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Autore: Elphie94    16/06/2017    0 recensioni
[Modern!AU] Considerato il più grandioso genio del nuovo secolo, Erik Danton vive recluso, nascondendo al mondo la ragione della sua volontaria segregazione. La sua vita cambia quando vi entra a far parte Meg Giry, una ragazza spavalda e apparentemente senza regole, che diverrà la sua nuova (quanto involuta) allieva. Tra i due non scorre buon sangue, ma nessuno, neanche Erik, può prevedere il futuro...
[Edit 2020: lievi correzioni e modifiche al testo.]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Erik/Il fantasma
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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x.


Sono impegnati nelle loro abituali conversazioni notturne — prima di andare a dormire, Meg lo chiama regolarmente per augurargli la buonanotte via Whatsapp e tutte quelle altre diavolerie tecnologiche che lo affascinano così tanto. Il mondo è pieno di possibilità ancora sconosciute, e lui vorrebbe divorarle tutte, inghiottirle per intero, ma è solo un granello di sabbia nell'universo, con una voce da far piangere gli angeli.
«Cantami la canzone di Frozen
«Dio, no.»
«Dai, Facciamo un pupazzo insieme. C'è Dany qui che vorrebbe tanto sentirla e fare la parte di Elsa.»
«Ciao, Erik!»
«Ciao, principessa. Meg, devo proprio?»
«Dany ci tiene.»
«Oh, per l'amor del cielo…»
«Dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai…»
«E va bene. Dovrò mettere da parte la mia dignità.»
Una pausa.
«Sei già sveglia oppure dormi…?»


Meg infila le sue cose nella borsa — sempre di pelle nera, con lo stemma della Harley Davidson cucito sul davanti — un po' alla rinfusa. Erik la guarda meditabondo: non è attraente — non come Christine, con i suoi boccoli biondi e i dolci occhi azzurri — eppure… Più il tempo trascorre tra lezioni di pianoforte e serate cinema (così le chiama lei), più lui la trova… non ci sono parole. Meravigliosa, forse? Sì, magari può andar bene. Si accorge di ogni dettaglio: le fossette sulle guance quando sorride, la frangia nera che le sfiora gli occhi, qualche cicatrice sul viso — residuo di una pelle tormentata dall'acne giovanile — i polsi ossuti da far paura… Gli piace guardarla, anche se non è bella. Per lui lo è più di qualsiasi altra cosa al mondo, adesso.
«É da tempo che volevo chiedertelo.» Lei si volta e gli sorride. O meglio, sogghigna, il che vuol dire che gli sta per proporre una sfida.
«Dimmi pure.»
«Suoni tanti strumenti, giusto? Ma non ti ho mai sentito suonare la chitarra elettrica.»
Ecco. Questa sarebbe una sfida da lei.
«In effetti, ora che ci penso, in certe mie composizioni ho usato la chitarra classica, mai quella elettrica.»
Meg fa un cenno eloquente con le piccole dita. «Mi faresti sentire qualcosa? Dopo il pianoforte, è il mio strumento preferito.»
«Non temi che mi monti la testa, Giry?»
Meg ride. «Più del solito?»
Le labbra di Erik — o quelle che dovrebbero essere labbra sul suo viso morto — si distendono in un sorrisetto. Tira fuori la Fender Stratocaster dalla sua apposita custodia, appartata in un angolo della sala della musica, e la sfiora con mani delicate. Meg la guarda con occhi come piattini mentre Erik comincia ad accordarla.
«Cosa vuoi sentire?»
«Mmm, vediamo… Conosci Sweet child o'mine dei Guns'n'Roses? Ecco, l'assolo. Mi piace molto.»
«Sì, la conosco. È piuttosto semplice. Non la ricordo bene, però.»
«Non ho uno spartito… Potrei cercare su Internet…» Meg già tira fuori il cellulare.
«No, aspetta. Non ce n'è bisogno.» Erik la ferma, posandole una mano sul polso con gentilezza. La giovane sussulta al tocco freddo e improvviso, e lui si ritrae subito, come sfiorato dal fuoco.
«Fammi ascoltare la canzone. Basta anche una volta sola.»
«Dici che poi sapresti riprodurre l'assolo?»
Erik sogghigna. «Mia cara, dimentichi con chi hai a che fare.»
«Sì, e col tuo ego.» Meg sorride, e dopo aver armeggiato per un po' col cellulare, gli fa ascoltare la parte interessante della canzone. Erik stringe il plettro tra due dita e comincia a suonare.
Mozart e Beethoven non mettevano la loro pazzia, la loro malattia nelle loro composizioni, nel modo in cui suonavano; Erik sì. Ci mette tutto il dolore del mondo, che si riflette nei suoi occhi d'oro rosso. È uno spettacolo sempre stupefacente.
Alla fine, Meg rimane a fissarlo a bocca aperta per qualche secondo. Ha la pelle d'oca e gli occhi fuori dalle orbite, tanto è sgomenta. Si cimenta in un applauso d'elogio che Erik accetta con un breve inchino.
«Grazie, Madamoiselle.»
«Sei straordinario, tu.» Lui sa di esserlo, ma il sentirselo dire da lei lo fa arrossire come un adolescente in crisi ormonale. È semplicemente ridicolo.
«Davvero, perfino meglio che sentir suonare Slash in persona. È…» A Meg mancano le parole. Scuote il capo e i suoi capelli diventano ancora più arruffati. «Per un vecchio, sei davvero rock.»
«Non sono vecchio
Lei ride, con la sua usuale risata bassa e rauca. «Certo che sì.»


Imbarazzante. È terribilmente imbarazzante. Non ha altro commento a proposito.
Si soffia quello che dovrebbe essere il suo naso e si limita ad ignorare il contenuto disgustoso nel fazzoletto. Terribile. Meg sta per arrivare e lui si trova in quelle condizioni. Si lava la faccia e indossa nuovamente la maschera — questa volta di un bianco porcellana immacolato. Ha diversi assortimenti di maschere, e le crea tutte lui: è un'artista anche in questo.
«Hai un aspetto spaventoso. Beh, più del solito.»
«Grazie, cara.» La fa entrare con meno cortesia dell'usuale e starnutisce in una mano.
«Dio, dimmi che non mi vomiterai addosso.»
«Perché me lo dici?»
«Hai tutta l'aria di uno che sta per farlo.»
In effetti, ha le iridi cerchiate di rosso e un'aria febbricitante. Meg gli prende una mano, delicatamente — è sempre attenta quando lo tocca, perché sa che per lui il tocco è dolore — e fa una smorfia, cogliendolo di sorpresa.
«Sei bollente.»
«Ho un po' di nausea.»
«Ti ho detto di non vomitarmi addosso.»
«É solo un semplice mal di testa.»
«No, hai la febbre. Devi metterti a letto.»
«Sono perfettamente in salute.»
«Sei perfettamente stupido.»
Meg lo prende per un braccio prima che possa cadere a terra e lo accompagna sul divano. Lui le dice dove prendere le coperte — nell'armadio del sottoscala — e il termometro, che lei gli infila in bocca malgrado le sue attive proteste. Gli si siede accanto e sussulta quando legge la temperatura del termometro.
«Trentanove e mezzo. Ma sei un disgraziato.»
Erik sospira nella coperta. Non può proprio nasconderle nulla.
«Dove sono le medicine?»
«Chiama il Daroga. Ce le ha lui.»
«Certo che quell'uomo ti fa proprio da badante, non c'è che dire. Dovresti pagarlo.»
«Credo tu abbia ragione.»
E così Erik assiste a una conversazione concitata tra il Daroga e Meg al telefono, e lui che viene a visitarlo a casa. Entrambi lo guardano come se non sapessero cosa fare.
«E adesso?»
«Non so, in vent'anni non è mai stato male.»
«Dovremmo chiamare un dottore.»
Erik scuote il capo con la forza che gli resta. È esausto, e sa che prima o poi darà di stomaco (più prima che poi, probabilmente). Preferisce farlo in assenza di Meg, però. Per quanto riguarda il Daroga… già  lo ha visto vittima della sbornia. Non può essere tanto diverso.
«Sono io il dottore di me stesso. Datemi un antibiotico e starò bene.»
Dopo che si sono accordati sulle cure da prestargli, il Daroga se ne va, non poco preoccupato.
«Simpatico, Nadir. E credo tenga a te più di quanto mostri.»
«Non è davvero mio amico. È il mio badante, lo hai detto tu.»
«Perché tu non ti sei mai concesso altro.»
Meg si siede accanto a lui sul divano, rimboccandogli le coperte come fosse un bambino bisognoso di cure.
«Dovresti andartene, Meg. Potrei contagiarti, e hai Dany a cui pensare…»
«Dany starà bene, alla larga da te per qualche giorno. Io non ti lascio qui da solo. Non potevi avvisarmi e rimandare la lezione, dicendo che ti sentivi male?»
Erik arrossisce dietro la maschera. La verità è che voleva vederla a qualunque costo, anche quello di farsi venire la febbre. Per fortuna Meg non aspetta davvero una sua risposta e si limita a scostargli dalla fronte una ciocca di sottili capelli neri.
«Sei proprio un irresponsabile… Un bambino. E poi pretendi che prenda direttive da te? Ma per favore.»
«Hai finito di insultarmi?»
«Toglimi una curiosità. Come fai a starnutire?»
«Cosa?»
«Senza naso. Come fa a…?» Meg fa un gesto eloquente e poi scoppia a ridere, vedendo l'espressione offesa negli occhi di Erik.
«Maledetta ragazza, non smetti mai di prendermi in giro. Non hai pietà di un moribondo?»
«Non avevi detto di stare benissimo?»
No, ma la verità è che si gode le sue cure improvvisate. E la sua nuova infermiera.
«Allora resta. E raccontami qualcosa di interessante.»
«Per esempio?»
«Lavora un po' di fantasia.»
Meg si morde un labbro, dopodiché il suo volto si illumina. «Sai che, da bambina, ho preso anche lezioni di chitarra?»
«Non ti offrirò altre lezioni gratis, se è questo che intendi.»
«No, cretino. Dovevo esibirmi in questo concerto a scuola, con altri marmocchi. Avrò avuto nove anni. Non vidi mio padre tra il pubblico — mi aveva promesso che sarebbe venuto — e mi arrabbiai tanto che improvvisai un assolo davanti a tutti.»
«Dio, no. E come andò?»
«Malissimo. Alla fine avevo le lacrime agli occhi e per poco non sfasciai la povera chitarra in testa all'insegnante.»
«Che blasfemia sarebbe stata. Che ti aveva fatto quel povero strumento?»
«Non era bastato. Papà non era venuto a vedermi neanche al concerto della scuola. Di nuovo.»
«Di nuovo?»
«Qualche volta si è assentato a qualche mio saggio di danza, alla scuola di mia madre.»
«Oh. Mi dispiace.»
«Anche a me.»
Un attimo di silenzio.
«Meg, io so perché tuo padre è morto. Stava male, molto male. Era per questo che non assisteva ai tuoi saggi, qualche volta?»
Lei sospira. «Sì, e io lo sapevo. Mi arrabbiavo lo stesso, allora, ma dopo ho imparato a non fargliene una colpa. Non lo voleva davvero. Semplicemente non era in grado… di recitare il ruolo del mio papà, in quei momenti.»
«Quanti anni avrebbe avuto adesso?»
«Come mia mamma. Cinquantacinque.»
Erik sospira di sollievo. Almeno era più vecchio di lui. Se avesse avuto l'età del padre di Meg… Imbarazzante. E inappropriato.
Ma tanto cosa gli importa? Non è come se…
Meg gli scosta un'altra ciocca di capelli dalla fronte e lui ha un brivido. Gli rimbocca di nuovo le coperte.
«Riguardati, Erik. Non far preoccupare i tuoi fan.»
«I miei fan non sanno nemmeno che faccia abbia.»
«Non ne abbiamo mai parlato, ma secondo me dovresti uscire allo scoperto.»
«Sei impazzita? Per farmi trattare di nuovo come un fenomeno da baraccone? No…»
«Non è detto che ti trattino così. Christine non l'ha fatto. Io non l'ho fatto. E neanche Nadir. Una faccia conta fino a un certo punto. Immagino che non potrai mai fare l'attore…»
«Meg.»
«… o il modello…»
«Meg.»
«Ma il genio della musica sì.»
«Questi non deve per forza avere un volto.»
«Certo che sei cocciuto.» Gli dà un buffetto su una guancia mascherata.
«Chiamami quando starai meglio. O peggio.»
«D'accordo.»
La vede raccogliere le sue cose e andarsene. Vorrebbe dirle di restare, ma davvero non ci sarebbe motivo. Perché dovrebbe volerlo? Sì, perché mai?



Note dell'Autrice: Ehilà, rieccomi con un nuovo aggiornamento. Ora, immaginate Erik canticchiare Facciano un pupazzo insieme. Scoppio a ridere di cuore solo al pensiero, pff. A quanto pare è davvero preso da Meg… Peccato che sia troppo ottuso per capirlo (per ora). Quanto durerà questa impasse?
Non chiedetemi perché proprio i Guns'N'Roses. Ho una fissa per Sweet Child O'Mine, sono molto affezionata a quella canzone. Solo che non capisco nulla di chitarra – suono il pianoforte, non la chitarra – quindi quando dico che l'assolo è semplice, intendo dire che lo è per Erik, alias il Mozart degli anni 2000. Probabilmente si potrebbe pensare che un uomo dai gusti raffinati come lui non possa apprezzare la musica rock, in special modo l'hard rock o l'heavy metal (da vedere come fa lo snob con Meg all'inizio della loro stramba amicizia), che non possa considerare la musica moderna come “vera musica”. In parte sì, è tanto altezzoso da considerare poche cose come vera musica – pensate a come parla di opera a Christine nel libro – ma personalmente credo che sarebbe molto curioso nei riguardi di ogni genere musicale. Nell'800, Erik aveva un impianto di riscaldamento elettrico sottoterra e aveva costruito un automa per lo Shah di Persia – è chiaramente un uomo proiettato nel futuro. O almeno, lo è la sua mente.
A proposito, ho pubblicato una nuova fic – sempre E/M – ispirata da un prompt inviatomi da un'amica straniera su Tumblr. È una breve One Shot, se avete voglia fate un salto nel mio account e leggetela. Magari vi divertirà. È stato… un esperimento particolare.

P.S. Da notare che Erik si preoccupa della chitarra, non della testa dell'insegnante su cui Meg quasi la sfascia. Tipico.

Elisagemma: Oh, una nuova lettrice! Che bello! Grazie per i complimenti. *arrossisce* Sono lieta che “le mie sciocchezze” ti piacciano. No, sono davvero sciocchezze, ma l'amore che ho per questi personaggi mi porta a condividerle. Felicissima che qualcuno apprezzi!
E chi smette di scrivere su Erik? Continuerò a tormentare questo sito fino alla sua (o mia) fine! Spero che mi seguirai, e di non ammorbare troppo nessuno.
Un bacio anche a te! <3
   
 
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