Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: Lady I H V E Byron    08/06/2017    1 recensioni
"Feel it all... don't look back, just let it go..."
Tutto quello che si impara, vivendo in un quartiere povero e malfamato, è essere egoisti e imparare a sopravvivere, non importa come. Bill e Tom, due gemelli inseparabili contro un intero quartiere, spesso adocchiati dalle varie gang, cercano ogni giorno di farsi strada in mezzo a quell'inferno vivente, fra droga, violenza e furti, e sopravvivere contro i mali che il mondo può offrirci. Fino a quando...
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note dell'autrice: scusate se questa parte è scritta malissimo, ma...

MODIFICA: ho scoperto oggi il vero nome della figlia di Gustav...

-----------------------------------------------------

-Cos’è questa roba?! Avevamo detto 5 chili! Questi non sono nemmeno 3!-
-Mi dispiace, ma le cose sono cambiate.- tuonò Bill, con aria fredda e incrociando le braccia –Tuttavia, esigiamo lo stesso prezzo!-
-100€ per questa merda qua?! Dite a Trümper di leccarmi il culo, piuttosto!-
I gemelli erano ormai abituati a questo genere di risposta.
La prima volta, quasi una decina di anni prima, non sapendo cosa fare per convincere il compratore a cedere la cifra richiesta, erano tornati da Gordon a mani vuote, e lui, per punizione, costrinse Tom ad osservare lui mentre molestava sessualmente Bill. Un’esperienza terribile per entrambi. Ma peggiore fu nel secondo fallimento: i gemelli dovevano frustarsi a vicenda, a turno (prima Tom a Bill e viceversa).
Gordon sapeva essere molto severo nelle punizioni. Quelle esperienze li aiutarono ad essere minatori verso i compratori che non volevano cedere la cifra esatta. Inoltre, avevano loro insegnato a riconoscere vari tipi di clienti: quelli con il coraggio di lingua e quelli con il coraggio di palle. Chi sperava di cavarsela parlando con tono da duro e con sguardo minatorio e chi non ci pensava due volte a far partire una rissa pur di avere ragione.
Bastava verificarlo con un solo gesto: Tom mosse la testa avanti e indietro, come per annuire.
-Tutto questo giro di parole per dire che non vuoi la droga che hai richiesto?- domandò, quasi sarcastico.
L’uomo di fronte ai gemelli si mise innanzi al moro, aggrottando le sopracciglia.
-No.- rispose, secco.
Gli angoli della bocca del ragazzo si inarcarono verso il basso.
-Bene…- mormorò –Mettiamola così, allora…-
Rapido, prese l’uomo per il cranio e fece sbattere il suo volto sul tavolo che li separava.
L’altro alzò la testa, urlando dal dolore, quasi piangendo, e tenendo la mano sul naso.
Sul tavolo era presente una grande macchia di sangue.
I due gemelli osservarono il cliente inclinando la testa, delusi.
“Grande e grosso e piange come un bambino…” pensò Bill, abbassando un sopracciglio.
Tom percepì il suo pensiero e gli rispose: “Decisamente, uno bravo solo a parlare…”
-Allora, paghi o no?- disse il biondo, indifferente alla sua sofferenza.
L’uomo, ancora gemendo, annuì.
-Sì, d’accordo, pago! Ma non fatemi ancora del male, vi prego!- si rivolse ad uno dei suoi scagnozzi –Dagli i soldi, cazzo! Dagli i soldi!-
Intimorito anche lui dalla presenza dei gemelli, lo scagnozzo diede due banconote da 50€ ciascuno.
I due ragazzi le studiarono bene, per assicurarsi che non fossero false. Le misero nelle proprie tasche.
Bill sorrise in modo malvagio.
-E’ un piacere fare affari con gente come te…- mormorò, prima di voltare le spalle al compratore, ancora in lacrime per il colpo subito.
-E un’ultima cosa…- ammonì Tom, prima di seguire il fratello –La prossima volta che vuoi fare il duro con noi, cerca almeno di abituarti a prendere dei pugni in faccia…-
Anche lui si mise a ridere in modo malvagio.
Il primo incarico di Gordon si rivelò essere una semplice vendita di droga a vari abitanti del quartiere.
Anzi, praticamente a mezzo quartiere.
Avevano iniziato nel primo pomeriggio, finendo che era quasi il tramonto.
-Allora… lui c’è, lui pure…- ricordò Tom, osservando insieme a Bill la lista di clienti a cui vendere la droga che il loro Protektor aveva scritto tramite SMS. Accanto ad ogni nome c’era una “X”, che indicava a chi avessero già venduto.
-Sì, abbiamo venduto a tutti.- annuì il biondo, prima di prendere delle banconote da 50€ -Facciamo un paio di conti…-
Anche il moro prese le sue, e le contarono.
-Quanto hai, Tom?-
-2500€.-
-Anch’io. Quindi abbiamo guadagnato 5000€.-
-Cazzo! Se lo stronzone ci fa tenere almeno la metà, potremo essere a posto.-
-Lo spero, Tomi…-
Il cellulare squillò.
-Visto?- ironizzò Tom, facendo spallucce –Parli del diavolo… e stavolta abbiamo anche finito in anticipo rispetto al limite che ci ha imposto! Un record…-
Bill gli rivolse uno sguardo buffo, prima di accettare la chiamata e mettendo il vivavoce.
-Allora com’è andata, Zwillinge?- domandò Gordon, dall’altra parte del telefono.
-A meraviglia, abbiamo venduto tutto e guadagnato la cifra che avevi stimato.- rispose il biondo, stoico.
-Non mi deludete mai, Zwillinge. Incontriamoci nello stanzino per lo scambio, dopodiché vi informerò sul vostro prossimo incarico.-
Riattaccò immediatamente, in faccia ai gemelli.
L’odio di Tom nei suoi confronti cresceva a dismisura.
-Certo che gli piace proprio comandare…- commentò, con le labbra serrate –Spero solo che il prossimo incarico non sia fargli il massaggio ai piedi in cambio di 100€ a testa…-
Bill ci fece un pensiero sopra, assumendo uno sguardo disgustato.
-In ogni caso, meglio dirigerci subito da lui.- concluse, prima di camminare -Lo sai che non gli piace aspettare…-
-Oh, sì, non facciamo aspettare il Drogeskaiser…- ironizzò Tom, seguendolo.
Mezz’ora dopo, i Kaulitz si trovarono al cospetto dell’uomo. Gli presentarono i soldi ricavati dalla vendita della droga.
Lui diceva di fidarsi di loro, ma volle ugualmente contarli.
-4950… 5000.- contò, con aria soddisfatta –E precisi, tra l’altro! Bravi, Zwillinge, non mi deludete mai…-
Bill e Tom non sapevano se quello fosse stato un complimento o un’adulazione per esortarli a restare dalla sua parte. Per fortuna, Gordon non sapeva leggere nella mente delle persone. E i due gemelli avevano ormai imparato a mascherare le loro emozioni.
-Grazie, Gordon…- dissero, insieme, stoicamente, come soldati di fronte al proprio superiore.
Lui, contento di questa subordinazione, si alzò in piedi, con il suo solito sorriso malefico.
Li toccò entrambi sulle spalle.
-Io tengo molto a voi, sapete?- disse, guardandoli; i due ragazzi incrociarono il suo sguardo di sfuggita, per poi osservare nuovamente in avanti; sapevano non poteva leggere nella loro mente, ma i suoi occhi erano così penetranti che sembrava che, effettivamente, poteva farlo –E mi aspetto altrettanto da voi.- aggiunse, lasciandoli e tornando a sedere sul suo posto.
I gemelli non sapevano cosa dire. Solo Tom ebbe il coraggio di parlare.
-Hai altri incarichi per noi?-
Deglutì. Solo Bill poté percepire il suo disagio. Sapeva che anche lui aveva paura di Gordon.
Questi si piegò in avanti, fissando il ragazzo con aria seria.
Qualcosa variò nel respiro di Tom: era diventato più affannoso, più frequente.
Anche Bill si allarmò.
Che Gordon sapesse già…?
Il tutto converse in un sospiro di sollievo, quando lo sguardo serio di Gordon si tramutò in un sorriso divertito.
-Sempre pronto a tutto, eh? E’ per questo che mi piaci, Tom…- fece, mettendosi comodo nella poltrona; no, non sospettava nulla –Comunque, sì, ho un altro paio di incarichi per voi, Zwillinge.- si accese un sigaro –Mentre voi eravate in giro a vendere la droga, ho inviato alcuni ragazzi per prelevare uno dei nostri che ha osato mettersi contro di me, minacciando di smascherarmi alla polizia e, di conseguenza, condurre il mio Reich al fallimento. Voi non volete che avvenga, vero?-
In un altro contesto, la risposta dei gemelli sarebbe stata: “Sì che lo vorremmo, brutto stronzo!”
Ma dovevano ancora fingere di stare dalla sua parte, quindi si ritrovarono costretti a dare la risposta che voleva lui.
Gordon, infatti, ne fu compiaciuto.
-Di chi si tratta?- domandò Bill, mostrando sottomissione. Qualsiasi cosa pur di mostrare di essere fedele al loro Protektor. Come un cane con il proprio padrone.
-Faccio prima a mostrarvelo.-
Senza pensarci due volte, Gordon schioccò le dita: due ragazzi, un maschio e una femmina, più giovani di almeno una decina d’anni dei Kaulitz entrarono nello stanzino portando un uomo alto dalla statura robusta, con le mani legate e un sacco sulla testa. Ansimava e tremava. Fu costretto a inginocchiarsi, prima che la ragazza gli togliesse il sacco. Era un mulatto. Il volto era integro, non aveva subito danni.
-Lasciateci.- ordinò Trümper ai due ragazzi, che si congedarono con un lieve inchino.
I gemelli conoscevano l’ostaggio solo di vista: anche lui era un sicario, come loro.
Tremò di più, appena Gordon si mise dinnanzi lui, prendendogli il mento.
-Allora, Bernt…- sibilò, come un serpente –Sei ancora convinto di quello che hai detto alle mie spalle? Che sono un mostro opportunista, spietato e cinico che merita solo la prigione, se non la fossa comune?-
Esattamente quello che i gemelli pensavano su di lui. Ammirarono il collega per il coraggio di averlo solo detto.
L’altro scosse la testa nervosamente, senza pronunciare alcuna parola per esprimere la sua negazione.
Osservava il suo superiore con aria terrorizzata, ansimando dal naso, quasi lacrimando.
-No…?- derise Gordon, senza staccare gli occhi dai suoi –Allora vuol dire che ti penti di quello che hai detto su di me?-
Annuì, con movimenti fulminei. I gemelli si guardarono l’un l’altro, preoccupati.
-Molto bene…- concluse l’uomo, staccandosi dal mulatto –Sei perdonato.-
Invece di un “grazie”, ciò che uscì dalla bocca dell’altro fu: -Non farmi del male, ti prego…-
Sapevano tutti che Gordon Trümper non era uno che perdonava facilmente; o meglio, che non lasciava andare impunite le persone che lo avevano tradito, sebbene avesse detto “Sei perdonato.”.
Infatti, si voltò, con aria innocente.
-Farti del male? Io?- osservò, con voce flautata –No… Lo sai che non mi permetterei mai…- osservò i gemelli; non era mai lui ad infliggere le punizioni, lasciava sempre il compito ai suoi sottoposti, per formarli e insegnare loro cosa succedeva a tradirlo –Ecco il vostro incarico, Zwillinge… Sapete entrambi che, dopo un’accusa così nei miei confronti, non posso lasciarlo andare come se niente fosse accaduto.-
Bill e Tom annuirono: cosa aveva in mente?
-E se lasciamo andare persone come lui, questo potrebbe dar vita a, che so? Una rivolta? A tutto quello che ho costruito? La vostra unica casa?-
Ecco il colpo basso per spingerli nuovamente a obbedire ai suoi ordini.
Scrutò qualcosa dal suo cassetto, estraendo due piccole mannaie, ma dalla lama appena affilata.
-Quindi ecco la vostra missione: prendete le mannaie, mettetelo sul tavolo e tagliategli mani, lingua e… perché no? Il cazzo.-
Quella richiesta fece sussultare i presenti, soprattutto il condannato.
-Un uomo senza lingua non può sparlare di me, un uomo senza mani non può scrivere contro di me, e un uomo senza cazzo non può più prendermi per il culo, o peggio, soddisfare i suoi bisogni sessuali…-
I gemelli osservarono le mannaie con orrore: non era la prima volta che veniva loro ordinato di amputare delle parti del corpo di altre persone, ma ogni volta era come la prima. Era troppo persino per Tom: non era la stessa cosa che picchiare qualcuno.
Ma anche loro sarebbero stati puniti, se non avessero obbedito.
Senza dire una parola, presero le mannaie. Ciò fece esasperare Bernt, mentre veniva agguantato per essere messo sul tavolo.
-NO! TI PREGO! FARO’ TUTTO QUELLO CHE VUOI, GORDON! ANCHE PARTECIPARE ALLE TUE “FESTE”, MA NON PERMETTERE LORO CHE MI FACCIANO QUESTO! TI PREGO!-
Gordon lo osservò con indifferenza, mentre l’altro veniva legato al tavolo e privato dei pantaloni e delle mutande.
-Partecipare alle mie feste? Tu?- derise –Uno come te può solo far scappare i miei clienti. Loro ambiscono a carne giovane, come gli Zwillinge. No, meglio non rischiare. Che me ne farei di un uomo castrato?-
Niente. Niente poteva far cambiare idea a Gordon Trümper.
Non era mai facile per i gemelli amputare delle parti. Si guardarono in faccia, negli occhi color nocciola: in entrambi si poteva leggere il dolore e la paura. Ma bastò un solo sguardo per avere coraggio, anche se per poco tempo.
Entrambi sussurrarono alle orecchie del collega: -Ci dispiace molto…-
Un colpo netto. Le mani caddero dal tavolo con un rumore secco.
L’urlo riecheggiò in tutto il Drogesviertel.
Bill, poi, sforzandosi di non tremare, tagliò la lingua, e Tom i genitali. Rapidi e secchi colpi, come quelli di un macellaio intento a macellare la carne degli animali.
Le urla erano i suoni preferiti di Gordon: il suono della punizione.
Non uscivano più urla dalla bocca di Bernt, ma suoni strani: che altro poteva fare, un uomo senza lingua?
-Ah, cavolo, il tavolino…- imprecò l’uomo, notando il sangue che ormai lordava il suo tavolino; si sarebbe seccato e poi confuso con il sangue delle altre persone lì mutilate –Ora portatelo via di qui e cauterizzate le ferite. Questo tavolino è già sporco di suo. Lì c’è la fiamma ossidrica.-
Lo avevano fatto altre volte; non fecero più caso ai lamenti del collega. Quello che albergava nella mente dei due gemelli era ormai l’agognata fuga da quel posto. Almeno bastava a farli distrarre da quello che stavano facendo.
I lamenti non avevano smesso un solo secondo da quando erano iniziati. Gordon assisteva a quello spettacolo sorridendo. Schioccò di nuovo le dita: le sue guardie del corpo entrarono.
-Gettate questo traditore in mezzo alla strada.- ordinò, con aria sadica –Vediamo come se la cava ora, conciato così…-
I due uomini annuirono ed eseguirono gli ordini: il mulatto venne preso sia per le braccia che per le gambe, come un malato e trasportato verso l’esterno, per poi essere gettato come spazzatura.
Gli abiti, le mani e i volti dei Kaulitz erano sporchi di sangue: non erano fieri di quello che avevano appena fatto, ma dovevano, per non destare sospetti.
Bill era ormai pallido alla vista di tutto quel sangue su di lui. Non ci avrebbe mai fatto l’abitudine.
Persino Tom resisteva  a stento di urlare dalla rabbia e dalla disperazione. Ma cercò ugualmente di non crollare e domandò, sperando con tutto il cuore che quello fosse l’ultimo incarico: -C’è altro, Gordon, che possiamo fare per te?-
L’uomo spense il sigaro, senza smettere di osservare i suoi Zwillinge.
-Intanto, di darvi una bella pulita.- notò, quasi divertito –Per l’ultimo incarico, è più saggio attendere notte fonda. Vi chiamerò io. Avete tempo di fare la vostra famosa gara di bevute. A dopo, Zwillinge...-
La gara di bevute… La scusa che si erano inventati per facilitare la loro fuga. Ma come potevano, alla vigilia di un nuovo incarico? Era come se Gordon, effettivamente, avesse sempre saputo che la loro intenzione era scappare da lì e lui cercava in tutti i modi di posticipare la loro fuga. Anche peggio di una delle sue punizioni. Se fossero scappati e lui li avesse scoperti, li avrebbe di nuovo usati come figuranti in una delle sue feste, costringendoli nuovamente all’incesto.
Non potevano permetterlo. Ancora una volta, dovettero posticipare la fuga.
Si congedarono con un lieve inchino.
-Che razza di stronzo!- imprecò Tom, ormai lontano dallo stanzino –E anche codardo! Non ha il coraggio di punire lui stesso i traditori per paura di sporcarsi le sue belle manine che sgorgano droga!-
-Tom, fai piano!- ammonì Bill –Vuoi finire come quel tipo?-
Nemmeno lui era contento di quello che aveva fatto. Fra i due, Tom era quello più violento, quello più felice alla vista del sangue, ma non in quel contesto, non per punire un innocente. Violento, ma non privo di giudizio. Non se c’era Bill con lui.
-Certo che no.- fu la risposta, con una punta di ironia –Io ci tengo alla mia materia prima.-
Entrambi ridacchiarono a quella battuta. Almeno era servita a rendere più leggera quell’esperienza traumatica.
-Comunque, Gordon ci ha dato chissà quante ore libere per noi…- proseguì Bill, riflettendo –Cosa facciamo prima che ci chiami?-
Anche Tom rifletté. Poi, l’illuminazione.
-Innanzitutto, ci laviamo e ci cambiamo.- decise –E poi… lui ha citato la gara di bevute cui gli avevamo parlato per saltare la sua festa del cazzo… Perché non farla sul serio?-
Lo sguardo del gemello fu la risposta definitiva.
-Accetto.-
 
Il locale sembrava essere in fermento.
-Giù! Giù! Giù! Giù! Giù!- urlavano uomini e donne.
Bill e Tom avevano ormai perso il conto dei boccali di birra bevuti. Ma loro continuavano a bere. Non volevano far vedere alcun segno di crollo.
Batterono i propri boccali vuoti sul bancone, urlando, all’unisono: -ANCORA!-
Erano nello stesso locale dove solevano andare delle sere, lo stesso dove Bill aveva salvato Linda da Jackob, il proprietario. Quella sera sembrava piuttosto turbato: i gemelli stavano attirando più attenzione delle sue donne, quella sera.
Alzarono di nuovo i gomiti e bevvero la birra tutta d’un fiato.
-Giù! Giù! Giù! Giù! Giù!- esclamavano i clienti, facendo il tifo per entrambi.
Come per gli altri boccali, finirono insieme.
Tom esultò, urlando, lo stesso fece Bill. Anche i presenti urlarono, applaudendo.
-NON SONO UBRIACOOO!!!- esclamarono, all’unisono, prima di ballare sulle note della musica usata per le ballerine di lap dance.
Tuttavia, qualcosa fece un movimento strano dentro lo stomaco di Tom: qualcosa stava per salire sulla sua gola, provocandogli un forte senso di nausea. Si tappò la bocca con imbarazzo e scappò.
-Scusate, devo andare in bagno…- si giustificò.
Bill, all’inizio, si mise a ridere.
-E’ crollato per primo!- esclamò –Quindi ho vint…!- anche lui ebbe quella fastidiosa sensazione –Merda… Io lo seguo!-
I gemelli si ritrovarono in bagno: Tom era già chino su un water a vomitare quanto aveva bevuto. Bill si mise in quello accanto, piegandosi su di esso.
-Bleah!- vomitò il moro –Mi sa che la gara di bevute non è stata una buona idea… Bleah!-
-Bleah! Lo penso anch’io… Bleah!-
Finirono dopo pochi minuti, poi tirarono lo sciacquone, prima di dirigersi ai lavandini per lavarsi il volto.
Erano ancora pallidi, ma le loro guance stavano pian piano riprendendo colore.
-Ahh… mi sento ancora male…- si lamentò il biondo, avvertendo ancora un leggero fastidio allo stomaco –Non berrò mai più, dopo stasera. Mai più!- ruttò a volume alto.
Tom alzò le sopracciglia folte, stupito come fosse la prima volta: Bill, nonostante l’aspetto innocente, era più scaricatore di porto di Tom.
-Salute!- commentò questi, prima di ruttare anche lui -Beh, guarda il lato positivo, almeno ci siamo distratti per un attimo. Metti che ci attenda il più pesante degli incarichi, dopo…-
Bill ricambiò con uno sguardo buffo: non aveva tutti i torti. Avevano entrambi dimenticato il disagio provato mentre amputavano Bernt.
-Comunque, il patto era chi crollava per primo pagava da bere per entrambi…- ricordò Tom.
-Infatti sei tu ad essere crollato per primo, quindi paghi tu.-
-Ma se tre secondi dopo mi hai raggiunto in bagno.-
-Appunto, tre secondi, non nello stesso momento.-
-Prima contiamo i boccali, poi si deciderà.-
-Ehi! Così non vale!-
Per fortuna, il barista non li aveva ancora portati via. Contarono i boccali: 30. 15 Bill e 15 Tom. Li avevano terminati nello stesso momento. Si trovarono quasi costretti a pagare la propria metà, nonostante Tom fosse andato in bagno prima di Bill.
Uscirono dal locale quasi ciondolando. A malapena si reggevano l’un l’altro.
-Ah, Cristo…- disse Tom, continuando a ridacchiare –Ci voleva proprio una bella bevuta! Peccato non aver avuto più tempo per spassarcela con le ballerine!-
Bill era ancora sul punto di vomitare.
-Se proprio ci tieni, possiamo tornare dopo il terzo incarico…- mormorò, tra versi di conato –Ma senza bere, grazie…-
-Sì, effettivamente ci siamo andati giù pesanti, stasera… Mi sento ancora male…-
Il cellulare suonò. Un messaggio di Gordon.
-Oh, no…- mormorarono entrambi. Non si aspettavano li chiamasse così presto. Non era nemmeno mezzanotte.
 
Spero non vi siate ubriacati troppo, Zwillinge, visto che per l’incarico di stasera dovrete usare la moto.
Vi aspetto nello stanzino tra mezz’ora.
G.T.
 
Tom si morse il labbro inferiore: era ancora sotto i fumi dell’alcool. Si sarebbe ripreso in tempo per la missione?
In perfetto orario, i due gemelli tornarono dal loro Protektor.
Ormai si aspettavano di tutto da lui.
-Beh, vi vedo abbastanza sobri…- notò, osservando i due ragazzi di fronte a lui –Bene…-
-Qual è la missione?- tagliò corto Bill, deglutendo.
Gordon prese il suo smartphone, digitando o sfogliando qualcosa. Poi lo mostrò ai gemelli: vi era l’immagine di un giovane quasi loro coetaneo, dalla corporatura grassa, occhi scuri dietro ad un paio di occhiali a montatura larga e capelli biondi messi tipo riporto.
-Costui è Gustav Schäfer, un architetto.- spiegò, riprendendo il telefono –Ha lavorato per me, di recente. Mi ha aiutato nella progettazione e nella costruzione di uno dei miei ultimi palazzi. Gli ho anche proposto di divenire mio socio, ma lui ha rifiutato categoricamente la mia offerta, oltre a non darmi dei soldi che mi doveva.-
-Vuoi che lo puniamo, quindi?- domandò Tom, dando per scontato la risposta dell’uomo –Dobbiamo ucciderlo, torturarlo, castrarlo, bruciargli la casa…?-
Stranamente, Gordon scosse la testa. Solitamente, non si faceva scrupoli a dire ai suoi sottoposti: “Uccidilo.”
-No, ho in mente qualcosa di ben peggiore dell’omicidio.- spiegò –Schäfer è sposato ed ha una figlia, e sapete com’è… I figli possono essere il peggiore dei punti deboli. Dovete rapire la figlia e lasciare questo biglietto nel suo lettino.-
Porse una busta sigillata a Bill: probabilmente era il riscatto.
Un rapimento. Gordon non aveva mai esatto ai gemelli un incarico simile. Non con bambini, almeno.
-Perché rapire la figlia?- domandò il moro, incuriosito da quella strana richiesta –Quando le persone non ti danno i soldi, solitamente, ci chiedi di torturarle o roba simile…-
-Con lui è diverso, Tom… Vedrete che quando capirà che è coinvolta la vita della sua piccola figlia si deciderà a darmi i soldi…-
Non si era mai abbassato a tanto.
“Ora ci chiedi anche di rapire i bambini…?” pensò Bill, scioccato al solo pensiero di quello che avrebbero dovuto fare “Questo è troppo, Gordon!”
Avrebbe tanto voluto dirlo. Ma, nonostante ci fosse Tom con lui, non ne ebbe il coraggio. Temeva che Gordon minacciasse di far del male al gemello, se non farlo direttamente. Non poteva permetterlo.
-F-faremo quello che possiamo…- balbettò. Tom lo osservò un po’ basito, ma poi comprese. Alla fine, dovette rassegnarsi anche lui.
L’uomo sorrise.
-Molto bene…- sibilò, mentre digitava qualcosa sul suo telefono –Io mi aspetto sempre il massimo da voi, Zwillinge, lo sapete benissimo. Ho già messo l’indirizzo della sua abitazione sul vostro telefono. Il resto sta a voi.-
Senza aggiungere altro, i Kaulitz, dopo aver salutato il loro Protektor con un silenzioso cenno della testa, si congedarono, per dirigersi verso la rimessa dove tenevano la Harley Davidson.
-Figlio di puttana!- imprecò Tom, mentre metteva in moto. Bill si strinse a lui, pensando la stessa identica cosa. Da dietro il casco di uno si leggeva l’ira, nell’altro la disperazione.
-Tomi, cosa facciamo?!- esclamò il biondo, appena usciti dal quartiere per dirigersi verso l’indirizzo indicato da Gordon –Dobbiamo farlo per forza?!-
Sapevano entrambi che la risposta era negativa. Ma non potevano permetterlo. A loro stessi.
Tom aggrottò ancor più le sopracciglia scure, quasi a formare due linee verticali.
-Non lo so, Billy…- confessò, completamente a disagio, nonostante, fra i due, fosse quello ormai più riluttante a seguire gli ordini del Protektor –Intanto facciamo questo incarico del cazzo, poi si vedrà…-
Bill non si aspettava certo una risposta del genere da parte del fratello: che stesse iniziando a perdere la speranza…? Che ormai si fosse rassegnato anche lui? Era lui, dopotutto, ad aver avuto l’iniziativa di progettare la fuga… cosa lo aveva fatto cambiare idea?
Il gemello, purtroppo, sapeva che cos’era, ma era troppo orgoglioso per ammetterlo persino a se stesso.
L’indirizzo fornito da Gordon portava ad una piccola villetta appena fuori Lipsia, a tre ore di moto dal quartiere.
Era di due piani, ma era modesta, con un piccolo giardinetto innanzi.
Trovare la stanza da letto della bambina non sarebbe stato facile, ma neppure da far loro perdere tempo: Gordon aveva dato loro fino all’alba per tornare nel quartiere.
I gemelli si erano appena tolti i loro caschi, osservando con rassegnazione l’abitazione in cui dovevano entrare.
-I passamontagna.- disse Tom al gemello, che stava già frugando dentro il bauletto.
Se fossero stati scoperti, almeno i loro occhi sarebbero stati l’unica cosa scorta e non il volto completo per poi far denuncia alla polizia.
Studiarono bene la casa, per decidere da che parte cominciare a cercare.
Tom si sarebbe occupato del piano terra e Bill del piano superiore. Anche lì vi erano delle grondaie, quindi fu facile per lui salire.
Non entrarono subito in casa. Si limitarono, inizialmente, ad osservare dalle finestre.
Per fortuna, Bill era alto; le finestre del piano superiore erano molto distanti tra di loro, ma lui, arrampicandosi sui cornicioni, riusciva a raggiungerle.
“Tom, l’ho trovata!” pensò, sperando che il gemello lo avesse percepito.
Così fu. Anche Tom si arrampicò sulle grondaie, raggiungendo Bill.
Erano davanti ad una finestra che mostrava una stanza piena di giochi, adatta, appunto ad una bambina.
C’era un lettino in mezzo, su cui vi era rannicchiata una figura piccola. Era la finestra che cercavano.
A nessuno dei due piaceva anche solo il pensiero di rapire un’innocente, ma sperarono con tutto il cuore che Gordon non la trattasse male e che i genitori pagassero il più presto possibile il riscatto per riportarla sana e salva.
Tom, senza pensarci due volte, prese il suo coltello e lo mise tra le ante della finestra. Riuscì a sbloccare il fermo dopo pochi minuti. Un altro dei trucchi insegnati da Gordon.
I gemelli entrarono nella stanzetta senza far rumore: si erano messi le scarpe da ginnastica apposta.
Il moro teneva in mano la sua pistola, in caso di emergenza. Cercarono di evitare tutti i pupazzetti sparsi per terra.
Si affacciarono alla culla: una testa piena di riccioli biondi spuntava dalle lenzuola.
Bastò per far titubare, anche se per poco, i due gemelli, soprattutto Bill, tra i due il più sensibile.
“Tom…” pensò, osservando il fratello; anche lui si sentiva a disagio per quello che stavano per fare.
Ma rispose scuotendo la testa, a malincuore. Ma si poteva leggere benissimo la sua angoscia, che si affiancò subito alla sua ira nei confronti di Gordon.
“Mi dispiace…” pensò e Bill comprese.
Lentamente, prese la bambina, facendo ben attenzione a non svegliarla, e mettere rapido il biglietto di Gordon sul cuscino. Aveva solo due anni, ma doveva pesare più di sei chili. Il biondo non era molto forte; infatti, barcollò, facendo un movimento brusco, senza, però, pestare un pupazzo di gomma estremamente vicino alla sua scarpa.
Tom strinse i denti, da dietro il passamontagna, preoccupato.
Silenzio.
Entrambi tirarono un sospiro di sollievo.
Ma fu per breve tempo.
Bill sentì la testina della bambina muoversi verso l’alto.
Sebbene fosse buio, notò il bianco dei suoi occhi.
Li chiuse per un attimo, poi li riaprì.
Fece una faccia strana, appena vide il volto coperto del biondo.
Si mise ad urlare, facendo quasi spaccare i timpani a chi la stava tenendo in braccio.
-Merda! Non ci voleva!- imprecò Tom, digrignando di nuovo i denti.
Bill cercò di calmarla, facendola cullare un pochino.
-Ssshhh! Stai calma! Andrà tutto bene!- disse, invano. Lei stava continuando ad urlare, piangendo.
La luce della stanza si accese, facendo sobbalzare gli stomaci dei gemelli.
Un giovane circa loro coetaneo era entrato nella stanza, in pigiama.
Capelli biondi arruffati, occhi scuri, faccia piena, corporatura grassa.
Gustav Schäfer, il ragazzo cui Gordon aveva parlato loro.
Tom lo osservò quasi disgustato.
“Cavolo, sembra l’abbia partorita lui la figlia…” pensò, abbassando un sopracciglio.
-Ma che ca…!- cominciò Gustav, osservando in cagnesco i due ragazzi, prima osservando la piccola tra le braccia di uno e la pistola nella mano dell’altro. Per fortuna, avevano il passamontagna.
Prima che aggiungesse altro, Tom puntò la pistola non verso di lui, ma verso la lampada, sparando un colpo.
Era a gas, quindi provocò un botto. Il padre si coprì gli occhi, per evitare che i frammenti di vetro lo colpissero. Era quanto bastava a distrarlo e facilitare la fuga dei due gemelli.
Infatti, quando Gustav riaprì gli occhi, la stanza era di nuovo vuota e buia, ma la finestra era ancora aperta.
Stando bene attento a non camminare sul vetro, corse verso la finestra, notando con sgomento la Harley sparire dietro l’angolo. Sentiva ancora i pianti della bimba, ancora stretta a Bill, per evitare di cadere.
-BRITNEEEEE!!!- urlò.
Una seconda persona entrò nella stanza. Una ragazza.
-Gustav!- esclamò, avvicinandosi a lui. Sfiorò una scheggia di vetro, ritirando il piede abbastanza in tempo per evitare di ferirlo. –Cos’è successo? Dov’è la piccola?-
Lui si morse il labbro inferiore. Ma ormai era inutile negare la verità. Le strinse una mano.
-L’hanno rapita…- mormorò, guardando in basso –Hanno rapito nostra figlia…-
Lei si sentì quasi mancare. Infatti si appoggiò sul marito.
-O mio Dio…- mormorò, con voce flebile.
Lui, furioso, batté una mano sulla finestra, per poco non rompendola.
-Maledetti!- imprecò –Se solo sapessimo dove iniziare a cercare…-
-Dovremo chiamare la polizia!-
-E a quale scopo?- fu la risposta, secca -I rapitori avevano il volto coperto e la Harley su cui viaggiavano era troppo lontana affinché potessi vedere la targa. Sono troppi pochi indizi e lo sai che alla polizia piace avere tanti indizi a disposizione per ritrovare qualcuno… L’abbiamo perduta.-
Entrambi persero quasi la speranza. La ragazza si mise a piangere, per lo shock.
Rivolse lo sguardo verso il lettino. La stanza era buia, ma la luce della luna illuminò qualcosa.
Incuriosita, si avvicinò, scoprendo qualcosa che incrementò il suo shock.
-Gustav! Guarda qui!- esclamò, avvicinando il marito –Una busta.-
Senza pensarci due volte, lui la aprì.
Una lettera.
Non era scritta a mano, ma con delle lettere dei giornali incollate.
 
ORA HO TUA FIGLIA.
SE LA VUOI RIVEDERE, PAGA QUANTO MI DEVI.
HAI UNA SETTIMANA DI TEMPO.
APPUNTAMENTO AL SETTIMO PIANO DEL PALAZZO CHE HAI COSTRUITO PER ME.
 
-Gordon Trümper…- mormorò, stringendo il foglio con tale forza da essere vicino a stracciarlo –Lo sapevo che c’era il suo zampino dietro…-
La donna assunse uno sguardo strano, come se quel nome lo avesse già sentito da un’altra parte.
Ma la preoccupazione per la sorte della figlia era più forte della sua sensazione.
-Che cosa facciamo, Gustav…?- domandò, in preda all’angoscia.
Lui scosse la testa.
-Non lo so… Ma la troveremo, Linda!-
 
La Harley era già lontana.
Bill stava cercando di tenersi stretto a Tom e, nello stesso tempo, tenere stretta la bambina, che continuava a piangere. Invero, anche loro stavano piangendo. Rapire i bambini non era come rapire gli adulti.
Il senso di colpa invase i loro cuori. Si sentivano dei mostri. Dei vigliacchi.
Avrebbero dovuto ribellarsi a Gordon, dire di no a quell’incarico. Ma a quale prezzo?
-Lo so, non siamo fieri di quello che abbiamo fatto!- esclamò il biondo, rispondendo alle urla della bambina –Ma ti promettiamo che non ti verrà torto un capello, finché saremo in vita!-

---------------------

Note finali: non sapendo il nome della figlia di Gustav ho dovuto... "inventare", per dirla così...
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Lady I H V E Byron