Cheyenne avvicinava l’orecchio di tanto in tanto alla porta della stanza dove Lucky e Joe si erano rinchiusi da più di un’ora con il loro prigioniero. Teneva le dita incrociate, sperando che la loro impresa di farlo parlare riuscisse.
-Mamma?- Amélie saltellò verso di lei, la deliziosa gonnellina rossa a pois bianchi che svolazzava attorno alle gambe minute.
-Sì tesoro?-
-Cosa sta facendo lo zio Luke?-
-Lui e Joe… stanno aiutando un amico di zio Jolly a ricordarsi una cosa. Così potranno farlo tornare a casa dal suo viaggio di lavoro.-
-E loro chi sono?- domandò la piccola indicando i tre fratelli Dalton rimasti fuori, in attesa come Cheyenne.
-William, Jack e Averell. Sono i fratelli di Joe.-
-Ciao!- li salutò allegra Amélie. Loro le fecero eco, e il minore la salutò agitando la mano.
-Vai a fare i compiti, tesoro.-
-Non posso. Devo fare matematica! Non ci riesco se non mi aiuti.-
-Aw! Va bene. Andiamo.-
Jack colse al volo l’occasione: -Hey, William è bravo con la matematica, può esservi utile!- Sospinse il gemello verso madre e figlia, che li guardarono incuriosite.
-M-ma no, Jack sta scherzando…-
-Non essere modesto, vai!-
-Davvero mi può aiutare?- La bambina pose la domanda spalancando gli occhi come un cucciolo.
William non poteva dirle di no: -Beh, certo… sempre che alla mamma vada bene…-
Cheyenne gli sorrise: -Perché no? Seguici.-
Voltandosi verso il fratello, William lo vide alzare due pollici in alto come a voler dire “Andrà alla grande”.
Averell si mise ad origliare alla porta, bisbigliando al fratello: -Ora tocca a te trovare qualcuno.-
-Nah, non mi interessa granché. Fammi posto, voglio sentire anch’io!-
Da due giorni non davano da mangiare a Ivor. Un uomo normale avrebbe già implorato per un piatto di minestra, qualcosa, ma quel tipo non cedeva.
-Avanti, sono sicuro che sei già stufo di stare qui. Ti chiediamo soltanto di rivelarci i codici di sicurezza che vogliamo.- Joe, più per un fattore di comodità che per reale calore, si era tolto la giacca e aveva arrotolato in su le maniche della camicia. Lucky, appoggiato con la schiena in un angolo della stanza, braccia conserte e sguardo serio, fungeva da interprete; Ivor capiva benissimo il francese e l’inglese, ma rispondeva soltanto in russo, e quando lo faceva erano più che altro insulti o improperi, o minacce se proprio era in vena.
-Senti, francamente non mi va di diventare il poliziotto cattivo, ma voglio avvisarti che non vedrai neanche un tozzo di pane finché non sputerai il rospo, chiaro?-
Il bodyguard lo guardò truce e ringhiò qualcosa nella sua lingua. Lucky gli si avvicinò a passo svelto per rifilargli uno scappellotto: -Porta rispetto!-
-Che ha detto?-
-Credimi, è meglio se non lo sai. Basta così, Madame Louise sta per arrivare ed è meglio che non ci trovi qui.-
-Chi è Madame Louise?-
-E’ il capo della compagnia di Cheyenne. Ti piacerà; è un po’ la mamma di tutti gli artisti.-
Anche se tutti si rivolgevano a Madame Louise come ad una donna, si vedeva lontano un miglio che in realtà era un uomo travestito: nonostante il trucco e la parrucca pressoché perfetti, aveva un fisico robusto e muscoloso. Indossava sempre abiti molto colorati e non si separava mai dai bracciali d’oro che tintinnavano ad ogni suo movimento. Si preoccupava di mandare avanti la compagnia sia dal punto di vista professionale che da quello personale: se avevi un problema, lei era lì come spalla su cui piangere o come psicanalista. Inoltre si occupava della dieta di tutti gli artisti, in modo che fosse ben bilanciata e fornisse loro le energie necessarie per esibirsi sempre al meglio.
Fu molto sorpresa di vedere quattro facce nuove alla tavolata dei suoi ragazzi: -Oh Cielo! E loro da dove saltano fuori?-
-Sono amici nostri, Louise!- rispose Cheyenne, sedendosi accanto a Lucky, che a sua volta era seduto accanto a Joe, -Possiamo ospitarli per pranzo?-
-Certo, tesoro, ci metto solo un secondo!- civettò in falsetto lei dirigendosi verso quella che ai fratelli sembrò la cucina.
-Louise è una gran cuoca, credetemi!- continuò Cheyenne rivolta ai quattro Dalton, seguita da Amélie che le si accomodò accanto: -Fa degli spaghetti al ragù eccezionali!-
-Hey, Luke, chi è il piccoletto accanto a te?- cantilenò uno degli artisti di fronte a loro, un ragazzo magro e biondo con un foulard rosso attorno al collo.
-Nessuno alla tua portata, Étoile, e vale anche per voialtre signorine. Sì, dico a voi due, Eloise ed Étienne!- scherzò Lucky rivolgendosi ad altri due ragazzi che gli fecero una smorfia da bambine, storcendo il naso.
-Avete conosciuto i nostri attori, i “Trois-E”- commentò una ragazza accanto ad Averell,
-conosciuti anche come i Tre Pettegoli!-
-Fare gossip non è spettegolare, Annette!- si difese Eloise, la voce nasale e stridula.
-Non litigate, su, almeno di fronte agli ospiti!- intervenne bonariamente un uomo della stazza di Louise, calvo e con dei folti baffoni a manubrio sotto il naso. Ricordava gli uomini forzuti ritratti nei manifesti del circo.
-Lui è Antoine, il marito del nostro capo- spiegò Cheyenne, -Annette e le Diables sono le nostre ballerine, e quel gruppetto laggiù i cantanti con i coristi.-
-La Compagnia Cyprienne al completo, al vostro servizio- concluse Lucky accennando un inchino col capo.
-E’ pronto!!- Louise rientrò reggendo, grazie ai guanti da forno, un’enorme teglia di lasagne: -Preparate i piatti, zuccherini!!-
Subito dopo il primo boccone, Averell esultò: -Sono squisite, Madame!!-
-Ne sono contenta, caro!-
-Stia attenta, Averell è una buona forchetta anche se non si direbbe, le svuoterà la cucina! Vero, Joe?-
-Vero, Jack. Comunque ha ragione lui, Madame, sono deliziose!-
-Oh, che gentili! Uh-uh!- Pizzicò la guancia di Averell en passant come una mamma affettuosa, dirigendosi poi verso il marito; non prima comunque di civettare un’ultima affermazione: -Luke, tesoro, adoro il tuo nuovo ragazzo! Joe è un vero gentiluomo!-
Il maggiore dei Dalton quasi si strozzò col suo boccone di lasagne. Lucky si irrigidì, abbassando lo sguardo e diventando paonazzo; buttò giù tutto d’un fiato il suo bicchiere d’acqua. Il tutto fra le risate generali della compagnia e dei fratelli.
Lasciati Lucky e Cheyenne alle prove per lo spettacolo, i fratelli Dalton si ritrovarono ad affrontare una situazione inaspettata: non potendo interrogare Ivor senza il loro interprete, e non essendo di turno, erano rimasti a fare da baby sitters ad Amélie.
La piccola li fissava con un largo sorriso in volto, dondolandosi avanti e indietro sui piedi, in attesa che le dicessero qualcosa.
-Uhm… Sì, Amélie?- si pronunciò infine Joe.
Lei, che teneva le mani dietro la schiena, mostrò una scatola di giochi da tavolo: -Vi va di fare una partita a “Indovina Chi?”?-
Aveva un’espressione talmente tenera e implorante che era impossibile resistere.
Più tardi, al termine delle prove, Cheyenne andò in cerca della figlia. La sentì ridere da uno degli uffici e poi domandare: -Ha gli occhiali?-
-No!- rispose Averell, -Tocca a me: ha gli occhi azzurri?-
-No-o!-cantilenò la bimba. Cheyenne si affacciò e, appoggiandosi allo stipite con la spalla, sorrise alla scenetta di fronte a lei: seduti per terra su un tappeto, Averell e Amélie stavano giocando sotto lo sguardo divertito degli altri tre Dalton. William si avvicinò alla ragazza ed esordì:-E’ in gamba; prima ha battuto sia me che Jack!-
-E’ il suo gioco preferito. Ha un talento nell’individuare i dettagli.-
-Ho capito! Sei Buster!- esultò la bambina.
-Aaah, mi hai beccato!!!- rise Averell, rivelando la carta del suo personaggio.
-Ora tocca a Joe! A Joe!-
-Sicura, piccola? Sono un detective, scoprire l’identità delle persone è il mio lavoro.-
Lei gonfiò il petto, decisa: -Non mi fai paura! Fatti sotto!-
-Uh, che caratterino! D’accordo, mi hai convinto.-
Dalla porta fece capolino anche Lucky, che sussurrò: -Tutto bene qui dentro?-
-Sì, guarda!- gli indicò la cugina, trattenendo una piccola risata.
Nel vedere giocare così la nipotina e Joe, l’ex agente avvertì un moto di tenerezza. Amélie era sempre stata un tipetto estroverso ed energico, ed era contento che si fosse già affezionata ai fratelli Dalton. Non poté fare a meno di sorridere.
Quando Joe si accorse della presenza di Luke divenne inespressivo e color porpora per quel sorriso che sentiva non essere rivolto a lui in particolare ma che bastò a fargli salire la pressione.
-Tocca a te!- lo chiamò la bambina, sbuffando.
-Scusadevoandareallatoilette!!- esclamò Dalton tutto d’un fiato, prima di schizzare in piedi e oltrepassare le persone sulla porta, diretto realmente al bagno data la necessità impellente di ficcare la testa sotto l’acqua fredda del rubinetto.
-Zio Luke?-
-Sì, piccola?-
-Il tuo ragazzo è un po’ strano.-
A quell’affermazione seguì un momento di silenzio.
Amélie guardò tutti, perplessa: -Cosa c’è?-