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Autore: Aysa R Snow    18/06/2017    0 recensioni
Non tutti abbiamo la fortuna, di trovare la persona giusta, e non perderla.
Tutti abbiamo perso, c'è chi perde qualcosa, chi perde qualcuno.
Lei, ha perso la sfida più importante della sua vita: non perdere la sua persona giusta.
Ma se invece, la sfida più importante della sua vita, fosse riuscire a vincere il dolore che ormai è diventato un peso troppo ingombrante?
Questa è la storia di Arianna, o come lei ama farsi chiamare, Aria.
Perché lei è così.
Leggera e pura come l'aria che respiri in alta montagna.
Questa, non è una classica e semplice storia d'amore.
Questa, è una battaglia.
Da una parte c'è l'amore, dall'altra la vita.
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nessun mortale è in grado di mantenere un segreto. Se le sue labbra sono sigillate, parlerà con le mani, la verità trasuderà da ogni suo poro.

-Sigmund Freud

" Dove stiamo andando? " chiesi impaziente. 
Non sono mai stata una persona paziente.

" Prima da me, poi beh... lo scoprirai. " alzai gli occhi al cielo ma lo seguii senza protestare. 
C'era qualcosa nella sua voce che mi trasmetteva sicurezza, fiducia.

" Non dovrebbe esserci nessuno. Mia sorella è in facoltà, mia madre e mio padre sono a lavoro.
Almeno in teoria. " prendemmo l'ascensore e arrivammo davanti ad una porta color mogano.
Le pareti dell'edificio erano ricoperte da lastre di marmo.
Piante sane e rigogliose accanto ad ogni pianerottolo.

" Ci metteremo due minuti. " girò la chiave nella toppa ed entrammo in un corridoio buio.
Ero dietro di lui e vidi che allungò una mano verso la parete, trovò il pulsante e una calda luce giallognola invase il corridoio.

" Aspettami qui, torno subito. " non appena terminò la frase una porta in fondo al corridoio si aprì.

" Cazzo Davide, mi hai fatto venire un colpo!
Tu non dovresti essere a scuola? " mentre la ragazza poneva le sue domande, mi spostai verso sinistra, rivelando la mia presenza.

" Potrei chiederti la stessa cosa. " mormorò Davide alzando gli occhi al cielo.
La ragazza mi guardava confusa.

" Chi è? " mi indicò con un lieve cenno del capo mentre provava a sistemarsi i capelli alla bene e meglio.

" Quella che lo ha aiutato ad evadere. " risposi ridendo.

" Che cosa? " vidi gli occhi sconvolti della ragazza posarsi su di me e poi sul fratello in modo frenetico.

" Lei intendeva dire... quella che mi ha aiutato ad arrivare ad un bar decente per... per bere un caffè. " inventò una scusa di sana pianta e per nulla convincente.

" Sì, proprio così. " affermai in suo aiuto.

" Vieni un minuto con me, devo parlarti. " la ragazza assunse un'espressione seria.
Spostai lo sguardo sul viso teso di Davide e mi mordicchiai le labbra.
Ero stata io a proporre di "evadere" senza il permesso della scuola.
Non volevo che quel povero ragazzo subisse una ramanzina per una mia pensata del cavolo.

" Ascolta, lui voleva anche andare in segreteria per firmare un permesso ma io... " Davide mi fermò tappandomi la bocca.
Al diavolo le persone alte pensai.
Provai a liberarmi ma senza troppi risultati.

" Vengo subito. Aria tu, resta qui. 
Sarò da te tra due minuti. " mi liberò ed entrò in una camera con la sorella.
Rimasi confusa a fissare la porta.
Perché non mi ha lasciato dire la verità?

Delle voci ovattate, provenienti dalla stanza dov'erano Davide e la sorella, arrivarono alle mie orecchie.

" Deve saperlo! Hai il dovere di dirglielo! " strillò lei.

" Lascia che sia io a gestire la mia vita Eli! Non ho dodici anni! Non più! " sentii un rumore sordo, poi la porta si aprì e Davide uscì di corsa.

" Andiamo. " si precipitò fuori senza aggiungere altro.
Buttai un'occhiata veloce alla sorella che se ne stava poggiata allo stipite della porta con le mani ai lati della testa e lo sguardo rivolto verso l'alto.

" Scusami, non avrei dovuto trascinarti in questa cavolata con me. " mormorai tenendo le mani in tasca.
Sorrise debolmente senza però guardarmi.

" Non era per quello. Anche lei ha mentito spesso quando era al liceo. " lo guardai confusa.

" Allora perché stavate discutendo? " teneva lo sguardo fisso davanti a sé.

" Sciocchezze. Niente di serio" arrivammo alla sua moto e mi porse un casco blu metallizzato.

" Ancora non mi hai detto dove dobbiamo andare. " sbuffò tenendo il casco con entrambe le mani.

" Ti toccherà fidarti di me. " sorrise saltando in sella.

" Ma se non mi fido neanche di mia madre. " lo provocai scherzosamente.

" Cos'è, hai paura che ti rapisca? " domandò mettendo in moto.

" No, non ho paura di te ma sai com'è, la regola: 《 non accettare caramelle dagli sconosciuti 》 vale anche per i passaggi. " lo vidi alzare gli occhi al cielo.

" Devo alzarti di peso per farti salire? " domandò ridendo.

" No, le mie gambe ringraziando Dio vanno ancora. " mi infilai il casco e mi misi seduta dietro di lui.

" Vuoi farti un viaggio in moto senza tenerti? Devi avere un equilibrio impressionante. " sbuffai per poi passargli le braccia intorno alla vita.

" Va piano! Dio sei uno squilibrato! " urlai stringendo la sua felpa tra le mani.

" Cosa? Vuoi che vada più veloce? Sei davvero una spericolata! Ma ti accontenterò! " accellerò ulteriormente facendo lo slalom tra alcune auto.

Dopo un altro paio di accelerate, una decina di mini infarti, svariate urla di pedoni e automobilisti, arriviamo dinnanzi ad una tendostruttura blu e bianca sbiadita dal sole.
Il parcheggio era quasi pieno e si sentivano urla, cori e fischi.

" A.S.D. basket Milano? " chiesi confusa.

" Vieni con me, ti faccio conoscere delle persone. " non dissi nient'altro ed entrammo. 
Il palazzetto era gremito di persone.
Ragazzoni di almeno due metri si passavano veloci la palla.
Davide se ne stava con le mani nelle tasche, mentre guardava sorridente il campo. 
Improvvisamente delle urla di tifosi felici riempiono l'intero palazzetto.

" Che succede? " domandi avvicinandomi a lui.

" Hanno vinto! Vieni, ti faccio conoscere i ragazzi. " mi trascinò in mezzo al campo.

" Li avete eclissati! " urlò euforico Davide facendo girare tutti i ragazzi.

" Davide! " si susseguirono una serie di buffetti amichevoli dietro la nuca e pacche sulle spalle.

" Non ti si vede da un bel po'. " affermarono un paio di loro.

" Beh, ho avuto qualche problema. " disse rimanendo vago.

" È la tua ragazza lei? " diventai paonazza.

" No, no! " mi affrettai a dire.

" Quindi non ti dispiace se ci faccio un pensierino? " domandò un ragazzo molto alto.
Alzai lo sguardo quando si avvicinò.
Capelli neri e occhi castani molto chiari.

" Beh... occhio alle manette. " rise un altro ragazzo tenendo i polsi incrociati.

" Sai come sei carino con una tuta arancione? " rise il più bassino.

" Ignorante, le tute arancioni le usano in America! " il ragazzo incrociò le braccia al petto crucciato.

" Sei un ventitreenne ignorante, chi mai avrebbe il coraggio di dartela? " scoppiai a ridere.
Davide sorrideva tranquillo, erano davvero un bel gruppo.

" Che ne dite di fare qualche scambio? " propose il più alto del gruppo. 
Davide mi guardò per qualche secondo.

" Mi sembra una buona idea! Io faccio l'arbitro. " dissi dondolando sui talloni.

" Tam, prendi la cesta dei palloni e il fischietto alla ragazza di Davide! " urlò un ragazzo con il numero 6 stampato a caratteri cubitali sulla maglia.

" Non stiamo insieme! " sbottai alzando gli occhi al cielo.

" Chiedo perdono. " il ragazzo alzò le mani in segno di scusa. 
Armata di fischietto iniziai ad urlare ai ragazzi di correre.
Mi misi tra i due ragazzi-montagna e tirai in alto il pallone. 
Mi feci subito da parte e li lasciai giocare.

" Fallo! " urlai dopo aver fischiato a pieni polmoni.

" Ma che ho fatto? " domandò confuso il povero ragazzo

" Gli stavi troppo addosso, non riusciva a muoversi. " dissi incrociando le braccia al petto.

" Ma... non è che posso lasciarlo stare e aspettare che faccia canestro! E poi secondo le regole non ho fatto nulla di male! " protestò avvicinandosi.

" Fermo! " fischiai ancora una volta.

" Protesti? Giallo per te! Alla prossima sei fuori. " mi guardò confuso.

" Andiamo Marco, quanto sei polemico! " urlò Tam.

Che razza di nome era Tam poi? Bah.

" Fortuna che non sei davvero un arbitro. " sbuffò Marco prima di riprendere a giocare. 
Mi girai e vidi Davide piegato in avanti con le mani sulle ginocchia.
Era rosso in viso e visibilmente affannato.

" Davide! " strillai andando verso di lui. 
Lo feci sedere in panchina.
Alcuni ragazzi si avvicinarono preoccupati, alcuni provarono a sdrammatizzare facendo battutine del tipo:

" Amico, non hai affatto una bella cera. "

" Sei diventato più pigro del mister? "

" Già, ma mi rimetterò in carreggiata. " sorrise asciugandosi la fronte imperlata di sudore.

Bugia.

" Tornerò in campo. " affermò convinto.

Bugia, un'altra stramaledetta bugia.

" E riavrò la mia rivincita contro i testa verde. "

   
 
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