Serie TV > Star Trek
Ricorda la storia  |       
Autore: xla    14/06/2017    2 recensioni
[Reboot | Spirk]
"Ricordava perfettamente quando aveva realizzato di amare il suo Primo Ufficiale… non ci aveva messo nulla ad abbracciare la sola idea di poter passare il resto della sua vita con lui. Sapeva che i vulcaniani erano compagni fedeli e che prendevano un solo compagno nella loro vita… un posto a cui far ritorno, una calma stabilità scelta in totale libertà…
Sorrise. Oh, quanto era stato stupido e ingenuo…
"
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ATTENZIONE: Lode e Gene Roddenberry, io mi limito solo a spargere buone vibrazioni. La storia è totalmente inventata, non scritta a scopo di lucro o con l’intento di qualche offesa. Ogni cosa presente nella storia inerente o riferita a fatti o persone o azioni reali è totalmente causale.
 

Readme,please.
Sono davvero emozionata. Non è la prima storia, ma c’è sempre quel qualcosa di particolare nel cominciare qualcosa… ho l’impressione di toccare qualcosa di una certa importanza con Star Trek. Ad ogni modo, è soddisfacente e liberatorio scrivere dall’inizio alla fine una storia, dopo tanto tempo. Idee, ricerche, documentazioni… mi era mancato tutto questo. Ma passiamo subito alle informazioni essenziali:
Nata come one-shot (seh, crediamoci ancora) è stata divisa in tre capitoli già pronti, il tutto betato da Logan Way che è stata presente durante l’intero percorso di questo mio piccolo lavoro e che ha pazientemente corretto i miei errori. Nonna ti vuole tanto bene <3!
La storia è ambientata nel Reboot e si colloca nel bel mezzo della missione quinquennale, al solito, insomma.
Vi auguro una buona lettura e di ricordarvi di ridere e mangiare molto cioccolato.
 
 
 
 
 
 
Take me down to the river-bend
Take me down to the fighting end
Wash the poison from off my skin
Show me how to be whole again
 
Fly me up on a silver wing
Past the black where the sirens sing
Warm me up in a nova's glow
And drop me down to the dream below
 
‘Cause I'm only a crack in this castle of glass
Hardly anything left for you to see
For you to see
(Castel of Glass – Linkin Park)
 
 
 
 
“Stars can’t shine without darkness.”
"Yeah they can! The sun is a star and it’s always shining!”
 
 
Prima Parte
 
“We live our live on different sides.”
(Stigmatized – The Calling)
 
 
 
 
La sveglia suonò e il Capitano Kirk si alzò subito dalla branda singola. Non gli piaceva rimanere sotto le coperte, soprattutto se prima di arrivare in plancia doveva passare in rassegna e firmare tutti i documenti che non facevano che accumularsi- più ne firmava e più si moltiplicavano… evidentemente il dannato lavoro da ufficio da lui tanto detestato non si piegava alle normali leggi della fisica, o della vita o… o semplicemente ricambiava il tenero sentimento. A quell’ora e senza niente nello stomaco, Jim era più favorevole a quest’ultima.  
Cercò di affrettarsi. Non c’era alcun allarme, solo una missione semplice che li avrebbe tenuti impegnati in orbita attorno a un pianeta della Federazione per dei rifornimenti e aggiornamenti.  
Si aggiustò ancora l’uniforme e uscì dalla cabina, diretto… alla cabina accanto, bussando. 
Era in anticipo e lo sapeva, ma non voleva perdersi un solo istante per stare con Spock, che inizialmente aveva avanzato proteste per quest’abitudine del suo compagno non trovandovi alcuna logica, per poi forse accettare quella che era diventata una routine da un anno dall’inizio della missione quinquennale, e con ancora maggior significato per Kirk, da sette mesi che erano una coppia.  
Jim pensava seriamente che avrebbe potuto dar via tutto il dilitio della sua Signora, purché il suo ragazzo prendesse in considerazione l’idea di dormire con lui. Ma Spock non aveva lasciato spiragli. Nessuna condivisione di alcun tipo, fisica o mentale, insomma: una pura sofferenza per Kirk, che era disposto ad attendere, nel rispetto del suo bel vulcaniano. Considerando anche le reazioni di Spock ai più imbarazzanti tentativi che Jim non aveva fatto neanche con la sua prima cotta nell’Iowa, preferiva non rischiare. Tuttavia… il fatto che Spock sembrava comportarsi con lui esattamente come con Uhura, non faceva riposare tranquillo l’intuito del biondo, che voleva tenerlo costantemente in allarme rosso. Ma Jim si fidava di Spock. Spock non lo avrebbe mai abbandonato. 
“Buongiorno, Spock.” Salutò raggiante come l’esplosione di mille soli non appena le porte si aprirono, rivelando la perfetta visione del suo Primo Ufficiale. 
“Buongiorno, Capitano.” rispose illeggibile il vulcaniano. 
“Ha dormito bene?”  
Jim sapeva che Spock considerava senza senso questo tipo di cose così… umane. Eppure lui era sempre preoccupato. E visto che non lo poteva sentire in alcun modo, si ritrovava costretto a domandare, sentendosi delle volte uno stupido. Ma lui era umano, quindi le inutili chiacchiere erano normali. 
Spock infatti sollevò un sopracciglio. “Il mio riposo è stato adeguato.” 
Jim annuì. “Bene. Andiamo? Ho una fame… sai-“ fece, mentre prendevano a camminare per il corridoio, diretti al turboascensore. “Pensavo di modificare i replicatori e aggiungere qualcosa di più soddisfacente.” 
“Immagino che con questo termine lei intenda: inutilmente zuccheroso e senza alcun adeguato rapporto nutritivo.” 
“Soddisfacente.” Ripeté Kirk spalancando gli occhi. Entrarono nella cabina “Mensa.” Dichiarò e il turboascensore partì subito. 
“Il Dottor McCoy non sarebbe d’accordo.” Mise le mani dietro la schiena. 
“A lui ci penso io! Gli farò un’offerta che non potrà rifiutare…” 
“Ricatto e/o minaccia da parte di un superiore a fini personali, nei confronti di un-”
“Spock.” Sorrise teneramente. 
“Sì, Signore?” 
“Ti amo.” 
Spock annuì, si guardarono un poco e Jim sospirò. Con quegli occhi caldi, lui si sentiva al sicuro, protetto. Si diceva che non importava nient’altro, che Spock lo ricambiava, perché glielo leggeva negli occhi. Lì c’era tutto, non gli occorreva altro. Anche se...
Anche se. 
 
 
 
L’Ambasciatore godeva della visione dorata proveniente dallo schermo così preciso che poteva chiaramente vedere anche il segno quasi invisibile di cicatrice rimasto sopra lo zigomo di Jim dopo lo scontro su Qo’noS qualche anno prima. Ma non era solo la grande qualità della tecnologia… la gemella temporale della leggendaria nave era distante eoni, e mai come in questi momenti poteva dirsi felice di aver avuto come una seconda opportunità di poter rivedere il suo adun. Anche se più giovane, questo Jim era più solo, con l’anima che sanguinava, rispetto al suo bellissimo marito. Gli occhi figli dei più puri oceani e cieli terrestri lo chiamavano a sé… più simili al canto delle sirene, parte di quelle storie dei viaggi dei vecchi marinai che tanto avevano appassionato il suo Capitano, meglio riuscito che Spock avesse mai sperimentato in vita sua.
Purtroppo non c’era paragone più adatto: così come quelle melodie erano per incantare, anche questi occhi giocavano uno scherzo al proprio vecchio Katra: erano solo un’illusione.  
Non perché quel canto fosse privo di sentimento, ma, oh Surak, erano così simili, così uguali… eppure così diversi da quegli occhi leonini da cui ancora percepiva quel lieve richiamo. Non avrebbe dovuto passare troppe ore a carezzare e osservare quei brandelli distrutti del legame… così come non poteva prendersi la libertà di avere così a cuore questo Kirk. Eppure lo faceva. Quei fili rotti vibravano, quando sentiva quest’uomo dorato. 
“-così Bones ha detto che mi avrebbe messo a dieta e che anzi, ha già preparato tutto e l’avrei trovato nel mio PADD, ma credi sia finita qui? Oh no. Perché ha mandato un’e-mail anche a Spock, così che si assicuri che io segua questa dannata dieta. Ma ti sembra possibile? Sono il Capitano di una nave stellare e mi trattano come se fossero le mie baby-sitter!” 
Jim gesticolava e aveva messo su la sua miglior espressione da cucciolo. Anni prima, in un’altra vita, Spock avrebbe detto che un Capitano dell’Ammiraglia non avrebbe potuto somigliare a un canide della Terra. Ma adesso non poteva che sospirare, rallegrato dalla sola presenza dell’altro. E Jim poteva leggergli negli occhi, oh, così caldi, loro lo erano davvero, quanto i suoi racconti lo divertissero. Jim amava chiamare questo Spock ogni volta che poteva. E visto che il suo Spock aveva rifiutato di fare colazione con lui per lavorare nei laboratori, era tornato in cabina e si era replicato qualcosa e in quel momento era seduto comodamente con addosso una canotta e i pantaloni regolamentari a mangiucchiare schifezze replicate - quindi sul serio, schifezze e non in senso buono - e a parlare con questo vecchio vulcaniano che stravedeva per lui. Dopo si sarebbe cambiato di nuovo e sarebbe andato in plancia per l’inizio del turno mattutino, ma fino a quel momento voleva concentrarsi sul suo amico. 
“Anche il mio Dottore non mancava mai di puntualizzare con disappunto le scelte alimentari del mio T’hy’la.” Gli mancava McCoy. Dannatamente tanto, come avrebbe detto l’uomo del sud. 
“Sul serio? È riuscito anche a farlo smettere? Dimmi di sì.”  
Così simile, eppure così diverso… il suo Jim non aveva mai avuto un atteggiamento così… infantile. Forse stava solo assistendo alla lenta nascita di quello che un giorno sarebbe stato il più decorato e amato Capitano della Flotta Stellare… uno spettacolo a cui, per vari motivi, non aveva potuto assistere a suo tempo. Kirk era sempre stato un uomo curioso e genuino come un bambino. Forse questo Jim lo era comunque. In modo rotto.  
“Il buon Dottore sapeva essere costante e testardo.” 
“Che in Spockese significa: tremendamente assillante…” dedusse, posando la guancia sulla mano in modo teatrale. “A certe cose non si può proprio scappare.”  
“No. E anche quando era stato possibile… il mio Katra e il suo si chiamavano.” 
Jim sorrise. Sapeva che questo era un tentativo impertinente da parte dell’anziano per chiedergli come andasse con Spock. Chi lo avrebbe mai detto… un vulcaniano gongolante. Natale in anticipo per Bones! Se prima non aveva un infarto alla notizia, ovvio. 
“Io sono ancora nella fase: attenda prego. E invece di una qualche musica, in sottofondo c’è la sua voce che recita il regolamento della Flotta Stellare e tutte le volte che rischio di morire sotto forma di percentuale.”  
“Spock non ha effettuato alcuna fusione con te?” 
Jim quasi arrossì. Si stava forse addentrando nel ‘dirty talk’ vulcaniano con la versione più anziana e di un’altra linea temporale del suo partner? Qualcosa gli diceva che doveva esserne stupito. Ma giusto la settimana scorsa era stato sommerso dai triboli che erano fuggiti al controllo sull’Enterprise. E quella prima ancora era finito in una dimensione in cui l’hanno accusato di stregoneria e incarcerato. Quindi no, non si stupiva. Ma aveva la decenza di arrossire, questo sì. 
“Ehm… sì e no,” provò, ma che lui fosse dannato se riusciva a dire bugie a Spock. Qualunque Spock. “Una volta, su un pianeta in collisione con un asteroide, per una serie di eventi ho perso la memoria…” vide l’anziano assottigliare le labbra, “Io non so cosa sia accaduto. Mi sono svegliato grazie a Spock. C’era una donna morta ed era vestita come un indiano d’America. Ti suona familiare?” Era inutile insistere troppo, perché l’altro non gli avrebbe rivelato molto. 
“Ti prego, continua.” Chiese con voce arrochita e tirata. 
Kirk si sentiva accaldato e provò a nascondersi dietro una mano. Del tutto futile, non ci sarebbero mai stati abbastanza anni luce per impedire al vecchio amico di captare ogni minima sfumatura di James Tiberius Kirk. Questo sembrava valere per due di loro. Jim invece ne capiva solo uno di Spock, e non la versione del proprio universo. 
“È stata l’unica volta in cui è entrato nella mia mente.” 
“Nel rapporto cosa è scritto?” 
“Che durante la permanenza sono stato dato per disperso. Poi trovato dal medico e dal Primo Ufficiale, non ho riportato lesioni fisiche o mentali, infatti Bones non ha insistito come suo solito per trattenermi in infermeria o quantomeno confinarmi nei miei alloggi.” 
L’Ambasciatore annuì. “Avete parlato?” 
Kirk scrollò le spalle. “Se tu lo chiami parlare… quando gli ho chiesto spiegazioni mi ha solo risposto che: Capitano, lei ha una mente alquanto dinamica. Non sapevo se era un complimento o un insulto. E ancora adesso non l’ho capito.” 
“Gli hai mai proposto una fusione?” 
Kirk sapeva che poteva essere strano che due persone con un legame non avessero alcun contatto, per questo Spock era sicuramente impensabile quello che gli stava raccontando. Glielo leggeva negli occhi che permettevano ad ogni emozioni di uscire. 
“Ho letto qualcosa sulle pratiche vulcaniane-“ 
“Si tratta di materiale per lo più criptato.” 
“Sì, beh, non abbastanza,” c’era del puro divertimento negli occhi color cioccolato, che venne subito cancellato, “non posso avviare una fusione, lo sai. Non posso fare nulla… ho provato una volta… solo una volta, l’espressione di Spock è stata sufficiente come risposta.” 
“Che reazione?” 
Gli costava molto dirlo. “Era… lui-” prese un profondo respiro “Disgusto.” Provò ad ignorare il petto che iniziava a fare male. Davvero male. Come se ciò che c’era dentro venisse squarciato, come se gli organi si picchiassero a sangue tra di loro. 
L’altro rimase immobile. “Scusa?” disse, totalmente allibito e incapace di crederci.
“Da quel momento… non mi ha sfiorato. Mai. Neanche per errore. Tranne in caso di estremo pericolo durante le missioni di esplorazione. È incredibilmente attento anche durante le nostre partite a scacchi… io… non mi sono mai permesso di fare una prima mossa- dopo la prima volta, ho smesso di proporre qualunque cosa, temendo di accelerare i tempi o di fargli troppe pressioni. Lui però… ha iniziato a passare meno tempo con me fuori servizio. Gli ho domandato perché stesse come scappando, e ha detto di non star scappando, ma di stare solo mettendo un’adeguata distanza di sicurezza. Pensavo si riferisse al mio bisogno di contatto fisico, quindi l’ho rassicurato… ma lui non sembra disposto a credermi. Se voleva una conferma poteva semplicemente averla unendosi a me e… mi ha risposto che chiedevo troppo…” scosse la testa, “c’è qualcosa, qui…” picchiettò con un dito la tempia, “di così brutto da averlo terrorizzato. Sapessi almeno di cosa si tratta, ma lui si rifiuta. Detesto non sapere… sai, mi sta bene dormire separati, ma non sopporto il suo muto rifiuto senza alcuna spiegazione. Forse per il modo vulcaniano è più che chiaro cosa mi sta dicendo, ma non sono vulcaniano. Se fossi un telepate sarebbe più semplice…”
“Sciocco giovane.” Mormorò più a se stesso l’anziano che all’uomo.
Jim non aveva capito a chi dei due si stesse riferendo, ma era comunque d’accordo.
“Ecco, vedi? Tu sei chiaro! A lui non lo capisco davvero. Quando credo di farlo, in realtà siamo distanti e viaggiamo a due curvature totalmente differenti.”
“No James. Lo sciocco è il mio giovane omologo. Forse più di quanto non lo ero io stesso.”
Jim sorrise con amore. “Non ci credo… mi è difficile immaginarti tutto rigido e schifato del tuo Jim.”
L’anziano abbassò gli occhi. “Il mio compagno ha impiegato anni per farmi aprire gli occhi e permettermi di capire quanto fossi cieco. Poi ha continuato a stare al mio fianco, camminando con me verso la luce: la sua. Tutt’oggi, mi rimprovero per tutto quel tempo che ci ho fatto sprecare senza fare nulla. Potevamo avere di più e molto prima, ma la mia incoerente logica non l’ha reso possibile.” C’era della sofferenza nella sua voce e, al tempo stesso, sembrava parlare di ciò che gli rimaneva di più caro, anche se non c’era più. In questo universo non c’era più, ma rimaneva nelle sue memorie. Doveva essere una consapevolezza tanto devastante da spezzare il respiro, eppure il calore non abbandonava mai gli occhi di Spock. “Il mio T’hy’la mi conosceva. Era l’unico. Sapeva di me e del mio Katra come nessuno mai prima e dopo. Credo… che lo sapesse, era a conoscenza di un filo che ci legava. Dopo decenni di meditazioni sono arrivato a questa conclusione. Anche senza una mia parola o grandi conoscenze sulla cultura del mio popolo, lui era sempre consapevole di noi e del legame.”
Era certo che se mai in uno dei suoi viaggi avesse incontrato questo Kirk, sarebbe stato molto tentato di dargli un pugno in faccia. Anche un James T. Kirk morto era più fortunato di lui!
“Allora non sono il suo T’hy’la! Forse… è solo una favola, tutto qui. La mia bella favola… mi sembrava strano. Il pensiero che sia tutta una meravigliosa bugia quasi mi conforta.” Sorrise con un’espressione malinconica.
Il volto di Spock invece, era pregno di dolore. “James! Come-”
Jim scosse la testa. “Non capisci, Spock? Questo significa che anche lo Spock di questo universo ha davvero la sua anima gemella. Il suo T’hy’la! È solo da qualche parte là fuori. Non so dove, ma lo cercherò e lo troverò!”
“Un compagno T’hy’la non si cerca. Si chiama.”
“Quindi mi farò semplicemente da parte, se è per la sua felicità lo farò. E lo è.”
Le labbra di Spock tremarono in modo impercettibile, ma lo fecero. E Jim era sicuro che fosse arrabbiato e triste. Così come lui.
“James. Sono certo che se tu mi ascoltassi-“
“È stato un bel olovideo, Spock. È solo arrivato il momento dei titoli di coda, ed io non ci sono nel sequel… ma posso accertarmi che ci sia il suo vero compagno.”
“Ho speranza che cambi idea.” Aveva una grande esperienza che se Jim Kirk si era messo in testa una cosa allora niente poteva deviarlo sul suo percorso, quindi poteva solo attendere e sì, credere che il loro essere costanti universali sbocciasse in tutto il suo splendore una volta per tutte, “Non è possibile che Spock abbia repulsione per Kirk e che Kirk rinunci a Spock.”
“Non esiste non è possibile, nel mio dizionario.”
“Ti manderò una versione aggiornata. La troverai subito dopo la mail sulla dieta del Dottor McCoy.”
Jim rise. Dio, amava Spock.
 
 
 
Knein V era un pianeta di classe M della Federazione Unita dei Pianeti. La Risa degli scienziati e dei medici, un luogo pacifico dedito allo studio e al benessere; collaborava sia con l’Accademia delle Scienze di Nuova Vulcano, sia con il Centro Medico Terrestre, facendo spesso da mediatore. Grazie a loro, da quando era entrati a far parte della Federazione, quei due rami avevano potuto fare grandi passi in avanti. I kneiniani erano un popolo libero e aperto, dove ogni individuo poteva dedicare la propria vita a ciò che più amava. Sembrava che l’ultima guerra risalisse a più di mille anni prima, come se avessero trovato la chiave per ottenere la pace e mantenerla. I suoi abitanti erano umanoidi con un DNA simile a quello umano, eppure diverso, poiché nascevano con poteri particolari. Ogni individuo alla nascita o nelle fasi dell’adolescenza manifesta una dote che andava dalle più conosciute alle più strane e bizzarre.
A Jim ricordavano moltissimo dei fumetti che aveva trovato in biblioteca ai tempi dell’Accademia mentre cercava qualcosa d’interessante da leggere. E suscitavano la sua curiosità anche allora. Non credeva nel destino, aveva iniziato quasi a convincersi che esistesse quando aveva conosciuto Spock, ma in quel momento… lui non era un telepate come Spock, era solo un umano e si sarebbero trovati in orbita attorno un pianeta pieno di gente con ogni tipo di potere straordinario… cosa doveva pensare?
Si guardò attorno in plancia e vide tutti a lavoro in un clima sereno e armonico. Sfiorò con le dita i braccioli della poltrona. Si sentiva destinato a essere il Capitano dell’Enterprise? No, non c’entrava nulla. Non si trattava di destino, lui sapeva, sentiva, di essere legato all’Enterprise. Era legato alla sua nave esattamente come era legato a---
Oh universo, perché ti prendi gioco di me?
Poggiò meglio la schiena e osservò le stelle. Si ricordò quando per la prima volta disse a Spock, nella Sala di Osservazione, che era certo che il vulcaniano avesse costruito le stelle per lui… aveva avuto non poche avventure, Jim Kirk, nella sua giovane vita, e mai, mai si era ritrovato a credere davvero in certe cose. Non era mai stato romantico, ma Spock gli faceva tirare fuori il meglio che potesse essere… quello che sperava essere il meglio, perché la faccia del Primo Ufficiale dopo quella rivelazione imbarazzante era annoiata. Era tentato di chiedere a Uhura qualcosa sulle usanze vulcaniane, ma non gli sembrava un comportamento corretto. Il suo Tenente era professionale e matura, ma voleva cavarsela da solo… ammetteva però che un manuale su come approcciare e avere una relazione con un vulcaniano sarebbe stata parecchio apprezzato.
Ma era nel pieno del turno Alpha e non aveva ancora letto quanto durasse un giorno su Knein V, quindi era il caso di prestare attenzione e rimandare ogni altra cosa una volta finita quella missione.
Accavallò le gambe. “Signor Spock. Dati sul pianeta, per favore.”
Spock alzò un sopracciglio. “Questi tipi di dati base si trovano sul file. Le rimando una copia con presenti solo questi, Capitano.”
Uhura si girò spalancando gli occhi. La plancia invece attendeva la risposta del Capitano, che non si scompose minimamente.
“La ringrazio, ma non è quello che le ho chiesto, Signor Spock. Mi riferisca i dati, ora.”
Se solo Spock fosse stato connesso con la mente di Jim, avrebbe sentito un suono disperato: perché mi fai questo?
Un conto era non passare del tempo assieme da soli, ma arrivare a rifiutare di parlargli durante i turni? Davvero Spock lo odiava al punto da non volergli parlare neanche per lo stretto necessario dei loro ruoli? No, a livello personale poteva anche accettarlo, ma non come Capitano, questo no. Questo era troppo.
“Capitano. Le assicuro che i dati scritti saranno altrettanto precisi.”
Jim vide Uhura con la coda dell’occhio mimare con le labbra: cosa stai facendo? In direzione di Spock, che non la vide, o fece solo finta di non vederla.
“Signor Spock, se ha problemi con me prenda un appuntamento e la riceverò. In altra sede. Qui siamo in plancia, metta da parte le questioni personali. E’ un ordine.
Odiava farlo. Odiava usare la sua voce da Capitano e il suo status in questo modo. Ma non poteva permettere certi atteggiamenti, non li accettava da nessuno e Spock non era un’eccezione.
Vide quegli occhi assottigliarsi leggermente, come se non accettasse che Jim gli parlasse così. Che fine aveva fatto tutto quel suo vantarsi in molto vulcaniano di quanto Kirk fosse poco professionale?
Spock parlò in modo rapido e con voce atona. “Certo, Capitano. Knein V è un pianeta di classe M. Giorni dell’anno 479. Temperature varianti tra 16 a 21 gradi.”
“Grazie, Signor Spock.”
Era già tanto che non avesse chiesto al computer di rispondere al suo posto e Jim doveva fare qualcosa prima che accadesse. Il punto era che probabilmente Spock non sentiva di avere problemi verso Jim…
“Signori, saremo in ordita standard per circa tre giorni. Il tempo per effettuare rifornimenti e manutenzioni. Durante questo tempo, verranno stabiliti dei turni per una breve licenza di sbarco, vi comunicherò quando il primo gruppo potrà essere teletrasportato.”
L’equipaggio presente sorrise sollevato. Jim era contento di questi rari momenti, sapeva che non tutti, per quanto addestrati e amanti dell’avventura, potevano resistere dal mettere i piedi su un posto in cui la gravità e l’aria non fossero artificiali. Non poteva negar loro questo.
“Tenente Uhura, apra un canale di comunicazione con l’Ambasciata.”
“Subito, Signore.” In modo rapido ed efficace, era già pronto. “Canale aperto.”
“Grazie, Tenente. Sullo schermo!”
Immediatamente, la faccia di un uomo viola, robusto e severo apparve. “Stazione di Knein V, qui è l’Ammiraglio Yopafu.”
“Buongiorno, Ammiraglio. Qui è James T. Kirk, Capitano della USS Enterprise. Siamo qui come previsto per i rifornimenti standard.”
L’altro fece un cenno di benvenuto con la testa. “L’attendevamo, Capitano. Il Consiglio vi invita ufficialmente per una breve cerimonia per darvi il benvenuto.”
Kirk sorrise, di uno di quei sorrisi affascinanti a cui era difficile resistere. “La ringrazio. Sarà un vero piacere. Vorrei che anche il mio equipaggio potesse partecipare.”
“Come desidera, Capitano. Il ricevimento inizierà alle diciannove, ora locale. A presto.”
“Saremo puntuali. Arrivederci.” Lo schermo tornò a far vedere le sue amate stelle. “Sentito, Signori? Siamo invitati a una festa! Consiglio a tutti l’alta uniforme.”
Si alzò e andò verso il suo navigatore, posando una mano sullo schienale della poltrona. “Signor Chekov, faccia un elenco per quei turni di sbarco e poi lo passi al Tenente Uhura.”
“Subito, Keptin.” Rispose prontamente il ragazzo. Kirk aveva una piccola predilezione per questo giovane… in realtà non avevano molti anni di differenza, eppure Jim si sentiva così vecchio, rispetto a Pavel. Sapeva che il russo avrebbe fatto strada e sperava di poter essergli di aiuto in questo, ma da una parte sperava davvero che non perdesse mai quel lato innocente. Uno stupido pensiero, visto il loro lavoro. Ma aveva fiducia. Sorrise a Chekov che si mise subito al lavoro, per passare a Nyota.
“Ricordi all’equipaggio di comportarsi al meglio. Invii loro dei documenti con in evidenza le usanze più comuni del pianeta. Non voglio che questa piccola vacanza si trasformi in un dibattito diplomatico.” Ridacchiò.
La ragazza sorrise divertita. “Certo che no, Capitano.”
“Molto bene. Signor Spock? Con me, per favore.”
Gli occhi di Uhura seguirono ogni passo del Primo Ufficiale e, mentre le porte del turboascensore si chiudevano, portandoli verso il Ponte Cinque, la ragazza sperava solo di aver compreso male ancora una volta e che Spock non stesse facendo esattamente ciò che lei pensava. Anche se i segnali erano ben evidenti.
 
 
 
Nel tragitto verso le loro cabine, avevano incontrato Scotty e Keenser con le braccia piene di roba che stavano andando verso un tubo di Jeffree. Jim aiutò Keenser tenendo gli utensili intanto che il piccoletto si soffiava il naso. Poco dopo era toccato al guardiamarina Agnese Mirandes, che nella fretta di correre in Infermeria, aveva lasciato cadere degli strumenti. Jim li raccolse e glieli mise di nuovo in mano, ricordandole di fare attenzione e di non farsi male. La ragazza arrossì, sentendosi mortificata per la figura e ringraziò, defilandosi verso il turboascensore.
“Venga dentro, Signor Spock.” Proclamò, appena davanti i propri quartieri, facendo avanzare Spock che già si era fermato ai suoi alloggi.
Le porte si chiusero e Jim alzò subito i gradi dell’ambiente, in modo che Spock non sentisse alcun disagio almeno sotto quel punto di vista, poi avanzò verso il PADD sulla scrivania, aprendo e trovando la mail di Bones, rispondendo con una lettera privata con varie imprecazioni. Rise al pensiero della faccia del suo amico. Trovò anche una mail dell’Ambasciatore Spock e gli si scaldò il cuore.
“Capitano, mancano due punto sei ore allo sbarco, non deve prepararsi?”
“Sì, tu scendi con me.”
Spock mise le mani dietro la schiena. “Preferirei di no.”
Jim fece roteare le spalle con qualche smorfia. “Mi dispiace ricordarti che sei il mio Primo Ufficiale e il mio compagno, quindi io preferisco averti al mio fianco.”
Spock fece del tutto finta di non sentire ciò che gli voleva dire. “In merito a questo, Signore, vorrei farle notare una cosa.”
“Che sei impertinente? Questo lo avevo già notato.”
“No, mi riferisco al suo modo di approcciarsi all’equipaggio.”
Aveva bisogno di un massaggio alla schiena, ma non gli passava neanche per l’anti-camera del cervello di chiederlo a Spock. Già sapeva la risposta: un lungo discorso inconcludente di cui avrebbe capito solo la metà e lo avrebbe lasciato con l’emicrania che aveva in genere l’etichetta “made by Klingon”.
“Lei si comporta in modo molto paterno con tutti.” Sembrava soppesare bene i termini, Spock, come se non fosse certo di quello che dicesse o che venisse mal interpretato.
“Paterno?” Fece una smorfia. “Non mi definirei così. Diavolo, io stesso potrei essere figlio di uno del mio equipaggio! Non ho mai pensato… al momento non potrei immaginarmi come padre.” Non ci aveva mai pensato. Una famiglia in stile Iowa? Era scappato da tutto quello, anche se la sua non si poteva di certo dire famiglia. Diciamo che il termine famiglia gli dava la stessa sensazione di “lavoro da ufficio”, e non di quello che faceva a turno finito in Sala Tattica o nel proprio alloggio, no, la sua paura era rimanere confinato per obblighi di grado su un pianeta dietro una scrivania. Era un pensiero tremendo.
“Non sente il desiderio di procreare?” Chinò il capo verso destra come a osservarlo da una diversa angolazione per capire se il Capitano potesse essere più logico a testa in giù.
“Spock! Cosa- stai cercando di dirmi qualcosa? Hai qualche bambino vulcaniano nascosto su Nuova Vulcano?” Come avrebbe reagito a questo? Era già arrivato a dirsi che non sapeva assolutamente come cambiare un pannolino o se il borotalco replicato potesse provocare irritazione, che Spock parlò ancora.
“No, non ho alcun infante nascosto sul mio pianeta o su altri.”
Jim si sporse col busto. “E sulla nave?” sempre meglio puntualizzare. Spock era il re degli eufemismi e dei ‘nota bene’ in minuscolo in fondo alle pagine.
Era un sospiro quello che aveva sentito dal suo logico compagno vulcaniano?
“No, Jim. Neanche sulla nave.”
“Allora non so davvero di cosa stai parlando, Spock!” Eccolo, il mal di testa. Però era così bello il proprio nome pronunciato da quella voce… Ah, dannazione, Spock riusciva a distrarlo senza nemmeno il volerlo e con il minimo sforzo.
“E’ così strano per te il pensiero di diventare padre? Non mi sembrava, dal tuo modo d’interagire con i componenti dell’equipaggio.” Sembrava sondare il terreno.
“Oh. Wow… wow!” realizzò buttando le mani in aria; aveva capito! “Frena frena frena! Facciamo un passo indietro: non so tu Spock, ma il mio orologio biologico non sta cantando canzoni per bambini al momento… al massimo posso intonare Row Row Row Your Boat attorno ad un fuoco. La missione quinquennale è appena iniziata, non ho neanche trent’anni e sono—oh!” Si bloccò, spalancando gli occhi. “Ho capito…” sì leccò le labbra. Improvvisamente era tutto così chiaro. E lui stava andando nel panico. E Spock non gli aveva ancora detto quanto durava un giorno su Knein V. Cazzo, Knein V!
“Davvero?” Alzò un sopracciglio con quella che a Jim ricordava la speranza, e faceva male. Ora sembrava tutto così semplice. Adesso comprendeva il comportamento di Spock.
Jim fece qualche passo incerto verso la scrivania, posandovi le mani. Avrebbe voluto stringere Spock.
“Tu vuoi un bambino.” Non era una domanda.
“Non so che tipo di ragionamento ti ha portato a questo, ma no, sei in errore. Non sono io che sento il desiderio di discendenti.”
In errore. “Va bene. Ti credo.”
“Non hai motivi per non farlo. Davvero non hai mai notato il tuo fare paterno verso di loro?”
Jim cercò di ricordare qualche evento in particolare. “No. Cerco solo di essere un buon Capitano. Ricordarmi i nomi e collegarli alle facce e alle loro mansioni. Non voglio che abbiano paura di me. Rispetto, sì, ma voglio anche che si fidino di me esattamente come faccio con loro. Siamo solo noi Spock, nell’universo inesplorato per la maggior parte del tempo. Per me ogni singolo membro dell’equipaggio è importante. Dipende tutto da me, Spock. Ho la responsabilità di ogni anima in questa nave. Non posso nè voglio deluderli. Cerco solo di fare del mio meglio…”
Spock aprì la bocca con una piccola luce negli occhi. La richiuse. E quando la riaprì per parlare, il suo Katra era tornato barricato dietro scudi mentali. Jim non aveva bisogno di poteri per saperlo.
“Sembra il modo di fare di un padre terrestre.”
“Ecco perché i bambini hanno bisogno anche del loro papà vulcaniano.” Provò ad alleggerire la tensione. Sapeva non sarebbe durata ancora per molto tutta quella situazione e aveva bisogno di tempo per metabolizzare, al momento cercava solo di godere di ogni singolo istante con Spock.
“Non sono loro padre. Non ho vincoli con loro, tranne quello lavorativo.”
“Sì, ma…” mosse un piede, “lo hai con me. Hai un legame con me.”
“In merito a questo, Jim-“
Jim alzò una mano “Aspetta Spock, fammi parlare, per favore. Iniziamo dall’episodio di poco fa sul ponte.” Il comunicatore della scrivania trillò e Kirk rispose subito. “Qui Kirk!” era Uhura che gli comunicava che il primo gruppo era pronto a sbarcare e che l’Ambasciatore lo avrebbe atteso all’ingresso della città. “Ricevuto. Io e Spock arriviamo subito. Kirk chiudo.” Tamburellò le dita accanto al bottone del comunicatore della scrivania. “Ne parleremo una volta tornati sulla nave.”
“Mi troverai in sala teletrasporto.” Uscì subito, senza attendere una sola parola da parte sua, facendogli capire che no, non avrebbero fatto il tragitto assieme.
 
 
 
Jim era sicuro che da un momento all’altro Bones si sarebbe strappato la divisa di dosso. Odiava l’alta uniforme! E questo era molto divertente per lui.
“Smettila Bones, sei sexy. Tranquillo. Rimorchierai.” Scherzò.
“Ehy, ragazzo, non prenderti gioco di me!” Tirò il colletto. “Non respiro.”
Jim ridacchiò, ammirando quel pianeta durante la breve passeggiata dal porto di sbarco al punto d’incontro: era tutto così pulito e sereno… sarebbero stati tre giorni piacevoli. Poi guardò Spock alla sua destra: in alta uniforme era bellissimo. Come sempre. Aveva anche messo la collana IDIC assieme alle altre spille. Spille con cui Jim si pungeva ogni santa volta. Spille che gli ricordavano che le hypos di Bones non erano poi così male… si avvicinò a Spock sorridendogli. Bones smise di lamentarsi e fece finta di osservare la vegetazione.
“Spock.” Sussurrò.
“Capitano.” Rispose continuando a fissare avanti a sé.
Jim si leccò le labbra. “Stai molto bene in questi vestiti.” Disse, sentendosi un idiota. Non era riuscito a trattenersi.
“Ha già esternato il suo parere in merito trentasette volte da quando abbiamo iniziato il servizio sull’Enterprise.”
“In caso te ne scordassi…”
“Capitano, anche volendo, non posso.”
Era una frase romantica? No, non da Spock. Jim tentò ancora. “Allora… in caso pensassi che non ti trovi bellissimo.”
Spock gli diede un’occhiata di lato. “Non penso proprio niente.”
Jim ingoiò ansia, ma sentiva che non poteva fare nulla per la rassegnazione. Oramai erano a pochi passi dal Consiglio e ogni altra cosa era rimandata. Tre giorni, si disse, tre giorni.
Ad attenderli c’erano tre persone. Il più anziano si fece avanti.
“Benvenuti su Knein V, io sono l’Ambasciatore Xobillty e sarete miei ospiti. È davvero un piacere.” Chinò il capo con rispetto verso i tre umani poi puntò i suoi grandi occhi neri verso l’uomo in uniforme verde. “Capitano Kirk.”
Jim fece un passo avanti in posizione eretta ma con gestualità sciolta, indossando il suo miglior sorriso. “Ambasciatore, è un onore essere qui. La ringrazio per la possibilità non solo di rifornimenti, ma anche di aver acconsentito ai miei uomini di scendere.” Porse una mano a palmo in su in segno aperto d’invito senza spettarsi che il kneiniano la stringesse. Sul file inviato da Spock e nel database della nave non c’era nulla di specifico sul tipo di saluto, ma l’anziano umanoide si avvicinò a prese la sua mano. Jim rimase sorpreso e rassicurato da quel piccolo contatto.
“Non mi sarei fatto scappare lei per niente al mondo.” Gli carezzò il palmo. “La sua fama la precede.”
Jim si schiarì la voce; ovviamente era conosciuto e il motivo era sempre lo stesso. Anzi, si aggiungevano passo dopo passo, a partire dalla Narada. E tutte le voci che giravano sull’esplorazioni dell’Enterprise.
“Grazie, Signore. Mi permetta: il mio Primo Ufficiale, il Signor Spock. E il Capo Medico, il Dottor McCoy.”
Bones guardò il vecchio come a chiedere se doveva carezzargli anche lui la mano. Spock fece semplicemente il ta’al. Bones lo invidiò per un attimo.
Xobillty chinò il capo assieme alla cascata di capelli bianchi. “Benvenuti.” parlò ancora. “Avrete già sentito parlare del mio assistente, il Signor Tigunk.” Indicò un uomo giovane con delle ali che spuntavano dalla schiena. Erano grandi e ricordavano lo scafo dell’Enterprise… solo che la Sua Signora era più bella. L’Ambasciatore proseguì sorridendo. “Così promettente e organizzato. Sistema la mia agenda. Dagli incontri con la Federazione, alle lezioni di xilofono.”
Prima che Bones potesse aprire bocca, Jim mosse le dita della mano ancora tenuta dall’altro e sbatté le ciglia bionde con fare confuso. “Piacere, Signor Tigunk.”
Il ragazzo sorrise. “Il piacere è mio, Capitano.”
“Ah,” sospirò d’improvviso l’Ambasciatore accanto a sé, fissandolo il suo corpo fasciato dalla maglia verde, “se solo avessi millesettecento anni in meno.” Jim voleva solo andare via per l’imbarazzo, inoltre riusciva a captare quanto la cosa stesse divertendo il medico. Spock invece se ne stava semplicemente lì. Oh, avrebbero parlato anche di questo. Tre giorni, tre dannatissimi giorni.
“Facciamo millenovecentotre.” Una donna in tuta bianca si fece avanti parlando con tono sarcastico.
“Certo. Signori, vi presento il capo del Reparto Medico Centrale di Knein V, il Dottor Atna.”
Bones si fece avanti. “Signorina, è un piacere. Sono il Dottor McCoy.”
“Lei è il Dottore? Allora avremo molto di cui parlare.”
Ahhh, il gentiluomo del sud che era in Leonard era uscito fuori.
“Seguitemi, il ricevimento si terrà nella Sala Principale dell’Ambasciata.” Proclamò Xobillty, iniziando a camminare.
“Certo. Spock!” Chiamò Jim, voltandosi verso Spock e trovandolo a osservare una pianta; Jim si rese conto che Xobillty non gli aveva lasciato ancora la mano, e non lo fece finché non entrarono nell’enorme salone pieno di gente e buffet di ogni sorta.
 
 
 
Bones prese da parte Jim che era sempre circondato da qualche kneiniano- sembrava una calamita per loro, ma erano tutti così cordiali che Kirk non se la sentiva di ritirarsi da qualsivoglia conversazione. Ogni tanto oltrepassavano un poco la soglia di spazio personale e lo toccavano ora sulla spalla, ora la schiena, ma Jim era così… affamato, di questo, che non era poi così fastidioso.
“Se ne frega totalmente.” Sbottò a bassa voce Bones, indicando con un cenno di capo Spock, che parlava con due donne del reparto scientifico. “Io credevo che i vulcaniani fossero possessivi verso i loro compagni.”
Jim avrebbe voluto dire che era una cena diplomatica e che lui e Spock non erano attaccati con la colla. “Ed io credevo di essere compagno di un vulcaniano.” Beh sì, voleva dire anche questo.
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire: benvenuto nel club, amico!” Bevve l’acqua e posò il bicchiere vuoto.
Bones lo guardò tra il preoccupato e l’infastidito. “Non avete risolto?”
“Cosa risolvi se non c’è nulla da risolvere?” Stava cercando qualche cibo che non gli facesse gonfiare la gola e tossire nuvole azzurre per ore.
“Come nulla?”
Jim roteò gli occhi. “Esatto. Nulla. E mi riferisco alla leggenda T’hy’la. Notizia dell’ultima ora: è una leggenda. Almeno per me.”
“E’ tutta colpa di quel dannato goblin con le-“
“Bones! Non ho voglia di discutere. Con Spock siamo rimasti che parleremo a missione finita. Siamo a un ricevimento in nostro onore, lasciamo le questione personali a dopo, okay?” Lasciò perdere il cibo, e per fortuna Bones sembrò capire il messaggio, e giusto in tempo, visto che l’Ambasciatore si stava avvicinando con Atna.
“Capitano,” iniziò l’anziano, “il buffet è di suo gradimento? Il suo Primo Ufficiale ci aveva riferito delle sue allergie.”
Jim sperò di non balbettare. Spock aveva fatto cosa? Ah, sì, Spock l’aveva fatto per il Capitano Kirk, di sicuro. Non avrebbero fatto bella figura in caso contrario. Di base, per evitare contrattempi. Logico. Oh, Spock… cercava di convincersi che era stato un gesto amorevole.
“Certamente, tutto squisito.” Peccato che non avesse molta fame. Spock spuntò tra lui e Bones, e mentre i due kneiniani annuivano e parlavano un attimo con un ragazzo, Jim si girò verso il compagno.
“Spock… non sapevo che avevi avvertito delle mie intolleranze.”
“Come Primo Ufficiale, rientra nei miei doveri.”
Il cuore umano di Kirk perse qualche battito. Avere accanto Spock, avvertire il calore del suo corpo… ed essere così freddo… gli faceva male. Tanto valeva abituarsi a questo, dopotutto non che il loro rapporto fosse in realtà cambiato così tanto, da quando stavano assieme. Anzi, era quasi meglio prima. Era riuscito in qualche modo a incasinare tutto.
“Signori.” Richiamò la loro attenzione il Dottor Atna. “Vorrei avere il piacere di presentarvi il Dottor Dluonno, un brillante xenobiologo. Lavora con me al Centro Medico.”
Il giovane si presentò: “Perdonate la mia assenza. Ero nei laboratori per eseguire dei test che non potevano attendere. Con tutto rispetto, Capitano Kirk…” aggiunse in fretta.
Jim lo guardò: era bello… occhi a mandorla chiari e lunghi capelli neri perfettamente tenuti indietro da una treccia. Con una presenza rilassante, quasi.
“Si figuri,” rispose, “spero che il suo lavoro sia andato a buon fine. Questi sono il mio Primo Ufficiale, il Signor Spock e il Medico di Bordo, il Dottor McCoy.”
“A breve i computer daranno il responso.”
“Se posso,” intervenne Spock, “di cosa trattano questi test, Signor Dluonno?”
“L’unione di diverse cellule al fine di creare un legame compatibile che possa far nascere un habitat per i Blockrien. Sono una specie che ultimamente fatica a trovare il proprio ambiente in cui vivere serenamente. I miei studi mirano a cercare di donare loro una vita in pace. Una casa.”
Bones quasi si strozzò con la saliva e simulò dei colpi di tosse. Jim involontariamente allungò un dito verso la manica blu.
“Affascinante…” mormorò meravigliato Spock, “le andrebbe di mostrarmi questo processo?”
Dluonno sorrise e accettò. “Ne sarei felice, Signor Spock. Mi dica quando è libero.”
“Adesso.” E si allontanò da Jim senza aver dato il minimo segno di aver percepito la sua paura. Il suo tocco.
Sentì la mano di Bones sul braccio per poi andare via a parlare con Atna.
“Capitano Kirk, le andrebbe di fare una passeggiata?”
Jim guardò l’Ambasciatore, annuendo con la testa, per poi guardare Spock che oltrepassava un arco con il kneiniano.
Che bella la diplomazia…
 
 
 
L’Ambasciata era un grosso palazzo, come una reggia, piena di vetrate e pavimenti che ricordavano il marmo bianco terrestre e alti soffitti candidi. Grosse e pesanti tende che fecero pensare al Capitano che i tre soli di Knein V l’avrebbero resa una grande meta estiva.
Avrebbe voluto godere di tutto quello e dei racconti dalla voce pacata di Xobillty, ma una parte di lui era altrove, finché questi non parlò di Len.
“Il vostro medico ha davvero un buon cuore.”
Jim sorrise con orgoglio. Avrebbe voluto dire che non occorreva avere alcun tipo di potere per capire quando speciale fosse Bones, ma non lo fece. Lui sapeva e bastava passare qualche minuto con Leonard per capirlo.
“Grazie, Ambasciatore Xobillty. Il Dottor McCoy può apparire burbero, ma ha una grande passione e conoscenza; sulla Terra viene detto: alla vecchia maniera. Tuttavia è aperto a nuove frontiere.”
Xobillty sorrise. “Ne parla con fierezza e sentimento. Ripone molta stima nel suo medico,” Jim annuì, “ne avete l’uno per l’altro.” Concluse l’anziano con voce dolce.
“E molto di più.” Soffiò il giovane con dolcezza.
Il Kneiniano allargò il sorriso, rivelando una perfetta fila di denti blu. “Sul serio? Confesso di aver percepito un legame, ma non pensavo fosse con Leonard McCoy! Sono vecchio, Capitano, ma posso ancora gioire per l’amore tra due anime. Non avevo detto nulla per non sembrare sfacciato. Le mie più sincere felicitazioni.”
“Cos- io e- cosa? No! No, Ambasciatore.” Jim cercò di tenere ben presente che in quel momento era come se rappresentasse la Federazione nel suo insieme, non poteva permettersi di essere altro se non il Capitano Kirk. Per fortuna lo era. Non voleva di certo far scoppiare una guerra intergalattica! “Ho un legame, sì. Ma non con il Dottor McCoy. Bones è più come un fratello maggiore. Ci unisce qualcosa, sì, ma è amore fraterno.” Su Knein V esisteva? Evidentemente sì.
“Un grande sentimento. Se il Dottore è un buon cuore, lei è davvero un’incredibile anima, Capitano. Ogni telepate ed empatico della città l’ha avvertita chiaramente.”
“Signore… io non possiedo alcuna capacità particolare come voi o altre civiltà. Non intendo mancare di rispetto al popolo… ma sono solo umano.”
“Non ne sono sicuro... ha uno spirito lucente. Costantemente alla ricerca dell’altro pezzo per poterlo proteggere. Questa creatura è molto fortunata.”
Jim non la pensava così. “Il mio compagno è un vulcaniano.”
L’anziano sembrava piacevolmente sorpreso, come se fosse ovvio: “Ah. Il Signor Spock.”
“Abbiamo un legame.” Forse. Ma visto che neanche lui lo sapeva con certezza, non era davvero come se stesse dicendo una bugia a un diplomatico… vero?
“Non ho mai assistito a un incollaggio vulcaniano.” Continuò, affascinato.
“Neanche io.”
“Ha detto di essere compagni. Ha mentito?”
“No. Siamo compagni. È stato… involontario e spontaneo… ma non siamo legati agli occhi del suo popolo. Tanto meno a quelli di altri. Siamo impegnati, in modo serio. Molto serio… ecco perché preferisco il termine vulcaniano. Rispecchia in modo più accurato cosa provo.” Detto così, a voce, a una persona che beh, era un estraneo, era una pessima realizzazione. In che situazione si trovava?
“Questo è poco convenzionale.”
Se aveva notato o meno il termine al singolare non lo diede a vedere. Jim non avrebbe comunque parlato dei problemi della propria vita di coppia con l’amministratore di un pianeta su cui stavano facendo rifornimenti.
“Oh, temo che convenzionale non faccia parte di me.” Ammise senza modestia e arroganza.
“Ecco spiegato perché… lei si scherma, Capitano. Per quale motivo tiene a freno i propri sentimenti, sminuendoli così tanto, verso il suo compagno? Anche questo fa parte del suo modo di operare diverso dall’ordinario?”
Jim ripensò in un attimo al proprio “modo” di fare nelle relazioni: non averne. Per così tante ragioni… dimenticandosi che Xobillty poteva sentirlo. In parte ne fu sollevato. Gli evitava di raccontare ancora a voce cose che non voleva ricordare così spesso… più di quanto gli piacesse. Si diceva, tuttavia, che tutto lo aveva portato a Spock e che andasse bene così.
“Singolare per un essere privo di poteri mutanti, fare ciò che fa lei, Capitano.”
“Cosa faccio?”
Scrollò le spalle. “Ha i propri sentimenti sparsi. Non li scherma in modo standard.”
“Lei prima ha detto che lo faccio…”
“Infatti. Quale modo migliore di nascondere le cose se non alla luce del sole? E lei lo è, Capitano Kirk, mi creda. Per ogni telepate lei è un sole accogliente e avvolgente. Ogni mente vibra quando è nelle vicinanze, attratta. Anche il suo compagno, sono certo che fatichi non poco a resistere. Deve avere molto autocontrollo. La mia età non me lo permetterebbe.”
“Spock?” Jim scelse felicemente di ignorare l’apprezzamento personale di Xobillty. Parlare del suo Primo Ufficiale con questo era davvero strano, lo metteva a nudo quasi. Forse in lui rivedeva qualcosa che gli ricordava il suo vecchio amico? No, sorrise a se stesso, Spock è come nessuno mai. Ed era molto meglio essere preso in simpatia- quasi sull’intimo, che non affrontare rigide regole locali che più di una volta avevano impedito ai suoi uomini anche solo di sbarcare dalla nave su un qualche pianeta per respirare un poco di aria non riciclata. Meglio delle cordiali avance. “Lui è vulcaniano. Sì, molto. Sa davvero come comportarsi.” Non gli occorre autocontrollo, pensò, più probabile credere che il loro legame fosse un errore. Faceva male. Un male infernale. La sua stessa mente rimaneva paralizzata a questa eventualità… ma più passava il tempo e più realizzava che era la conclusione più ovvia: si erano sbagliati.
L’anziano lo guardò. “Lei soffre.”
Jim invece puntò gli occhi al pavimento. “Ambasciatore.”
Questi continuò come se non avesse parlato. “E’ così giovane… un’anima che potrebbe essere così a pezzi… che splende. E lei, ripeto, lo fa. Per la sua nave e il suo compagno. La sua luce è per loro. Ma lei non da importanza a questa. La lascia lì, preda di chiunque, come se fosse di scarso valore. Si sta infliggendo una pena di cui non ha colpa.”
Jim osservò il paesaggio florido e pulito oltre la grande vetrata. Un mondo.
“Signore… questo pianeta… tutti i suoi cittadini possiedono una dote particolare, giusto?”
“Sì.”
“Quanti telepati ci sono?”
“Molti.”
Jim sospirò. “Bene.”
Lì fuori, vicino a lui, c’era il vero T’hy’la di Spock. Forse addirittura alla porta accanto. Forse era Tigunk, l’assistente alato dell’Ambasciatore! Ma sarebbe stato troppo bello e Jim era stanco di illudersi.
“Non avevo finito.” Proclamò il kneiniano.
“Mi scusi. Prosegua.” Si leccò il labbro, cercando di prestare attenzione.
“Il Signor Spock.” Perché era così interessato? “Lui è un’eccellente mente. Pura logica.”
L’istinto ebbe la meglio, così come il suo amore “No. Spock è molto di più di un’eccellente mente logica. Lo prenderebbe come il più grande complimento, ma… non è solo questo. Lui… lui è… è come se avesse costruito e posizionato le stelle perché io potessi seguirle.” L’uno affianco all’altro… scosse la testa. “Mi perdoni. Sciocchi pensieri, Ambasciatore. Noi umani ne siamo pieni.” Sorrise cercando di far cadere l’argomento.
“E il suo compagno lo sa di averle costruito le stelle?”
“No, non credo. Non mi prende sul serio quando dico questo tipo di cose. Dice che sono illogico e continua con un resoconto dettagliato sul come si siano formate realmente.”
“Questo la ferisce.”
Solo finché avrebbe continuato a vedere Spock bloccato con lui in un’unione che non voleva davvero.
“Le cose possono sempre migliorare, Ambasciatore. Sono sicuro che Knein V nasconde piacevoli sorprese.”
L’anziano fece combaciare indice e medio, strusciandone assieme i polpastrelli. Jim non aveva la minima idea del significato. Il problema base di quando incontri altri esseri viventi è questo: hanno una cultura di cui difficilmente riesce ad assimilare tutto, ma giusto l’indispensabile per non rischiare di offendere un intero pianeta a tempo record. Esempio: prima che Spock glielo dicesse, lui non sapeva che i vulcaniani baciassero con le dita… ancora doveva capire un po’ come funzionava, perché detta così sembrava che Spock limonasse continuamente con il computer di bordo della sua postazione. No, perché questo voleva dire che Spock aveva più contatto fisico con qualcuno che non con lui. E che questo qualcuno potesse essere la sua nave un poco lo destabilizzava. Il vulcaniano non era più tornato sull’argomento. Come dicevamo: esempio. Detto. Lui e Spock non si erano mai baciati in quel modo. E il bel moro gli aveva chiaramente detto che poteva anche rispondere a un bacio umano, ma che per lui non significava poi molto. Così, Jim smise di cercare quelle labbra e Spock si era sempre dimostrato “non interessato” a un bacio vulcaniano. Quindi sì, esempio. Per i kneiniani cosa voleva dire?
“E’ la stagione del nelipo.” Mostrò una pallina bianca.
Jim annusò l’aria che passava dalle finestre aperte dal leggero vento fresco e si accorse di molte palline bianche, una gli passò vicino al naso e lui starnutì.
Sarebbe riuscito a trovare un pianeta dove non c’era qualcosa a cui fosse allergico? Questo era meglio non metterlo nel Diario del Capitano…
 
 
 
Jim aveva atteso Spock per tornare insieme. La faccia del vulcaniano tradiva il suo auto-controllo, rivelando chiaramente il disappunto per il suo comportamento, come se non volesse far vedere che lo conosceva… era un pensiero stupido, perché il pianeta stesso sapeva chi fossero… e forse era proprio questo a dar fastidio a Spock. E che Zeus lo fulmini a lui e al suo “Capitano, i vulcaniani non s’infastidiscono”. Ma di farsi vedere con Dluonno oh, questo evidentemente gli andava più che bene!
All’inizio, Bones e Jim stesso pensavano che Spock nonostante la sua logica, avrebbe avuto difficoltà a gestire il lato espansivo di Jim, col suo fare tattile – era risaputo il territorialismo dei vulcaniani… invece Jim, adesso, si ritrovava sul punto di fare una scenata di gelosia al suo Primo Ufficiale. Però doveva resistere. Non si sarebbe abbassato a questo, era un dannato Capitano!
Non era particolarmente tardi e il giorno dopo non avevano i turni Alpha, così Jim aveva pensato fosse perfetto proporre una partita a scacchi nei propri alloggi. Spock aveva assottigliato le labbra e sospirato silenziosamente, come a dire “devo proprio?”. Per fortuna, Spock aveva ancora un poco di buon senso e attese di essere soli nella cabina di Kirk. E, come sempre, il Capitano si premurò di rendere la zona più calda per il compagno.
“Jim. La missione non è conclusa.” Disse, ricordandogli le sue parole.
“Lo so, Spock. Voglio solo giocare a scacchi.” Suonava a metà tra l’arrabbiato e il supplichevole.
“Pensavo che eravamo d’accordo nel rimandare il tutto.”
Jim strinse i pugni. “Sì, esatto. Ma dannazione, Spock, ti sto solo chiedendo una maledetta partita a scacchi! Quante ne abbiamo fatte? E ti prego, so che le hai contate, quindi sai già che la risposta è tante! E anche di più! Desidero passare del tempo con te. Cosa c’è, non sopporti più la mia presenza neanche per una partita a scacchi?”
“Al momento non trovo logica la tua proposta, tutto qui.”
Jim si poggiò alla parete. “Ti rendi conto che passiamo meno tempo assieme da quando abbiamo legato, rispetto a quando ancora non sapevamo di essere compagni? Dio, Spock, mi manchi…” lo guardò con uno sguardo triste, sperava solo che non capisse quando fosse disperato. “Io non ti manco almeno un po’?”
Spock lo squadrò. “Come può mancare qualcosa che non si ha, Jim?”
Jim si coprì la faccia con le mani, tremando, prese dei profondi respiri cercando di non far scappare il suo cuore dalla bocca mentre parlava. Osservò l’altro. “Non credo di essere pronto per questo discorso…”
“L’abuso di alcool porta a decisioni irrazionali di cui ti pentirai al cento punto venti percento.” Sputò.
“Oh, ti prego. Non puoi usare quella carta! Sai perfettamente che non tocco niente da più di un anno. Letteralmente.” Agitò una mano. Non poteva credere che Spock usasse un colpo così basso.
“Credi davvero?” Alzò un sopracciglio Spock.
Jim passò in rassegna gli eventi: da quando aveva capito di amare Spock aveva perso interesse per chiunque altro, dedicandosi totalmente alla nave e alla conquista del bel vulcaniano, non concedendosi neanche il bicchierino della staffa con Bones come era solito fare dai tempi dell’Accademia. Jim aveva attenzioni solo per l’Enterprise e il suo compagno… ma non era possibile che Spock fosse geloso. Jim avvertiva il mal di testa tornare più forte.
“Spock… io… non so a cosa ti riferisci. Non bevo alcun tipo di alcolico… e non ho fatto sesso con nessuno.” Avrebbe avanzato di nuovo la proposta della fusione per convincere Spock della propria verità? No, non era così stupido. “Sai che non ti tradirei mai…” sussurrò, “come potrei?”
Spock fece un passo avanti e Jim sperò inutilmente in una carezza. Invece, quelle mani andarono dietro la rigida schiena e gli occhi di cioccolato erano come lastre di acciaio “Immagino… che quando si è predisposti, non è una colpa. Forse hai ragione, nel non sentire rimorso, se dal tuo punto di vista non hai commesso errori…”
Jim rimase impietrito. “Cosa? Io- Spock! Io non ti ho tradito! Ti giuro. Non lo farei mai!” Ripensò al momento in cui hanno incontrato i kneiniani, “sei arrabbiato che l’Ambasciatore Xobillty mi ha preso la mano? Non l’ho baciato! Non era mia intenzione!”
“Non ho interesse sull’accaduto. Tuttavia, è solo l’ultimo dei tanti.”
Jim non capiva. Non capiva davvero. Sì, vero, Spock lo ignorava e rifiutava da mesi, non poteva essere qualcosa che Jim aveva fatto su Knein V nelle ultime ore, era qualcosa accaduto tempo prima. Ma la testa faceva così male che Kirk riusciva a pensare a stento.
“Intendi dire che… per i costumi vulcaniani… io ti ho tradito?” La voce vibrò di paura, così come la sua anima. La sentiva, era spaventata. E il Katra di Spock la fissava impassibile mentre moriva. “Spock, aiutami a capire! Dammi modo di comprendere dove ho sbagliato! E quando!”
“Sarebbe inutile, Jim. Inutile.” Negò con tono fermo. “Tu non sei predisposto per comprendere.”
“Come? Io di credo. Mi fido di te con la mia vita! Con la mia anima! Con il mio tutto!”
“La tua anima…” biascicò ruvido Spock, “sai che gli abitanti di Knein V nascono con doti particolari? Tutti loro. Davvero affascinante.”
Jim cercò di seguire il ragionamento, col timore di dove volesse andare a parare. “Sì, lo so.” “E sai anche…” continuò Spock, “che non tutti li manifestano naturalmente? Alcuni possono avere difficoltà, qui hanno creato una sostanza liquida che è iniettata per endovena e poi si procede con il percorso e i test al fine di aiutare il potere a manifestarsi.” Adesso Jim si sentiva seriamente preso in giro… gli abitanti di un intero pienata avevano la possibilità di ottenere questo non solo nascendoci già ma anche tramite i progressi della medicina… la testa martellava sempre più intensamente.
“E scommetto che queste informazioni te le ha riferite lo scienziato.”
“Lo Xenobiologo Dluonno.” Lo corresse prontamente.
Jim non aveva dimenticato quel nome, Spock aveva molta memoria, ma anche il Capitano non scherzava. Quasi Jim era portato a pensare che Spock non avesse ancora digerito la storia della Kobayashi Maru…
“Hai trovato un compagno di giochi con cui giocare al piccolo chimico, Spock?” Buttò lì, scegliendo volutamente ogni termine.
Il vulcaniano alzò un sopracciglio. “Non ho mai giocato al piccolo chimico, Jim. Però, se ho capito bene cosa intendi… devo dire che sì, la compagnia del Signor Dluonno è… oltremodo piacevole.”
Forse poteva iniziare a sbattere la testa contro la paratia della nave: “Se è così delizioso, allora vale la pena di incontrarlo, immagino.”
“No Jim, tu non lo incontrerai. Sarebbe troppo rischioso.”
“Perché?”
“Non vorrei che gli saltassi addosso.” Sussurro minaccioso, con uno sguardo tagliente. “Per non parlare delle ripercussioni che una cosa del genere avrebbe sugli accordi interplanetari tra Knein V e il resto della Federazione.”
Le prime parole dirette di Spock da sette mesi. Ed erano per accusare Jim di non essergli fedele.
“Tranquillo, Spock. Non sono così stronzo da provarci con i fidanzati dei miei amici.”
“Non siamo amici.”
“Lo so, Déi, lo so!” Batté un pugno al muro, “a fine missione dobbiamo davvero fare qualcosa per questa situazione, Spock, perché io non ce la faccio più.”
“Tre giorni, come avevamo stabilito. Ora vado a meditare nei miei alloggi.”
Uscì senza aggiungere altro e Jim si chiese se sarebbe finito come Orlando, con Bones che andava sulla luna per recuperare la sua ragione.
 
 
 
Il Capitano Kirk ha un grande potenziale empatico. Non mi stupirei di scoprire che nel suo DNA ci sia materiale mutante come noi kneiniani.”
Bones continuava a ripensare alle parole del Dottor Atna e di altri medici del dipartimento che sembravano tutti molto interessati a Jim. Okay, non era una novità che il Capitano dell’Enterprise per un motivo o un altro focalizzasse l’attenzione con risvolti positivi o negativi a seconda dei casi, ma di certo non passava inosservato. E adesso questa storia del potenziale empatico… davvero Jim poteva avere del materiale genetico che se svegliato, gli avrebbe fatto affiorare questo tipo di poteri? Per quanto simili, umani e kneiniani erano diversi, soprattutto sul fronte microscopico come il mondo delle cellule. Che Kirk fosse l’unico umano compatibile? Beh, conoscendo Jim era probabile… che tutto si sarebbe risolto in catastrofe, per poi salvarsi per il rotto della cuffia. Ma questa volta rischiava grosso.
Leonard era nell’infermeria dell’Enterprise, il ricevimento concluso da diverse ore e lui non riusciva a dormire, la Chapel fu comprensiva e non disse nulla su quanto fosse importante che riposasse… Leonard fissava le schede mediche di Jim confrontandole con quelle standard kneiniane... se davvero avesse funzionato, se Jim fosse stato compatibile, avrebbe ottenuto quel qualcosa che sentiva mancargli per poter stare con Spock. Sapeva che non si sentiva completo e adatto per l’ottuso vulcaniano, ma era questa la soluzione? Doveva dirglielo in qualità di suo medico o tacere in quanto amico? Leonard temeva che, nello scoprire di quest’opportunità, Jim non ci avrebbe pensato due volte a mettere a rischio tutto, pur di essere il T’hy’la di Spock, nonostante provasse ad auto-convincersi che non lo era, segretamente lo sperava, a tal punto che i sogni erano diventati incubi che lo perseguitavano ogni istante.
Leonard sostituì nella propria mente le parole di Atna con quelle del Giuramento di Ippocrate, cercando di capire cosa fare.
 
 
 

 
Fine prima parte-
Data aggiornamento: mercoledì 21
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Star Trek / Vai alla pagina dell'autore: xla