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Autore: Erica K Lovett    14/06/2017    0 recensioni
Una piccola bambina e la storia della sua famiglia sono il tema fondamentale..ma dedico la storia a chi non si sente apprezzato, io l'ho amata dalla prima parola all'ultima
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lake Ravesh
Era una calda e soleggiata giornata di Aprile e non so perché ogni volta, durante le mie passeggiate mattutine, mi ritrovavo sempre davanti alla piccola scuola elementare del paese, la stessa che avevo frequentato molto tempo fa. Una strana forza mi riportava in quel luogo pieno di gioia, sempre nello stesso punto, sotto le fronde di un giovane pesco. I genitori aspettavano i piccoli a braccia aperte, pronti ad ascoltare ogni singolo pensiero uscito dalla bocca dei loro figlioletti. Pochi minuti dopo il parcheggio rimaneva deserto ed ogni traccia di sorrisi e schiamazzi spariva..ma non quella volta.
Quel giorno, nel bel mezzo del felice ritrovo, una minuscola bambina camminava lentamente. I suoi piedini si sforzavano di non incespicare, di proseguire dritti, ma le sue gracili gambette tremolanti ed insicure non glie lo permettevano. La ricurva gobba sulla schiena ossuta traspariva dalla maglietta a fiori e lo zaino rendeva più incerta la sua andatura. Sembrava che nessuno la notasse. Ancora una volta il parcheggio si svuotò e la piccola rimase sola nel silenzio. Non c'erano genitori, amici, adulti...nessuno ad accoglierla a braccia tese per trarla in salvo a casa.
Si guardò attorno e, qualche minuto dopo, si sedette a terra e una lacrima solcò il suo viso. Mi avvicinai senza farmi notare e le sorrisi -Ciao-.
Alzò gli occhi e mi guardò stupita.
-Come ti chiami?- esitò un attimo e rispose -Greta-. Non avevo mai visto quella bambina prima d'allora, tantomeno i suoi genitori.
-Ti ricordi dove abiti Greta?- fece cenno di sì-Vicino al grande lago, in una grandissima casa bianca...ci sono tanti fiori sulle finestre-. Le sorrisi ancora-allora ti riporto a casa dalla tua mamma e dal tuo papà...saranno preoccupati- l'ultima frase risuonava falsa nella mia testa. Tentò di alzarsi faticosamente- Non ti preoccupare questo lo porto io- presi lo zaino dalla sua schiena e lo misi sulla mia.
Il lago distava quindici minuti dalla scuola e durante il tragitto le esili gambette della piccola arrancavano faticosamente e confusamente rischiando di farla cadere, ma lei non se ne preoccupava, più incespicava e più aumentava il passo. Arrivate al lago la vidi, una enorme villa bianca incorniciata da alberi in fiore, aveva tutta l'aria di essere accogliente. Davanti al grosso portone in mogano scintillava un largo anello in oro pronto all'uso. Tre colpi e la porta si aprì, l'atrio era luminoso, inondato dalla luce esterna, ma non c'era anima viva lì. Salii le scale ed arrivai ai piani superiori-C'é nessuno?- la mia voce risuonò chiara tra le stanze ma ancora nessuna risposta. Tornai nel giardino dove Greta mi aspettava speranzosa -Non c'é nessuno in casa...- abbassò lo sguardo triste. Non potevo sopportare di vederla piangere ancora-Puoi venire a stare da me per un po' finché non troviamo i tuoi genitori- mi sorrise, cercando di abbracciarmi come meglio poteva anche se ciò la affaticava parecchio.
Quel pomeriggio lo passammo insieme, come se fosse mia figlia, una figlia che non avevo potuto avere. -Quanti fiori!- con tutta la velocità di cui era capace corse verso un ampio campo di fiori, ma vi cadde in mezzo e rise senza pensarci sù. La raggiunsi e l'aiutai ad alzarsi-Tutto bene? Ti sei fatta ma..-No, sto benissimo- riprese a camminare senza troppe lagne. Quello era diventato il nostro rifugio, io mi acquattavo tra i fiori alla sua altezza e lei camminava a braccia tese verso di me per non cadere, proprio come quando un bambino muove i primi passi.
Uno, due, tre...passavano i giorni ed il mio dubbio si trasformava in malinconica certezza.
Nessuno la cercò.
La mattina del sesto giorno ne approfittai per andare alla polizia e chiedere informazioni. Appena entrata mi accolse un robusto uomo baffuto-Buongiorno signora cosa posso fare per lei?- chiese l'agente. -Vorrei sapere chi abita nella villa a ridosso del lago- il poliziotto mi guardò con aria perplessa -Scusi signora non riesco proprio a capirla...quella "casa", mi spiegò abbassando la voce, non é più abitata da parecchio-. L'inquietudine si impossessò di corpo e mente. -Capisco...e cos'é successo?- l'agente esitò ma rispose titubante alla mia domanda-Un...incidente temo, ma non posso dirle altro-.
Ringraziai ed uscii dalla stazione di polizia con mille pensieri ed interrogativi per la testa, ma non volevo dire nulla a Greta. Quella stessa notte precipitai nel mio incubo ricorrente, mio marito che se ne andava perché non potevo avere figli. Mi svegliai di soprassalto sperando di non aver destato la bambina. Non riuscendo a prendere sonno cercai altre informazioni -Vediamo un po'..."incidente sul lago Ravesh"...-il documento che aprii era poco chiaro ma mi spaventò parecchio. Sentivo di essere pronta per tornare a quella casa, il legame con Greta, quei giorni passati insieme erano un ponte per arrivare alla verità.
Un vento gelido, accompagnato da un grido non umano, spalancò la porta e, per un attimo, intravidi una figura umana in piedi sul tappeto del salotto. Pochi secondi dopo in quel punto rimase solo una chiazza d'acqua.
Il mattino seguente superai la scuola senza sostare- Perché non ci siamo fermate?- Greta era visibilmente agitata-Dobbiamo finire quello che il destino ha cominciato- accellerai fino al lago. Eccola lì, la villa...la piccola mi guardava timorosa, la presi per mano e l'accompagnai davanti al portone. -Non avere paura...- entrammo indisturbate, come se qualcuno ci attendesse. Giunte nell'atrio una donna, elegantemente vestita, dal nulla si materializzò davanti a noi.
-E' accaduto tutto molti anni fa. Greta aveva otto anni ma...aveva dei problemi...- davanti ai miei occhi apparve una donna, seduta in una clinica, con il viso tra le mani ed una dottoressa che la consolava. -Mio marito se ne andò, lasciandomi sola con lei, in questo palazzo freddo e desolato. Non sapevo cosa fare, i medici mi dissero che non c'erano speranze per una totale guarigione perché oltre ad alcune malformazioni fisiche, l'insorgere di una malattia rara stava peggiorando le cose...l'unica soluzione era....- questa seconda scena mi terrorizzò, la donna brandiva un cuscino e lo teneva sollevato a pochi centimetri dal corpo di una piccola bambina addormentata, gli occhi spaventati ed infinitamente tristi, pregai che non lo facesse- non riuscii, non in quel modo...sapevo di doverlo fare, la sua vita sarebbe stata un inferno. Decisi di abbandonarla e giorno dopo giorno il rimorso mi divorava dalle viscere. Le voci nella mia mente lo sussurravano tra le pareti di questa prigione bianca, ogni notte lo ricordavano al mio cuore. I giornali, alcune settimane dopo, riportavano il titolo "bambina abbandonata in un bosco muore di stenti"...-la voce si ruppe in singhiozzi e riprese con rabbia -Quella é stata l'ultima goccia per la mia coscienza...legai un masso alle mie caviglie, lo gettai nel lago ed io lo seguii, finalmente libera.- la voce divenne pacata e nostalgica e la donna mi sorrise tra le lacrime. -Sei stata una madre migliore di quanto non lo sia mai stata io e grazie a te, all'unica persona che abbia mai veramente amato questa creatura, ora, possiamo riposare in pace-. Greta mi abbracciò e ripose qualcosa nella mia mano -Grazie- corse di fianco alla donna e le due figure evanescenti scomparvero, insieme all'immensa villa che si tramutò in una catapecchia.
I due fantasmi svanirono nell'aria.
Aprii la mano, sorrisi, e pensai che un fiore non era mai stato così meraviglioso.
fine
   
 
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