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Autore: Amaya Lee    16/06/2017    1 recensioni
Bill si domanda come si può amare un caso del genere. Se lo domanda, si arrovella, cade e ricade nella stessa incognita. L'unica vera incognita, oserebbe dire. Un piccolo vizio umano che si concede.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bill Cipher, Dipper Pines
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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NA: In qualità di prima fic che pubblico in questa sezione non è un granché. E lo so che siete praticamente tutti morti, emigrati, lontani anni luce da qui e probabilmente neanche tanto interessati alla billdip, ma Gravity Falls e tutto il multiverso che racconta ancora mi appassionano e non mi aspetto di lasciarli a breve. Anche perché io le storie a rating verde le so scrivere fin lì, per mordicchiare i personaggi, tastarne i contorni. Poi si vedrà. 
Ah, naturalmente ero tentata di mettere l'avviso "Triangolo" per ragioni assolutamene inadeguate secondo le regole del sito. Adoro questa cosa. Vedrò di mettermi all'opera per aggirare il sistema. Nel frattempo, grazie a tutti coloro che leggeranno!

 
 
Geometria della Realisticità di un'Illusione Indotta da Infatuazione Spontanea: I Stadio



Bill direbbe di essersi preso una specie di vacanza. 
Quaggiù, nel suo luogo d'impostura eterna e mai ultimata per crudele volere di un lieto fine, Il buio si avviluppa alle sue dita come una raffinata collezione di anelli da signore d'abbene, si insinua come ombre multiformi tra le sue ciglia e le sopracciglia folte aggrottate velenosamente, e il sacchetto di carne e acqua incastonato nella sinistra delle due profonde incavature perlustra nevrotico la quiete. Il suo cranio sembra scoppiare per la coltre di suono statico che contiene da cinque lunghissimi anni separandolo dalla realtà e il suo corpo pare impalato in un manico di scopa, immobile, come di pietra, eppure quel tipo di tempo non dovrebbe essere che un trascurabile inconveniente, se la creatura, la più meravigliosa, come dice, avesse conservato la sua identità. Ma ora, ora non è che un recipiente impressionantemente piccolo per qualcosa che è stato schiacciato dalla gravità nell'ultimo angolo di mondo in cui cercheresti il Diavolo. E come se abituarsi al disgustoso materiale organico del singolo occhio radicato nel suo cranio non bastasse, Bill non si è mai sentito tanto vecchio, e non comprende.
Essere antico non c'entra assolutamente con la stanca morbidezza che sente strisciare nelle ossa (sono proprio ossa o acerbi frutti di una pavida coscienza?) dove invece l'eternità e il potere assoluto l'hanno reso... invulnerabile, per così dire; si sa com'è, in fondo, al cuor non si comanda, ma si comanda ancora meno a chi un cuore non ce l'ha. Dominava, ma ora, in un istante che non è speciale per una volta nella sua sepolcrale esistenza, cede. Proprio Bill Cipher, il conquistatore, cede e si rannicchia a terra.
Sulle sue ginocchia si posano due mani piccole e timidamente dolci come l'ondeggiare dei capi di grano nella torrida estate. L'occhio del Dio dell'oro, che tutto vede e tutto può, si riduce ad una feritoia sul suo volto triste e duro, increspato dalla prigionia. Un sorriso lo frattura e le due porte infernali esalano un respiro dopo tanto tempo. 
"Tanto per sapere, Alberello, quanto bene vai in Trigonometria ora che hai Zietto Fordy?"
Non tutto si è arrugginito, e la pungente e misteriosa retorica del demone è proprio la catalisi che serve in queste imbarazzanti situazioni. 
Dipper esita, ma poi ritrae la mano, da bravo e ragionevole smidollato. Gli occhi castani sempre gli stessi, occhi che vedono lontano e così ingenuamente poco ciò che gli sta accanto, occhi da bambino bugiardo e uomo solo. Non è invecchiato, Dipper Pines. In casi come il suo, e Bill ne ha visti di certo, si cresce, si rammenta, si ammattisce, ma non si invecchia. I bambini restano bambini, i relitti rimangono relitti e mai, mai dimenticano che non nascere affatto sarebbe stato preferibile. Bill si domanda come si può amare un caso del genere. Se lo domanda, si arrovella, cade e ricade nella stessa incognita. L'unica vera incognita, oserebbe dire. Un piccolo vizio umano che si concede.
Si tratta pur sempre di Dipper, il ragazzo delle domande. 
"Mi sa che ti sono mancato." 
Dunque gli occhi di Dipper sono in grado di piangere. Ne ha due. Bill non ha mai fatto caso a questo dettaglio di straordinaria rilevanza scientifica. Uno la perfetta replica dell'altro, vi si specchiano le infinità, dimensioni che Bill non conosce, sprazzi isolati di brutalità offensiva, e innocenza, tanta caina innocenza. Sarà che il pianto non ha mai divertito il demone più di una certa misura, lui vuole abbandonarsi, violare, parlare. Parlargli, discorrere, rispondergli a manetta come se non esistessero altre possibili interazioni tra due creature dall'aspetto umano. 
Ha indubbiamente perso la testa. Hanno entrambi perso la testa. Soltanto un attimo fa avrebbe reso il massacro di Dipper Pines ciò che gli umani chiamano un capolavoro d'arte moderna. Non aveva alcun problema a considerarsi un artista: è sanguinario e presuntuoso quanto basta, l'ambizione non è certo ciò ce manca ai suoi progetti. Rimane sullo sfondo quell'indefinibile senso di odio per se stesso. Dipper invece ha un suono singolare. Mason Pines. Pine Tree. Dipper è il più curioso dei nomi, ma di cose curiose Bill se ne intende, perciò meglio prendere alla lettera le sue impressioni. E il suo ricordo di Dipper è che l'avrebbe incenerito fino a scovarne le bianche ossa con le fiamme dell'inferno, perché Bill non usava fare prigionieri, non aveva a cuore la schiavitù di deboli membra fisiche. Chissà se avrebbe pensato lo stesso se Dipper fosse appartenuto ad una specie diversa; una specie meno caduca, che perdurasse, più resistente all'urto, alla lama e al fuoco, più indipendente dall'ossigeno, sempre più. Più come un mostro. Più come Lui. Probabilmente nemmeno allora l'avrebbe risparmiato. E ciò faceva di Bill un povero conquistatore, uno privo di bauli d'oro e ricchezze di cui annoiarsi atrocemente dopo essersene beato.
Bill non desiderava che raggiungere il perfetto attimo di equilibrio prima di divorarsi, così la fine sarebbe giunta per suo volere soltanto. E non è forse questo ciò che rende un dio ciò che è?
Dipper non riesce a spiaccicare una parola. Lo guarda, quasi avesse visto risvegliarsi dagli abissi dei suoi incubi la piramide-palazzo che fluttuava nel cielo cinereo di tanti anni fa, si tortura le cuticole delle mani e non parla neppure se Bill lo scuote e lo stringe. Non è disperazione, solo tanta desolazione e Bill non può sentirsi solo per un minuto di più. Nessun mostro va lasciato solo troppo a lungo.
"Sono qui," Bill inspira con le narici, raccoglie ogni forza per avvicinare di più Dipper a sè, patetico e messo in imbarazzo dalla propria umanità. Le tenerissime mani di Dipper che scivolano dietro al suo collo per confortarlo e amarlo, l'agnello che scopre il collo per il leone, il suo odore di muschio e vecchie carte, indorano la pillola. "Sono qui. Sento la mia voce. Sento un suono galoppante nel mio petto, e una sensazione di umido ovunque, sento troppe cose insieme. Fa malissimo! Pines, che mi hai fatto! Strabiliante, un trucco niente male, niente male."
"Sei... Diverso."
"Sono lo stesso di sempre! Certo, forse assomiglio leggermente ad un insaccato."
"Eppure qualcosa... Hai qualcosa... Di curioso."
A questo punto Bill ode una risata trillare, echeggiare, fino a divenire un boato nella foresta. Si rende conto che è la sua. "Curiosare ed essere curioso è la mia specialità, Alberello."
Dipper lo squadra per un attimo, ma sembra piuttosto che gli veda attraverso. Bill solleva una mano di carne e sangue e gli accarezza una lacrima trasparente.
"Ecco. Così sento la tua pelle", dice. 
Dipper, per la prima volta, gli mostra un atto di fiducia; chiude gli occhi e vale molto più di una piramide dei desideri o di un regno costruito sulla rovina. "Bill, mi aspettano."
Inarcando un sopracciglio, Bill si avvicina ancora di più alla faccia del ragazzo, sussurrandoglli sulle labbra puerili mordicchiate fino alla carne viva. "Chi?"
"La mia famiglia. La realtà. Mabel."
"Ma io sono qui, sono diventato--"
Dipper scuote un poco la testa, come a volergli risparmiare una delusione crudele o un enorme dolore. 
Bill riflette. E ancora, gli pesa su ogni vertebra la vecchiaia di quella carne, ogni posizione gli sembra scomoda come un velo contorto in forme innaturali da ciò che copre, e pensa che è così che gli animali impagliati nella baracca di quel vecchio cialtrone identico a Sei Dita devono sentirsi tutto il tempo. Vorrebbe strapparsi quelle inutili ossicine di dosso e donarle a Dipper come si dona un mazzo di rose. La bellezza di Dipper è enigmaticaa a diciassette anni come lo era quella di Sei Dita a venti. Non durerà più di due lustri. 
Bill sorride, gli preme un bacio sulle labbra, ignora il sapore di pioggia di Dipper. Gli da un altro bacio, e continua a imbastirsi la tavola come un malcapitato a cui è stata concessa un'ultimo pasto. 
Una mano tremante gli afferra il bavero della camicia. "Okay, ora- ora basta, Bill. Hai capito tutto."
"Sì! Sì che ho capito, Pines. Volevo solo farmi impressionare un'altra volta dalla tua sfrontata ipocrisia."
"Sei soddisfatto, adesso?"
"Lo sarò quando mi libererai da questa statua. Soffro un po' la noia." Bill parla come se sapesse che e come accadrà. Non è sicuro del quando, o del dove, ma un bel giorno di sole... 
Dipper si solleva da terra e lo osserva di proposito dall'alto, anche se non è cresciuto poi tanto. Le sensazioni che Bill prova si triplicano. È Dipper ad assomigliare ad una statua di granito ora, offuscando il tiepido sole che raggiunge la loro radura, perfettamente mimetizzato con la luce naturale che si rifrange contro le sue spalle e il ciclo delle cose mentre Bill, che si lecca le labbra ed attende che l'illusione si congedi dalla sua vista, non proseguirà la sua rapsodica esistenza ancora per un po'. Ma Dipper tornerà da lui. Oppure lui tornerà da Dipper.
"Non guardarmi così... Voglio fare ancora tante cose. Voglio tutto. Stare a contatto con questa Terra mi ha reso più umano: voglio ancora più di prima. Sono diventato impaziente e pretenzioso."
Dipper lo aggiusta con uno sguardo penetrante. Bill aveva cercato di sgusciargli una mano attorno alla caviglia, ma si ritrae con aria per nulla rassegnata. "Quando sarà ora... Ritenta e forse sarai più fortunato."
"Non vedo l'ora, Alberello." Bill fa per voltarsi, ma si ferma col viso a mezz'aria e rivolge una riverenza con tanto di cappello accostato al petto al suo favorito tra gli stolti. "Svegliati presto o la mocciosa ricorrerà alle maniere forti. Sarò grato di non dover assistere."
La risata di Dipper è cristallina, ma la ragione per cui sta ancora piangendo sfugge a Bill. Quasi la arraffa. La risposta è più scaltra del Diavolo stesso, è qualcosa che Dipper non è ancora pronto a cedere ed essa cade tra la polvere, disperdendosi nella nebbia, come una meravigliosa favola in attesa del suo autore. 
  
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