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Autore: mxrlynians    06/06/2017    1 recensioni
Che cos'hai fatto Arthur?
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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BURN IT DOWN

 

 

«So when you fall,
i'll take my turn
and fan the flames
as your blazes burn.»

-Linkin Park
BURN IT DOWN-

 

 

 

 

 

 

 

 

«In fine, la colpa non fu attribuita a Mordred, o Morgana, o a qualsiasi altro stregone che abbia mai messo piede in Camelot; no, era stato Arthur, il Re stesso, che distrusse Camelot.
Distrusse tutto con il proprio odio, la sua mente chiusa, non aperta al cambiamento, la sua arroganza e l'incapacità di vedere oltre la rabbia accecante, che bruciava nelle vene e offuscava la sua vista.

Aveva perso il conto delle persone che lo avevano supplicato, pregandolo di cambiare idea, di fermarsi, prima che fosse troppo tardi; ma aveva ignorato tutti, fiducioso nella sua decisione, incurante del modo in cui Camelot stava pian piano crollando.
Guardando indietro, poteva vedere le medesime pietre con cui fu eretta la città che gli intimavano di cambiare idea, avvertendolo di non fare l'atto nefasto, ma lui non ascoltò.

Si era stabilito la corona sulla testa, con fierezza, non totalmente conscio di quello che stava per fare, il suo mantello gli cinse le spalle, rosso come il sangue della persona a lui più cara, avvolto in un orgoglio in fondato, avanzò sul balcone.

La magia era il male, non doveva essere tollerata, non doveva essere salvata o protetta; non c'era posto a Camelot per lei. La città doveva essere purificata, e così stava facendo, come fece suo padre, e come avrebbero fatto i suoi figlio dopo di lui.
Furono state le le urla strazianti di Gwen, che girò il capo lontano dalla vista raccapricciante, singhiozzando nella spalla di Gaius, che lo riportarono alla ragione.

Vide le lacrime che scesero sulle guance del vecchio, mentre fissava il suo protetto, che era diventato come un figlio per lui, aspettare la sua condanna.

Accecato dallo zelo che ardeva nei suoi occhi, senza nemmeno pensare, diede l'ordine di accendere la pira, e bruciare il traditore.

Egli osservò il cielo, osservò come il fumo nero saliva alto, sino a mischiarsi con le poche e pure nuvole bianche che c'erano quel giorno.

Le nuvole nere nascosero il mago, e Arthur si chiese perché non sentisse urlare, dopo tutto, stava bruciando vivo, un po' di dolore dovrà pur sentirlo, ma il ragazzo non fece nessun suono, nemmeno quando le fiamme bruciarono la sua pelle pallida come porcellana, come il fuoco perpetuo arrivò ai muscoli sciogliendoli come fosse zucchero, o come il calore bruciò le sue ossa fino a ridurle in cenere.

Verso la fine, i suoi occhi ritornarono chiari, ritornarono azzurri, come se le nuvole della rabbia e del delirio se ne fossero andate tutte, lasciando dietro di loro, una scia di odio e paura.

Arthur incontrò gli occhi di Merlin, che fino a quel momento rimasero aperti, il fumo li fece diventare rossi come il fuoco, piangeva Merlin, piangeva perché sapeva di aver fallito quell'unico compito che aveva da eseguire, piangeva perché il volto del sue Re divenne puro terrore quando si accorse quello che aveva fatto, piangeva perché non aveva protetto la persona che più amava al mondo, non lo aveva protetto da sé stesso.

Poi il ragazzo, lo stregone, disse una cosa che distrusse l'essere di Arthur Pendragon, distrusse tutto quello che era e tutto quello che sarebbe stato in futuro, disse quello che lo avrebbe tormentato per anni e anni, sognando una pira che brucia all'infinito con quelle tre parole di sottofondo.

 

«Io ti perdono.»

 

Tre parole che non avrebbero dovuto avere importanza maledizione, lui era il male, era la cose più impura che sia mai nata su questo mando, era la persona che mai lo avrebbe tradito, era l'unico di cui lui si fidasse ciecamente, e quando Merlin decise di fidarsi, lui lo ricompensò con il fuoco, riservato solo ai maghi, alle persone che non meritavano perdono.

Le lacrime scorrevano libere dagli occhi del Re, si rese conto di dove lo aveva condotto l'odio, la rabbia che lo aveva soggiogato come una vipera; era lui l'impuro, la persona da odiare.
Strappò la corona dalla sua testa, la fissò con orrore, guardando i rubini incastonati sull'oro forgiato più di mille anni fa, erano rossi, rossi come il sangue, la gettò giù dal bancone, rotolando, arrivò vicino alla pira, che ancora bruciava.

Cadde in ginocchio, urlando l'unico nome che non avrebbe mai dimenticato, l'unico che non avrebbe mai più nominato, per tutta la sua vita. Alzò lo sguardo, gli occhi rossi si concentrarono sul cumulo di macerie, ordinò di spegnerlo, ordinò di salvarlo, ma era troppo tardi, il ragazzo era sparito, ed era tutta colpa sua.

Le sue mani cominciarono a tremare, le iridi che le fissavano vedevano cremisi, il suo sangue, il sangue di Merlin era sulle sue mani, il sangue di Camelot era sulle sue dita, il sangue di Albione era suoi palmi.

Urlò, i capelli biondi che si macchiarono di rosso, si alzò sulle gambe malferme, e si diresse verso le sue camere, nel corridoio vuoto, non sentì niente, nessun rumore, solo le ultime parole del corvino che gli facevano eco nella mente, ora, insana.

 

 

No. No. No. No. Oddio, cos'ho fatto?

 

 

Il tonfo della porta che si chiudeva dietro di lui, lo riportò alla realtà, le mani strette al petto, gli mancava l'aria, sentiva il caldo delle fiamme che lo circondavano piano, alzò lo sguardo, e lo vide.

Merlin era lì, davanti a lui, sfregiato dalla furia del fuoco.

Arthur sorrise, un sorriso che presto scomparve.

Il ragazzo stringeva un bastone, dove il fuoco ardeva libero e senza restrizioni. Si avvicinò piano, stava ancora sorridendo Merlin, quel sorriso così beato e accusatorio.

 

«È colpa tua Arthur.»

 

E il Re indietreggiò, senza nemmeno alzarsi, la paura che divorava le sue viscere.

 

«Mi hai detto di sì, me l'hai urlato forte.»

 

E la distanza si accorciò ancora.

 

«Ed io ti ho creduto quando mi hai detto questa bugia, mi hai detto che mi avresti protetto Arthur, non ricordi?»

 

Un altro passo.

 

«Io ho giocato al soldato, tu al Re, e mi hai colpito quando ho baciato l'anello.»

 

Poteva sentire il crepitio del fuoco, una canzone così soave e leggera.

 

«Hai preso di diritto la mia vita, hai preso la corona, ti ho sostenuto, ma tu mi hai buttato a terra.»

 

Lanciò il bastone a piedi di Arthur, e tutto cominciò a bruciare, velocemente, le fiamme divorarono tutto, senza alcun rimorso.

 

«Perciò quando sarà il mio turno, e tu sarai caduto, alimenterò io le fiamme del tuo rogo.»

 

E con quelle ultime parole, il corpo sfregiato del suo amico scomparve, insieme al fumo e alle fiamme, che avvamparono all'interno della stanza del Re di Camelot.»

 

Da quel giorno, un'immensa voragine si formò all'interno del suo petto, che, giorno dopo giorno, lo divorava come un mostro in continua crescita, che lui stesso aveva creato.
La sua sanità fisica e mentale erano instabili, il soggetto presentava gravi sbalzi d'umore, più che frequenti durante il giorno, bipolarismo, e parlava di argomenti che, qui nel ventunesimo secolo, non si sono mai sentiti, come 'stregoneria', o 'caccia alle streghe'.

 

Dopo aver terminato il racconto, il signor Pendragon, si mise a fissare la finestra, continuando a mormorare parole che non esisto nella nostra lingua.

Afferma, inoltre, che lui sia Arthur Pendragon, figlio di Uther Pendragon, e che sia il Re di Camelot, assassino del suo più fedele compagno, Merlin lo Stregone.

Il soggetto è stato prelevato due giorni fa, e questo sarà l'ultimo resoconto che scriverò per lui.

Possiamo ufficialmente dire che Arthur Pendragon, sia guarito dalla sua pazzia.

 

 

 

 

Cordiali Saluti,

Dott. Merlin Emrys.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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