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Autore: Silvianap    14/06/2017    6 recensioni
[Dal testo] "Quella mano proprio non riusciva a stare ferma, stringeva i capelli alla radice nel momento esatto in cui si figurava nella mente i corpi senza vita dei suoi amici, della sua famiglia, in una pozza di sangue, morti in chissà quale atroce maniera.
Una stretta al polso fermò quella tortura".
One Shot scritta per il "CARYL FANFICTION FEST - SECONDA EDIZIONE" della pagina Facebook CARYL ITALIA.
Prompt: Capelli.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One Shot scritta per il "CARYL FANFICTION FEST - SECONDA EDIZIONE" della pagina Facebook CARYL ITALIA. 
Prompt: "Capelli".


---> PICCOLA PREMESSA: riuscite ad immaginare quanto sia difficile scrivere una fanfiction sul prompt "Capelli"?
Vi assicuro che lo è! >.< 
Ho cercato di dare un'interpretazione diversa dal classico taglio ironico associato ad un prompt del genere (non sono la tipa che scrive fanfiction ironiche, purtroppo) e mi sa che sono anche uscita un po' fuori tema, ma spero comunque che vi piaccia! :) 
Assolutamente NO SPOILER, anzi magari lo fosse! Pagherei per una scena del genere! >.<
Grazie a chiunque leggerà!
Silvia 



 

NOW OR NEVER 

 

La mano di Carol passava nervosa tra i capelli, avanti e indietro, senza fermarsi.

Si era isolata da tutti appena Rick li aveva congedati, dopo aver organizzato un frettoloso quanto avventato piano di distruzione contro i Salvatori.
A lei non piaceva, ma era stata l’unica, insieme ad Ezekiel e ad un paio dei suoi uomini, a non concordare su quanto deciso e, a quel punto, il voto di pochi contro tutti gli altri non contava nulla.
Sarebbe stato un massacro, se lo sentiva. Aveva visto poco della potenza di Negan e dei suoi uomini, ma ne sapeva parecchio dei suoi modi e della sua astuzia. Era uscito indenne dall’attacco ad Alexandria ed era fuggito al riparo nel suo “Santuario”, così l’aveva chiamato Rick spiegando loro quello che Dwight gli aveva detto la notte prima dell’attacco.
Un uomo del genere, ne era sicura, ancora non aveva tirato in gioco il suo asso nella manica.

Quella mano proprio non riusciva a stare ferma, stringeva i capelli alla radice nel momento esatto in cui si figurava nella mente i corpi senza vita dei suoi amici, della sua famiglia, in una pozza di sangue, morti in chissà quale atroce maniera.

Una stretta al polso fermò quella tortura.
“Ferma. Così rischi di farti male”. La voce, a lei tremendamente nota, era calma, ma con un discreto accenno di preoccupazione.
Come diavolo aveva fatto a trovarla lassù su quel terrazzo, di notte? Era evidente che a volte dimenticava che a Daryl non sfuggiva quasi niente.
La mano che prima torturava i suoi capelli, corse veloce a sistemarli come meglio poteva. Carol si sentì così ridicola appena si rese conto di quanto stupido potesse apparire quel gesto.
Gli occhi dell’uomo la guardavano in uno strano modo mentre la bocca aspirava il fumo dalla sigaretta accesa. Se non fosse stato per la leggera luce della luna, probabilmente sarebbe riuscita a vedere solo il colore della cenere che bruciava da quella stessa sigaretta.


“Come sapevi che ero qui?” disse Carol a voce molto bassa. Erano le prime parole che gli rivolgeva da quando lui l’aveva trovata in quella casa sperduta.
“Ti ho vista correre verso questa direzione subito dopo aver lasciato la riunione, quindi non ho fatto altro che camminare per la stessa strada, e poi… mi è bastato guardare in alto” rispose lui, con il tono di voce altrettanto basso.
Carol sbuffò con un mezzo sorriso. Ovviamente per lui era stato così semplice trovarla.
“Se hai deciso di restare qui, è bene che tu sappia che non ho voglia di parlare” disse lei, con tutt’altro che acidità nel tono di voce. Non voleva litigare, era stanca. E aveva paura. Non aveva alcuna intenzione di iniziare una discussione, specialmente non con Daryl.
“Bene…” rispose lui semplicemente, buttando via la sigaretta oltre la ringhiera, “…così potrò parlare io senza essere interrotto”.
Non si sarebbe mai aspettata una risposta del genere, quindi non poté fare altro che lanciargli uno sguardo torvo e provare a rispondere, ma Daryl la anticipò.
“Non avevi appena detto di non avere voglia di parlare?” le disse mentre si appoggiava alla sua destra, nella sua stessa posizione, a pochi passi da lei.
Con un sospiro di frustrazione, Carol si arrese e tornò a fissare la notte di fronte a lei.

Per qualche minuto regnò il silenzio tra loro due, poi Daryl si passò una mano sul viso e, con un tono totalmente diverso da quello precedente, più serio, iniziò a parlare.
“Non possiamo lasciarci sfuggire un’occasione del genere. Non sono mai stati così vulnerabili da quando tutto è iniziato. L’hai detto anche tu prima a tutti gli altri: l’attacco di oggi li ha sicuramente indeboliti, quindi dobbiamo contrattaccare stanot-”.
“Non stanotte! Non intendevo subito, non ce lo possiamo permettere” rispose Carol con l’angoscia nella voce e le mani di nuovo tra i capelli, che si muovevano disperate.
“Ehi, ehi!”. Daryl cercò subito di fermarle di nuovo le mani prendendole i polsi. “Rick ha ragione, dobbiamo muoverci e dobbiamo farlo subito. Ora o mai più”.
“Come? Maggie è incinta, Michonne e Rosita sono ferite, Rick stesso è ferito e…” la sua voce sussultò per un attimo, poi si fece forza per continuare “…abbiamo appena perso Sasha…”.
Carol era ferma, lo sguardo basso, i polsi tra le mani di Daryl che, a quel punto, intensificò la stretta.
“Troveremo un modo, come abbiamo sempre fatto. Studieremo il miglior piano possibile, adesso siamo tanti e possiamo collaborare” disse lui, aspettando che Carol alzasse lo sguardo e che quello sguardo fosse determinato a reagire. Ma quando gli occhi di lei incontrarono i suoi, le mani dell’uomo lasciarono subito la presa.

“Moriremo, Daryl…” disse la donna, con un filo di voce, ma senza la minima traccia di dolore.
Lui si appoggiò di nuovo alla ringhiera, stavolta di schiena. Si accese un’altra sigaretta e rimase in silenzio, guardandola ogni tanto. Lei assunse esattamente la stessa posizione, incrociò le braccia e rivolse lo sguardo al cielo.
Passarono così molto tempo, senza dire niente, ma ormai era arrivata l’ora di dover incontrarsi di nuovo con gli altri e, appena Carol fece per andarsene, Daryl parlò di nuovo.
“No, invece” furono le sue uniche parole.  
Carol lo fissò per un momento. Sapeva benissimo che stava rispondendo alla sua affermazione, ma non aveva alcun bisogno di controbattere perché i suoi occhi lo fecero per lei. Com’era possibile comunicare con lui soltanto scambiandosi qualche sguardo? Se l’era sempre chiesto e quella notte non fece eccezione. Poi, senza volerlo, riportò una mano tra le punte dei suoi capelli. A Daryl la cosa non sfuggì.

“Hai proprio intenzione di strapparteli tutti, eh?” disse dopo qualche secondo, facendo un cenno del capo verso di lei.
La mano si fermò di colpo e Carol ritornò a guardarlo, stavolta di sottecchi.
“Potresti sempre prestarmene un po’ dei tuoi” rispose lei, con una leggerezza tale e totalmente inadeguata a quel momento che prese entrambi alla sprovvista e li fece sorridere e ridacchiare.
Forse era un effetto della paura o forse era soltanto il modo per godersi un ultimo momento insieme prima della guerra che inevitabilmente sarebbe giunta di lì a poco.

 

   
 
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