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Autore: Echocide    10/06/2017    3 recensioni
Una piccola raccolta di missing moments dedicata alla serie 'Quantum Universe'.
01. Come Adrien e Rafael si conobbero...
A pelle, sentiva proprio che quella sarebbe stata una persona da tenere alla larga: troppo sicuro di sé, troppo sfrontato, troppo…tutto.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Scene
Personaggi: Un po' tutti
Genere: slice of life, generale
Rating: G
Avvertimenti: oneshot, what if...?, raccolta
Wordcount: 1.083 (Fidipù)
Note: Buon sabato! Ed eccoci qua con la seconda parte di Antieroe, scena dedicata a Rafael Fabre e a come ha ricevuto il suo Miraculous. E che dire? A questo giro ci sarà l'incontro con il kwami tolkeniano fissato con il cioccolato e...beh, qualcuno lascerà presagire a chi toccheranno i Miraculous mancanti (come se non si sapesse già...). Beh, che dire? In verità o pochissimo da dire e quindi vi lascio subito alle informazioni di rito.
Come sempre vi ricordo la pagina facebook per rimanere aggiornati.
E, infine, vi ringrazio tantissimo per il sostegno che mi date e per il fatto che leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste.
E noi ci vediamo lunedì con una nuova settimana di aggiornamenti!


Rafael sbadigliò, aprendo la porta del suo appartamento e fermandosi sulla soglia: la stanza era illuminata malamente dalla luce dei lampioni fuori, anche se in verità non aveva tanto bisogno per sapere dove erano i mobili e come fare per evitarli. Viveva in quel posto da quando era nato e sapeva esattamente dove era posizionato ogni singolo pezzo.
Sospirò, chiudendo l’uscio dietro di sé e avvicinandosi poi al divano, lasciandosi cadere su di esso: quel giorno aveva avuto due servizi fotografici e, anche se non sembrava, erano veramente stancanti a livello mentale.
Inoltre, la continua voce del fotografo italiano gli rimbombava ancora nelle orecchie, tanto da avergli fatto salire un tremendo mal di testa.
Quasi quasi avrebbe preso un antidolorifico e si sarebbe infilato a letto…
E poco gli importava della tipa a cui aveva dato appuntamento.
Sbuffò, calciando via i mocassini e posando poi i piedi sul pavimento, dirigendosi quasi come uno zombie verso la cucina: accese la luce, stringendo le palpebre e notando solo allora lo strano cofanetto posto nel mezzo del tavolo dove di solito pranzava.
Non ricordava di aver mai posseduto un qualcosa del genere e, cosa più importante, era certo al cento per cento che non c’era stato quella mattina.
Si guardò attorno, quasi pronto a vedere suo padre uscire da qualche parte: forse era tornato da uno dei suoi viaggi? Eppure l’ultima volta che era riuscito a sentirlo, aveva scoperto che l’uomo si trovava da qualche parte in Cina.
La mamma? No, l’aveva chiamata pochi giorni prima ed era ancora a New York.
Tamburellò il dito indice sul tavolo, studiando il piccolo cofanetto e poi prendendolo: lo rigirò fra le mani, studiando i segni che erano intagliati nel legno senza riconoscerli.
Sembravano…
Quello sul coperchio, poi, gli sembrava l’esagramma di un I-ching.
Scosse il capo, aprendo il coperchio e osservando per un secondo il monile contenuto al suo interno, prima che una luce intensa apparisse dal nulla; Rafael si coprì gli occhi con la mano, osservando attraverso le dita la sfera di luce che si rimpiccioliva e materializzando uno strano esserino blu: il ragazzo fece un passo indietro, allungando una mano e prendendo la prima cosa che gli capitò a tiro, mentre lo strano spirito aprì gli occhietti rossi e lo fissò sorridendo: «Ciao!» esclamò allegro, alzando un braccio – o zampa – poco prima che il giornale si abbattesse su di lui.
Rafael alzò il quotidiano, osservando il cosetto blu spiaccicato contro il tavolo: «L’ho ucciso?» si domandò, mentre l’insetto – o quel che era – si riprese.
«Ehi!» sbottò l’esserino, mettendosi a quattro zampe e agitando l’enorme coda, molto simile a quella di un pavone: «Ma è possibile che tutti i miei portatori provano a uccidermi?»
«Cosa sei?» domandò Rafael, maledicendosi poco dopo: se era un’allucinazione non doveva darle retta ma ignorarla. E se era…
No, un insetto non poteva essere.
Gli insetti non parlavano.
«Io sono Flaffy!» esclamò l’esserino, sorridendogli: «E sono un kwami! Legato al gioiello all’interno di quella scatolina!»
«Kwami? Kami vorrai dire. Sai, kami…»
«Sì, lo so cosa vuol dire kami. Comunque io sono un kwami! E tu sei stato prescelto…» il piccoletto si fermò, inclinando la testa e studiandolo: «Scusa, come ti chiami?»
«Rafael. Rafael Fabre.»
«E tu sei stato prescelto, Rafael! Il tuo destino è indicato dalle stelle! Sei destinato a grandi cose! Tu proteggerai gli altri e combatterai per un fine superiore.»
«No.»
«Cosa?»
«Non voglio farlo» dichiarò Rafael, incrociando le braccia: «Perché dovrei farlo? Che ci guadagno?»
«Ma il Gran Guardiano ti ha dato il mio Miraculous…»
«Ehi, mi sono ritrovato in cucina questa scatola, volevo sapere cosa c’era e sei apparso tu» dichiarò il ragazzo, fissando l’esserino: «Non è che quando apro una scatoletta di tonno, quello esce fuori e mi dice che sono destinato a grandi cose. E poi a Parigi ci sono già Ladybug e Chat Noir.»
«Ma…»
«Ma cosa?»
«Tu hai il mio Miraculous, quindi sei stato scelto.»
Rafael sbuffò, prendendo il gioiello all’interno della scatola e rigirandoselo fra le dita: sembrava una spilla e aveva la forma di una coda di pavone con le tonalità tipiche dell’animale: «Questo coso dovrebbe farmi diventare un eroe?»
«Esattamente! Devi solo indossarlo e dire ‘Flaffy, trasformami’»
Il ragazzo sbuffò, aprendo il fermaglio della spilla e infilandola nella maglia della collana che indossava: «Devo dire solo quello?» domandò, ricevendo un cenno affermativo da parte del kwami: «Flaffy, trasformami.»
Vide il piccoletto sorridere, prima di venire risucchiato all’interno del monile e una strana energia avvolgerlo e impossessarsi di lui: chiuse gli occhi e, dopo un po’, li riaprì e osservò attonito le proprie mani, ricoperte da guanti blu scuro: «Ma cosa…» mormorò, correndo poi nel bagno e fissando sorpreso il proprio riflesso allo specchio.
Era…
Era…
Era vestito come un cavolo di supereroe.
Una maschera blu gli copriva parte del volto, il corpo era stretto in una tutina e un logo, della stessa forma del gioiello, svettava sul petto; le mani erano coperte da  guanti di una tonalità più scura della tuta e si fermavano poco prima del gomito e ai piedi aveva degli stivali dello stesso colore che raggiungevano metà polpaccio.
«Ma che diavolo…?»


Wayzz osservò l’uomo che, canticchiando, stava scendendo le scale in pietra, diretto verso la strada principale: «E’ sicuro della sua scelta, maestro? Se non erro, il signor…»
«E’ perfetto! E Flaffy saprà indirizzarlo bene.»
Il kwami della tartaruga sospirò, voltandosi indietro: conosceva fin troppo bene Flaffy e sapeva come era, trovando in queste due consapevolezze la certezza che non avrebbe guidato il proprio Portatore.
Semmai il contrario.
«Maestro?»
«Sì, Wayzz?»
«Perché adesso? Sono passati due anni da quando Ladybug e Chat Noir hanno sconfitto Papillon...»
Fu sorrise, voltandosi verso il kwami: «Lo sai anche tu, Wayzz.»
«Pensa che…»
«Sicuramente le sarà giunta voce che ho donato dei Miraculous e sono certo che, prima o poi, si muoverà. Voglio essere pronto per quell’eventualità.»
«Ho capito.»
«Proprio per questo, domani andremo a fare dei biglietti.»
«E per dove, maestro?»
«Beh, ho un Miraculous da lasciare in Italia prima di tutto» trillò allegro Fu, riprendendo a camminare: «E poi quella rompiscatole di Fa è stata a New York un po’ di tempo fa – per andare a trovare uno dei suoi nipoti – e mi ha detto di aver trovato una ragazza molto interessante…»
«Quindi Italia e America?»
«Esattamente, mio verde amico e compagno di avventure. E’ tempo di preparare le valigie!»
«E come farà con il centro?»
«Posso prendermi un po’ di ferie, non credi? Son cinquant’anni che non ne prendo!»

   
 
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