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Autore: November Rain_    11/06/2017    0 recensioni
L'amore. Sappiamo cosa sia realmente? Quanti pensano di amare o amano realmente? Nicole, una ragazza ventitré anni, si pone queste domande senza saper dare una risposta. Pensa che lei sia l'unica persona a non sapere ed a non provare questi sentimenti, ma tutto verrà messo in discussione con l'arrivo, o per meglio dire il ritorno di lui, Alexander.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Prologo.
 
 
“Capitano a volte incontri con persone a noi assolutamente estranee,
per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo, all’improvviso,
in maniera inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata”.

~Fedor Michajlovic Dostoevskij.
 

 
Appena la sveglia suonò mi misi subito a sedere. Erano le cinque e mezza del mattino e come al solito, mi alzai dirigendomi in cucina. Presi la padella, tutti gli ingredienti e preparai dei pancakes. Impilai l’ultimo, sulla torre appena creata, presi il piatto e lo poggiai sul tavolo nello stesso momento in cui sentii aprire la porta di casa.
«Buongiorno! Ho appena finito di preparare la colazione!» esclamai.
«Anche oggi sei già in piedi? Quante volte ti devo dire che non c’è bisogno che ti alzi così presto!» rispose l’uomo dal salotto.
«Lo sai che preferisco mangiare in compagnia! E poi devo andare a correre» risposi sorridendo andandogli incontro.
Ed eccolo li, davanti a me. L’uomo più importante della mia vita. Mio padre.
«Come al solito!» mi guardò severo «Mi sto iniziando a chiedere se imparerai mai a fare ciò che ti dicono. Perché sai, ormai sto iniziando ad arrendermi!» sbottò abbracciandomi.
«E io mi chiedo se tu smetterai mai di dire sempre le stesse frasi! Ormai sono ventitré anni che avanti così!» ribattei ricambiando l’abbraccio.
«Dai, mangiamo» ordinò mio padre incamminandosi verso la cucina.
Lo seguii e presi il mio posto.
«Beh, com’è andata a lavoro?» domandai.
«Niente di speciale, come al solito. Per fortuna il pronto soccorso non era pieno oggi» rispose. Sì, mio padre era un medico, da piccola passavo molto tempo con lui in ospedale, ormai conoscevo tutti li, era come una seconda casa. Ero sempre stata abituata a stare in quell’ambiente, per questo quando avevo tempo libero mi recavo lì per volontariato con i bambini, oppure mi capitava di intrattenere i pazienti che aspettavano il proprio turno.
 «Che piani hai per oggi? Io monto alle 15» mi informò.
Lasciai la forchetta in sospeso e lo guardai.
«Appena finiamo qui vado a correre e poi a lezione, oggi finirò per le 16:30. Ah, ricordati che forse devo andare a lavoro questa sera, in ogni caso ti farò sapere. Non ho ancora sentito Mary oggi» risposi prima di mangiare l’ultimo boccone.
«Allora poi chiamami quando finisci. Ma oggi non è il tuo giorno libero?» chiese mentre mi osservava raccogliere i piatti «E lascia stare» aggiunse «Ci penso io qui».
Lasciai stare i piatti e mi voltai verso di lui «Sì, però Alice mi ha detto che forse avrà problemi ad andare, quindi mi ha chiesto un cambio. Ora scappo o farò tardi, buon riposo» gli augurai baciandogli la guancia, prima di sparire in camera mia.
Indossai la mia divisa per la corsa, ovvero un pantaloncino e la felpa di mio fratello, anche se era il triplo di me era comoda. Scrissi velocemente un messaggio a Mary, misi il cellulare in tasca, presi il mio Ipod dal mobile, dove accanto si trovava la foto di mia madre. Sorrisi e l’accarezzai, mi mancava sempre nonostante i lunghi sette anni e mezzo passati dalla sua morte. Feci un respiro profondo e scesi le scale in fretta.
«Vado» urlai per farmi sentire da mio padre, che si trovava ancora in cucina.
«Non sforzarti troppo» disse lui.
Sorrisi e uscii fuori casa, l’aria era pungente, ormai eravamo ad Ottobre.
Infilai le cuffie nelle orecchie e misi play, iniziando a correre lungo la via, controllando sempre i passi e il respiro, era un’abitudine che ormai non potevo gestire, come non potevo gestire il fatto di non ascoltare la musica. Facevano parte del mio essere, di me. La canzone terminò e dagli AC/DC mi ritrovai ad ascoltare “Feel like making Love” dei Bad Company. Sbattei le palpebre e mi concentrai sul testo della canzone. Il tema centrale come sempre era l’amore.
 
Amore.
 
Ma cos’è l’amore in realtà? Mi chiedo se qualcuno lo sappia realmente. Se cerchiamo il significato della parola nel vocabolario troveremo diverse spiegazioni, come: affetto intenso, assiduo, fortemente radicato per una persona, come l’amore paterno o materno, oppure sentimento, affetto che comporta attrazione sessuale. È facile poter capire il primo, tutti noi amiamo i nostri genitori e tutte le persone a noi care come amici e parenti. Ma l’amore vero? Quello che si prova solo per un’unica persona come facciamo conoscerlo davvero?
 
Amore.
 
Vediamo sempre film romantici, dove osserviamo diverse storie d’amore facendolo sembrare così semplice. Ci fanno illudere tutti sul fatto che nel nostro pianeta si trovi la persona giusta per noi, quella unica, che ci fa battere il cuore e ci farà crescere, scoprire nuove cose, vivere a pieno.
Mi fermai per riprendere fiato.
«Ciao amore!» sentii esclamare.
Il ragazzo che aveva appena parlato, si trovava dall'altra parte della strada, esattamente davanti a me. Lo osservai per un attimo.
Ripresi a correre, lo raggiunsi... e superai, senza non poter sorridere a causa della ragazza che si lanciò sopra l’altro e lo baciò.
 
Amore.
 
Forse tutti sanno cos’è l’amore.
Tutti tranne me.                          
 
 ~
 

Mary aspettava lì, ferma al parcheggio, insieme a Francis. Stavano insieme da praticamente sempre. Tutto iniziò quando si incontrarono per la prima volta alla scuola materna, quando si incontrarono e andarono subito d’accordo. Più crescevano più diventavano inseparabili e quando iniziò il periodo delle prime cotte, i pensieri sui ragazzi, i primi appuntamenti, Francis si era scoperto geloso e finì col dichiararsi relativamente presto. Se chiedi a loro da quanto dura la loro relazione ti diranno che sono ben vent’anni, ovvero da quando quei due bambini posarono gli occhi l’uno sull’altra.
Mary e Francis.
 
Amore.
 
Forse era meglio smetterla di ragionare sull’amore per oggi, così presa la decisione di accantonare questi pensieri, mi avvicinai a loro.
«Buongiorno piccioncini» li salutai affettuosamente.
«Niky!» esclamò la mora saltandomi sopra.
«Buongiorno anche a te» sorrise Francis scompigliandomi i capelli.
«Ti scongiuro, dimmi che oggi sei libera» mi pregò la mora.
«In realtà non lo so, però nel caso sai dove trovarmi» risposi facendole l’occhiolino.
«Sai che in realtà tu dovresti iniziare a studiare? Sai bene come finisce durante la sessione se non inizi subito» commentò l’altro infilando le mani in tasca.
«Senti non è colpa mia, ti ricordo che io volevo studiare anche ieri se non fossi stata distratta da qualcuno. Ovvero da te!» sbottò lei.
«Però di certo non ti stavi lamentando» le sorrise ammiccando.
«Oh beh, come se tu invece non volessi distrarmi di proposito» affermò avvicinandosi al ragazzo per baciarlo.
Alzai gli occhi al cielo.
«Ma è possibile che ogni vostra conversazione finisca in questo modo? Ormai credo che tutti si aspettino qualche scenetta osé» risi.
Subito i due si staccarono e si guardarono attorno, nonostante si comportassero così, si imbarazzavano facilmente.
«Dai, ora devo andare. A proposito avete sentito la novità? Pare che sia tornata una famiglia in questa città e voglio proprio scoprire chi è» ci informò Francis allontanandosi.
«Ci vediamo a pranzo» urlammo io e la mia migliore amica, prima di voltarmi verso lei.
«Strano, ieri nessuno sapeva di questa notizia» osservai.
Nella nostra piccola cittadina tutti sapevano tutto. Nel vero senso della parola, ogni piccola novità nel giro di cinque minuti fa il giro tra le persone, come la volta di mia madre. Scossi la testa per non pensarci.
«Infatti è iniziata a girare da stamattina, ma non ho idea di chi sia!» rispose prendendomi a braccetto «Magari riusciremo a sistemarti se si scopre un giovane fanciullo»
«Basta con questa storia, ti prego. Sai che non per forza bisogna stare con qualcuno? E poi io sto bene così. Prima di tutto penso a prendermi questa laurea e sai bene che non voglio dipendere da nessuno»
Mary sbuffò. «Lo so, lo so. Ma non si sa mai dalla vita» ribatté mentre iniziammo a camminare addentrandoci nel nostro dipartimento.
Verso l’ora di pranzo si era sparsa la voce che la nuova famiglia non era in realtà così nuova. A quanto narravano le voci, la famiglia in questione aveva già abitato anni prima qua. Allora sarà facile capire chi è no? Completamente errato, erano saltati fuori diversi nomi quindi il dubbio era ancora vivo.
 
 ~
 

Alla fine il messaggio di Alice arrivò, così dovetti andare a lavorare nel pub. Sorrisi ripensando a quando iniziai a lavorare si chiesero perché lo facessi, visto che di certo non avevamo problemi economici, ma io volevo farlo per me stessa. Non volevo di certo chiedere ogni volta soldi a mio padre e volevo per quel poco che potevo la mia indipendenza. In ogni caso dei soldi in più non potevano far male, no?
Comunque ora che mi trovo qui, mentre servo le persone ai tavoli e al bancone, non faccio altro che sentire i commenti, soprattutto dalle ragazze su un componente della famiglia.
«Oddio, hai visto il nuovo?»
«Vorrei conoscerlo! E non solo… capisci che intendo»
«È così sexy»
E così via, certo non riuscivano a pensare altro quelle che ritenevo le ochette. Persa, nuovamente nei miei pensieri, non mi accorsi che qualcuno stava cercando di tossire per farsi notare. Mi ripresi subito e notai un’ombra davanti a me, era un ragazzo alto e a quanto sembrava muscoloso.
«Scusa, vorrei ordinare» parlò il ragazzo.
«Oh.» mi raddrizzai immediatamente «Mi dispiace, non mi ero accorta di lei. Che cosa desira?»
Doveva essere straniero, aveva un accento strano…
«L’importante è che ti decidi a fare il tuo lavoro. Una birra grazie»
Brutto maleducato. «Ma chi ti credi di essere?» diedi voce ai miei pensieri senza accorgermene, sbattendo la bottiglia sul legno.
Il ragazzo voltò leggermente la testa verso di me e riuscii a vederlo bene negli occhi, con i quali fissò i miei.
Li sgranai.
Oddio, no.
Ci vedo male.
Non può essere lui.
«Mi scusi» sussurrai.
Distolsi subito lo sguardo e cercai di allontanarmi velocemente.
«Nat, ho bisogno di una pausa. Esco fuori» detto ciò, mi allontanai il più in fretta possibile dalle persone all’interno, da quel ragazzo.
Non poteva essere davvero lui e soprattutto come poteva non riconoscerla, a lei era bastato incontrare quegli occhi.
Aspettai un quarto d’ora prima di rientrare, sperando di non rivederlo e così fu.
Feci un sospiro di sollievo e si rimise a lavoro.
«Niky!» esclamò Mary prendendo posto davanti a lei «Devo dirti immediatamente una cosa» la informò allarmata.
«Aspetta qui, devo servire a quel tavolo» risposi prendendo facendo un segno con la testa. Presi il vassoio e iniziai a camminare.
Non si diede per vinta e mi seguii riprendendo a parlare.
«Ma devi sapere che la famiglia è quella degli» in quel momento non fece in tempo a finire la frase che la porta si spalancò. Ad entrare furono Francis e lui.
«Hale» terminò in sussurro Mary.
Feci un respiro profondo e mi girai verso la mia amica «L’ho visto prima, tranquilla va tutto bene» feci un sorriso forzato.
«Sicura?» chiese preoccupata.
«Mary, va tutto bene. Ora vai dal tuo moroso, tanto io devo continuare qui» la rassicurai.
«Ok, ma per qualsiasi cosa» sollevai bloccandola prima di terminare «lo so, non c’è bisogno che continui. Vai su» le dissi abbracciandola e riprendendo subito dopo il mio lavoro.
Durante tutto il turno evitai quel tavolo, lasciandolo a Nick. Nonostante ciò sentivo ogni tanto degli occhi puntati su di me, che puntualmente ignorai fino alla fine del turno.
Uscita da li decisi di ignorare il cervello e rilassarmi una volta arrivata a casa, non volevo pensare a lui.
 
~


Mentre mi ritrovai stesa sul letto, avvertì dei rumori provenienti dalla casa vicino, quella disabitata da anni. Quella casa. Sperai con tutto il cuore di essermi sbagliata, che fossero rumori prodotti dalla mia immaginazione e mi ritrovai a sperare che non c’entrasse lui.
Doveva essere solo una stupida coincidenza, sì. Sicuramente si erano decisi a venderla o affittarla invece che tenerla vuota.
Ma tutto si realizzò nella sua mente nel momento in cui vide quella testa bionda spuntare fuori dalla casa per buttare delle scatole.
Ma successe qualcosa che lei non si aspettava, sollevo di scatto la testa e guardò dritto verso di lei. Subito si scostò dalla finestra e si attaccò al muro con la mano chiusa a pugno sul cuore. Perché si sentiva così? Perché il cuore aveva accelerato improvvisamente?
 
Doveva essere straniero, aveva un accento strano…
Quegli occhi.
Lui.
Alexander.
 
No, non era possibile. Lui se n’era andato da ben sei anni, abbandonandola lì, con promesse non mantenute ed ora era tornato.






 
Salve a tutti.
Questa è una storia che iniziai già tempo fa e che per mancanza di tempo lasciai.
Sinceramente mi dispiaceva lasciarla così incompleta,
quindi ho deciso di riprenderla e rivisionarla cambiando qualcosa.
Premetto già che non potrò pubblicare con maggior frequenza,
ma cercherò di fare del mio meglio.
Spero vi piaccia e grazie per aver letto.
A presto. 

 
  
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