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Autore: Ino chan    15/06/2017    9 recensioni
"Quando lui mi ha trovato, c’erano ormai poche possibilità di sopravvivenza. La mia mamma era sparita, da un giorno all’altro, non era più tornata e uno ad uno, i miei fratelli, avevano fatto la stessa fine. Ogni tanto un rumore forte, qualcuno che imprecava e poi più nulla. Ho scoperto solo molto tempo dopo l’esistenza delle automobili e che fanno a noi cani. Per me erano spariti e basta, ingoiati dal nulla che per me c’era oltre il bordo della scatola nella quale ero nato. "
Questa è la storia di un cagnolino, e dell'amore smisurato per il suo padrone.
[Vicchan] [Makkachin] [Victuuri]
Genere: Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando lui mi ha trovato, c’erano ormai poche possibilità di sopravvivenza. La mia mamma era sparita, da un giorno all’altro, non era più tornata e uno ad uno, i miei fratelli, avevano fatto la stessa fine. Ogni tanto un rumore forte, qualcuno che imprecava e poi più nulla. Ho scoperto  solo molto tempo dopo l’esistenza delle automobili e che fanno a noi cani. Per me erano spariti e basta, ingoiati dal nulla che per me c’era oltre il bordo della scatola nella quale ero nato.
Quando lui mi ha trovato, mi ha sorriso. Ho capito subito che era piccolo come me. Un cucciolo di un’altra specie, che mi ha preso da sotto le zampe anteriori e mi ha sollevato, mostrandomi il cielo e l’erba. Mi ha detto di chiamarsi Yuuri, e so già che non lo dimenticherò mai.  Mi ha infilato sotto la giacca per proteggermi dal fretto e ho sentito il suo cuore battere. Mi sono accoccolato contro di lui, come quando era la mia mamma a scaldarmi e quando ho riaperto gli occhi ho conosciuto quella che sarebbe stata la mia nuova casa.
Il mio nuovo branco è gentile con me. Mamma Hiroko mi allunga sempre dei bocconcini sotto al tavolo quando mi avvicino alle sue zampe e Papà Toshia mi fa accomodare su di lui mentre guarda quella cosa che lui chiama giornale. Non capisco cosa ci trovi di divertente, le figure non si muovono come nella scatola parlante che la sorellina Mari guarda sempre.  Yuuri non sta spesso a casa purtroppo. Dice che ha da fare, ma io ci provo sempre a rincorrerlo fino a davanti alla porta di casa e a mordergli quelle cose che gli coprono le zampe. Ah, pantaloni! Dice che si chiamano pantaloni. Non vuole che glie li rovini.
Quando torna a casa mi spiega  che il suo sogno è di diventare come un certo Victor Nonsocosa. Guardo il pezzo di carta che mi mostra, il ragazzo abbracciato ad un altro cane, e lo vedo sorridere. Mi piace quando sorride, così scodinzolo contento. -Per questo devo allenarmi tanto, Vicchan!- io gli dico che  non ha bisogno di imitare nessuno, che secondo me è perfetto così com’è,  ma purtroppo non riesce a capirmi. Mi prende in braccio e mi fa sedere su di lui mentre preme il suo tartufo contro il mio.
Passano gli anni, e Yuuri non ha smesso un secondo di cercare di raggiungere Victor. Ogni sera torna a casa sfinito, con le zampe  che puzzano di sangue,  è considerato bravo, ma dice di non esserlo abbastanza per gareggiare contro di lui. Io mi arrabbio con questo Victor, e penso che dev’essere una persona davvero antipatica e spocchiosa se fa sentire così il mio Yuuri. Distruggo tutte le sue foto che mi capitano a tiro fino a quando Yuuri non mi prende in braccio e mi chiede che mi sia preso.
-
Mi prende che non  devi assomigliare ad uno che non hai mai visto! Devi essere tu e basta!- purtroppo ancora non mi capisce e cerco di mordere anche lui allora, mentre mi appoggia sul suo letto, e sale accanto a me. Odio questo Victor Nikiforov. Lo odio.
Yuuri se n’è andato da due giorni e io non so che fare della mia vita. Mi hanno detto che tornerà presto, ma so che è una bugia. La sua stanza è vuota. Il suo odore non si sente quasi più. Ululo disperato e Mari corre ad abbracciarmi. Mi dice che non devo aver paura, che lei è ancora con me. Mi accoccolo contro il suo petto. Perché è andato via? Io non gli bastavo? Mari mi accarezza la testa e mi permette di dormire con lei. Mi dice che andrà tutto bene e che Yuuri tornerà presto.
Non le credo, ma mi piace sentirglielo dire.
Yuuri sembra triste alla scatola parlante con i tasti di Mari. Avvicino il muso alla sua faccia, vorrei sentire il suo odore, ma il vetro ci separa. Yuuri sorride, ma il suo non è un sorriso felice. A quanto pare le gare non stanno andando bene. Mari prova a incoraggiarlo, ma lui scrolla la testa. -Magari dovrei smetterla e far valere la mia laurea.-  Mari batte i pugni sul letto e dice che se lo farà, non deve azzardarsi a tornare a casa -Il tuo sogno è scontrarti con Victor Nikiforov, e finalmente puoi farlo!-
Yuuri chiude la comunicazione di colpo e Mari scende dal letto con un salto.
Passano i giorni e io sto sempre peggio. Sono vecchio ormai, e gli occhi ormai faticano a stare aperti. Sento qualcuno che mi chiama, è la mia mamma? Possibile. Oltre un ponte fatto di arcobaleno, la vedo, è lì che mi aspetta assieme a tutti i miei fratelli.  Scendo dal letto di Yuuri e corro da lei, nonostante le grida di Mari e il suo pianto disperato. Sono a metà fra il cielo e la terra quando sento di nuovo piangere. È tutto lontano e bello qui, ma quella voce la riconoscerei fra mille. È Yuuri. E’ il mio Yuuri. Sta piangendo raggomitolato in un cubicolo, la testa fra le mani. Non posso lasciarlo solo. Torno indietro, mi tuffo di nuovo sulla terra, anche se lui non può vedermi e io non posso toccarlo, siamo di nuovo assieme.
E’ triste. Per la mia morte. Per il suo fallimento. Beve e beve tanto. Io lo guardo, vorrei spingerlo, fargli cadere di mano il bicchiere. Riconosco quel liquido, e so che gli fa male berne così tanto. Diventa un po’ stupido. C’è chi lo prende in giro, ringhio nella loro direzione, ma non possono sentirmi. Una persona però lo guarda con dolcezza, sono sorpreso quando mi rendo conto che  è Victor.  Gli mordo le caviglie, gli urlo che è tutta colpa sua se il mio Yuuri, per tutta la vita, non si è sentito adatto a pattinare anche se è molto bravo. Non mi sente, non mi vede, la frustrazione mi ribolle in testa, fino a quando non lo sento sussurrare -E’ molto bravo, ma credo che sia l’ansia che lo frega ogni volta.-
-
Vediamo se si scalda che combina allora?- Guardo Victor e il suo amico, che vogliono fare al mio Yuuri? Provo a trattenerli prendendoli per i pantaloni, ma le mie fauci schioccano sul nulla.  Li inseguo e guardo che succede in preda all’ansia. Stanno…Ballando? Yuuri sembra divertirsi, e io scodinzolo contento. È felice.  Spingo Victor con la testa e stavolta lui sembra sentirmi, fa un passo in avanti senza rendersene conto, e Yuuri gli piomba fra le braccia. Si guardano per un momento, prima di iniziare a muoversi assieme. Victor sorride e Yuuri gli sorride a sua volta. Sono contento, è questo che per tutta la vita Yuuri ha voluto.
 Makkachin, il cane di Victor, sembra me, ma solo più grande. Lui può vedermi, ed è lui a spiegarmi che Victor non è affatto cattivo e antipatico come pensavo, ma che anzi è un gran bravo ragazzo. –Si sente tanto solo, ma penso che, da quando ha conosciuto Yuuri, qualcosa sia cambiato.-   anche io lo penso, sembrano felici, brillano. Sono contento. Magari ora potrò riposare. Makkachin è vecchio , più vecchio di me, dice che anche lui, tra non molto, percorrerà il ponte oltre il quale mi aspetta la mamma, ma prima deve essere certo che Victor stia bene e che sia felice. Non può permettersi di andare via un momento prima. Anche a me sarebbe piaciuto restare ancora un po’, ma la vita è così, un momento ci sei, e un momento dopo, sei oltre, lontano, e non so se tutti hanno la forza di quello che ho fatto io. Restare, guardare la persona che più si ama al mondo cadere e rialzarsi, vegliare sulla sua vita nella speranza che sia felice.
Yuuri pensa ancora a me, ha la mia foto sul telefono,e la guarda spesso. A Victor ha raccontato del nostro incontro, del tempo che abbiamo passato assieme, e poi ha pianto. Lui gli ha baciato le lacrime e gli ha chiesto se magari gli avrebbe fatto piacere avere un altro cucciolo. A me è parsa una buona idea, ma Yuuri ha rifiutato categoricamente. Io sono il suo cane, e basta.
Sono passati molti anni, Makkachin un bel giorno di primavera non si è più svegliato, Victor ha pianto tanto aggrappato al suo corpo, ma Yuuri è riuscito a risollevarlo.  Anche io devo andare, anche se non voglio. Sfioro la mano di Yuuri, vorrei poterti toccare ancora, padroncino. Potermi accoccolare fra le tue braccia e dormire con te come facevo quando eravamo entrambi cuccioli. Il ponte mi chiama, Makkachin corre felice davanti a me, è di nuovo in forze, io lo seguo tristemente. Lui non ha rimpianti. Io sì.
Mi giro ancora a guardare quello che sto lasciando indietro, ed è in quel momento che scivolo e cado. Makkachin mi guarda, mi dice che ci rivedremo presto. I cani non muoiono mai davvero, non lasciano mai chi hanno amato, e entrano in ogni vita, fino a quando il loro umano è sulla terra, per poi andarsene insieme verso quella porta nel cielo.  Quando apro gli occhi sono in una scatola, il mondo è di nuovo piccolo e buio, come quando sono nato la prima volta. Qualcuno mi mostra il cielo, un rettangolo di azzurro terso, e poi due mani calde , che conosco, mi afferrano e mi sollevano. Yuuri? Sei davvero tu?
-
Victor qui ce n’è un altro!- esclama girandosi. Victor si avvicina, ha un cagnolino fra le braccia, avvolto nella sciarpa, e ficcato nella giacca - Chissà chi li ha abbandonati con questo freddo.-
Io guardo Yuuri mentre mi infila nella sua giacca e mi stringe a sé. Sto piangendo mentre lui mi sussurra che va tutto bene, che non devo aver paura di lui. - Adesso vieni a casa con me. Non ti preoccupare!-
Sento una voce che conosco provenire dal giaccone di Victor. Il cagnolino fra le sue braccia spunta con la testolina e mi guarda , riconosco questa voce, è Makkachin! - Che ti avevo detto che non c’era nulla di preoccuparsi?- mi fa. Io scodinzolo felice. Perché è vero. Sarò sempre con il mio Yuuri, qualsiasi cosa accada, anche se lui non lo saprà mai, anche se continuerà a pensare a me con rimpianto e dolore, io sarò al suo fianco, poi giorno, quando potremo capirci, gli dirò  che non l’ho mai abbandonato.
-Sono sempre stato vicino a te, padroncino mio. Anche quando non potevi vedermi, anche quando non sapevi chi fossi. Sono sempre stato con te. -


Se vi fa, fatemi sapere che ve ne pare.
Ho anche una storia dal punto di vista della gatta di Chris :D Vi piacerebbe leggerla?

 

   
 
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