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Autore: lost in books    14/06/2017    1 recensioni
Una maga dal misterioso passato, un giovane con una missione, un re assetato di potere. Le loro vite si intrecceranno mentre un'antica minaccia incombe sul loro mondo.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La mattina dopo il loro arrivo alla locanda il cielo era limpido, non c’erano più tracce delle nuvole scure del giorno prima.
Quando Leon si era recato a fare colazione, premurandosi di svegliare Sandir che, gli fu subito chiaro dal lamento proveniente dalla sua testa nascosta sotto il cuscino, avrebbe preferito rimanere a poltrire su un letto comodo ancora per un po’, aveva trovato ad aspettarlo Sera e Iliana. Stavano ridendo di qualcosa e persino la maga, apparentemente di buon umore, che non aveva mai visto mangiare molto, sembrava stare apprezzando ciò che Giselle le aveva messo davanti. Notò subito che Iliana aveva i capelli umidi; doveva essersi lavata poco prima della colazione e non essersi curata di asciugarli con la magia. Quando si trattava di Sera invece capire quando si fosse appena lavata era più complicato, visto che aveva avuto modo di notare che le bastavano pochi secondi per far evaporare pentole piene d’acqua. Asciugarsi non era di certo un problema per lei, in nessun periodo dell’anno.
“Leon! Buongiorno” Sera si era accorta di lui “Dove hai lasciato quel dormiglione di Sandir?”
“Sono qui” disse il diretto interessato. Stava scendendo le scale strofinandosi gli occhi, lo sguardo malinconico “mi manca già il letto”
Giselle portò dei piatti anche per il giovane e il cavaliere ma si fermò a guardare in maniera strana le altre due occupanti al loro tavolo per poi andare a prendere da una cassettiera vicino all’ingresso delle mollette per stendere i panni. Sera le aveva rivolto un sorrisetto imbarazzato quando l’anziana l’aveva guardata, come se si sentisse in colpa per qualcosa, ma quando Leon le chiese se era successo qualcosa che doveva sapere ricevette come risposta solo che erano cose fra ragazze.
Dopo la colazione tutti indossarono abiti pesanti, tutti tranne Sera che non aveva problemi a gestire le basse temperature. Sul monte Everfrost avrebbe fatto molto più freddo rispetto a dove si trovavano e avevano deciso di prepararsi bene prima di partire, anche se avrebbero patito il caldo fino al loro arrivo in prossimità del monte.
Dennis si offrì volontario di accompagnarli fin dove gli era possibile con il carro in suo possesso e in breve tempo raggiunsero il punto dove avrebbero cominciato l’attraversamento della montagna. In prossimità dell’Everfrost Leon avvertì un graduale ma rapido abbassamento della temperatura. Se lo era aspettato ma rimase lo stesso affascinato dalla cosa. Non a caso l’Everfrost veniva anche definito il monte dell’eterno inverno.
Salutato Dennis, si prese un attimo per ammirare la roccia del monte, coperta da un manto di neve bianca. Erano fortunati che il cielo fosse sereno o avrebbero potuto ritrovarsi a scalare nel bel mezzo di una nevicata.
Sia Sandir che Iliana erano diventati improvvisamente seri: era chiaro che entrambi, ora che erano così vicini alla Torre, avevano dei sentimenti contrastanti all’idea di tornare dove avevano trascorso parte della loro vita.
Vide Sera prendere da parte Sandir e dirgli a bassa voce che se avesse avuto bisogno di parlare con qualcuno, lei c’era. Non era stata intenzione del cavaliere origliare ma fu contento di sapere quanto la ragazza si preoccupasse per i suoi compagni di viaggio. Per un attimo gli ricordò il modo di fare di Serena.
“Non sarà necessario arrivare in cima. Sfrutteremo delle gallerie create dai maghi per raggiungere la Torre. Io e Sandir ci occuperemo del percorso da seguire” disse Iliana, scuotendolo dai suoi pensieri.
Così cominciò il loro viaggio sul monte Everfrost. Iliana con la magia apriva dei passaggi, nascosti dietro uno strato di roccia artificiale ad opera dei maghi, per permettergli di passare. All’interno delle gallerie create dai maghi, Leon e Sera rimasero incantati dallo spettacolo di giochi di luce creati dal riflesso che le loro torce rendevano possibile incontrando le grandi quantità di pietre preziose e minerali dai vari colori e dimensioni intrappolate nella fredda e grigia roccia del monte. Il tutto per il divertimento di Sandir, per il quale tutto quello era qualcosa di familiare.
“Questo monte è la riserva più importante al mondo di pietre dalle proprietà magiche” spiegò Iliana “I primi maghi si stabilirono nei suoi pressi per essere in grado di raccogliere e studiare le varietà qui presenti e ben presto crearono i primi artefatti e iniziarono la costruzione della Torre verso cui siamo diretti. La cosa straordinaria però è che le riserve in questo luogo sono inesauribili. Quando le pietre vengono raccolte, dopo un certo lasso di tempo, decisamente più breve rispetto al normale, se ne vengono a formare delle altre a prenderne il posto. Secondo alcune fonti l’Everfrost fu un regalo degli dei alle loro creature, ma non possiamo esserne certi. Tenete però presente che a causa di queste pietre il funzionamento degli artefatti e della magia stessa è difficoltosa. Troppe interferenze”
Leon se ne era accorto. Quando aveva preso in mano il libro comunicante durante una breve pausa aveva notato la comparsa e scomparsa di alcune lettere apparentemente casuali sul libro. Ora aveva la spiegazione del perché. Ma non capiva esattamente in che modo l’aura del monte avesse influito sulla maga, che continuava a usare la magia con apparente disinvoltura. Era una prova di quanto Iliana fosse potente, così potente da metterlo quasi in soggezione.
Usciti dall’ennesima galleria e di nuovo all’esterno, il gruppo venne accolto da un accenno di nevicata. Piccoli e sparuti fiocchi di neve candida andarono ad unirsi al resto del manto nevoso sotto i loro piedi.
“Mi stavo chiedendo” disse Leon, affascinato dalle particolarità climatiche del monte “perché qui è sempre inverno?”
“Questo lo so” disse Sandir compiaciuto di se stesso. Finalmente conosceva una cosa che il cavaliere non sapeva.
“Guarda che lo so anche io” disse Sera frenando il suo entusiasmo.
“È una storia che di solito viene raccontata ai bambini” rincarò la dose Iliana.
“Mia madre è morta quando ero molto piccolo e mio padre non era il tipo da favole della buona notte” chiarì Leon.
“Te la racconto io allora” si offrì Sandir e si schiarì la voce “Tanto tempo fa, quando Sol e Umbra ancora vivevano al fianco delle loro creature, c’era uno spirito dell’acqua molto potente, una donna dalla straordinaria bellezza sia interiore che esteriore. Il suo nome era Chione e aveva fatto di questo monte la sua dimora. Un giorno si imbatté in un uomo, un essere umano rimasto senza forze durante l’esplorazione della montagna. Chione allora si prese cura di lui e lo rimise in forze. Rimasta affascinata dall’animo curioso dell’uomo decise di condividere con lui ciò che sapeva sulla montagna. I due trascorsero diverso tempo assieme, esplorando ogni angolo, imparando diverse cose l’uno dell’altra, e infine si innamorarono. Passarono insieme anni felici ma come è ben noto, la durata della vita di spiriti e umani differisce enormemente e venne il giorno in cui l’uomo, ormai vecchio, morì, lasciando la donna da sola. Chione, in preda al dolore per la perdita del suo amato, andò a pregare gli dei di riportarlo in vita. Sia Sol che Umbra gli risposero che non avrebbero acconsentito alla sua richiesta, che la vita dell’uomo aveva fatto il suo corso. Non avrebbero fatto eccezioni per nessuno. Così Chione tornò alla sua montagna, il suo cuore spezzato e gelido come il ghiaccio. Da quel momento in poi l’Everfrost fu completamente avvolto dalla neve, specchio del suo cuore. Lei non voleva più vedere nessuno, così trascorse il resto dei suoi giorni in completa solitudine, a piangere per il suo amore perduto fino a che anche la sua vita giunse al termine. Anche dopo la sua morte l’Everfrost non tornò più ad essere come prima e ancora oggi è sempre inverno. Si dice che quando nevica, i fiocchi non siano altro che le lacrime di Chione, che continua a piangere per il suo amato anche dopo la morte”
“È così romantico” disse Sera alla fine del racconto con sguardo sognante.
“Romantico? È una tragedia!” replicò Sandir, incredulo per le parole della sua amica.
“L’amore che lei ha provato per il suo amato era così forte da aver influenzato per sempre questa montagna!” controbatté Sera.
“Io invece penso che il suo amato non avrebbe voluto che lei passasse il resto dei suoi giorni a piangere e disperarsi per lui ma che cercasse di tornare ad essere felice” disse Sandir. Leon notò un rapido e leggero cambio di espressione in Iliana, il tempo di un battito di ciglia.
I due giovani continuarono il loro scambio di opinioni fino a sfociare in una vera e propria lite. Leon stava per intervenire, si sentiva in colpa per aver dato inizio senza volere al loro battibecco, quando i due dissero in coro “Allora cosa ne pensate voi due?”  i loro occhi si spostavano tra lui e Iliana, nessuno dei due voleva avere torto.
“È solo una storia, talmente lontana dal nostro tempo che non è neanche detto sia accaduta  veramente” disse Leon.
“Come ha detto Leon è solo una storia, una triste favola per bambini ed il messaggio è chiaro e semplice: se uno spirito e un umano si innamorano, questo è quello che può succedere, siete avvisati” disse Iliana e con quello e un suo sguardo raggelante la discussione si concluse senza nessun vincitore. 
Continuarono a procedere spediti, Sera e Sandir ancora si guardavano torvi, fino a che non raggiunsero un luogo che, a detta di Iliana e Sandir, veniva utilizzato dai maghi come punto di ristoro.
Sera si occupò di accendere il fuoco all’interno di una piccola grotta, grande abbastanza per tutti loro.
“Questo punto è uno dei meno influenzati dalle proprietà del monte. Forse sarà anche possibile riuscire a comunicare con la Resistenza” disse Iliana. Era una buona notizia; Leon era stato ansioso tutto quel tempo, senza la possibilità di sapere come stavano andando le cose.
Ormai stava per tramontare il sole e la neve stava cominciando a cadere con più insistenza.
Stavano tutti riposando e Sera aveva tirato fuori dalla sua sacca un libriccino su cui si mise a scrivere concentrata. Era una cosa che le aveva visto fare spesso ultimamente.
Leon rimase a guardarla fino a che lei non si accorse dello sguardo dell’uomo.
“Cosa c’è?” gli chiese.
“Niente. Ero solo incuriosito da quello che stavi facendo” rispose lui.
“Oh, stavo aggiornando il mio diario. Durante il viaggio per recuperare i frammenti Florian ha riempito diversi album da disegno con le cose che vedeva e le persone che ha incontrato lungo il cammino. Siccome io sono totalmente negata per il disegno ho deciso invece di trascrivere quello che ci succede durante il viaggio” c’era una leggera punta di imbarazzo nella sua voce.
“Bella idea” la rassicurò lui.
“Grazie. Stavo scrivendo di tutto quello che abbiamo visto oggi. Però devo ammettere che mi sarebbe piaciuto vedere almeno un giacimento di quarzo. Non ne ho mai visto uno e speravo che fosse la volta buona”
“Ce n’é uno qui vicino, se vuoi” era stata Iliana a parlare. La grotta non era abbastanza grande perché si potesse avere una conversazione  privata senza che tutti gli occupanti sentissero.
Sera chiuse il diario di colpo “Davvero? Allora andiamo!” prese la maga per mano e si diresse verso l’esterno, trascinandola con sé, ma poi si fermò “Per voi va bene?” chiese la ragazza speranzosa al resto del gruppo.
“Andate pure. Ma non  metteteci troppo” disse Leon. Sandir era d’accordo. Così i due rimasero da soli nella piccola grotta.
Era tutto tranquillo e Leon ne approfittò per controllare il libro comunicante. Ancora niente. Decise di lasciarlo aperto sperando che prima o poi comparisse qualcosa di sensato.
Ad un certo punto Sandir, che era seduto accanto al fuoco, si alzò in piedi e storse il naso.
“Lo senti anche tu questo odore?” si rivolse a Leon.
“No, che odore?”
“È strano. È come se ci fosse un altro odore sopra a coprirlo quindi non riesco a capire bene cos’è, ma l’ho sentito”
Sandir uscì appena fuori dalla grotta, portando con se una spada per sicurezza come gli era stato insegnato, e cominciò a guardarsi intorno e ad annusare l’aria, perplesso.
Leon decise di andare a controllare anche lui ma prima voleva chiudere il libro.
Fu quando lo prese in mano che delle parole cominciarono a prendere forma sulle pagine.
Era un messaggio, contornato da macchie scure, come sangue rappreso. Una volta letto quello che c’era scritto agì in fretta. Con il libro ancora in mano prese la sua spada e corse verso il suo compagno.
“Sandir!” gridò Leon.
Il giovane, accortosi che il cavaliere stava venendo rapidamente verso di lui, lo guardò stranito. Non si era neanche reso conto del pericolo che incombeva su di lui.
Un secondo dopo era a terra. Nel punto in cui si trovava un attimo prima, la spada di Leon aveva intercettato una lama corta le cui intenzioni non erano chiaramente amichevoli. La persona che la stava manovrando era una donna dai capelli rossi, liberi di danzare al vento. il libro comunicante era a terra, tranciato in due parti, ora completamente inutile.
“Ottimi riflessi. Se fossi arrivato un secondo più tardi il ragazzino sarebbe morto” disse la donna, ritirando la sua daga.
Leon la osservò per bene: capelli rossi, una benda scura sull’occhio sinistro e un occhio marrone da cui trasudava sete di sangue.
Era vestita in modo pratico, adatto ad un combattimento, ed era chiaro che non fosse lì per chiacchierare amabilmente con loro. Era lì per ucciderli.
“Non è stato facile trovarvi. Dovevate andare proprio sull’Everfrost?  E io che mi ero presa la briga di rubare questo” la mano che non era occupata dalla daga e che fino a quel momento aveva tenuto stretta a pugno si aprì, rivelando un localizzatore. Leon si sentì raggelare, ma non per il freddo. Non doveva farsi prendere dal panico, doveva mantenere la calma.
“Chi sei e perché ci hai attaccati?” chiese il cavaliere impassibile, attento ad ogni possibile mossa della donna.
“Potete chiamarmi Lavi. Rivelo sempre il mio nome alle mie future vittime. E di solito se è possibile chiedo anche i loro di nomi, fa parte del mio codice d’onore. Dunque, il ragazzo biondo si chiama Sandir e tu invece?”
“Leon” rispose senza indugio alcuno il cavaliere.  Sandir nel frattempo si era allontanato di qualche passo e aveva sguainato la spada, pronto a combattere.
“Bene, ora che ci siamo occupati dei convenevoli è arrivato il momento di uccidervi. È un lavoro sporco il mio, ma qualcuno deve pur farlo” sorrise lei malignamente, rivolta a Leon.
Con un grido Sandir corse verso la rossa e mosse il braccio in cui impugnava la spada. Il suo colpo fendette solo aria. La donna  si era spostata lateralmente piroettando con grazia e senza alcuno sforzo lontana dalla traiettoria della spada del ragazzo.
“Vedo che qualcuno ha fretta di morire” sogghignò lei “allora direi di cominciare” sguainò un’altra daga, così da averne una per mano, e con lo sguardo di un predatore disse “balliamo!”
Sia Leon che Sandir le andarono incontro. Era brava a combattere, anche troppo. Tutti i colpi che le scagliavano addosso venivano abilmente parati o schiavati dalla donna con la grazia di una danzatrice. Per tutto il tempo del combattimento lei sembrava divertirsi, sghignazzava, li scherniva.
Sandir si fece prendere dalla rabbia, non sopportava di essere preso in giro, e la sua precisione ne risentì.
“Sandir, non farti distrarre” Leon aveva capito l’intento della donna. Voleva provocarli e spingerli a commettere degli errori che gli sarebbero stati fatali.
Con suo dispiacere, Leon vide che Sandir non sembrava volerlo ascoltare, era troppo preso dall’atteggiamento della donna per ragionare.
La neve ora cadeva più fitta, vedere era più difficoltoso, ma ciò non sembrava aver dato alcun fastidio alla rossa, che approfittò di un’ apertura di Sandir per colpirlo con un calcio sullo stomaco che lo fece finire contro una parete di roccia. L’impatto fu così violento che il giovane perse conoscenza, la spada inerte a terra al suo fianco, e un copioso rivolo di sangue a macchiare il suo volto.
“Fuori uno, ne resta un altro” disse lei canticchiando allegramente.
Leon non ebbe tempo di preoccuparsi dello stato di Sandir poiché Lavi rivolse subito tutta la sua attenzione su di lui.
Una cosa era chiara: non era una persona qualunque. Il calcio con cui aveva colpito Sandir era stato estremamente potente. E non solo quello, tutti i suoi colpi erano dotati di grande forza che però non sembrava influire negativamente sulla sua precisione. Non lo avrebbe mai detto, a causa del suo aspetto ingannevole, ma a quanto pareva aveva dei buoni muscoli.
Anche il suo modo di combattere era particolare: i suoi movimenti erano fluidi e precisi, i suoi passi armoniosi e leggiadri come quelli di una ballerina. La sua era una danza, una danza mortale. Solo uno fra loro ne sarebbe uscito vincitore.
Combattere contro di lei lo stava stancando più di quanto volesse ammettere, così cercò di distrarla parlando “Che cosa ne è stato della persona a cui hai preso il localizzatore?”
“Non ne ho idea” disse lei vaga e tornò ad attaccarlo.
“Perché fai questo? Fra tutto quello che potresti fare, perché dovresti macchiarti di certe azioni?” insistette lui.
“Sono affari miei!”
Fu allora che Leon la vide, un’apertura. Era riuscito ad irritarla e lei per un breve attimo gli  aveva offerto un’opportunità  che lui non si fece scappare.
Una delle daghe di Lavi volò in aria e ricadde al suolo con un tonfo, lontano da lei.
Lavi, che si era subito allontanata di qualche passo dal cavaliere dopo il colpo subito, era ora intenta ad osservare la mano vuota che aveva retto la daga perduta. Sanguinava ma non era niente di grave.
Dopo qualche secondo lei scoppiò a ridere, sempre più forte, la testa rivolta verso il cielo.
Leon rimase impietrito a guardarla. Quella donna era completamente fuori di testa.
Calmatasi, lei rivolse nuovamente l’attenzione sull’uomo “Lo sai, sei il primo che riesce a privarmi di un’arma da moltissimo tempo” il suo volto si spaccò in un ghigno feroce “ti premierò facendo sul serio” e si avventò ferocemente su di lui.
Adesso era ancora più veloce e violenta di prima. Aveva dell’incredibile, Leon stentava a credere che un essere umano potesse essere così forte. Doveva avere dei buoni artefatti con sé, in grado di funzionare bene anche sull’Everfrost, non c’era altra spiegazione.
Lo scontro stava volgendo al peggio per lui ma Leon non poteva permettersi di perdere, così fece appello alle forze che gli rimanevano per un ultimo, potente assalto.
“Sei bravo” ammise la donna, intenta ad affrontare i poderosi colpi di spada del cavaliere “ma io lo sono di più”
Leon la vide sorridere come gatto che finalmente aveva catturato il topo e subito dopo sentì del freddo acciaio affondare nella sua carne. Abbassò lentamente lo sguardo, incredulo, sul suo fianco destro e i suoi occhi incontrarono la daga di Lavi. La donna non perse tempo ed estrasse subito la sua arma dal corpo del cavaliere. Il sangue cominciò a sgorgare copiosamente dalla ferita e Leon cadde sulle ginocchia, non più in grado di reggersi in piedi.
Il dolore non tardò ad arrivare. Leon si sentiva bruciare, una mano a coprire il buco lasciato dalla lama.
“Leon!” era la voce di Sandir, seppur ovattata alle sue orecchie. Lo vide avvicinarsi rapido verso di lui e la sua aguzzina, la spada di nuovo in mano. Lavi ingaggiò subito il combattimento, pronta a completare l’opera.
Da una parte Leon era sollevato dal sapere che il suo amico fosse vivo, dall’altra stava lottando contro il suo stesso corpo per restare cosciente.
La vista gli si annebbiò, stava perdendo troppo sangue.
Pensò che fosse stato un bene non rivelare i suoi sentimenti a Serena all’accampamento, non l’avrebbe fatta soffrire più di quello che già si aspettava. Ma se doveva essere totalmente sincero con se stesso, una piccola parte di lui rimpiangeva non aver detto niente. Per quanto lo spaventasse, avrebbe voluto sapere quale sarebbe stata la risposta della sua migliore amica.
Era sempre più difficile restare vigile. Riusciva a malapena a scorgere le forme di Sandir e Lavi, intenti a combattersi vicino al bordo della montagna, il vuoto poco oltre.
Non aveva più l’energia neanche per restare seduto e finì completamente disteso a terra. Non avvertì alcun dolore quando cadde, non sentiva più il freddo pungente sulla pelle, era come anestetizzato.
Con le ultime forze, sorreggendosi a fatica su un braccio, sollevò la testa verso il punto in cui stavano combattendo i due rivali.
Riuscì a distinguere Sandir, in piedi accanto a Lavi che ora si trovava ad un passo dal vuoto.
Pensò di averla sentita ridacchiare flebilmente e in qualche modo riuscì ad udire alcune delle sue parole “Hai vinto”
La sua vista non gli permise di vedere chiaramente quello che stava succedendo ma comprese che Sandir in qualche modo doveva essere riuscito a trafiggerla. Era strano però. Complice la sua vista  offuscata, non poteva essere sicuro di quello che aveva davanti agli occhi, ma non  era in grado di  distinguere chiaramente l’arma in mano al suo compagno, che però non gli ricordava la spada in possesso del suo amico. Vide la donna cadere all’indietro, nel vuoto, e anche lui cedette.
La sua testa colpì il suolo, l’ultima cosa che vide fu il luccichio di una lama conficcata nella roccia, la neve sempre più fitta, e infine perse conoscenza.



Salve a tutti, qui lost in books.
Probabilmente il modo in cui si conclude il capitolo, con il destino di Leon incerto, farà arrabbiare qualcuno. Cercherò di aggiornare il più presto possibile.
Visto che questa storia ormai ha raggiunto i venti capitoli avrei una curiosità, quindi la parola ai lettori: c'è un personaggio che preferite e uno che non sopportate e perchè? Fatemelo sapere se volete.
Al prossimo capitolo!

 
   
 
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