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Autore: Marty_199    13/06/2017    1 recensioni
"Ma tu chi sei che avanzando nel buio
della notte inciampi nei miei più segreti
pensieri?"
William Shakespeare, Romeo e Giulietta.
***
Alice Blain ha diciotto anni e frequenta il college, è una ragazza con molta fiducia nel suo futuro e nei propri sogni, con una passione innata per la letteratura. La sua famiglia l'ha sempre sostenuta e amata, proprio come Nathan, suo fratello, adottato all'età di sette anni.
Nathan ha ventuno anni, frequenta l'ultimo anno di college ed è pronto per l'università, sa di avere alle spalle un trauma da dimenticare, perché prima dell'arrivo dei Blain la sua non era un'infanzia facile. Ma sa anche che i Blain hanno portato con sé, ciò che per lui è la più grande forma di dolore e amore, sua sorella Alice.
Ma se un sentimento proibito si accendesse tra i due? L'amore non bada alla legge, alle regole o al momento, e i due si ritroveranno a tenere per loro questo sentimento, superando i confini causati da un solo, semplice cognome, e il dolore provocato da un evento che stravolgerà le loro vite... e potrebbe comportare delle conseguenze. Ma queste saranno in grado di separarli?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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CAPITOLO 10

Harry

Harry uscì dalla sua stanza, tirò su col naso, portandosi una mano alla fronte e sentendola ancora calda. La sua influenza sembrava non volersene andare più, quasi si fosse affezionata a lui.
Ciondolando come fosse uno zombi si avventurò per i corridoi del dormitorio maschile, vi erano vari ragazzi in giro, segno che le lezioni dovevano essere finite e che lui aveva nuovamente perso un altro giorno di scuola e di studio, quello era il quarto, non gli piaceva l’idea di dover recuperare, nonostante a lui piacesse lo studio, restare indietro era sempre fastidioso.
Tirò nuovamente su col naso, alcuni ragazzi gli si avvicinarono per chiedergli se stava bene, Harry prese a rispondere a tutti con semplici monosillabi. La sua voglia di vedere altri volti era pari a zero e non voleva pensare di essersi ammalato per un solo semplice allenamento, si sarebbe sentito più schiappa di quanto già non era.
Si sistemò bene il capello sulle orecchie per fare in modo che gli coprisse tutto il capo, dopodiché uscì fuori al giardino.
Aveva mandato un messaggio ad Alice solo pochi minuti prima, chiedendole di incontrarsi in cortile, non era di certo una buona idea nelle sue condizioni... ma doveva, non gli piaceva farsi vedere così malandato e scomposto ma doveva ancora consegnare ad Alice la lettera di Nathan... lettera o quel che fosse.
A causa del suo stare male se ne era completamente dimenticato e sperava che Nathan non se la fosse presa a male, anche se ne dubitava, in caso glielo avrebbe fatto sapere, no? Non sapeva cosa ci fosse dentro ma se fosse stato importante magari avrebbe creato qualche scompiglio di troppo, benché fosse stato tirato in mezzo contro la sua volontà.
L’aria fredda lo fece rabbrividire per ben tre volte di seguito, si sfregò le mani sulle braccia nel tentativo di riscaldarsi e si mise seduto su una delle panchine nel parco del college. Il legno era freddo e leggermente umido, lo sentiva attraverso i pantaloni, aveva piovuto? Se anche fosse stato lui non se ne era minimamente accorto.
«Harry!»
Il ragazzo si voltò verso l’amica, Alice gli correva incontro, una volta che gli fu davanti gli si sedette affianco, il viso esprimeva preoccupazione.
«Se» la sua voce era nasale e alquanto ridicola.
Alice si sfregò le mani, aggrottando le sopracciglia.
«Pensavo stessi meglio ma è ovvio che non è così, per quale motivo mi hai chiesto di uscire? Dovresti restare fermo sotto le coperte tutto il giorno!» Il tono preoccupato e apprensivo della sua migliore
amica lo fece sorridere.

Se non ci fosse stato Nathan, loro due avrebbero finito per considerarsi fratelli non di sangue. Ma riflettendoci bene era già così, d’altronde anche Nathan era suo fratello non di sangue, in parte avrebbero potuto contendersi l’affetto di Alice ma non ve ne era alcun bisogno.
Entrambi si rispettavano e ad entrambi Alice mostrava un amore ed un affetto unici nel loro genere.
«Dovevo darti una cosa.»
«E non potevi darmela in camera tua?»
«Non se ne parla, il mio letto è un disastro, la stanza puzza e puoi immaginare come sia ridotta ora che Jim deve badarvi da solo. E’ un ottimo compagno di stanza e mi chiede sempre come sto, ma riguardo a pulizie e all’ordine... temo per quella povera sventurata che lo prenderà in marito.»
Alice rise, portandosi dietro una ciocca di capelli. Ora i suoi occhi erano dipinti anche di curiosità. Harry infilò la mano nella tasca interna del giubbotto, tirandone fuori la busta con all’interno le misteriose notizie riguardanti Nathan.
I bordi si erano stropicciati e l’intera busta era rovinata, Harry gliela porse, scusandosi con lo sguardo per come era ridotta.
«Ma di chi è? Cioè chi me la manda?»
«Nathan, dopo l’allenamento è venuto da me e me l’ha data dicendomi che dovevo fartela avere.
Mi è risultato strano, da quando ha bisogno dei tramiti per dare le cose a te?» Harry aveva posto tale domanda con un tono innocente, di semplice incomprensione. Nathan ed Alice non avevano mai avuto problemi di comunicazione, ma proprio perché era un bravo osservatore aveva notato il loro recente distacco.
Gli occhi grigi di Alice furono attraversati da un’ombra scura, strinse appena le labbra volgendo lo sguardo verso la busta. La aprì con cura per non rischiare di rovinare ciò che vi era dentro, poi una volta aperta tirò fuori il foglio bianco ripiegato al suo interno e lo aprì. Harry non fece in modo di impicciarsi, ciò che riuscì ad intravedere però fu uno specie di stemma, come se fosse un foglio appartenente ad un college, poteva essere un’iscrizione o un ammissione. Ma era presto perché potesse essere di Alice.
Harry sbirciò l’espressione di della sua amica, era decisamente poco consolante... aveva appena sgranato gli occhi, le labbra semi aperte a simboleggiare la sua incredulità. Non dovevano essere buone notizie.
«Nathan ha fatto richiesta per l’università.»
Harry si accigliò senza capire, doveva essere una buona notizia no? D’altronde aveva dei voti stellari e non era un caso che avesse fatto domanda alla New York University. Nathan aveva una mente matematica che se sfruttata al modo giusto l’avrebbe portato ad enormi risultati.
Per questo non capiva perché Alice non ne fosse felice ma scossa.
«Non è una cosa buona?»
Alice scosse la testa, sospirando affondo.
«Sì ma... ma non è per quello che credevo.»
«Cosa vuol dire? Non ha fatto domanda per la NYU? Ora che ci penso è anche stato preso no? Mi sono congratulato apposta non è che ho sbagliato?»
Capiva ma allo stesso tempo non capiva, Nathan aveva cambiato i suoi piani... e allora?
Alice ripiegò il foglio con finta calma, non era per niente tranquilla e Harry non riusciva a capire il perché.
«Lui è stato già accettato nei corsi della NYU. Ma ha fatto domanda per il Queens College una settimana fa, questa è la copia.»
Era decisamente arrabbiata in quel momento, forse per Harry non era il momento di fare domande. Anche perché Alice si stava alzando e sicuramente era diretta dal fratello.
«Perché avrebbe dovuto fare domanda per un altro istituto?» Domandò Harry sinceramente curioso.
«Non ne ho idea ma intendo saperlo. Harry riesci a tornare in camera da solo? Se ti serve aiuto...»
Harry scosse la testa, era ancora padrone del suo corpo e non tanto malato da non riuscire a camminare.
Più che altro era preoccupato per la sua migliore amica e per quella strana reazione.
Alice lo guardò, chiedendogli scusa con lo sguardo per la sua imminente fuga verso il fratello. Harry gli sorrise facendogli capire che non c’era problema, poi la vide correre con stretta in mano la busta, i capelli neri si muovevano a ritmo col suo andamento.
Harry si rialzò dalla panchina, dirigendosi verso l’entrata dei dormitori maschili, desiderando solo stendersi sul letto per far passare quel terribile capogiro che gli era appena preso.
Quando stava finalmente per arrivare all’entrata un ragazzo gli si parò davanti, lì per lì pensò di non essere stato notato, solo dopo si accorse che il ragazzo lo stava fissando. Con due paia di occhi verdi che Harry seppe subito riconoscere.
«Come stai Carter?»
Jack gli si era parato davanti, la felpa aderente al corpo e i capelli scuri incasinati dal vento. Nel suo sguardo si leggeva una particolare preoccupazione. Harry sentì gli zigomi andare a fuoco.
«Una favola » ironizzò prendendo a tossire, Jack gli mise una mano sulla spalla. Harry non sapeva dirsi se lo faceva per sostenerlo o se per essere certo che restasse ad un debita distanza in modo da non essere esposto a germi infettivi.
«Devi riprenderti, il coach vorrebbe vedere i tuoi miglioramenti per decidere se ammetterti o meno.»
Harry si sistemò gli occhiali sul naso scivoloso a causa del sudore, incredibile come nonostante i brividi di gelo che percepiva, il suo corpo sudasse in quel modo. Aveva bisogno si una doccia e subito dopo di una dormita.
«Io non... non ho fatto miglioramenti» Harry si spostò una ciocca di capelli castano chiaro dalla fronte sudata, aggrottando le sopracciglia davanti il sorriso divertito di Jack.
«No infatti» ammise lui senza problemi «motivo in più per riprenderti no? Almeno ci alleniamo e tiriamo fuori questi maledetti miglioramenti.»
Il sorriso caldo e rassicurante di Jack lo fece ridere appena e annuire con vigore. Dentro di sé desiderava già potersi sentire meglio.
Jack fu richiamato da qualcuno, Harry non si voltò a guardare chi fosse e nemmeno gli interessava. Era per lui parte di un sogno essere così tanto apprezzato, avere qualcuno che gli stesse dietro nello sport nonostante la sue effettiva incapacità.
«Devo andare, purtroppo anche se non sembra anche io devo migliorare. Rimettiti Carter.»
Jack lo salutò, allontanandosi poi da lui verso chi lo aveva chiamato. Harry per un istante odiò chiunque avesse urlato il suo nome e il mondo complessivo degli allenamenti. Ma si ricordò immediatamente che anche se Jack fosse stato libero, non avrebbe perso più di troppo tempo con lui.
Con un lieve sospiro si allontanò, tornando verso la sua camera. Perchè doveva essere così maledettamente bravo a deprimersi da solo?

Alice.
Alice prese a correre verso la camera di Nathan. La testa le esplodeva, questa volta sarebbe stata lei a sbraitargli in faccia. Una cosa era tenerla lontana, un’altra escluderla del tutto da delle decisioni che in primo piano avevano preso insieme consultandosi.
Nathan aveva superato il limite, non doveva aver chiesto nemmeno parere ai genitori.
«Nathan!» Entrò dentro la sua camera senza il minimo riguardo per cosa stesse facendo. Per quanto le importava poteva essere anche nudo.
Spalancò la porta, ritrovandosi davanti Michael steso sul suo letto disfatto e suo fratello che usciva dalla porta del bagno. Lo sguardo normale, troppo normale davanti l’evidente furia di Alice.
La ragazza alzò la lettera di ammissione che teneva in mano, le nocche bianche da quanto l’aveva stretta.
«Cos’è questa?!»
Nathan non prese il foglio tra le mani, sapendo perfettamente a cosa lei si riferiva, semplicemente camminò fino al suo letto per prendere il cellulare.
«Una lettera di ammissione per il Queens College? Che vuol dire? Da quando hai cambiato idea?»
Non le riusciva di usare un tipo pacato e controllato, non si sentiva così, percepiva un esplosivo dalla miccia accesa dentro di sé. Michael era rimasto in silenzio con gli occhi puntati sui due, Alice percepì appena il leggero strusciare delle lenzuola, doveva essersi messo seduto.
«Da qualche mese.»
«E parlarne no vero?! »urlò, lasciando cadere a terra il pezzo di carta.
«Temo di essere libero di fare le mie scelte.»
Il suo tono monocorde non faceva che mandarla ai pazzi.
«Non da quando queste scelte ti allontanano dalla nostra famiglia! Il Queens College è lontano da casa! La NYU era perfetta.» Alice intravide la figura di Michael sgusciare via dalla camera con sul
viso l’espressione di un terzo incomodo capitato nel momento sbagliato e imbarazzato dalla sua stessa presenza. Si chiuse la porta alle spalle lasciandoli soli.

Nathan strinse la mascella e con essa il pugno lungo il fianco. Era teso quanto lei.
«Per di più me la fai dare da Harry? Cos’è ora parliamo per intermediari?» Le parole fluivano via da lei come acqua, non riusciva a fermarsi. Non voleva fermarsi.
Nathan sospirò, gli occhi ambrati coperti di ombre troppo scure per essere comprese.
«Sapevo che la tua reazione sarebbe stata questa.»
«Cosa ti porta ad allontanarti da noi?! Da me?!»
Suo fratello sussultò percependo quelle parole, gli occhi di Alice presero a velarsi di lacrime. Non tanto per la questione del college, quella poteva considerarsi il fattore scatenante, il vero motivo era che non comprendeva i suoi comportamenti, si sentiva lontana, lasciata indietro senza che avesse fatto niente.
Ed era quella a distruggerla, se almeno fosse stata consapevole di un errore avrebbe trovato un modo per rimediarvi. Invece non le veniva fornito alcun indizio ma il muro di Nathan cresceva e lei non riusciva ad impedirlo. Si sentiva impazzire.
«E’ una scelta.»
Il suo tono non era più neutro né duro, una nota di rassegnazione la sporcava. Rassegnazione di cosa? Perché?
Le lacrime presero a scendere lungo le sue guance, Nathan rimase immobile mentre col braccio compiva leggeri movimenti come indeciso se consolarla o meno, se toccarla o meno. Suo fratello non aveva mai dovuto pensare su certi gesti spontanei. Quanto odiava le sue lacrime, gli succedeva spesso, quando era triste e sopratutto quando era arrabbiata e frustrata, gli impedivano di parlare e confrontarsi come avrebbe voluto.
Alice gli voltò le spalle, calpestando il foglio in terra e uscendo di lì sbattendo la porta alle sue spalle.

   
 
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