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Autore: Freaky_Frix    07/06/2017    1 recensioni
Niente.
Nothing.
Rien.
Nada.
...
Genere: Angst, Dark, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Niente.
Nothing.
Rien.
Nada.
Il concetto non è chiaro, però.
La voce meccanica si ripete, mentre continui a pigiare il grande pulsante rotondo verde. Dai un calcio all’apparecchio, maledicendolo, e ti allontani, le mani nelle tasche del cappotto.
Non sai esattamente che ora sia: è una notte senza luna, senza suoni.
Il viale è deserto, lo percorri lentamente, carezzando con lo sguardo le saracinesche abbassate dei negozi, leggermente illuminate dalla luce pallida e impersonale dei lampioni. Fabbrichi nuvolette di condensa, è quasi Natale ma tu il freddo non lo senti.
Gli occhi, le labbra, i piedi sono intorpiditi.
Il tempo sembra essersi annullato, da un po’ a questa parte: cammini, cammini, ma non arrivi mai a destinazione. Non ricordi il tuo nome, la tua casa, la tua famiglia. Non che importi qualcosa. La tua vecchia vita non potrebbe annullare l’unica certezza che ti ricopre le pareti cerebrali e spinge verso l’esterno, causandoti una perenne emicrania.
Arrivi all’incrocio, e allora alzi lo sguardo: è ora.
Ti sdrai, fronteggiando il cupo cielo notturno. Chiudi gli occhi, provi a respirare, ma i polmoni sono macigni, e le gambe radici, così come le braccia, le mani, la testa. Vorresti sentire di nuovo il ruvido dell’asfalto sotto i polpastrelli, ma il torpore te lo impedisce.
Le orecchie cominciano a raccogliere un fischio perpetuo, strizzi di più gli occhi, vorresti che tutto questo avesse un senso.
Il selciato comincia a vibrare.
E poi, eccoli: due fari attraversano il buio, ti puntano. Il camion nero, che ricordi vagamente, ti piomba addosso, come una pantera che balza addosso alla sua preda.
In quel momento un misterioso interruttore scatta in te, ed ecco che ricominci a sentire.
Il dolore si espande in te come un insidioso veleno: ogni singola cellula del tuo corpo comincia a urlare, e ben presto quei lamenti si concretizzano nella tua bocca, ma all’ultimo si aggrappano ai denti e non scappano. Gli occhi sembrano infossarsi  sempre più, e insieme allo stomaco vengono come risucchiate da una forza misteriosa.
La lentezza con cui lo pneumatico ti percorre è estenuante. Mano a mano che le ossa si sbriciolano formuli in te un unico desiderio, quello di svenire, di scappare nel tuo piccolo atollo immaginario. Ma non puoi sognare, come non puoi dormire.
L’ultima cosa che senti prima che la ruota ti schiacci il cranio è il rumore metallico del pulsante del distributore automatico.
Qualcun altro lo ha premuto per te.
Vedi te stesso barcollare nel mezzo dell’incrocio, ubriaco fradicio. Il camion nero ti falcia.
E lì capisci: non ci sarà mai una fine. Mai. Sei nel tuo piccolo inferno personale, e ripercorri sempre lo stesso madornale errore, senza poter scappare, senza poterti opporre.
Ti chiedi per un istante quante volte hai già percorso il viale, quante volte tu sia morto.
Ma è solo un breve attimo di consapevolezza.
Un istante, e sei di nuovo davanti al distributore. Sei ignaro.
Sei niente.
   
 
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