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Autore: Ale_Art    16/06/2017    0 recensioni
Torno a scrivere dopo tantissimo tempo, e non sono sicura ricapiterà ancora molto presto, ma questa storia è nata così, al'improvviso, in un lapsus di inspirazione pre-esami e l'ho voluta pubblicare nell'unico posto in cui mi sono sempre rifugiata nei momenti di massima tensione. E' piccola, probabilmente scritta male, e in realtà incompleta, ma se vi interessa e volete un continuo potrei lasciarmi ispirare dalle vostre recensioni. Grazie per la vostra attenzione, e che dire, godetevi questa piccola storia/introduzione.
Genere: Slice of life, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'era un ragazzo, moro, con gli occhi scuri, penetranti; si rollava una sigaretta. Un sorriso sghembo, il rumore dell'accendino. E lo sguardo puntato qualche metro più in là su una panchina. C'era una ragazza, capelli rosso fuoco e occhi verdissimi, jeans strappati maglietta bianca con una volpe sul taschino e delle converse piene di polvere e buchi. Era seduta sulla panchina al contrario, con le gambe in aria e la testa sulla seduta e leggeva un libro. Non si era resa conto dei mille occhi puntati su di lei, quelli di tutto il parco, e continuava a leggere ignara. Prima boccata, cambia pagina. Seconda boccata, cambia un'altra pagina. Lo stava divorando quel libro, come suo solito. Si avvicina, lento, felpato. Le ruba il libro dalle mani, prima ancora che lei si accorga dell'ombra proiettata sul suo viso, fino a quel momento illuminato dal tiepido sole pomeridiano. Prima ancora di esclamare "ehi!".
-Mmmh, sembra interessante. Di che parla?-
-Ti hanno mai detto che sei maleducato? Ridammi il libro. Se ti interessa cosi tanto lo vai a comprare.-
Sorride di nuovo. Sempre combattiva. Cocciuta. E fiera. Le porge il libro, e lei glielo strappa dalle mani, per poi voltarsi in cerca delle sue cose.
Non fa un centimetro che le sue braccia la avvolgono e la stringono a sé. Aggressivo, prepotente. Tipico di lui. La sigaretta ormai finita per terra e le sue mani incrociate sulla sua pancia con le dita a sfiorarle i fianchi scoperti, per le pieghe di una maglietta troppo corta. Respira l'aria in cerca del profumo di fresco che lei aveva sempre emanato.
-Lasciami.- la voce​ dura, tagliente, autoritaria.
-Cosa ci fai qui Layla?-
-Non ho ancora visto targhette in ottone con su scritto il tuo nome, quindi deduco che questo parco sia ancora di libero accesso per tutti i cittadini.-
Accenna un ghigno. Testarda.
Le sue mani pallide sono strette attorno al libro che tiene incollato al petto. Ma lo strattone che arriva lo convince a lasciare la presa seppure di poco.
-Lasciami.-
La libera il tanto che basta per illuderla, per farle tirare un sospiro. Ingenua. La sua mano si allunga e le afferra il polso trascinandola verso di lui contro un albero lì a fianco. Una stretta ferrea. Il libro affianco alla sigaretta ormai spenta.
-Cosa ci fai qui, Layla?-
Il modo in cui assapora ogni lettera del suo nome le ricorda il leccarsi i baffi del lupo cattivo nel momento in cui una sprovveduta Cappuccetto Rosso bussa alla porta della casa della sua nonnina.
"Non cedere, Layla"
-Ho tutto il diritto di essere qui e le ragioni non ti riguardano.-
Un nuovo ghigno, un passo nella sua direzione. La distanza tra i loro corpi che si accorcia. Una mano a sfiorarle il viso, e una ciocca di capelli che vengono spostati dietro il suo orecchio.
-Sempre la risposta pronta.-
-Sempre la solita arroganza.-
Ormai è attaccato a lei, sente il suo seno, contro il suo petto, che si alza in un ritmo che tradisce una certa tensione. Poggia il viso nell'incavo del suo collo e sente tutta quella tensione accumulata nei suoi muscoli irrigiditi. Sente il fastidio e il battito ormai galoppante di lei. Le stesse sensazioni, per motivi diversi, vissute qualche tempo prima. Ora però lei non sta gridando a bocca aperta invocando il suo nome, come se fosse quello di un dio potente e temibile. Ora la sua bocca è contratta, le labbra sottili sono irrigidite per non tradire il più lieve sospiro.
"Non farti manipolare Layla"
-Lasciami, il mio ragazzo sta arrivando.-
Lui stringe la presa per un nanosecondo e poi la lascia, allontanandosi di qualche centimetro, per darle modo di riprendere fiato. Prima però la sua bocca raggiunge il suo orecchio scoperto.
-Bugiarda.-
Si allontana. E lei se ne va. Prima lentamente, poi con passi sempre più svelti.
-Domani, alle quattro, sempre qui.-
Fa finta di non sentirlo. Vuole solo tornare a casa Layla.
Tutto questo perché, qualche tempo prima, aveva deciso di andarci a letto. Era curiosa di quello che lui nascondeva. Voleva provare, voleva scoprirlo. 
Certo era stata la sua prima volta, ma Layla non gli aveva promesso nulla. La sua era solo curiosità. Era sempre stata curiosa fin da bambina. La prima volta che aveva provato a fumare aveva 10 anni e aveva scoperto che le faceva schifo. Quel retrogusto di tabacco che le si bloccava nella gola, le aveva fatto venire la nausea per giorni. Ma Layla lo faceva per pura e semplice curiosità, mica per moda, o per sembrare più grande, o addirittura per farsi notare dagli altri. Per lei gli altri non erano altro che un fenomeno da analizzare, da scoprire, ma nulla di più. E anche il sesso, per lei non era altro che un nuovo fenomeno da capire. Era ingenua curiosità nata e alimentata dai racconti di coetanee troppo poco caste e riservate. Aveva ascoltato i discorsi di chi prima di lei era entrato in questo nuovo stadio della vita e aveva deciso che anche lei avrebbe avuto i suoi dati su cui basarsi. Non per farne un vanto, come quelle oche giulive, no. Per semplice accrescimento personale. Per cultura. Sua mamma avrebbe detto "per scopi accademici". Quasi buffa come cosa. Pensare a sua mamma e al sesso insieme. Eppure la strada che aveva deciso di intraprendere allora, adesso la faceva sentire come un gatto rosso in un canile. Era spaesata e confusa, e in balia di cose che​ non capiva, perché non aveva dati su cui creare una sua teoria. Non aveva nulla. Sapeva solo che questa sensazione, di insicurezza, non l'aveva mai provata prima e non le piaceva per nulla. Il suo quinto senso e mezzo vibrava, il che non aveva mai portato a nulla di buono.
  
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