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Autore: thestoryreader    07/06/2017    0 recensioni
In un'avvincente storia a capitoli conoscerete la storia di Sara, una ragazza che viene a scoprire il segreto di sua madre e un ragazzo misterioso, Michael. I due hanno un piano e cause di forza maggiore spingeranno la ragazza a chiedere il suo aiuto. :)
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Arrivarono a Panama City alle 7. Era ora di cena e tutti i ristoranti che scorgevano dal finestrino erano pieni di coppie e famiglie. Dovevano incontrarsi con Michael e per sapere dove e quando dovevano controllare il sito. Lincoln disse a Sara di accostare e parcheggiare davanti a un piccolo motel sulla costa.
“stanotte pernotteremo in questo hotel.” disse lui. “Dopo voi due andrete al caffè e controllerete il sito mentre io starò qui a controllare i 5 milioni di dollari che abbiamo faticosamente recuperato”.

Entrarono nel Motel. Era piuttosto vecchio e polveroso ma non potevano di certo stare in un hotel di lusso, non dovevano rischiare di farsi scoprire. Presero una stanza con due letti, uno singolo per Sara e uno matrimoniale per Lincoln ed LJ. LJ si mise sul balconcino del motel e iniziò a osservare il mare: probabilmente era il primo attimo di respiro che si concedeva. Lincoln si sdraiò sul letto.
“ehy vi dispiace se mi faccio una doccia??” disse la ragazza.
Lincoln le sorrise poi scosse la testa.

Entrò in bagno con il suo zaino. Si spogliò. Si guardò nello specchio del lavello, una lunga crepa lo percorreva. I suoi capelli si erano allungati di pochissimo ma abbastanza per scorgere la ricrescita bionda. Aveva delle profonde occhiaie e il viso era più magro. Abbassò gli occhi sulle clavicole: sporgevano molto più di quanto ricordasse. Era dimagrita molto da quando era scappata ma era molto più muscolosa: correva tutto il giorno.
Aprì l’acqua e aspettò che si scaldasse (ci volle un’eternità). Entrò nella vasca e tirò la tenda. L’acqua iniziò a bagnarle i capelli, il viso e poi il seno. Sorrise e poi si lasciò andare alla lacrime. Erano quasi 3 settimane che non si lavava e non riusciva a credere alla bellezza di sentire l’acqua calda sulla pelle. Singhiozzò in silenzio con le mani appoggiate sul viso. Si ricordò di quando aveva una preoccupazione e la sera, tornata da scuola, la attenuava con una doccia calda una fetta di torta e un caffè. Era la sensazione più bella del mondo.
Scorse il sapone confezionato e una piccola dose di shampoo. Si lavò i capelli e vide che la tinta scivolava via. Si chiese come fosse possibile ma poi realizzò che forse aveva comprato una tinta scadente oppure temporanea. Si massaggiò la testa fino a che sbirciò fuori dalla tenda e vide nello specchio la chioma bionda che la caratterizzava da sempre. Si lavò il resto del corpo.

La doccia durò 15 minuti e quando uscì Sara indossava un paio di Jeans puliti e una t-shirt. Lincoln le fissò la chioma bionda “che diavolo hai fatto ai capelli?”
Lei rise “il rosso non è mai stato il mio colore naturale”
“ti sta meglio il biondo” disse alla fine. LJ la guardava dal balcone e le sorrideva. Si alzò e andò da lei.
“ora la doccia la faccio io e poi andiamo al caffè” disse lui
Lei annuì e non riuscendo a sostenere il suo sguardo lo abbassò sulle sue spalle: erano muscolose e ampie e si trovò a pensare come volesse toccarle o appoggiarvi la testa.
“ti sta bene il biondo comunque” disse alla fine chiudendo la porta del bagno alle sue spalle, distogliendola da quella fantasia a occhi aperti.

Si sedette sul balcone. La brezza le sfiorava il viso. Sorrise con amarezza. Aveva appena fantasticato su un ragazzo e stava pensando di toccarlo mentre in realtà i suoi genitori erano in una tomba di mogano seppelliti sotto 3 metri di terra. Si disse che era un egoista. Un brezza più decisa la costrinse a rientrare e si sdraiò sul letto singolo imitando Lincoln. Era la prima volta da settimane in cui dormiva in un letto vero anche se sudicio.
“Lincoln tu credi che ce la faremo ad espatriare? A fuggire?”
“lo spero...non voglio tornare in gattabuia” rispose senza guardarla
Attese un attimo “tu...pensi che ce la farò a ricominciare una nuova vita?”
Questa volta Lincoln la guardò “ce la farai. Sei in gamba e sono sicuro che te la caverai”
Lei asciugò una lacrima che le stava scivolando sulla guancia. “Non potremo tornare a casa mai più vero?”
Lui sospirò “no..non potremo tornare mai più.” Poi aggiunse
“sai io e Michael abbiamo intenzione di aprire un negozio di articoli per surfare a Panama. Tu sei vuoi… sei ben accetta nel nostro gruppo”
“davvero? non stai scherzando vero??” si mise improvvisamente a sedere con gli occhi sbarrati
“no non sto scherzando” sorrise lui.
Sara iniziò a piangere. Lincoln si mise a sedere e Sara si alzò per abbracciarlo forte. Appoggiò la testa sulla spalla di Lincoln e tra i singhiozzi lo ringraziò.
“Non mi dovevate niente e mi avete aiutata lo stesso. E per questo non smetterò mai di ringraziare te, Michael e LJ.”
Lincoln la allontanò e la guardò in viso. Lei si asciugò le lacrime.
“non devi pensare neanche per un minuto che non ti meriti il nostro aiuto. La tua famiglia ha fatto l’impossibile per provare la mia innocenza e tu hai trovato tu i soldi che ci permetteranno di espatriare. Sei la bionda finta rossa più in gamba che conosca” questa battuta strappò un sorriso alla ragazza “e non ti meriti di sicuro tutto quello che ti è capitato”
Poi con la grande mano le diede una pacca amichevole sulla spalla e con un finto tono autoritario esplose in un “forza, ora smettila di poltrire. LJ VUOI USCIRE DA QUEL BAGNO?”.
Sara rise.

Erano le 8 quando uscirono per andare al caffè. Camminarono verso il caffè e sperarono di non vedere nessuna macchina della polizia. LJ indossava una maglietta pulita e un paio di jeans. Entrarono. Sara prese un the e LJ una cioccolata. C’era un solo computer libero, con una sola sedia così LJ prese una sedia da uno dei tavolini. Sara entrò nel sito. Tutti e due erano molto concentrati sullo schermo del computer.
“un messaggio. é con i punti questa volta ” disse Sara indicandolo. Lo decifrarono.
“incontro a Panama City a mezzanotte, davanti all’hotel Gran Rio. Il terzo sono io.”
“perfetto, dobbiamo solo aspettare la mezzanotte e quando ci incontreremo potremo andarcene di qui. Ma non capisco questa ultima parte del messaggio.” disse LJ
“nemmeno io so che significa…lo scopriremo solo quando arriveremo davanti all’hotel” disse alla fine la ragazza.

“allora...non mi hai mai detto che cosa facevi nella tua altra vita” disse LJ, mentre i due si incamminavano verso l’hotel.
“Ero all’ultimo anno di liceo. Mi stavo per diplomare. Poi sarei andata all’università”
“E cosa avresti voluto studiare?” chiese lui
“Pensavo a medicina. Pediatria è sempre stato il mio sogno”
“Mi dispiace tu non abbia potuto inseguire il tuo sogno”
“La vita è fatta di sogni e di sicuro ne troverò un altro da inseguire. Se riuscirò a scappare dalla polizia, si intende” rise sarcasticamente Sara “e tu? non avevi un grande sogno da inseguire?”
“Mi sarebbe piaciuto diventare un poliziotto. Ma mio padre è finito in prigione e sono stato beccato a fare un lavoro poco onesto per aiutare mia madre con le spese. Ho passato 6 mesi in riformatorio quindi non mi avrebbero mai preso all’accademia”
“mi dispiace.” riuscì a dire Sara.
“A Panama ricominceremo a sognare” concluse LJ

Arrivati all’hotel attesero la mezzanotte. Sara trovò un vecchio mazzo di carte e lei e LJ giocarono fino alle 11:30. Si divertirono, era una sorta di estraniazione dalla realtà.
Alle 11:35 Lincoln decise che era ora di incamminarsi verso l’Hotel. Uscirono, Lincoln con lo zaino in spalla, e si incamminarono. Non c’era anima viva in giro e Sara sentiva ogni tanto un brivido che le percorreva tutta la schiena, facendola tremare di paura: pensava che da un momento all’altro sarebbe saltato fuori un poliziotto e l’avrebbero arrestata o addirittura messa direttamente sulla sedia elettrica. Arrivarono davanti all’hotel alle 11:55 e attesero dietro un ampio cespuglio che Michael comparisse. Passarono molte auto e alla fine una si fermò vicino al marciapiede opposto alla strada. Spense le luci e fermò il motore. Non si vedeva bene chi fosse il guidatore e c’erano anche altri passeggeri. Forse si trattava di Sucre.
“è lo zio?” chiese il ragazzo
“non saprei. Non vedo fino a lì” disse Lincoln
“vado io” si propose Sara
Entrambi si girarono verso di lei e la guardarono “stai scherzando? e se non fosse Michael?” disse Lincoln.
“se non fosse Michael torno indietro”
“non mi sembra una buona idea” disse LJ
“non abbiamo scelta. Non possiamo aspettare che arrivi giorno per sapere chi ci sia dentro la macchina. Dobbiamo andare a vedere. Mi offro volontaria. Se mi beccano mentre li sto guardando allora …” Fu in quel momento che scattò la mezzanotte e le luci della macchina iniziarono a lampeggiare tre volte.
Sara guardò incredula e poi capì. Afferrò il braccio di LJ e lo scosse “il terzo sono io. Ecco cosa intendeva. Il terzo lampeggio... è lui” gli disse. Il ragazzo sorrise e annuì ma prima che potessero ragionare sul da farsi, Sara si alzò e attraversò la strada in direzione della macchina, con il cappuccio alzato e guardando a destra e sinistra per controllare che non sopraggiungessero altre macchine. Il finestrino si abbassò e...non era Michael. Sara si bloccò e iniziò a correre verso dove era venuta. Un proiettile la raggiunse alla spalla. Un dolore accecante la fece stramazzare al suolo. Un agente gli si avvicinò, non aveva la divisa. Si presentò “Buonasera signorina Howard. Sono l’agente dell’FBI Alex Mahone e lei è in arresto per l’omicidio dei suoi genitori. Ha il diritto di rimanere in silenzio….”.
Sara non lo stava neanche più a sentire. Si teneva la spalla. Non riusciva a muoverla e piangeva perché l’avevano presa, perché era a terra e usciva un sacco di sangue e sarebbe finita sulla sedia elettrica. Poi svenne.
Sentiva lontano la voce di Mahone che ordinava ai suoi uomini di controllare nei paraggi per trovare Scofield o i Burrows. Pregò che fossero scappati in tempo.

Si svegliò in ospedale di colpo come se fosse un sogno. Era mattina a giudicare dalla luce che entrava dalla finestra. Sgranò gli occhi per vedere meglio. L’agente che l’aveva arrestata era seduto sulla poltrona davanti a lei e guardava alcuni documenti.
“bene finalmente ti sei svegliata. Posso darti del tu vero? Bene, Leggo qua dal tuo fascicolo che sei stata in libertà 5 settimane prima di oggi. Sei stata molto scaltra te lo concedo. Per una ragazzina di 18 anni è difficile scappare con nazione che ti insegue. Ma forse Burrows e Scofield erano nettamente più pericolosi di te quindi nessuno ha badato alla piccola Sara Howard. Fino ad oggi.”
“si risparmi tutta questa moina. Non parlerò se non in presenza di un avvocato” disse fredda. Si chiese dove avesse trovato tutta la forza per rispondergli in quel modo. Tentò di alzare il braccio ma una fitta di dolore le percorse la schiena. La spalla era completamente fasciata. Ricordò il momento in cui era crollata a terra, sull’asfalto, la sera prima e toccandosi la fronte scoprì di avere una grande fasciatura anche lì.
“vuoi un avvocato? è incredibile. Non ti meriteresti neanche le cure mediche dopo quello che hai fatto”
“non sta a lei giudicare se ne ho diritto o no.” disse mentre tentava di trattenere le lacrime. Si chiese se Lincoln ed LJ erano stati presi. Non poteva di certo chiederglielo direttamente, sarebbe stata accusata anche di aver aiutato degli evasi, di cui uno era un condannato a morte.

“signorina non so se ti rendi conto della sua situazione. Probabilmente riceverai la sedia elettrica. Non so se ti è chiaro.”
Il braccio formicolò e le strappò un piccolo urlo. “Che cosa vuole da me? una confessione? perché non la riceverà”
“voglio sapere dove sono Burrows e Scofield e se lo sai anche gli altri”
“Non ne ho idea di chi siano” mentì, grata che non li avessero trovati.
“ah davvero? perché ho la testimonianza di una donna, Scofield e Burrows e gli altri vi hanno scavato una buca per chissà quale scopo, che scoprirò al più presto. E ha detto che era presente una ragazzina. Ci vorrà un minuto per sapere mandarle una foto e svelare il mistero”
“Come ho detto...parlerò solo in presenza di un avvocato.” concluse alla fine.

“Zio dobbiamo andare a salvarla” disse LJ “ci ha aiutati e noi dobbiamo aiutare lei”
Michael cercò di calmarlo. Sarebbero andati a salvarla ma dovevano pensare a un piano sicuro per tutti. Dopo che Alex Mahone aveva catturato la ragazza, i due erano scappati e avevano trovato il gruppo di Michael. Erano in macchina ma erano stati inseguiti dalla polizia e alla fine avevano dovuto abbandonarla e scappare a piedi. Ora il gruppo era composto da LJ, Lincoln, Michael, Sara (la dottoressa che aveva lasciato aperta la porta dell’infermeria a Fox River) Sucre e la fidanzata Mary Cruz, incinta di 4 mesi.
“prima di tutto bisogna capire in che ospedale si trova. Poi elaboreremo un piano. é ferita e sarà molto difficile trasportarla. Adesso andiamo al negozio di fianco a questo hotel e compriamo dei cellulari usa e getta. Poi chiameremo gli ospedali della zona.”

Così fecero. Ne comprarono uno a testa. Iniziarono a chiamare.
“buongiorno sono l’avvocato Bennet. Vorrei sapere se la signorina Sara Howard si trova da voi.”
disse Michael al telefono con l’ultimo ospedale in zona da controllare. Tutti erano all’ascolto.
“si certo è ricoverata presso il nostro ospedale.”  disse la donna dall’altro capo.
“stanza?” azzardò lui
“1485”
Michael ringraziò e attaccò.
“bene adesso che abbiamo trovato l’ospedale. Dobbiamo trovare il modo per portarla fuori di lì, dobbiamo stare attenti. Quel tizio, Alex Mahone, mi insegue da quando ci siamo separati. è molto sveglio e se il mio intuito non si sbaglia lo troveremo lì ad attenderci” disse Michael. La polizia conosceva tutte le loro facce ed era praticamente impossibile entrare in un luogo pubblico senza essere riconosciuti. Dovevano trovare un altro modo.

Sara si mise a sedere sul bordo del letto. Voleva camminare un po’ per sgranchirsi le gambe. Un poliziotto alto 2 metri la sorvegliava da dietro la tenda. La guardava con occhi cupi e indagatori. Lei lo guardò male e lui si voltò verso il corridoio. Da lì non poteva scappare e in ogni caso non avrebbe fatto 3 metri nel corridoio. Era troppo debole. Mise il primo piede per terra e tastò il pavimento con le dita nude. Poi appoggiò l’altro piede tenendosi con una mano libera alla ringhiera del letto. Le sue gambe cedettero di un poco ma riuscì a rimanere in piedi. Si spostò verso la poltrona passo a passo e alla fine la raggiunse. Riuscì con un grande sforzo a spostarla con l’unica mano che le era rimasta davanti alla finestra ampia e luminosa che percorreva tutta la parete della stanza.  Si sedette con grande sforzo. Vedeva gli uccellini rincorrersi nel cielo e in quel momento desiderò anche lei essere libera.
Poi si assopì.

“Avete capito tutti quello che dobbiamo fare?”    chiese Michael.
Tutti annuirono.
“bene che il piano abbia inizio”

Michael ed LJ indossarono il cappello. Salirono sulla piattaforma mobile. L’idea di fingere di lavare i vetri dell’ospedale era un ottimo modo. C’era una possibilità che le tende fossero tirate ma sperarono che proprio quelle di Sara non lo fossero. Iniziarono a salire tramite la piattaforma mobile. Intanto controllavano tutte le stanze. Prima sbirciavano se ci fosse qualcuno, allungando solo gli occhi e poi se c’era via libera avanzavano di piano in piano. Lincoln e Sucre erano in macchina e aspettavano. “sarà un lavoro lungo LJ preparati. Potrebbero averla trasferita in una stanza interna e allora saremmo nei guai”
LJ annuì. La maggior parte delle stanze era occupata da anziani. Alla fine arrivarono al reparto pediatrico. Un bambino li fissò incredulo, poi cercò di chiamare la donna alle sue spalle per indicarle i due uomini sulla piattaforma mobile. Salirono appena in tempo, prima che la donna si girasse.
Salirono fino al 15esimo piano senza trovare Sara. Ne mancavano ancora 5.
La stanza di Sara era da quella parte dell’ospedale ma man mano che salivano le speranze di trovarla diminuivano. E se l’avessero trasferita?. Poi al 16esimo piano videro una ragazza. Era bionda ed era addormentata su una poltrona.

Si svegliò di soprassalto da un rumore, come se qualcuno battesse sul vetro davanti a lei. Si strofinò gli occhi e guardò in basso. Vide due teste che la fecero sobbalzare. Poi vide gli occhi azzurri di Michael e successivamente quelli di LJ. LJ le fece l’occhiolino e lei si portò la mano alla bocca, soffocando il pianto.Si alzò dalla poltrona e corse al verto. Appoggiò la mano sul vetro aspettando che salissero. Erano tornati a salvarla. In quel momento però la porta si aprì. Lei si voltò di scatto pregando che non vedesse Michael ed LJ. Alex Mahone entrò seguito da un avvocato. La vide appoggiata alla finestra e la guardò incuriosito. “ che cosa stai facendo?” le disse.
“oh niente, cercavo di sfondare il vetro con la mia unica mano libera.” disse lei sarcastica.
Lui si incamminò per raggiungerla e lei fece lo stesso, non voleva rischiare che guardasse fuori. Ma Alex Mahone era troppo sveglio e si affacciò per guardare. Sara strinse gli occhi e pregò che non li vedesse.
“mm. La vista da qua è meravigliosa” disse l’agente e Sara potè riprendere fiato.  Si fermarono a tre centimetri l’uno dal volo dell’altro. Lui la squadrò e fissò i suoi occhi in quelli della ragazza “Non mi prendere in giro ragazzina. Sappi che sono molto più astuto di te, 100 volte più intelligente di te e troverò ogni cavillo, Ogni cosa che hai fatto anche lo schiaffo che hai dato al tuo compagno delle elementari ti verrà imputato e finirai sulla sedia elettrica. Sarà l’ultima cosa che faccio nella vita.”
Lei dentro stava morendo di paura ma quel pizzico di speranza che aveva avuto quando aveva visto LJ le dava più adrenalina di una montagna russa. Non gli rispose. Voleva che lui se ne andasse.
“che cosa vuole?” disse alla fine
“questo è il suo avvocato e per un po’ di ore parleremo di quello che ha fatto. Hai visto. Ti ho portato quello che volevi. Adesso parla”
Sara deglutì. Doveva trovare un modo per mandarlo via il più presto possibile.
“non mi sento molto bene in questo momento. Potremmo parlare domani per favore?”
“non mi interessa se non ti senti bene. Sei l’ultima persona a poter fare richieste”

“maledizione” bisbigliò Michael.
Poi prese il telefono. “Lincoln? Ascoltami attentamente e fai quello che ti dico”

“Allora signorina Howard. Io sono il suo avvocato, Alan McFly e sono stato incaricato dall’ufficio del procuratore per rappresentarla”
“Voglio parlare da sola con lei prima di parlare anche con il qui presente Alex Mahone.”
Intanto tentava di non guardare fuori dalla finestra.
L’agente si alzò e si diresse verso la porta “non ti azzardare a chiudere le tende. Ti voglio controllare”. Poi la aprì e escì sbattendola. Il suono risuonò per tutta la stanza come un petardo tanto che Sara si ritrovò a chiudere gli occhi. Ok, ora doveva trovare un modo per mandare via anche l’avvocato e chiudere le tende.
“bene. Iniziamo con dove si trovava il giorno in cui i suoi genitori sono stati uccisi”
“Ecco io…” iniziò a dire. Poi si bloccò. In quel momento un cellulare squillò nel corridoio. Tese l’orecchio. Alex Mahone rispose: “si?” disse.
“che cosa?” sbottò
“arrivo subito” disse poi
Si rivolse poi alla guardia. “controlla la ragazza e non ti muovere o il licenziamento sarà l’ultimo dei tuoi problemi.” Poi si sentirono i passi allontanarsi lungo il corridoio. L’agente si mise davanti alla porta. L’avvocato si voltò per un momento. Sara ne approfittò. Prese la bottiglia di vetro e la calò sulla testa dell’avvocato.
La bottiglia si ruppe andando in mille pezzi e l’avvocato fece ricadere la testa sul petto, svenuto. Cercò di mettere la testa nella posizione più naturale possibile. La guardia si girò. Sara fece finta di ascoltare l’avvocato e annuiva. Poi il poliziotto si girò di nuovo verso il corridoio. Guardò fuori dalla finestra. Michael e LJ si stavano issando più in alto. Si alzò e chiuse la porta il più silenziosamente possibile. Poi ancora più lentamente chiuse le tende. La guardia si girò appena in tempo per vedere la tenda tirata. Iniziò a bussare “Ehy aprite la porta” gridava. Intanto Michael e LJ stavano incollando un petardo sulla vetrata. LJ le disse di allontanarsi e lei si precipitò dietro il letto. L’agente bussava più forte e urlava. Anche lei si mise a urlare. Il petardo brillò e la vetrata si infranse. L’agente sfondò la porta e vide i due detenuti. LJ afferrò il teaser e lo untò verso l’uomo che fu atterrato dalla scarica elettrica, si contorse sul pavimento e poi svenne. Sara ne approfittò e sgusciò via. Con i piedi nudi calpestò i vetri ma non ci fece caso. Corse verso la piattaforma mentre sia Michael che LJ le urlavano di sbrigarsi e poi saltò.

 
   
 
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