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Autore: MaDeSt    06/06/2017    4 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

I WANT A HUG

Il mese di Huunvod portò altre novità, perché di nuovo si cambiò elemento di studio e dalla Terra si passò all’Acqua sia in Elementi che in Evocazione e Manipolazione. Rispetto alla Terra risultò inaspettatamente facile da domare, ma pur sempre più restia al cambiamento rispetto all’Aria perché tendenzialmente immobile se non disturbata.
Mike si trovò bene fin da subito sebbene l’acqua in genere non gli piacesse e proprio per questo in un primo momento non riuscì a spiegarsi come mai invece gli risultasse così facile controllarla. Gli piacque addirittura, l’effetto traslucido tipico dell’elemento che distorceva qualsiasi cosa si trovasse dall’altra parte si mescolava con dei vivaci bagliori di quel blu elettrico che era la sua identità magica, quasi da perdersi allo sguardo e sembrare semplicemente acqua che brillasse di luce propria.
Anche Susan riuscì meglio degli altri nel controllo sull’Acqua, e notò con poco piacere che anche Velia sembrava riuscirci piuttosto facilmente. Più di una volta la guardò cupamente senza tuttavia perdere la concentrazione necessaria a portare avanti il proprio incantesimo; condividevano quasi persino il colore della loro identità magica, con la differenza che quello di Susan era un giallo splendente e vivace mentre quello di Velia era più pallido e paglierino, quasi tendente al grigio, ma certamente non era viola o verde. Era giallo, come il suo, e questo la faceva imbestialire nonostante non ce ne fosse motivo.
Mike si concentrò molto sulla lettura, cercando di impegnarsi a imparare per studiare per conto proprio, e sulla pratica clandestina chiuso nella sua cameretta; tutti loro talvolta facevano esercizi pratici di nascosto perché non si poteva fare fuori dalle aule, ma il più delle volte si riunivano per studiare insieme. Lui invece cominciò a cercare di restare da solo appena poteva, e il motivo di tutto ciò era solo uno: Layla.
Si sentiva troppo a disagio e sempre più spesso per i motivi più futili, quando si guardavano negli occhi a fatica riusciva a mantenere lo sguardo, arrossiva ogni volta che lei gli rivolgeva la parola, non riusciva a staccarle gli occhi di dosso e più volte si era reso conto di averla messa a disagio, quindi aveva dovuto rimediare in fretta per evitare che capisse che quel giorno, ormai mesi addietro, Jennifer aveva parlato di lui.
Aveva l’impressione che la ragazza avesse cominciato a tenerlo sotto controllo, e non voleva che lo pensasse neanche lontanamente. Doveva rimanere un segreto. Doveva continuare a pensare o che si trattasse di Cedric o che Jennifer l’avesse presa in giro.
Non se la sentiva di fronteggiarla perché già sapeva che non ne sarebbe stato in grado; verosimilmente sarebbe arrossito e avrebbe balbettato qualcosa d’incomprensibile per poi fuggire in imbarazzo. Nelle ultime settimane aveva addirittura faticato a dormire, svegliandosi anche più volte a notte apparentemente per nessuna ragione, salvo poi ricordare che aveva fatto un sogno o addirittura un incubo su Layla oppure su quei soldati che erano arrivati a ferirlo pur di spaventare lui e i suoi amici.
Gli altri notarono fin da subito che aveva qualcosa di strano, ma cercare di farlo parlare sembrava soltanto peggiorare la situazione, perché il ragazzino si stringeva nelle spalle a disagio e borbottava delle scuse, spesso tirando fuori la storia che per imparare a leggere aveva bisogno di solitudine e silenzio per concentrarsi.
«Puoi fare come me! Puoi unirti a noi, non è brutto!» gli aveva detto Susan la prima volta, riferendosi alle lezioni che sempre più spesso chiedeva a Cedric nei momenti liberi che condividevano.
Ma Mike quel giorno aveva scosso le spalle dicendo che preferiva fare da sé, e di lì in avanti non avevano provato a insistere più di tanto per ottenere le informazioni che bramavano.
Susan al contrario infatti aveva preso l’abitudine di sedersi in un luogo appartato e tranquillo accanto a Cedric, il quale si era finalmente convinto a farle da maestro. Fece lenti ma notevoli progressi e lui si scoprì un insegnante molto paziente, nelle prime due settimane di lettura lei si era limitata ad ascoltarlo leggere lentamente mentre il ragazzo teneva il segno col dito perché potesse seguirlo, e rispondeva a ogni sua domanda meglio che poteva.
Nelle ore di Manipolazione non avrebbero fatto pratica fino al rango successivo, al contrario ormai di tutte le altre materie salvo Storia e Astronomia che erano solo teoriche: in Guarigione avevano imparato piuttosto bene a scambiarsi energie vitali, sia chi fosse portato sia chi non lo fosse, e nelle ultime settimane avrebbero provato a curare alcune ferite appositamente inflitte all’insegnante; in Alchimia erano andati avanti a studiare come produrre i più svariati tipi di pozioni e veleni, ma le informazioni su ogni ingrediente da tenere a mente erano davvero troppe, come anche le variabili, gli esiti e le conseguenze degli errori; in Telepatia, dopo aver imparato a contattare le menti altrui, Meidrea li aveva introdotti alla difesa della mente e come schermarla per renderla invisibile a chi non sapesse esattamente dove trovare la persona, ma li aveva anche preparati annunciando che al rango successivo avrebbero provato a sfondare le difese di un compagno al contempo difendendo la propria mente, e questo aveva scoraggiato gran parte della classe a proseguire la materia; in Biologia nell’ultimo mese avevano studiato diversi esemplari di flora e fauna, imparato definitivamente a rifocillare le energie sfruttando l’ambiente attorno a loro e Dalca aveva persino accennato a come rintracciare il passaggio di qualcuno o qualcosa attraverso le tracce di energia o magia lasciate addosso alle piante tramite un contatto fisico diretto.
Nel frattempo il loro gruppo ristretto di sei individui - ed eventualmente Deala - si allargò comprendendo anche Noumea, Leudren, Ovittalia e Vill. A ogni pasto sedevano allo stesso tavolo e avevano cominciato a conoscersi più a fondo trovando piacevole la compagnia reciproca, e sempre più spesso capitava che studiassero assieme; tutti loro avevano una certa antipatia per Velia e la sua scorta per via dei loro atteggiamenti di superiorità e da branco, e questo li aiutò a solidificare i legami.
Leudren tra loro era il più adulto, aveva vent’anni ed era estremamente sicuro di sé, era piuttosto narcisista ed egocentrico, adorava le adulazioni, ma se non altro era abbastanza intelligente da capire quando un’altra persona aveva bisogno di spazio, silenzio, aiuto, o una parola di conforto. Tutto sommato risultava quasi empatico. Layla l’aveva preso in antipatia nei primi tempi perché essendo nato e cresciuto a Eunev era abituato a sentirsi superiore ai più sfortunati e alle donne, ma quei mesi di vita nella scuola l’avevano lievemente cambiato e reso più disponibile al dialogo e umile. Pur rimanendo un’inguaribile testa calda.
La timida Noumea per la stessa ragione era partita con un sacco di complessi d’inferiorità, non parlava mai perché così le era stato insegnato, e se parlava si assicurava di non interrompere nessuno, era molto educata e servizievole, estremamente empatica ma tutto sommato di buona compagnia. Soprattutto negli ultimi tempi che, pur ancora evitando di risultare invadente, si era un po’ sbloccata e aveva acquisito maggiore sicurezza di sé.
Vill al contrario era rimasto costante in quei mesi, non era diventato più aperto e non parlava mai di sé, anzi parlava davvero poco. Ma aveva un gran senso dell’umorismo e di responsabilità, il che faceva di lui uno di quelli con la testa mediamente più sulle spalle essendo molto cauto e riflessivo. L’unica cosa che era cambiata di lui era l’umore: da quando aveva passato l’esame per diventare un Ammesso avevano notato un certo rilassamento e una maggiore apertura alle emozioni - forse perché non sarebbe tornato a Vonemmen tanto presto.
Deala invece era sempre stata molto esuberante, una bomba di ottimismo, determinazione, spiccato umorismo e vitalità. Non aveva paura di lanciarsi in discussioni anche se dell’argomento sapeva poco o niente, giusto per il piacere di confrontarsi con qualcuno. Era sempre un piacere infatti quando a tavola si sedeva a mangiare con loro. Ma anche lei sapeva capire quando era tempo di tenere la bocca chiusa e rispettare il silenzio altrui.
Ovittalia, l’ultima componente del loro gruppo, era un po’ una pedina incerta. Non la vedevano spesso a causa degli orari troppo differenti, ma da quel poco che avevano appreso gli piaceva: aveva diciannove anni, era una persona vivace e solare, le piaceva parlare e sembrava che qualsiasi argomento di conversazione la interessasse. Anche lei era molto empatica e sensibile alle emozioni, il che ne faceva un’ottima spalla su cui piangere e confessarsi.
Tutti loro sapevano leggere, e questo diede un po’ di respiro al povero Cedric quelle volte che uno qualunque dei cinque nuovi amici decideva di studiare insieme a loro. La stragrande maggioranza degli altri studenti invece a loro non voleva neanche avvicinarsi proprio a causa di Velia e delle voci che aveva sparso aiutata dalla sua fedele amica Hranda e dai due bestioni Irea e Tegro.

Nella seconda metà del mese di nuovo le materie che studiavano gli elementi cambiarono incentrando ora le lezioni sull’ultimo elemento fondamentale rimasto: il Fuoco.
Era per certi versi molto simile all’Aria, molto facile da manipolare se si partiva da una fiamma già presente, ma al tempo stesso dotato di una natura più imprevedibile e sfuggevole, tendente alla distruzione e quindi difficile da tenere sotto controllo. Non furono molti gli studenti che in quelle ultime settimane da Ammessi furono capaci di controllarlo appieno, e Cedric fu l’unico tra i ragazzini di Darvil; sembrava molto più portato a controllare quello piuttosto che gli altri elementi, e ognuno aveva un elemento in cui eccellere: se Cedric era bravo col Fuoco, Jennifer era decisamente la migliore a manipolare la Terra seguita subito da Layla, Susan e Mike l’Acqua e Andrew l’Aria.
Velia invece sembrava portata tanto quanto Cedric, forse per via della sua personalità vivace e irruente rappresentata al meglio da quell’elemento piuttosto che dagli altri. Fu quindi di nuovo il suo turno di punzecchiare la giovane Susan, la quale già dopo la prima lezione di Evocazione diede di matto.
Ma quello era il diciassettesimo giorno del mese, in cui si festeggiava la sua festa della nascita: avrebbe compiuto tredici anni, e tutti e cinque gli amici decisero che l’avrebbero portata fuori Eunev a distrarsi per festeggiare in compagnia dei piccoli draghi.
Si portarono qualcosa da mangiare fuori da scuola, di nascosto, perché avevano intenzione di rimanere la notte a dormire coi cuccioli dato che la mattina seguente nessuno avrebbe avuto lezione; quella settimana, essendo la penultima prima degli esami, avevano ancora dei compiti da fare e dei libri da leggere, ma si dissero che un giorno avrebbero potuto prenderselo libero e dedicarlo interamente alla loro amica.
Vedere i piccoli draghi, e Sulphane in particolare, fece istantaneamente dimenticare a Susan la questione Velia e Fuoco. Corse incontro alla draghetta gialla levandosi la casacca e lasciandola a terra, mentre Sulphane le correva incontro a sua volta, e si saltarono addosso a vicenda per abbracciarsi. Susan si fece più male del previsto cozzando col corpo dell’altra ormai muscoloso sebbene ancora non pesasse quanto lei; cadde distesa a terra mentre la dragonessa atterrò sulle quattro zampe assumendo un’aria impassibile, come se fosse rimasta ferma in piedi tutto il tempo.
Mentre cercava di rialzarsi dolorante, le domandò con voce roca: «Come mai sei così grossa eppure pesi ancora così poco? Pesi meno di me, ma hai... come dire... più muscoli.»
E come faccio a saperlo? Sarà una nostra caratteristica ribatté lei con la sua solita vocina flebile che a Susan era mancata tanto anche per quei pochi giorni.
«Oh, vieni qui! Oggi si festeggia!» esclamò poi la ragazzina stringendole il collo per abbracciarla, e Sulphane scodinzolò spezzando arbusti e sollevando chiazze di neve mezza sciolta.
Cosa si festeggia? domandò Zaffir confuso avvicinandosi lentamente insieme agli altri quattro.
Così i sei ragazzi spiegarono ai sei draghetti quale fosse il motivo della loro visita fuori programma in settimana e gli dissero che si sarebbero fermati a dormire, poi cercarono di spiegargli anche cosa fosse la festa della nascita e non ci misero molto a farglielo capire.
Quindi tu l’hai festeggiata tredici volte disse Sulphane guardando Susan negli occhi, ora sedute una accanto all’altra.
«Sì beh, in realtà la prima non si festeggia, o almeno non la festeggia chi nasce ma tutti gli altri. Si festeggia la madre in un certo senso, che ha dato una nuova vita.» rispose la ragazzina.
Però si festeggia anche chi nasce, non è corretto?
«Sì, è corretto.»
Quindi hai festeggiato tredici volte.
Susan si vide costretta a darle ragione, perché in fondo aveva davvero ragione, sospirò e commentò: «Sei davvero molto sveglia Sulphane, sei più sveglia di me.»
«Perdonami se te lo dico Susan, ma non ci vuole molto.» la provocò Andrew facendo ridere il resto del gruppo, compresi alcuni draghi.
La ragazzina invece si accigliò: «Senti chi parla!»
La dragonessa gialla riuscì a farle tornare subito il buonumore, strusciandosi sulla sua spalla fino a scuoterla, e Susan le sorrise scompigliandole la peluria sul collo ormai lunga più di un palmo.
Naturalmente la cena non fu granché e andarono a dormire che ancora non erano sazi, ma Susan proprio non riusciva a prendere sonno e rimase fuori dalla tana insieme a Sulphane e Cedric, che a sua volta non sarebbe riuscito a dormire per ancora qualche ora, mentre gli altri si ammassarono dentro le vecchie tane di volpe talvolta esclamando qualche rimbrotto verso qualcun altro per essersi preso troppo spazio o troppe libertà.
I due rimasti fuori si fecero compagnia in silenzio, per la maggior parte la ragazza conversava con la dragonessa e solo di rado interpellava anche il ragazzo. Susan dovette resistere alla tentazione fortissima di abbracciarlo per tutto il tempo mentre la draghetta - ormai alta più delle sue gambe - grugniva divertita e correva seguita dallo sguardo confuso di lui, che tuttavia non fece alcuna domanda.
Finché alla fine Sulphane le si sedette accanto ansimando lievemente per aver corso a lungo, e le sussurrò nella mente: Fallo.
Cosa? fece lei colta alla sprovvista.
Ne abbiamo parlato tanto, fallo!
Temette di aver capito a cosa si riferisse e borbottò: Non so se...
Non c’è bisogno d’essere imbarazzata con me, Susan. Cosa vuol dire, poi? Tu mi abbracci spesso.
Sì, tu, ma... è diverso.
Cosa c’è di diverso? le chiese ingenuamente.
Lui... A lui non piace disse semplicemente.
Oh, capisco... Sulphane rimase in silenzio per qualche attimo, poi riprese: Allora proponiglielo!
Come?
È la tua festa, non è così?
Non disse altro, ma Susan capì dove voleva andare a parare e bofonchiò una scusa senza senso distogliendo lo sguardo dai suoi luminosi occhi dorati, finché Sulphane con un colpo di testa la spinse verso Cedric abbastanza forte da farle quasi perdere l’equilibrio; dovette poggiare una mano a terra per non finire sdraiata.
«Ehi!» sussurrò offesa massaggiandosi la spalla lesa e guardando la cucciola col broncio. Sentì il ragazzo ridere piano e voltandosi a guardarlo provò il bisogno impellente d’inventarsi una scusa, dunque tentennò: «Vuole... vuole giocare. Non le va che io resti seduta a lasciarla correre da sola.»
Cedric non rispose, si limitò a distogliere lo sguardo lasciandolo vagare praticamente a vuoto nella penombra e facendo lentamente svanire il sorriso. Sedeva con le ginocchia sollevate e le braccia allacciate di fronte, in posa rilassata, ma la sua espressione era tornata cupa come al solito.
Susan tornò a guardare Sulphane che reclinò le orecchie all’indietro e fece quelle strane fusa allargando a dismisura le pupille degli occhi fino a quasi far sparire l’iride. Lo trovò strano e fece inconsapevolmente una smorfia, ma immaginò che stesse tentando il tutto per tutto sperando d’intenerirla.
«Sei inquietante.» le disse invece la ragazza con un mezzo sorriso divertito.
A quelle parole la dragonessa riprese un atteggiamento più normale, scosse repentinamente la coda e infine si alzò per trotterellare via, dicendo nella mente di Susan: Allora vi lascio soli soli...
Sulphane...
Ciao ciao concluse lei, lasciando poi la mente di Susan e correndo via.
«Ma...» sussurrò incredula allungando il collo per vedere dove stesse andando, tuttavia il luccichio delle scaglie gialle venne presto inghiottito dalla vegetazione.
«Dove sta andando?» le chiese Cedric, voltato a sua volta a guardare dove la dragonessa era sparita.
«Non lo so.» rispose lei scrollando piano le spalle e tornando a guardare davanti a sé.
Il fatto che Sulphane se ne fosse andata in realtà non le dispiaceva, non credeva fosse sbagliato provare imbarazzo davanti a lei: era pur sempre una creatura senziente, molto intelligente, e per di più erano legate emotivamente; era legittimata a non volerla presente mentre provava certe emozioni, esattamente come non avrebbe voluto che fossero presenti gli altri ragazzi, o gli altri draghi, o i suoi genitori. Ma Sulphane era molto di più, lei poteva letteralmente sentire le sue emozioni e provarle a sua volta.
Eppure, se possibile, si sentiva ancora più in imbarazzo di prima. Forse proprio perché non aveva più qualcuno con cui distrarsi da quel silenzio che pesava, e probabilmente faceva sentire a disagio solo lei tra i due.
L’idea della dragonessa non le dispiaceva affatto, aveva ragione a dire che era la sua festa e avrebbe potuto tranquillamente usarla come scusa. Alla peggio Cedric l’avrebbe presa in giro, non avrebbe risposto o se ne sarebbe andato, ma di certo tutto sarebbe tornato come prima già il giorno seguente. Il problema era che non sapeva come porglielo.
Si schiarì la voce attirando la sua attenzione e decise di cominciare tenendosi sul vago: «Oggi è la mia festa della nascita.»
Cedric la guardò perplesso, e disse cautamente: «Lo so. Ancora per qualche ora. E con ciò?»
«Non ho ricevuto regali...» disse fingendosi triste, sempre mantenendo un atteggiamento vago e scavando un piccolo solco con la punta dello stivale.
Il ragazzo si fece se possibile ancora più perplesso: «Non capisco dove stia il problema.»
Susan si trattenne dallo sbuffare, stava parlando con uno che quasi certamente non festeggiava da almeno sette anni: «I miei genitori me ne facevano sempre uno, anche solo una crostata. Per Mike l’avete fatta.»
«Potevamo farla al tempo, adesso direi di no. Ma lui non ha passato il pomeriggio coi draghi, tu sì.» ribatté lui.
Lei si morse l’interno della guancia, pensando a come rispondere, e infine gli domandò: «Tu me lo faresti un regalo?»
«Non saprei nemmeno da dove cominciare...» sussurrò il ragazzo distogliendo lo sguardo.
«Ho chiesto un regalo, non una sorpresa.» precisò Susan con un sorriso che lui non poteva vedere.
Sospirò pazientemente portandosi una mano agli occhi: «Che cosa proponi?»
E ora sono nei guai pensò la ragazzina, ma se non altro aveva avuto una conversazione tutto sommato tranquilla fin lì. La parte peggiore sarebbe dovuta arrivare a breve.
«Ce la farai entro l’alba?» scherzò per prendere tempo.
«Beh, dipende.» rispose Cedric tornando a guardarla stringendosi il polso con l’altra mano «Ancora non so che cosa vuoi.»
«Voglio un abbraccio.» disse di getto, prima che potesse interrompersi a metà.
A quelle parole seguì un lungo silenzio, più pesante ancora di quello di prima, perché a differenza di allora nessuno dei due adesso poteva dirsi rilassato. Cedric la stava fissando dritto negli occhi, eppure poteva dire quasi con certezza che in realtà non la stesse guardando, forse occupato a pensare se quelle parole fossero state pronunciate davvero.
Alla fine lui si esibì in una debole risata che non le parve allegra ma piuttosto derisoria e distolse nuovamente lo sguardo, senza tuttavia commentare. Non le disse né sì né no, anche se quella reazione certamente non esprimeva impazienza di stringerla tra le sue braccia.
«È la mia festa della nascita...» sussurrò con voce flebile in un patetico tentativo che sicuramente sarebbe andato a vuoto.
«Ancora per poco.» disse lui infatti.
«Quindi non ce la farai entro domani?»
«Credo di doverci pensare su.»
E quello, capì, equivaleva a dire che piuttosto avrebbe perso tempo finché l’alba fosse giunta portando con sé il giorno successivo. Cercò di mascherare la delusione, in fondo si aspettava dall’inizio che sarebbe andata più o meno così, e si volse a guardare quel poco che riusciva a vedere del bosco illuminato dalle lune, abbracciandosi stretta le gambe e poggiando la testa alle ginocchia.
Non voleva essere triste per qualcosa che sapeva benissimo sarebbe successa, aveva preferito tentare la fortuna e le era andata male, la storia doveva finire lì. Eppure lo era, perché fino all’ultimo aveva sperato che per una volta, o approfittando di quella scusa, Cedric si sarebbe aperto a un contatto. Ma forse considerava un abbraccio esagerato e troppo intimo, dopotutto non erano altro che amici.
Dovette passare diverso tempo a riflettere, perché le ombre si erano spostate di almeno una spanna, e infine sentì Cedric sospirare pesantemente ma resistette alla tentazione di guardarlo per vedere che facesse.
«Vieni qui.» le disse poi con un tono di voce profondo e roco che raramente gli aveva sentito usare, e le parve che fosse rassegnato.
Si girò incredula e cercò di studiare la sua espressione al buio, ma non riuscendo a decifrarla gli chiese con voce flebile: «Davvero? Sei sicuro?»
Cedric fece una smorfia e piegò la testa prima da un lato e poi dall’altro, come soppesando la risposta, per poi ammettere: «No. Ma sbrigati, prima che cambi idea.»
Stava per dirgli che non l’avrebbe fatto finché davvero fosse stato disposto, ma qualcosa la fermò; poteva essere la sua unica occasione in un arco di tempo indefinito, anche mesi per quanto ne sapeva. Non credeva che da questo punto di vista sarebbe mai cambiato senza impiegare anni.
Perciò si spostò lentamente, sedendosi via via più vicina a lui e senza smettere di guardarlo, in modo che se avesse fatto smorfie troppo evidenti si sarebbe fermata. In effetti di smorfie ne faceva senza tuttavia ritrarsi, come se proprio non lo volesse ma stesse cercando di controllarsi. Anzi alla fine si decise ad abbassare le ginocchia incrociando le gambe e a distendere un braccio per lasciarle libero accesso.
A quel punto, la ragazzina si sciolse in un largo sorriso e sentì tutta la tensione di poco prima svanire improvvisamente, ormai era così vicina che non ebbe bisogno di fare scatti in avanti; le bastò allungare le braccia e stringerlo, dapprima delicatamente per evitare che si sentisse troppo a disagio. Le fece una certa impressione, era davvero tutto pelle e ossa.
Cedric si esibì in un verso contrariato, come se stesse provando ribrezzo, e Susan non tardò a notare che teneva entrambe le braccia ben distanti: non aveva alcuna intenzione di abbracciarla, piuttosto, tuttavia, si stava lasciando abbracciare. Il che era già qualcosa.
«Rilassati, non ti sto avvelenando.» gli disse scherzosamente.
Con la guancia premuta sul suo petto riusciva a sentire il suo battito cardiaco, che era inaspettatamente lento e forte; se lo aspettava rapido e irregolare, invece era come se si stesse risparmiando per usare le energie per difendersi.
«Avevo chiesto un abbraccio, ma va bene anche così se preferisci.» gli disse dopo un po’, dato che non sembrava voler parlare.
«Vorresti che fossi io ad abbracciare te?» domandò lentamente, infatti dava l’impressione di faticare a parlare in quella situazione.
«Solo se vuoi.» ribadì.
«È il tuo regalo, non il mio.»
«Allora consideralo anche tuo.»
Dopo quel breve scambio di parole Cedric la strinse delicatamente a sua volta, ma talvolta tremava ed era lampante che non sapesse come comportarsi. Perciò Susan si avvicinò ulteriormente facendo aderire i loro fianchi, posò meglio la testa sulla sua spalla e intensificò appena il suo abbraccio. Sorrise felice nel sentire lui rispondere allo stesso modo ma non disse nulla, invece si rese conto che il suo cuore batteva troppo piano e per un attimo temette che potesse svenirle tra le braccia.
Pochi istanti dopo lui parlò, distraendola da quei pensieri: «Non dirlo a nessuno.»
Susan non riuscì a trattenersi e rise, possibile che con tutte le cose che poteva dire avesse pensato proprio a quella?
«Tanto non mi crederebbe nessuno.» disse alla fine.
«No, forse hai ragione.»
«È così terribile?»
«No... Ma non chiedermelo di nuovo, ti prego.»
Susan si permise di ridacchiare ancora, sperando di non offenderlo, e dopo alcuni attimi disse: «Non lo dirò a nessuno. E non te lo chiederò più... forse.»
Lo sentì sospirare debolmente e non ribatté a quella frase, ma nemmeno sciolse l’abbraccio. E continuò a non farlo a lungo, tanto che la ragazzina poté infine addormentarsi tra le sue braccia e con le labbra incurvate in un sorriso.

Come Susan aveva immaginato - e sperato - già dal domani sia lei che il ragazzo si comportarono come se niente fosse successo la notte prima, anche se ogni tanto nei giorni che seguirono lo sorprese prendere leggermente le distanze, come se temesse che dalla loro vicinanza potesse nascere qualcosa di simile una seconda volta.
Le materie andarono avanti col proprio programma senza variazioni, talvolta incentrando la lezione su una domanda posta da uno studente.
Mike a lezione di Astronomia si annoiava a morte, spesso sbadigliando e lamentandosi per la mancanza di sonno, e non ascoltava realmente le lezioni dicendosi che ad ogni modo non avrebbe continuato la materia. Mentre le lezioni di Alchimia riuscivano sempre a catturare tutti - che si trattasse del semplice studio degli ingredienti e dei loro effetti o che si preparasse una pozione.
Andrew e Susan scoprirono di non essere particolarmente portati in Telepatia, al contrario di Layla e Cedric: ormai i due stavano sempre in coppia insieme perché troppo bravi per confrontarsi coi più giovani, erano capaci sia di forzare la propria presenza nelle menti altrui sia di impedire intrusioni nella propria mente, quindi i loro scontri per quanto amichevoli e controllati potevano durare un’intera lezione, o finire male per uno dei due che si ritrovava a dover fare i conti con terribili mal di testa nei giorni a venire.

Gli era stato detto che gli ultimi quattro giorni del mese di Huunvod e i primi tre del mese di Vuulnas sarebbero stati dedicati agli esami. Avrebbero affrontato una sola materia per ogni giorno, perché ora avrebbero dovuto scartarne altre tre e sceglierne quattro da proseguire, man mano avvicinandosi alle due materie in cui volevano specializzarsi.
Decisero di discuterne tutti insieme coi draghetti presenti il pomeriggio del quinto giorno dell’ultima settimana di lezione, a un nulla dall’inizio degli esami.
Andrew era sicuro di voler portare avanti Difesa ed Evocazione, e come terza e quarta materia non gli fu difficile scegliere Manipolazione ed Elementi - la quale gli sarebbe servita molto dal momento che voleva proseguire con le altre due.
Anche Jennifer non aveva dubbi riguardo Biologia e Guarigione, e scelse di proseguire gli studi anche di Alchimia ed Elementi, che non sarebbero guastati.
Mike decise di seguire esattamente le orme di Andrew, essendo interessato alle medesime materie.
Susan seguì per metà Mike e per metà Jennifer scegliendo di proseguire gli studi di Biologia, Elementi, Guarigione e Manipolazione.
Layla e Cedric, essendo gli ultimi a dover scegliere, furono invece più riflessivi; dovevano cercare di coprire il maggior numero di materie possibili, ma nessuno dei due era realmente intenzionato a proseguire con Storia - per quanto interessante avevano in mente altro per il loro futuro.
La ragazza fu la prima a decidersi e annunciò di voler continuare con Alchimia, Telepatia, Difesa e Guarigione, tutte materie che potevano tornargli utili in caso si trovassero nei guai.
Il ragazzo disse di voler proseguire con Astronomia e Telepatia come primarie, e Manipolazione e Alchimia come secondarie.
«Niente Storia quindi.» disse Jennifer con un sospiro preoccupato.
«Niente Storia.» confermò Layla «Sappiamo già più o meno tutto quello che ci serve sapere, insomma è interessante ma non praticamente utile quanto le altre. E ad ogni modo potremo leggere dei libri, se li troviamo nel seminterrato.»
«Non vedo l’ora di cominciare la pratica di Manipolazione!» esclamò Mike fremendo dall’emozione, cambiando appositamente argomento senza degnare l’altra di uno sguardo «Kir ha detto che avremmo cominciato da Apprendisti!»
«Prima dobbiamo passare gli esami.» puntualizzò Cedric.
«Non può essere così difficile!» sbottò l’altro «Sarà solo per vedere se siamo portati per la materia o no!»
«E tu continui Manipolazione senza Elementi?» domandò Andrew al più grande con una smorfia perplessa.
Cedric scosse le spalle: «So leggere, ho fatto pratica per due mesi e ci sarete voi a spiegarmi le vostre lezioni se restassi indietro. Posso farcela.»
Dunque alla fine salutarono i piccoli draghi e si costrinsero a tornare a scuola per cena, seguiti dagli sguardi intristiti delle creature, mentre la nebbia si faceva più fitta e con la mente pensavano agli esami e a cosa gli sarebbe toccato fare per dimostrare di essere all’altezza di proseguire le materie scelte, chiedendosi invece cosa sarebbe successo se li avessero falliti e al contempo sperando che in nessuno di essi fosse richiesto saper leggere o scrivere.

  
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