofano della macchina, per lasciare loro il tempo di piangere in privato il padre da poco ritrovato e troppo prematuramente perso.
- E’ così ingiusto. - sospirò Fernando accanto a me.
- Era un brav’uomo. Non meritava questa fine. - concordai.
- Ma come avrà fatto quel maledetto poliziotto a trovarci? Nessuno sapeva di questo posto.
- Che cosa farai adesso? - continuò il ragazzo, guardandomi preoccupato.
- Che vuoi dire?
- Beh, ti ha riconosciuta. Passerai dei guai per questo.
Avrebbe cercato nuovamente di convincere i giudici che fossi colpevole? Ma certo che l’avrebbe fatto, non aspettava altro. Probabilmente avrebbe anche cercato di accusarmi di favoreggiamento e concorso in evasione, ma per mia fortuna non c’erano ancora prove che dimostrassero il mio coinvolgimento e l’avermi trovata in compagnia di tre ex galeotti non provava affatto che avessi contribuito a farli scappare. Dovevo procurarmi una buona difesa al più presto se volevo contrastare la “minaccia Mahone”, o anche questa volta sarei stata spacciata.
- Stai rischiando di mettere a repentaglio la libertà per la seconda volta, lo sai? Quando a Fox River dicevi di essere troppo impulsiva credevo che scherzassi. Qui non si tratta di impulsività ma di incoscienza.
- Scusa tanto, ma tu non sei quello che ha deciso di evadere quando gli mancavano appena 16 mesi da scontare prima della scarcerazione?
- Avevo le mie ragioni! - rispose piccato. - La mia donna sta per mettere al mondo il mio bambino e io sto rischiando di perderli entrambi. Io l’ho fatto per amore.
- E io l’ho fatto per vocazione invece? Secondo te sono venuta nel New Mexico per ammirare le bellezze del luogo?
Lo fissai accigliata, chiedendomi se una botta di calore non lo avesse fatto rincretinire del tutto.
- Ma certo! Lo hai fatto per Michael. - Sorrise compiaciuto come un ebete. Io sospirai seccata. - Però hai rischiato di rimanerci secca.
- Ma dai, non me ne ero accorta!
- Ti sei proprio innamorata del nostro amico, eh? Forte!
- Oh, ma piantala. - sbuffai, colpendolo con una leggera gomitata. - Queste ultime due settimane sono state terribili. Non sai che ansia giorno dopo giorno, sapendo che la polizia di mezzo stato vi stava dando la caccia. Sono proprio senza speranze. L’unico uomo di cui io mi sia mai innamorata è un ex detenuto evaso che dice di amarmi e poi va a Gila ad incontrare un’altra donna.
- Sara? Noo, Michael non è quel tipo di ragazzo. E’ cotto di te, credimi, io me ne intendo. Ti stai preoccupando per niente.
- Tu credi? Allora senti questa: il giorno prima dell’evasione, ho beccato Michael e Sara in infermeria che si stavano baciando. Michael dice che non ha significato nulla, ma oggi scopro che due giorni fa lui è andato a Gila ad incontrare Sara. Perché è riuscito a trovare un modo per contattare lei e ha aspettato che fossi io a ritrovare lui?
- Gwen…
- Lascia stare. - lo interruppi prima di procedere verso un territorio spinoso. - Lo sai, non è che non mi fidi di lui, solo non riesco a farmi andare giù questa storia che Sara sia la chiave di tutto e l’unica che possa mettervi fine una volta per tutte. Lei è innamorata di Michael, è così evidente. Gli ha lasciato la porta dell’infermeria aperta perché potesse evadere ed è andata ad incontrarlo a Gila… quindi non dire che mi sto preoccupando per niente.
Michael aveva un’espressione così triste, inconsolabile. Aveva rimesso gli occhiali da sole per nascondere gli occhi rossi e gonfi. A quel punto mi ero avvicinata a lui, poi avevo sentito la sua mano fredda cercare la mia e allora avevo capito quanto in quel momento avesse bisogno di me. Non lo avrei mai più lasciato da solo. Lo avrei protetto dal mondo intero se me lo avesse chiesto.
- Mi dispiace tanto per vostro padre, ragazzi… E’ molto triste che sia finita così. - dissi.
- E lui cominciare a far parte della nostra. - completò Lincoln guardando lontano, assorto.
L’espressione di Michael si fece seria e mesta allo stesso tempo, persa in qualche ricordo doloroso che mai avrebbe rimosso.
- Avevo 11 anni. Nostra madre era morta da poco e Lincoln era finito in riformatorio, così i servizi sociali mi affidarono a questo… “patrigno”. - pronunciò quell’ultima parola con tono disgustato. - Lui mi puniva. Mi chiudeva in uno stanzino buio quando non voleva avermi tra i piedi, e quando un giorno provai ad uscire dopo un’intera mattinata rimasto in quello stanzino, lui mi picchiò così forte che persi i sensi.
- Restai in quella casa per 6 mesi, - riprese Michael. - finché una mattina la porta dello stanzino venne aperta e vidi per la prima volta mio padre. Mi disse che era tutto finito e che era venuto per portarmi via da lì, ma quando misi un piede fuori, vidi il mio patrigno steso a terra in una pozza di sangue, morto. Capii che era stato Aldo a massacrarlo. - Fece una pausa per riprendere fiato. - Credo di essere rimasto traumatizzato da ciò che ho visto quel giorno e credevo di odiare Aldo per quello che aveva fatto a quell’uomo, ma la verità è che ero contento. Pensavo davvero che quell’uomo meritasse di morire per quello che mi aveva fatto, e così è stato più facile odiare Aldo per avermi fatto scoprire quel lato oscuro di me ed è diventato ancora più facile qualche tempo dopo, quando Lincoln mi ha mostrato una foto di nostro padre. Quella è stata l’ultima volta che l’ho visto… prima di oggi.
- Che cosa facciamo adesso? - chiese all’improvviso Lincoln.
- Quindi niente Panama?
- No, niente Panama.
Lincoln lasciò me e Michael da soli dirigendosi verso Sucre, probabilmente per metterlo al corrente della nuova decisione presa. Nello stesso istante Michael mi attirò a sé, strattonandomi per la mano che ancora stringevo forte nella sua. Era di nuovo arrivato il momento dei saluti e nessuno dei due sembrava esserne contento.
- Dovrei esserci abituata ormai a lasciarti andare per la tua strada. - dissi ad occhi bassi.
- Non posso portarti con me.
- Lo so, è troppo pericoloso.
- Già. - Mi appoggiò le mani sulle spalle e all’improvviso la sua voce si fece molto seria. - Gwen, voglio che torni a casa dalla tua famiglia e che te ne stia al sicuro. Il tuo patrigno in passato non faceva parte delle forze dell’ordine o qualcosa del genere?
- Si, è stato sceriffo della nostra città per 2 anni.
- Meglio, sarai al sicuro restando insieme a lui.
- Avevo pensato anch’io di tornare da Keith. Adesso Mahone ha le prove che gli servivano per rispedirmi al fresco. Conoscendolo, avrà già allertato il suo dipartimento.
- No, io non credo. Il suo unico obiettivo siamo noi e non gli interessa affatto prenderci vivi, lui vuole ucciderci.
- Due giorni fa è riuscito a rintracciarmi a Gila e ha tentato di uccidermi. E’ già riuscito nel suo scopo con John e David e adesso vuole fare fuori anche noi e dimostrare di non aver avuto altra scelta.
- Ma per quale motivo dovrebbe farlo? Credi sia legato alla Compagnia?
- Non ne sono sicuro, ma se Mahone è davvero in combutta con la Compagnia la nostra unica speranza è trovare Sara, scoprire che cosa le ha dato suo padre prima di morire e fare luce su tutta questa storia una volta per tutte.
- Farò come dici tu allora, ma come la mettiamo con la mia famiglia? Non voglio nel modo più assoluto che Keith e Meredith vengano coinvolti.
Lo presi tra le braccia e lo strinsi forte a me, pregando che non gli accadesse nulla.
Odiavo il pensiero di doverlo lasciare andare di nuovo, proprio adesso che lo avevo ritrovato. Odiavo l’idea che rischiasse la vita e che quello potesse essere un addio. Ma sopra ogni cosa, odiavo non poterlo aiutare a combattere quella battaglia.
- Promettimi che terrai gli occhi aperti. - mi sussurrò a due centimetri dalla bocca.
- Solo se mi prometti che tornerai tutto intero. - replicai, premendo forte le mie labbra sulle sue.
- Cardellino.net - lessi ad alta voce. - Beh, poco male, così quando rischierò di morire d’infarto per la preoccupazione, potrò chiamarti per assicurarmi che siete ancora vivi e chiederti se sei ancora innamorato di me.
- Mmm… si, è proprio per questo che te l’ho dato. - rispose, chiudendomi la bocca con un bacio che avrebbe potuto infuocare persino quel torrido deserto.