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Autore: Mannu    04/06/2017    0 recensioni
Evan Karman, misterioso e imprendibile sicario, da qualche tempo ha assunto una nuova collaboratrice. Pianificatore meticoloso e attento, stavolta si trova ad avere a che fare con qualcosa che non aveva previsto. Un difficile lavoro da portare a termine e Nadia, la sua nuova e ingombrante "dipendente" che si rivela essere invadente e...
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Professionista'
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In società
6.

Nadia ricontrollò tutto da capo usando lo specchietto per il trucco. La parrucca era perfetta, si era truccata da capo e rivestita di tutto punto. Nemmeno Karman mi riconoscerebbe combinata così, si compiacque. Avevano studiato bene la preda: non sarebbe stata la prima volta che nel cuore della notte una escort di lusso si fosse presentata chiedendo del noto uomo d'affari. Il custode e il personale della sorveglianza notturna più volte avevano chiuso un occhio sull'andirivieni notturno di personaggi non sempre appartenenti al mondo della finanza. Le puttane di lusso erano comprese tra questi.
Scese dall'auto parcheggiata in un silo automatico odorante di ozono e lubrificante. Le telecamere e i sistemi informatici erano già stati oggetto delle attenzioni di Bitpuk e non se ne curò. Si diresse con la lunga falcata che le sue gambe le consentivano verso l'ingresso dell'edificio dove il suo uomo aveva uno dei suoi uffici.
La guardia sorrise al suo passaggio e non ebbe nulla da obiettare quando lei pronunciò il nome dell'uomo d'affari. La fece passare cogliendo l'occasione per divorarla con gli occhi. Nadia lasciò fare anche se la sensazione che qualcosa di viscido e freddo le scorresse sulla pelle nuda fu netta al punto da farle desiderare di tornare alla guardiola e uccidere a pugni il sorvegliante.
All'ascensore trovò un completo giacca-pantalone-occhiali tecnologici con dentro un gigante. Inquietante. Per domare un bestione del genere Karman le aveva dato un tubo-pistola a colpo singolo calibro dodici caricata con un proiettile perforante. Entro tre metri di distanza non c'era giacca corazzata in grado di fermare quel confetto. E tutto stava comodamente nascosto nella borsetta chic che teneva sotto il gomito, appesa alla spalla nuda.
Il gigante non fece una piega: Nadia salì sull'ascensore lindo e profumato che era lì ad attenderla e che l'avrebbe portata direttamente al piano desiderato, occupato per intero dall'ufficio del suo uomo.
Con la parete a specchio della cabina fece l'ultimo controllo. Una snella donna dai lunghi capelli corvini la fissava elegantissima: impermeabile nero semitrasparente, abito corto che metteva in mostra le lunghe gambe avvolte da collant neri di prima scelta, velatissimi. Una singola spalla era scoperta ma per evitare volgarità un succinto coprispalle di pizzo nero fermato da spille dorate garantiva un eccitante gioco vedo-non vedo sulla pelle del braccio, della spalla e del petto lasciato scoperto dalla generosa scollatura. Costosa e ricercata bigiotteria e altrettanto costosi stivali col tacco completavano la sua figura. Quante figone come me ci sono in questo palazzo, si chiese. Alte due metri nessuna, si rammaricò. Quello che era per lei un bel punto di forza era anche un grave svantaggio: avrebbe potuto travestirsi bene quanto voleva, la sua altezza rimaneva impossibile da mascherare.
Superò agevolmente anche i due gorilla che trovò al piano: talmente avvezzi a vedere passare visitatrici a quell'ora di notte che nemmeno si mossero né le puntarono addosso le nere lenti indagatrici degli occhiali tecnologici che entrambi indossavano.
Tra odorosi arredamenti di lusso e veri quadri alle pareti percorse la strada che le era stata descritta senza incertezze, come se fosse un'abituale frequentatrice di quel luogo normalmente inaccessibile. Le tecniche mnemoniche che Karman aveva insistito a farle perfezionare finalmente erano tornate utili.
Spinse la porta che le sbarrava la strada: vero legno nero con una maniglia dorata, la serratura elettronica che indicava “accesso consentito”.
Luther Ethan Jones era accomodato nella sua smisurata poltrona imbottita, un trono di pelle e cuscini, davanti a un proiettore olografico ad altissima risoluzione. Un'intera orchestra in miniatura era ai suoi piedi. L'impianto ad alta fedeltà riempiva la stanza di musica classica. L'uomo le rivolse uno sguardo dapprima perplesso, poi la sua espressione corrucciata si sciolse in un sorriso.
- Non ti piace ciò che vedi? - lo apostrofò. Ancheggiò per rincarare la dose ma un luccichio inedito negli occhi dell'uomo le suggerì che non era necessario: nell'attesa si era aiutato con qualcosa di chimico che non era alcol. La bottiglia sul tavolo vicino era ancora chiusa e i bicchieri puliti.
- Certo che sei la regina dell'incognito... sembri un'altra.
- Nemmeno la mamma mi riconoscerebbe – sentenziò misurando l'ampio locale coi suoi lunghi passi.
L'arredamento era ricco ma non sfarzoso, abbondante ma funzionale. I materiali dominanti erano legno, vero legno, e metallo lucidissimo. C'erano anche superfici di cristallo linde e perfette; tutti i soprammobili parevano oggetti d'arte e non si vedeva un granello di polvere. L'illuminazione era abbassata e dalla parete panoramica polarizzata filtravano le luci notturne del settimo settore. Un grosso drone passò volando pigro e muto a poche decine di metri di distanza da lei, le sue luci colorate lampeggianti le lasciarono scie sulle retine, il faro di navigazione era una lama che tagliava la notte artificiale della Stazione.
- Ecco ciò che si dice una posizione dominante – disse contemplando il panorama. Jones la raggiunse e le mise le mani sulle braccia. Pelle contro pelle, caldissime. Nadia le trovò piacevoli e si lasciò toccare, carezzare. Sorrise e sospirò dolcemente per dare credito alle proprie intenzioni.
- Ti si addice...
- Un posto elevato?
- In tutti i sensi – insisté.
L'abbracciò da dietro e se la strinse al petto.
- Non sono uno che si accontenta. In alto per me non basta. Tanto non basta. Io voglio sempre di più – le sussurrò.
Nadia si liberò dalla presa e chiese da bere. Lo osservò allontanarsi dall'ampia vetrata corazzata, versare il liquore in due bicchieri e tornare da lei. Brindarono.
- E per avere tutto, sei disposto a tutto?
- Lo sono.
- Davvero faresti qualsiasi cosa?
Jones si strinse nelle spalle.
- Già ho fatto molto. Sono pronto a fare altrettanto.
- Sbaragliare avversari con ogni metodo? Affondare intere zaibatsu giocando sporco, falsificando, corrompendo...
- Sei molto ben informata – Jones si fece guardingo. Nadia lo sentì raffreddarsi e insospettirsi. Temette d'aver fatto un passo falso e cercò di recuperare.
- Non credere che sia nata ieri... non sarò brava come te ma anche io so fare cose... e sono disposta a farne ancora...
Si appoggiò al freddo crilex blindato, molle e lasciva. Le lucide labbra promettenti, schiuse a mostrare i denti bianchi in un lungo sospiro di passione. Con un unico studiato gesto della mano ricacciò i lunghi capelli corvini dietro le spalle e si liberò del coprispalle.
- …discutibili... - aggiunse, facendo cadere l'unica spallina del miniabito.
Sobbalzò per lo spavento scostandosi dalla finestra. Uno schiocco proveniente dal crilex, come se qualcuno avesse lanciato un sassolino contro la finestra. Difficile, all'ottantasettesimo piano. Jones si afflosciò sul suo ricco e spesso tappeto come un sacco vuoto. Odore di bruciato nell'aria. Capelli bruciati. Nadia osservò un filo di fumo chiaro arricciarsi salendo dalla nuca dell'uomo. Un piccolo sibilo: proveniva dalla finestra, da un punto alla medesima altezza della testa del defunto squalo della finanza. Tre forellini piccolissimi ma ben visibili, molto vicini: la differenza di pressione tra l'interno e l'esterno li faceva sibilare.
Nadia raccolse tutte le sue cose e si preparò alla parte finale del piano.
   
 
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