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Autore: WibblyVale    14/06/2017    0 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Kakashi entrò nella stanza di Gai all’ospedale di Konoha. Il verde era sdraiato sul letto con il corpo quasi completamente fasciato, il volto era l’unica cosa scoperta. Il moro gli sorrise confortante, mentre lui si appoggiava ai piedi del letto.
“Come stai?” gli chiese.
“Sakura dice che riprenderò l’uso degli arti superiori, ma le gambe…” Gai sospirò, aveva fatto una scelta e ne era felice, però si sentiva un po’ perso.
“Vorrei poterti dare le mie” gli disse Kakashi. “Sapresti farne buon uso.”
Il verde gli sorrise grato. “Non ce n’è bisogno. Ho fatto la mia scelta e ne sono felice.”
“E io sono fiero di te” commentò sincero l’amico con un sorriso forzato. Faticava a sorridere in quei giorni.
“Tu e i bambini, come state?” chiese Gai, dopo aver studiato per un po’ il suo amico in silenzio.
Kakashi sospirò e cercò le parole giuste. “È difficile, molto difficile. Ora li ho lasciati con i gemelli al secondo piano, avevo bisogno di parlarti.”
“Cosa succede?”
“Tsunade lascia il posto, vuole che la sostituisca.” Gai sorrise, ma rimase in silenzio. “Ho accettato. In fondo, sembra che sia quello che tutti vogliono per me.” Alzò gli occhi al cielo. “Ho deciso di mandare in pensione Mitokado e Utatane, e crearmi un nuovo circolo ristretto di consiglieri. Hiashi e Choza hanno già accettato. Tu che mi dici?”
“Ti dico che i clan che non verranno chiamati in causa si offenderanno. Ma immagino che a te non te ne freghi niente. Sei un irresponsabile, mio eterno rivale.”
Kakashi scoppiò a ridere. Era la prima risata da giorni. “Qualcuno deve essere lasciato fuori o non sarebbe un consiglio ristretto. E voi siete ciò che mi serve. Hiashi con la sua esperienza nel comando, Choza con le conoscenze di tre clan in sé, e tu…”
“Quale sarebbe il mio pregio?”
“Non farti pregare!” Gai rimase in silenzio, in attesa. “Sei… un idiota, ma un idiota saggio” rispose burbero.
“Accetto” sorrise il moro. “Come hai intenzione di comportarti con la Radice?”
“Anche su quello ho un’idea, ma ora devo andare. Ho promesso ai bambini che li portavo al quinto piano.”
Gai annuì e si fece serio. “Miglioramenti?”
Kakashi strinse l’estremità del letto, fino a farsi diventare le nocche bianche, e scosse la testa. “Sono passati cinque giorni, Gai. Non lo so. Ora Yoshino è su. Bè Yoshino è sempre su. Non riesce a lasciare la stanza. Io devo occuparmi dei bambini e…”
“Si sveglierà.”
“E se non lo facesse? Tsunade dice che non ci sono traumi fisici, solo… Non riesce ad accettare quello che è successo. Non vuole svegliarsi.”
“I Nara e la loro pigrizia!” commentò il verde. “Ce la farà. Ne sono certo.”
Kakashi abbassò la testa e cominciò ad uscire. Ad un tratto si fermò, e guardò indietro. “Ah ovviamente quando uscirai di qui, andremo a vivere insieme come programmato.”
“Ma…”
“Mi occuperò di te.”
“Non ce n’è bisogno, hai già troppo di cui…”
“Non accetto rifiuti” terminò la conversazione il Copia-ninja, uscendo dalla stanza.
 
Al quinto piano, Yoshino stringeva una mano inerte vicino al cuore. Aveva versato tante lacrime in quei giorni, ora non ci riusciva più. I suoi occhi erano cerchiati dalle ore insonni e i suoi capelli erano sporchi, ma non riusciva a lasciare quella stanza.
“Devi tornare. Non puoi dormire per sempre. Ho bisogno che tu torni. Tutti hanno bisogno che tu torni. Non voglio perdere anche te.”
A quel punto, la mano si strinse attorno alla sua e una flebile voce usci dalle labbra secche. “Ho… Ho dormito troppo?” Yohino scoppiò a ridere per la gioia.
 
Kakashi e i bambini furono raggiunti nel corridoio del quarto piano da Shikamaru. Il ragazzo stava lavorando senza sosta per organizzare i funerali e per prendere le redini del proprio clan.
“Dovresti riposarti. Tutta l’energia che hai usato…” sussurrò Kakashi.
“E tu?” rispose Shiakamaru.
“Io non sono svenuto!” sbottò l’altro, mentre prendevano le scale.
“L’ho vista morire... Anche Tsunade ha detto che ero sotto shock.”
In quel momento, Hikaru urlò e cominciò a correre. “Si è svegliata!” informò gli altri, che scioccati e felici allo stesso tempo corsero dietro al bambino.
 
Shiori abbracciava Yoshino. “Mi dispiace, per tutto” le disse.
“Va tutto bene. Va tutto bene” ripeté la donna più grande. “Avevo paura che non tornassi nemmeno tu. Io…”
Sentirono dei passi concitati provenire dall’esterno. Hikaru fu il primo ad entrare. Shiori lo vide e finalmente sorrise. Il bambino corse verso di lei e si arrampicò sul letto e la madre lo strinse a sé.
“Amore mio. Stai bene!”
“Mamma! Ho avuto tanta paura!”
Lei gli accarezzò il volto. “Io ti ho fatto paura?” chiese sentendo i suoi sentimenti.
“Anche” ammise il piccolo. “Ma avevo più paura di non rivederti.” Hikaru scoppiò in lacrime e la madre lo strinse al suo petto.
Shiori alzò lo sguardo e allungò una mano verso Amaya che si arrampicò e strinse anche lei a sé.
“Scusate, bambini miei. Non volevo spaventarvi. Credevo di fare la cosa giusta. Ma ne riparleremo dopo. Ora voglio solo abbracciarvi.”
Dopo qualche minuto i bambini lasciarono la madre e lei alzò lo sguardo sui due uomini, soffermandosi su Shikamaru che non riusciva a trattenere le lacrime.
“Sono fiera di te. Hai fatto una cosa che in pochi sarebbero stati in grado di fare. Scusa se ti ho costretto a farlo.”
Il Nara attraversò lentamente la stanza e baciò sua zia sulla fronte. “Tu mi baciavi la fronte quando volevi cancellare un brutto sogno, me lo ricordo” disse il moro. “Io ti ho perdonato. Volevi salvare il papà e gli altri… Io avrei fatto lo stesso errore.”
“Hai razionalizzato?” chiese lei con un sorriso.
“Un po’, ma è anche quello che provo” concluse prima di abbracciarla.
Quando si separarono, un silenzio irreale cadde nella stanza, interrotto dall’entrata di Tsunade, chiamata dal campanello. La donna abbracciò Shiori, felice di rivederla e prese a visitarla.
“Sei stata morta per due minuti, Shiori. Poi, all’improvviso il tuo cuore ha ripreso a battere.”
“Stavo spingendo Isobu per entrare nella luce. Poi, è diventato tutto buio, credevo di non avercela fatta. Sono scoppiata a piangere, poi Isobu si è illuminato. È tornato di dimensioni normali, poi… Bè poi mi sono risvegliata qui. Cosa credi sia successo?”
“Credo che l’energia del demone abbia avuto un effetto ritardato. Oppure è semplicemente un miracolo!” esclamò la donna.
Shiori le sorrise, poi il suo sguardo ricadde per la seconda volta su Kakashi. L’uomo era stato in silenzio per tutto il tempo. La Nara poteva sentire la sua felicità nel rivederla viva. I due si guardarono a lungo, finché Yoshino disse: “Andiamo! Mamma e papà devono parlare!”
I bambini controvoglia salutarono la madre e tutti uscirono dalla stanza, lasciandoli soli. Di nuovo, nel silenzio più assoluto i due rimasero solo a guardarsi. Shiori si tolse l’ago della flebo.
“Che fai?” chiese lui preoccupato.
“Sono un medico so quello che faccio” rispose lei con un sorriso e cercando di scendere dal letto.
Con due falcate lui fu davanti a lei, impedendole di alzarsi. La osservava come se non credesse ancora che fosse lì davanti a lui. “Kakashi… Io… Mi disp…”
Lui prese il volto di lei tra le mani e la baciò con passione. Lei si aggrappò al suo collo, mentre lui le accarezzava dolcemente le guance. Non si volevano separare ci sarebbero state molte, troppe cose da dirsi. Per ora erano solo felici di essere vivi.
Appoggiarono la fronte uno contro l’altro ansimanti e si sorrisero.
“Ho avuto paura di averti perso. Tanta paura” ammise lui. Lasciò il suo volto e le si sedette accanto. “Sono stato anche molto arrabbiato. Sei stata avventata!”
Lei appoggiò la testa sulla sua spalla. “Lo so. Dopo che Shisui… Mi sono sentita vuota. Volevo riempire quel vuoto.” Le lacrime per l’amico e per tutti quelli che aveva perso cominciarono a scendere.
Kakashi le accarezzò il volto. “Lo capisco.”
“Mi dispiace per tua madre. Non avrei dovuto…”
“L’ho abbracciata, Shiori. È stato bello. Anche doloroso. Principalmente bello però.”
Lei si strinse al Copia-ninja e lui la cinse con un braccio. “Come… Come ti senti?” chiese lei.
“Un casino. Sono felice perché sei viva. Sono felice per i nostri figli. Spaventato per l’avventura che mi aspetta. Triste, triste per così tante cose che non riesco ad elencare. Ho perso Obito di nuovo, Shiori. Non l’ho salvato.”
Finalmente, le lacrime per l’amico scomparso scesero, e lui non voleva fermarle. Sapeva che accanto a lei era al sicuro. Lei lo accarezzò dolcemente, lasciando che si sfogasse.
“Era morto molto tempo fa Kakashi. Rivedere te, insieme alla tenacia di Naruto, gli ha ridato la vita per qualche momento.”
Rimasero in silenzio per interi minuti, fu Shiori a rompere il silenzio. “Cosa hanno deciso di farmi?”
Lui sospirò. “Non sei considerata una prigioniera, ma decideremo se dovrai essere punita fra sei mesi. Il Raikage era fuori di sé.”
“Capisco. È giusto così.” Shiori decise di cambiare argomento e sorrise. “Hokage, eh? Dovrò chiamarti Hokage-sama e inchinarmi?”
“Smettila!” rise lui. “Ho bisogno di te nel consiglio.”
Lei scosse la testa. “No, non è il caso. Non finché i Kage non decidono la mia punizione. Inoltre, dovrò abituarmi ad Isobu e dedicarmi ai bambini.”
“Sapevo che l’avresti detto, ma…”
“No, non mi sento pronta. Non ancora.”
Lui accettò il suo sentimento. Shiori intrecciò le proprie dita con quelle di lui.
“Ma… forse…” cominciò con speranza. Sentiva i sentimenti di lui, e lei aveva capito che la vita era troppo breve per negarsi ciò che li avrebbe resi felici. Kakashi abbassò lo sguardo e lei capì. Lasciò la mano dell’uomo, forzando un sorriso. “No, certo. In fondo, lo sapevo. Meglio così. Meglio che ci sia qualcuno di inattaccabile accanto ad un Hokage.”
“Shiori. Io…”
Lei gli posò un bacio sulla guancia. “Ehi, lo so! Tranquillo. Sono tornata dal regno dei morti, posso essere un po’ intontita?”
“Come hai fatto a capirlo?” chiese il Copia-ninja confuso, ricordando come sul campo di battaglia gli avesse inviato dei sentimenti pieni della sua consapevolezza.
Lei sorrise. “Quel giorno, quando Yuri è venuta a casa nostra e io sono fuggita, sentivo che tu volevi chiuderla, ma allo stesso tempo volevi qualcosa di così diverso da me. Quando ci siamo rivisti ho sentito che avevi preso una decisione. Ho capito. Sei tornato da lei, non è vero?”
Lui annuì. “Sì, quel giorno l’ho riaccompagnata e me ne stavo andando, poi però sono tornato indietro. Le ho detto che non avevo dato una possibilità a noi e che dovevo provarci o non avrei mai saputo. Forse volevo qualcosa di diverso da te, ma…”
“Ma ora sei curioso.”
“Sì, e…”
“Non devi spiegarmi.”
“Invece, sì… Quando hai detto che ci distruggeremmo, avevi ragione. E ora siamo così in sintonia che ho paura…”
Lei lo baciò. “Va bene. È ora di crescere, Kakashi. Poi, come madre dei tuoi figli, avrò dolci gratis per sempre, giusto?”
Lui scoppiò a ridere. “Penso di sì.”
Shiori si sdraiò stanca e lui le si sdraiò accanto. “Quando c’è la cerimonia di investitura?”
“Dopo i funerali. Ti sarò accanto sempre, lo sai?”
“Sì lo so.”
Pochi minuti dopo, Tenzo entrò nella stanza di corsa. Shiori scattò in piedi ed abbracciò l’amico. “Pazza! Mi hai fatto preoccupare! Pensavo…” Il ninja dell’Arte del Legno scoppiò a piangere.
“Scusami, Ten. Mi sei mancato tanto lo sai?”
I due amici si separarono e si sorrisero. Kakashi si alzò dal letto e si avvicinò a loro.
“Ti devo parlare” disse all’amico, che lo guardò confuso.
“Di che si tratta?” chiese.
“La mia amministrazione come Hokage deve essere trasparente. Questo mondo deve cambiare. Ho bisogno di te per questo. Dovrai unire le forze speciali. Le forse ufficiali e la Radice diventeranno una cosa unica e voglio te a capo di tutto.”
Tenzo sbarrò gli occhi, mentre Shiori annuì soddisfatta.
“Stai scherzando?”
“Ho lo sguardo di uno che scherza?”
“Senti, Kakashi. Io ero solo un caposquadra, non so se…”
“Ne sei perfettamente in grado, conosci gli Anbu e conosci la Radice. Inoltre, io non mi fiderei di nessun altro.”
Il ninja più giovane osservò Shiori. “Mi aiuterai?”
“Dall’esterno, ma non sarò il tuo secondo. Ho altre cose da fare ora.”
Tenzo capì perfettamente. “D’accordo, Kakashi. Non te ne pentirai.”
“Oh di questo ne sono certo.”
 
Shikamaru aveva appena finito di dare gli ordini ad alcuni membri del suo clan, quando sua madre entrò nell’ufficio, che prima era stato di suo padre. Yoshino ebbe un tremito nell’entrare in quella stanza che ancora era permeata dalla sua essenza.
“Tesoro, vuoi qualcosa da mangiare?”
Il ragazzo guardò la madre, era invecchiata di anni in così poco tempo. Non riusciva nemmeno ad immaginare come lei si sentisse. Doveva essere forte per lei.
“No, mamma, non ora. Sto cercando i documenti per il passaggio di testimone per la guida del clan, ma qui dentro non trovo nulla!” sbottò, dando un pugno sulla scrivania.
Yoshino fece qualche passo avanti e si affiancò al figlio. Si inginocchiò e aprì un cassetto in fondo alla scrivania e ne tirò fuori una busta blu e gliela posò davanti. “Eccoli qui. Tuo padre li ha compilati molto tempo fa. Devi solo firmarli. E qui…” Tirò fuori una busta viola. “Qui, ci sono quelli per Ino. Inoichi aveva paura di perderli” commentò la donna ridendo. “La busta rossa, invece, non serve, per fortuna.”
“Mamma…”
“Sto bene, tesoro.” Prese il volto del figlio tra le mani. “Sono così felice che tu sia qui. Tuo padre si fidava di te e anche io. Ti accompagnerò in ogni difficoltà, ti aiuterò a comprendere la tua posizione all’interno del clan. Tuo padre sarebbe così fiero di come la stai gestendo.” La donna scoppiò a piangere. Shikamaru strinse la madre a sé. Cercavano di consolarsi a vicenda, di trovare la forza nell’altro per superare quel momento.
La donna si separò dal figlio e si asciugò gli occhi. “Ti preparo la zuppa e non accetto un no come risposta. Non puoi metterti a saltare i pasti a tuo piacimento, è chiaro pigrone?” lo redarguì con il suo solito tono da madre severa.
Il giovane le sorrise, poi alzò gli occhi al cielo come faceva sempre. “Va bene. Arrivo subito.”
 
Naruto era seduto su un cornicione nel giardino del Palazzo del Fuoco, dondolava le gambe avanti e indietro pensieroso. Ad un tratto sentì dei passi delicati dietro di sé e si voltò. Vide il volto di Hinata che le sorrideva confortante, tra le mani aveva un cestino coperto da una piccola tovaglietta arancione.
“Sapevo che ti avrei trovato qui!” commentò la ragazza.
“Sakura-chan è impegnata. Le ho promesso che sarei stato qui finché non ci avrebbero fatto entrare.”
“Immaginavo, per questo ti ho portato da mangiare.”
Lui le rispose con un sorriso grato e prese il cestino. All’interno vi erano degli onigiri e un pezzo di torta.
“Hai saputo le novità?” chiese con la bocca piena.
“Sì, Shiori si è svegliata. Sono molto felice. Sei già andato a…”
“No, devo vederlo prima.”
Hinata pose una mano sulla spalla dell’amico. “Andrà tutto bene, Naruto. Ha fatto degli sbagli, ma i Kage capiranno quanto sia stato importante il suo aiuto.”
“Non lo so… Lui sa essere talmente fastidioso! Se li irrita…”
“Kakashi farà in modo di portarli dalla nostra parte.”
Naruto osservò quella ragazza, che sembrava così sicura che le cose sarebbero andate per il meglio e notò un velo di tristezza nei suoi occhi. Voleva raggiungerla e abbracciarla per farla smettere di soffrire, ma non lo fece.
“Come stai, Hinata?” chiese, invece.
“Mi manca Neji. È così strano, sai? Quando eravamo piccoli eravamo uniti, poi ci siamo allontanati. Quando ci siamo rincontrati ho rischiato di morire a causa sua, alla fine però…” Una silenziosa lacrima scese dai suoi occhi. “Ha avuto così fiducia in me. Voglio onorare la sua memoria in ogni modo.”
Naruto allungò una mano verso la ragazza e timidamente prese una delle sue pallide mani e la strinse. Hinata alzò lo sguardo, rossa in volto, e gli sorrise tra le lacrime. Rimasero in silenzio per il resto del tempo finché il Jinchuriki non finì di mangiare.
A quel punto la Hyuga prese il cestino e si alzò in piedi. “Devo andare. Spero che ti facciano entrare presto.”
“Grazie, Hinata-chan. Sembra sempre che tu ci sia quando ho più bisogno.”
“È perché se sono quello che sono oggi è solo grazie a te. Ti devo un grande favore” rispose lei, poi si voltò nascondendo il rossore sul suo viso e se ne andò.
Naruto la osservò finché non sparì dalla sua vista, e per un po’ rimase ad osservare il punto in cui era sparita. Fu risvegliato dai suoi pensieri dalla voce di Kurama.
“Che scenetta romantica…” commentò il demone.
“Ma che dici!?!” sbottò Naruto, arrossendo.
La volpe rise. “È una ragazza molto gentile, e carina.”
“È Hinata. Lei è gentile con tutti.”
“Ricordo che qualche tempo fa lei ha detto che ti…”
“L’avrebbe detto per chiunque.”
“Quanto sei idiota!”
“Ehi come ti…!”
Kakashi apparve davanti al ragazzo, interrompendolo. “Naruto! Puoi entrare.”
 
Le segrete all’interno del Palazzo del Fuoco erano abbastanza buie. Kakashi aveva deciso di spostare Orochimaru e Sasuke dalle prigioni, nel posto più vicino a lui, dove li potesse controllare in ogni momento. Aveva fatto spostare anche Kabuto, ma lui più per accontentare una richiesta di Shiori.
I due uomini camminarono fianco a fianco, per i corridoi fino ad arrivare ad una cella fiocamente illuminata. Sasuke sentendoli arrivare si avvicinò alle sbarre.
“Kakashi!” esclamò, i suoi occhi erano bendati.
“Sì, sono io. Ti ho portato un visitatore.”
“Ciao, Sas’ke” salutò il ragazzo.
“Naruto.”
“Non gli si può togliere…”
“L’ho chiesto, ma purtroppo per ora no” spiegò Kakshi aprendo la cella e lasciando che il suo allievo entrasse.
“Non c’è problema. Sto cercando di accettare la cosa” commentò l’Uchiha con tranquillità.
“Vi lascio soli” disse il quasi-Hokage ai suoi allievi. “Sono sicuro che avrete molte cose da dirvi.”
Se ne andò e più si allontanava più sentiva che i due facevano timidi tentativi per parlare. Gli avevano detto che doveva concedergli non più di mezz’ora, ma era più che sicuro che si sarebbe scordato di tornare. Dopotutto lui era famoso per i suoi ritardi.
 
Quando Kakashi tornò era passata più di mezz’ora e al suo fianco si trovava Sakura. Sentivano le risate dei due shinobi sin dall’inizio del corridoio.
“Che diavolo avranno da ridere?” borbottò lei, cercando di nascondere un sorriso.
“Sai, hai ragione…” disse Naruto. “Ero un idiota…”
“Eri?” sottolineò l’Uchiha.
“Guarda che ti prendo a pungi!” sbottò il Jinchuriki.
“Voglio vederti provare!”
“Vedere? E come?” ribatté il biondo, provocando un altro scroscio di risate.
“Credo che questo luogo non sia mai stato così allegro” commentò Kakashi.
Naruto alzò gli occhi sul suo sensei e improvvisamente si zittì.
“Che succede?” domandò Sasuke, notando un cambio nell’atmosfera. “S… Sakura?” capì.
“Ciao, Sasuke.”
“C… ciao.” Era titubante. Con Naruto era stato facile. Nonostante le divergenze di opinioni, loro due si capivano, ma con Sakura…
Naruto sorrise nel vedere l’amico così in difficoltà.
“Non ridere, idiota!” sbottò la rosa.
“Apro la cella?” chiese Kakashi.
“Se è per fare entrare me non c’è bisogno!” sbottò Sakura.
“Mi dispiace, Sakura” sussurrò Sasuke con un filo di voce. “Io ero… Io… Io…” L’Uchiha capì che il problema non era lui. Il problema era ciò che le aveva fatto. “Ho fatto tutto per una ragione, ho sbagliato, ma ho scelto quella vita. L’unica cosa di cui mi pento è… è averti fatto del male.”
Sakura strinse i pugni, cercando di trattenere le lacrime.
“Apri la cella, sensei” ordinò.
Kakashi sorrise e Naruto uscì, lasciandola entrare. La ragazza si fermò davanti a Sasuke, mentre il loro sensei richiudeva la cella.
“Io e Naruto torniamo più tardi” li avvertì per poi lasciarli soli.
 
Era il tramonto, quando Shikamaru ebbe il coraggio di entrare a casa degli Akimichi. Choza lo aspettava in giardino. Il Nara lo guardò, vedendo la sofferenza nei suoi occhi, cercò di cacciare via il proprio dolore, voleva mostrarsi forte.
“Non c’è bisogno che tu mi mostri una sicurezza che non hai, Shikamaru” lo rassicurò il capoclan. “Tuo padre faceva la stesa faccia, quando cercava di nasconderci i suoi dubbi.”
“Mi dispiace, Choza. Posso solo immaginare…”
“Stiamo soffrendo entrambi. Ricordati però che ti devi affidare ai tuoi amici.”
“A proposito, dove sono?” chiese il Nara.
“Eccoci!” dissero i suoi amici entrando.
Ino abbracciò Choza e lui la strinse a sé, cercando di confortarla e sorridendo leggermente al pensiero che fosse così espansiva, proprio come il padre. Choji, nel frattempo, posò una mano sulla spalla del suo amico.
“Li hai trovati?”
Shikamaru annuì. Qualche minuto dopo, i quattro shinobi si sedettero al tavolo. In mezzo a loro, stavano la cartellina blu e quella viola.
“Bene…” cominciò Choza. “Le vostre madri mi hanno detto che vi aiuteranno nella transizione, io sono qui per fare lo stesso. A tutti e tre…”
“Ma papà…” lo interruppe Choji.
“Non firmerai nessun documento ora, figliolo. Però comincerai ad aiutarmi, a sostituirmi gradualmente. In questo modo, potrai presto prendere il mio posto. Io… Non credo di farcela a lungo. Voi due…” disse poi, rivolgendosi ad Ino e Shikamaru, “non avete tempo per entrare gradualmente in questo mondo, ma io vi sarò accanto. I vostri padri si fidavano di voi. Sapevano che avreste seguito le loro orme, ma…” Esitò un momento poi parlò: “Non volevano solo quello. Noi vogliamo da voi, come nuovi capi, che portiate la vostra intelligenza, la vostra grinta, la vostra gentilezza, che ha una sfumatura diversa, che proviene da esperienze diverse, rispetto a quelle stesse caratteristiche che caratterizzavano i vostri padri. Noi vogliamo che siate migliori. Può sembrare un compito difficile, ma noi siamo sempre stati sicuri che voi ce l’avreste fatta.”
I ragazzi annuirono. Shikamaru e Ino sentirono le parole dei propri padri in quello che Choza aveva detto loro. Si guardarono e annuirono. Aprirono le buste davanti a loro e ne tirarono fuori i fogli. Il capoclan porse due penne a suo figlio, il quale poi le consegnò ai suoi amici.
“Avanti, ragazzi!” li incitò Choji con un sorriso.
Shikamaru e Ino risposero al sorriso, incerti, poi firmarono. Erano divenuti i capi dei rispettivi clan.
 
Shiori sdraiata sul suo letto d’ospedale pensò a quanto le cose erano cambiate in quegli anni e a quanto ancora sarebbero dovute cambiare, quando ad un tratto sentì qualcosa muoversi dentro di lei. Scattò a sedere. “Isobu!” esclamò.
“Sono sveglio!” bofonchiò il demone.
“Stai bene?” domandò lei.
“Ora sì. E tu?”
“Anche io. Grazie per avermi salvato.”
“Grazie a te, per non esserti arresa.”
“Diciamo che il pensiero che tu morissi mi ha dato la spinta necessaria.”
Il demone rimase in silenzio per un po’, scandagliando i ricordi della donna, per valutare la situazione.
“Quindi Kakashi è Hokage?” Shiori annuì. “E tu e lui… Posso esprimere la mia opinione? Quella è stata una scena patetica.”
“Isobu… Ti prego! Sono d’accordo che Yuri non sia esattamente il tipo di donna che vedrei bene al suo fianco, ma è una brava persona. Lui vuole darle una chance.”
“È il suo modo per…” Shiori percepì che Isobu faticava a sopportare quella sfilza di sentimenti esterni che lei percepiva, e si sentiva in colpa.
“Cazzo! Hai perso la libertà e devi anche sopportare…” Sentiva che stava per piangere.
“Per me è un onore essere il tuo demone.”
Shiori si asciugò le lacrime. “Per me è un onore che tu lo sia.”
La kunoichi entrò in sé stessa e abbracciò il demone. “Sarà difficile convivere…” ridacchiò lei.
“Ti prego! Ormai ho imparato a sopportarti!” rispose lui con dolcezza.
 
Kakashi stava tornando a casa dai suoi bambini, ma prima doveva fare una deviazione. Spinse la porta di vetro e un campanello risuonò per la stanza. Una testa bionda si affacciò dal retro del negozio e gli sorrise.
“Devo prendere un paio di pasticcini per i miei figli” spiegò con un sorrisetto.
Yuri oltrepassò il bancone e si fiondò tra le sue braccia. “Ho sentito che si è svegliata!” esclamò. “Sta bene?”
“Meglio, grazie.” Lui la lasciò e andò a sedersi al tavolino.
“Che succede?” chiese.
“È stato strano. Tutto irreale. Lei è…” Chiuse gli occhi.
Yuri si appoggiò al bancone a braccia incrociate. “Kakashi, quando abbiamo ricominciato a frequentarci in gran segreto, mi andava bene. So però che ora c’è stata una guerra di mezzo, il mondo è totalmente cambiato, voi siete totalmente cambiati. Non ti biasimerei se avessi cambiato idea.”
Aveva cambiato idea? Alzò lo sguardo su di lei e la osservò. Ricordò la mano di Shiori poche ore prima, il bacio che si erano scambiati, così bisognoso, così soddisfacente. Ricordò come Yuri era stata comprensiva in un momento difficile, come lui non le avesse mai dato una possibilità, come lui l’avesse solo usata per colmare un vuoto, per riempirlo con qualcosa di diverso. Ricordò perché quel vuoto si era aperto in lui: l’abbandono, la solitudine, il tradimento, il dolore, provocato da un amore così forte che non poteva fare altro che renderlo felice, che estraniarlo dal resto del mondo, che però allo stesso tempo l’aveva lasciato in un angolo con il cuore sanguinante. Si maledisse al pensiero di volere quel tipo di amore più di ogni altra cosa al mondo, di desiderarlo ancora come l’acqua nel deserto. Era la sua vita.
Solo che non era completamente così, la sua vita ora era fatta di responsabilità più grandi, di impegni più importanti, e non poteva rischiare di rovinare tutto. Shiori era così sicura che loro ci sarebbero riusciti. E, in fondo, l’esperienza insegnava che l’avrebbero fatto. Loro due avevano un grande destino, ora lui lo capiva, ma per compierlo dovevano stare divisi.
Si alzò in piedi e accarezzò il volto di Yuri, capiva che la sua scelta non aveva nulla a che fare con lei, ma lui avrebbe imparato ad amarla. In fondo, già le voleva bene, già trovava conforto nella sua dolcezza.
“Non ho cambiato idea. L’ho già detto a Shiori.” Il volto di Yuri si illuminò, e lui fu contagiato da quel sorriso. Sì, aveva bisogno di lei per entrare nel mondo degli adulti, per staccarsi dal passato e essere in armonia con il presente. 
  
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