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Autore: Elayne_1812    18/06/2017    2 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! So che avevo detto che sarei riuscita ad aggiornare solo a fine mese con un capitolo parecchio lungo, ma mentre scrivevo mi sono accorta di essere a poco più di metà capitolo e di aver già scritto 25 pagine, quindi ho pensato di tagliare per vari motivi.
Non ho segnalazioni particolari da fare, se non che sono stata molto indecisa, considerando il taglio, sul titolo del capitolo XD e vi avviso che il prossimo potrebbe avere lo stesso con solo l’indicazione di parte II. Piccola annotazione sul titolo: la prima parte è riferibile sia alla jongkey, sia a Diva&Diva, mentre la seconda a Diva&Diva e alla situazione in generale.
Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate, seguite e ovviamente tutti i lettori.
Un grazie particolare a chi mi ha lasciato i suoi commenti: Blugioiel, Chocolat95, DreamsCatcher, Ghira_, Gonzy_10, Jae_Hwa, KimJonghyun23, MagicaAli, Panda_murderess, Saranghae_JongKey e vanefreya.
Ringrazio anche chi mi ha inserita tra gli autori preferiti: Blugioiel, Jae_Hwa e MagicaAli  *.*
Grazie per il vostro sostegno ^^
Spero di non aver lasciato troppi errori di battitura. XD
Buona lettura!
 
 
Capitol 34
Sweet love your aroma is deep in my heart
but
You know I’m not joking
 
“Excuse Me Miss I’m going crazy
My entire head is filled with
Your brilliant smile that blinds my eyes, Angel
(…)
Do you not know my aching heart?
(…)
You shake me up, I’m disoriented
Sometimes I’m scared
that someone other than me
Will confess to you first
(…)
Your eyes
as clear as marbles
My reflection in them
Oh, they’re in love
Don’t say no
you already know
You know I’m not joking. “
Shinee, Excuse me Miss
 
 
Jinki tirò le redini di cuoio, il cavallo compì un giro su sé stesso sollevando la terra con gli zoccoli ed infine s’arrestò. Il leader dei ribelli smontò dal quadrupede ed alzò lo sguardo ad ammirare la pagoda che s’ergeva davanti a lui. Sostenuta da un grande basamento di pietra, l’edificio ligneo svettava sulle colline circostanti con i tetti laccati verdi e gialli, mentre le tegole d’ardesia rilucevano sotto i raggi di un tramonto rossastro. L’aria giaceva immota creando una sorta di atmosfera nostalgica e da sogno dove lui, Jinki, poteva camminare indisturbato senza che nulla mutasse, dallo spostarsi di un sottile filo d’erba alle fumose nubi del cielo. Era come camminare in un dipinto uscito dal passato. Nulla era mutato o sembrava destinato a farlo, era esattamente tutto come lo rammentava dalla sua infanzia.
Le guardie della residenza lo accompagnarono lungo la scalinata d’accesso e poi all’interno dell’edificio dove percorse corridoi dalle pareti lignee, sui quali s’affacciavano porte scorrevi dall’intelaiatura di seta finemente ricamata.
Non era davvero cambiato nulla e lo stesso luogo rispecchiava le idee che quella certa persona aveva in merito alla moda di corte, giacché la rifiutava nella sua totalità.
La residenza stessa così come l’arredamento essenziale ma raffinato davano chiaro sfoggio di quanto più di tradizionale potesse esservi.
Procedette lasciandosi avvolgere dall’atmosfera, sempre scortato dalle guardie, finché non giunse davanti ad una porta scorrevole e gli fu detto di attendere.
Jinki annuì e raddrizzò maggiormente la schiena, poi attese con il fiato sospeso ed un leggero tic nervoso alla mano destra. Era sulle spine. Dopo anni nulla sembrava essere mutato tra lui e quella certa persona, nemmeno la posizione che ricopriva tra i ribelli aveva avuto, col tempo, il potere di infondergli maggiore sicurezza davanti a lui.
S’accorse che stava sudando, il suo viso grondava eppure non faceva caldo.
Quando la porta scorrevole si riaprì una guardia lo invito ad entrare.
Jinki deglutì.
Odiava le riunioni di famiglia.
La stanza era permeata dall’aroma di un incenso dai toni leggermente speziati, insieme a quello di tè bianco con un pizzico di vaniglia. Anche gli odori erano sempre gli stessi.
Jinki lasciò scivolare lo sguardo all’intorno.
 Le pareti lignee erano sgombre se non per un dipinto su carta di fronte a lui che, con semplici linee d’inchiostro, ritraeva un paesaggio montano. Sul basso tavolino al centro fumava una grande teiera di ghisa ed erano già state preparate delle tazzine. Probabilmente le guardie avevano avvisato quella certa persona del suo arrivo non appena era giunto in vista della residenza.
La certa persona non lo degnò di uno sguardo, limitandosi a versare, con un mal celato sorrisetto divertito, il tè. I capelli castani gli ricadevano in avanti ed indossava un lungo abito tradizionale. Un tassello perfettamente inserito nell’ambiente che l’ospitava, tutto il contrario di Jinki in polverosi abiti da viaggio.
Quando finalmente il suo ospite alzò il capo gli rivolse un ampio sorriso, ma Jinki sapeva che non doveva lasciarsene ingannare. Jinki deglutì. Quel sorriso era decisamente irritante e nonostante avesse imparato lui stesso a farne uso, doveva ammettere che quello di suo cugino riusciva sempre ad essere molto più inquietante. Leeteuk poteva rivolgerti i sorrisi più calorosi del mondo e al contempo meditare di ucciderti.
-Deduco che tu non abbia compreso il significato dei miei messaggi -, esordì il più grande continuando a sorridere.
Jinki sudò freddo. Leeteuk aveva sempre avuto il potere di farlo sentire a disagio ed inadeguato, davanti a lui aveva l’impressione di essere costantemente sotto esame perché sapeva che molto di ciò che aveva imparato lo doveva al cugino più grande e al defunto zio materno. Dopo l’incendio che aveva travolto la sua famiglia ed il tempo passato per strada erano stati loro a prendersi cura di lui e Taemin.
Davanti a lui tutta la sicurezza che normalmente mostrava veniva messa alla prova e, spesso, era destinata a sciogliersi come neve al sole. Ma quel giorno Jinki non poteva permetterselo.
-L’avrei fatto se tu fossi stato più chiaro. –
-E di certo il fatto che io non abbia voluto essere chiaro di proposito non ti ha sfiorato minimamente. –
Leeteuk inclinò leggermente il capo in un’espressione angelica, come se avesse fatto con commento sul tempo.
Jinki si schiarì la voce.
-Al contrario. –
L’altro appoggiò il mento al dorso di una mano.
-Sai, arrivati ad un certo punto credevo fossi in grado di camminare sulle tue gambe, ma nonostante tutto ciò che ti ho insegnato hai ancora molto da imparare. –
Le labbra di Jinki si assottigliarono e trattenne un singulto. Ecco che, come sempre, lo faceva sentire un inferiore incompetente. Sapeva che lo faceva per stimolarlo, ma a volte era davvero stressante.
Con un gesto della mano affusolata, Leeteuk lo invitò a sedere.
-Dovresti bere un po' di tè, hai una pessima cera, caro cugino. –
Jinki ripiegò le gambe sul cuscino e subito si portò una tazza alle labbra. Aveva la gola secca.
Nella stanza calò brevemente il silenzio, scandito solo dal tamburellare dei polpastrelli di Leeteuk sul legno lucido del tavolino. Jinki ripose la tazza e si umettò le labbra, in attesa.
-Dunque-, esordì Leeteuk, - hai bisogno del mio aiuto. –
Jinki annuì, deciso.
Le dita del cugino continuarono a tamburellare sul tavolo.
-Sai meglio di me che il ramo Park della famiglia Lee è stato estromesso del consiglio reale da molto tempo. Io non ho alcun potere a Soul, mio caro Jinki, come pensi che possa giocare un ruolo di qualche tipo? –
Questa volta Jinki si concesse un sorriso divertito. Davvero credeva di poterlo prendere in giro in quel modo? No, di certo stava solo meditando sulla situazione.
-Lo so molto bene, ma nonostante questo godi di una certa fama a Soul e sei informato su tutto ciò che accade tra le pareti del palazzo reale, così come i nobili sanno quanto possa rivelarsi temibile l’esercito dei Park. –
Leeteuk si accarezzò il mento, quasi compiaciuto dalla situazione che il cugino stava illustrando. Era vero, i Park non aveva poteri effetti, ma agivano da anni nell’ombra e gli stessi ribelli ne erano una dimostrazione. Non era forse stato a lui a suggerire a Jinki di fondare i Ribelli e a finanziare inizialmente l’impresa? Era lui il potere nell’ombra, lui a muovere i fili.
-E’ il momento che aspettavano Leeteuk, lo sai meglio di me. –
Leeteuk alzò gli occhi sul cugino, pensoso. Oh era certamente il momento che stavano aspettando, ma poteva anche rivelarsi la loro rovina. Per lui uscire pubblicamente allo scoperto era un rischio enorme capace di mandare a monte lunghi anni di preparativi e progetti.
Si umettò le labbra. 
-Ultimamente sei propenso a fare scelte avventate. –
-Mi hai sempre detto…-
-Di osare, certo. –
Leeteuk lo fissò dritto negli occhi.
-Se tagli i rami di un albero prima o poi ricrescono, ma se recidi le radici muore. –
Jinki si fece serio. Era vero. Leeteuk era le sue radici, lui non era che il tronco ed i ribelli i rami.  Tutto dipendeva ed era sempre dipeso in larga misura da suo cugino. Un tassello fondamentale, ma invisibile come le radici di un albero.
Jinki sospirò. Comprendeva i dubbi dell’altro, ma dovevano agire.
Ormai si era reso conto che nella sua mente Chosun era passato in secondo piano.
Kibum è la cosa più importante, pensò.
-Kibum ha bisogno di noi per riprendersi ciò che gli spetta di diritto. Noi siamo la sua unica speranza, così come lui è la nostra chiave per Chosun. –
-Hai la certezza di poterti fidare di lui? –
Jinki si mordicchiò le labbra. Leeteuk gli aveva sempre insegnato ad essere cauto e diffidente e Jinki non aveva mai messo in dubbio tale politica. All’inizio era stato molto diffidente nei confronti del principe e l’aveva osservato a lungo, ma Kibum era genuino e ne aveva dato molteplici dimostrazioni.
-Sì -, rispose sicuro.
Leeteuk sorseggiò il tè.
-Non conosco il principe, diciamo che in tutti questi anni potrebbe tranquillamente essere paragonato ad un fantasma, dettaglio che possiamo interpretare in molti modi. –
Era stato lo stesso pensiero di Jinki la prima volta che aveva parlato con Kibum. Davanti a lui si erano aperte due prospettive: o era uno sciocco, o la sua assenza sulla scena politica di Chosun era dovuta ad attività molto più importanti e segrete per cui necessitava di non attirare su di sé troppa attenzione.  La realtà, tuttavia, aveva mostrato una terza prospettiva.
La verità è che per quanto altri abbiano costruito una gabbia per me, io vi sono entrato docilmente senza fare domande. Mi è stato detto di essere un selvaggio per la mia lingua tagliente, l’unica forma di ribellione e difesa che mi sono concesso, e di avere il cuore troppo tenero. Io sono come un bambino. Uno sciocco bambino spaventato.
Erano state queste le parole di Kibum nel momento di prendere la sua decisione.
-Ma so qualcosa sul lord i Busan e non mi stupirebbe scoprire che è tutto un suo piano o un piano congiunto di sua grazia ed il suo promesso. –
-Non è così. -
-Hai prove? –
-Ho ciò che ho visto in questi mesi e la parola di Kibum. –
Non voglio più essere il bambino spaventato che ha visto sua madre morire e che da allora è sempre rimasto rintanato in quell’angolo buio e freddo. Voglio uscire da quella gabbia che altri hanno costruito per me e nella quale ho scelto di rimanere, dimenticandomi d’avere la chiave per aprirla.  Io voglio combattere per ciò che è mio e questo è il momento.
Kibum aveva detto anche questo prima di lasciare il Rifugio e Jinki era stato animato sia da un moto d’orgoglio che d’apprensione.
-Vedi, caro cugino, dal mio punto di visto la situazione è questa: o è come dici tu e vi state lanciando in una missione molto pericolosa e dall’esito incerto, dunque avete bisogno di me, o sei stato fregato dall’inizio alla fine e tu e i ribelli state per cadere in una trappola. -
Jinki scosse il capo con vigore.
-Da quanto mi hai scritto è arrivato per caso, poi ha vissuto tranquillamente al Rifugio finché non è giunta la notizia della morte dell’imperatore, morte che il principe stesso ha dichiarato, secondo lui, non essere naturale, così torna a palazzo come ostaggio del suo promesso per dare ai ribelli un’occasione. Logico. Ma osserviamo le cose con calma e occhio critico. Il principe giunge vicino al Rifugio per caso, strano ma plausibile. L’imperatore, supponiamo, viene assassinato dal lord di Busan che immediatamente si trasferisce ad Haehwan ad un passo dal principe e da voi. Vi viene inviato un riscatto che fingete di accettare sullo stesso suggerimento di sua grazia che torna a Soul portando con sé tutti i segreti dei ribelli. –
Leeteuk sorrise.
-Devi ammettere che è interessante. –
Leeteuk prese un altro sorso di tè.
-Ecco come potrebbero essere andate realmente le cose. Il principe ed il suo promesso desiderano il trono, legittimo vista la posizione di sua grazia, nel frattempo i ribelli si dimostrano una spina nel fianco per Chosun. Il principe architetta un piano con il lord di Busan per riprendersi il torno e allo stesso tempo disfarsi dei ribelli, così finge di fuggire da palazzo, fa in modo di essere accolto da te e, nel frattempo, il suo promesso si occupa di tutto il resto, ottiene il controllo del consiglio reale, dell’esercito e assassina l’imperatore. A quel punto Kim Kibum deve tornare a Soul così, in comune accordo, elaborano l’espediente del riscatto, lui sa che non accetterai, ma ti convince a fingere di farlo mettendo insieme un bel teatrino. Dopodiché torna a Soul con la prospettiva di condurre i Ribelli all’interno del palazzo ed eliminarli come topi. –
Jinki sospirò. Era vero, visto da occhi esterni aveva tutto senso e Kibum era abbastanza furbo ed intelligente da elaborare un piano simile. Dopotutto non stava forse facendo il doppio gioco a Soul? Ma Kibum stava mettendo a rischio sé stesso per loro, per Jonghyun…
-Ti dico che possiamo fidarci di Kibum e lui ha bisogno di noi. Gli affiderei la mia vita, gli affiderei quella di Taemin. -
Questa volta fu Leeteuk a sospirare. Stava riflettendo e Jinki lo vedeva e lo capiva molto bene. Suo cugino aveva bisogno di certezza così come ne aveva bisogno lui.
-Non posso mettere a rischio il mio esercito senza alcuna garanzia, Jinki, se il piano fallisce o è una trappola crollerà tutto come un castello di carte, lo sai vero? –
-Lo so, ma a volte bisogna rischiare. –
Jinki abbassò il capo.
-Ho bisogno di te. –
Leeteuk si massaggiò le tempie, poi sollevo gli occhi per squadrare il cugino.
-Dunque, io come ti servirei? –
Il leader dei ribelli udì i battiti del suo cuore accelerare. Quella non era una vera e propria domanda, suo cugino stava tastando il terreno per vedere quanto lui fosse determinato. Voleva capire se sapeva ciò che stava facendo.
-Nessuno di noi vuole inutili spargimenti di sangue, il tuo esercito deve rappresentare per noi una garanzia, uno scudo nel caso le cose dovessero mettersi male. Kibum per primo desidera che tutto avvenga con la massima discrezione, ma sia lui che io sappiamo che è sperare troppo. Il caos è destinato a scoppiare all’interno del palazzo, sta a noi contenerlo e tu puoi esserci utile in questo se i ribelli non dovessero farcela da soli. –
-I ribelli non possono di certo farcela da soli, qualunque modo il principe trovi per farvi entrare a palazzo sarete scoperti e vi troverete l’esercito imperiale alle costole insieme a quello di Busan, la vostra unica possibilità sarà riuscire a resistere sufficientemente da supportare sua grazia e dargli la possibilità di mettere all’angolo Kim Heechul.–
Jinki annuì. Era così.
Leeteuk sospirò di nuovo e tornò a massaggiarsi le tempie. Jinki attese con il fiato sospeso, osservando ogni contrazione dei muscoli del viso del più grande. Dalla sua risposta sarebbero dipese molte cose ed il leader dei ribelli percepiva la tensione nell’aria. Quando alla fine Leeteuk tornò a guadarlo, Jinki capì che la preoccupazione non l’aveva abbandonato, al contrario, tuttavia i suoi occhi luccicavano.
-Mi fiderò di te, Jinki, come tu ti fidi di Kim Kibum e prega di potertene fidare davvero come dichiari, perché se è una trappola le nostre teste per prime, e poi quelle dei ribelli, si ritroveranno a decorare le mura di Soul. -
 
 
***
 
 
La serata del ballo era stata terribilmente tediosa per Kibum, alternata da momenti d’imbarazzo a causa di Heechul, che gli era rimasto avvinghiato per tutto il tempo come una piovra, e dal desiderio di sputare acido. Più volte era stato costretto a mordersi la lingua per evitare di esprimere platealmente il proprio disgusto. Ancora stordito fisicamente e mentalmente dal bacio con il più grande, Kibum era stato investito dalle luci del salone rese ancora più accecanti dai riflessi che giocavano, quasi schernendolo, sulle vesti di seta e suoi gioielli dei nobili. Sembravano tutti delle bambole vestite ad arte e, tristemente, Kibum aveva dovuto ammettere a sé stesso che Heechul aveva fatto il possibile perché loro due primeggiassero su tutti. Volente nolente non vi erano abiti o gioielli capaci di brillare più di quanto facessero i loro. I balli si era susseguiti uno dopo l’altro finché il principe non ne aveva perso il conto. Tra un volteggiare e l’altro aveva ascoltato i discorsi vuoti di Heechul, cercato d’ignorare il modo in cui lo stringeva e sé, fissava le sue labbra e represso l’impulso di vomitargli sulle scarpe. Quello sì che sarebbe stato un bel colpo di scena ed avrebbe movimentato la serata. Ma a dare un tocco “di classe” alla serata era bastata la richiesta di Heechul ai nobili.
-Intendiamo concludere ogni formalità tra un mese -, aveva riferito senza troppi preamboli.
La frase aveva subito suscitato la perplessità dei nobili del consiglio reale, tuttavia nessuno si era opposto. Kibum era rimasto in silenzio a guardare desiderando sputare in faccia a tutti loro. Nessuno la riteneva una scelta consona e rispettosa delle tradizioni, eppure tutti avevano annuito. Come degli stupidi burattini.
Quando tutto si era concluso Kibum aveva tirato un sospiro di sollievo, raggiunto i suoi appartamenti prima che i baci di Heechul lo mangiassero vivo e si era chiuso in camera gettandosi sul letto, sfinito. Ovviamente Siwon era rimasto fuori a fare la guardia. Intendeva prendere ogni precauzione possibile ora che la sua relazione con il più grande, come Heechul aveva rimarcato più volte nel corso della serata ogni qual volta era riuscito a strappargli un bacio, aveva raggiunto un nuovo livello.
Tsk, aveva pensato Kibum, neanche fosse un percorso ad ostacoli.
Bhe certamente lo era per lui, anzi forse era più simile ad una corsa su un lago di lava.
I giorni successivi non erano stati il massimo della festa, non che si aspettasse altro. Considerando che ufficialmente i cento giorni partivano dal funerale del defunto imperatore e le tempistiche erano state ridotte, a Kibum rimanevano poco più di tre settimane. Un tempo decisamente scarso. Siwon proseguiva il suo via vai in biblioteca e davanti alle sue stanze, mentre lui era sobbarcato dai preparativi per l’incoronazione e la cerimonia di legame.
Anche quel giorno non era riuscito a fuggire da quegli importanti ed inutili impegni.
Kibum sospirò e guardò il suo riflesso nello specchio, mentre il sarto di corte gli appuntava l’ennesimo spillo sul lungo hanbok di seta previsto per la cerimonia.
Ho una faccia stupenda, pensò ironico, sono il ritratto della pura felicità.
Constatò osservando la sua espressione seria e pensosa, per non dire annoiata. Sbatté le palpebre e mise bene a fuoco.
Ho le occhiaie, si disse con disappunto.
Quello era davvero terribile lui, Kim Kibum, non aveva mai avuto occhiaie invita sua. Sbuffò.
-Qualcosa non va, mio principe? – fece il sarto armeggiando con gli spilli.
Kibum si riscosse.
-E’ tutto apposto –
Tuttavia corrugò la fronte e lanciò uno sguardo ad Heechul seduto sul divano dietro di lui.
Perché non si faceva gli affari suoi, doveva proprio stare lì a guadare mentre faceva le prove per l’abito da cerimonia? Se aveva le occhiaie era tutta colpa sua!
-Non dovresti guardare -, disse stizzito arricciando il naso.
-Paura che porti male? – sogghignò Heechul, facendo dondolare le gambe accavallate.
Io spero che porti male, fece Kibum tra sé.
Non appena il sarto ebbe terminato, Kibum fu ben felice di liberarsi del lungo abito tradizionale. Rimasto solo con Heechul prese posto al suo fianco e si versò una tazza di tè. Soffiò piano sulla superficie dorata della bevanda e sorseggiò.
Una mano di Heechul gli sfiorò il viso per poi voltarlo nella sua direzione. Kibum rispose la tazza ed alzò gli occhi sul più grande che sorrise compiaciuto prima di baciargli il collo, la guancia ed infine appropriarsi delle sue labbra. Kibum mugugnò e lasciò il più grande al suo passatempo, ormai aveva imparato ad estraniarsi totalmente. Per quanto gli riguardava Heechul poteva andare avanti anche l’intera giornata. Lui non sentiva niente.
Sono una bambola fredda e perfetta, si ripeteva ogni volta prima di sparire nella sua bolla.
I baci di Heechul iniziavano sempre lentamente, controllati, come se desiderasse capacitarsi della consistenza reale delle labbra del più piccolo, e solo in un secondo momento diventavano più passionali, mentre stringeva Kibum a sé.
Il principe aveva l’impressione di lottare ogni volta con le ventose di una piovra impazzita, tuttavia Heechul non era andato oltre e Kibum tirava ogni volta un sospiro di sollievo.
Heechul continuò a baciarlo facendo scivolare una mano intorno al suo fianco. Non appena si staccò, Kibum ricambiò. Non ebbe bisogno che l’altro glielo dicesse, sapeva che era ciò che desiderava.
Heechul iniziò a giocherellare con la sua chioma corvina e gli accarezzò una guancia.
-Non sei eccitato all’idea del legame di fratellanza? – domandò curioso. -Pensa a ciò che potremmo fare, le nostre abilità…-
Heechul si umettò le labbra ed i suoi occhi sognanti si persero nella stanza.
Kibum appoggiò il capo sulla sua spalla e lo sbirciò attentamente. Si vedeva lontano un miglio che Heechul non stava più nella pelle. Indubbiamente, l’idea di sedere sul torno e di avere completamente Kibum scatenava in lui idilliache allucinazioni.
Il principe ne era fermamente convinto.
-Per quanto i suoi sogni ad occhi aperti siano rivoltanti -, aveva osservato un giorno Siwon, - confido che per quanto non stia più nella pelle tenga ben nascosto qualcos’altro. –
Ah povero Siwon, pensò Kibum. Il cavaliere era al limite della sopportazione, non vi erano dubbi.  Tutto sommato però le sue uscite riservavano sempre a Kibum brevi momenti d’ilarità.
-Bummie? –
-Uhm -, fece annoiato.
-Mi stai ascoltando? -
Kibum abbandonò i propri pensieri per tornare a rivolgere l’attenzione al più grande. A giudicare dal tono sembrava innervosito. Lo era sempre quando riteneva che Kibum non gli stesse dando la giusta considerazione.
-Oh sì, le nostre abilità. –
Kibum sapeva molto bene come sarebbe stato unire le loro abilità perché l’aveva già fatto con Jonghyun, solo che loro non avevano avuto bisogno di un legame di fratellanza per riuscirci, ma solo di molto allenamento. Ricordava molto bene quelle giornate stancanti, così come la soddisfazione finale. Come aveva spiegato loro Jinki, lui e Jonghyun godevano, o forse era meglio dire che avevano goduto, di un rapporto particolare, diverso, qualcosa di antico che si era perso nel tempo e che poteva accadere solo tra chi possedeva un’abilità. Per riuscirci con Heechul aveva bisogno del legame. Legame che Kibum aveva promesso, nella sua ultima notte d’amore, a Jonghyun.
Heechul sogghignò. –Di certo il regno di Nihon ne sarà impressionato. –
Kibum sorrise di rimando, mentre l’altro gli prendeva la mano per baciargliela.
-Di certo non si faranno venire strane idee d’invasione -, si mostrò concorde Kibum.
Quello era un dato di fatto innegabile, dopotutto, e se doveva valutare del punto di vista strategico le decisioni di Heechul a malincuore era costretto ad ammettere a sé stesso che erano astute e ben ponderate. Bhe, non poteva aspettarsi nulla di diverso. Kim Heechul erano noto per essere un abile calcolatore ed il modo in cui gestiva il governo di Busan la diceva lunga sulle sue capacità.
Ancora appoggiato alla spalla del più grande, Kibum sospirò.
Nonostante la sua posizione particolare gli avesse sempre imposto di conoscere a fondo la natura di un legame di fratellanza, solo in quei giorni di preparativi Kibum aveva potuto rendersi conto di quanto stringerne uno fosse molto semplice. Un’assurdità se si considerava l’importanza del legame e le sue conseguenze. Lui ed Heechul non avrebbero dovuto fare altro richiamare le loro abilità, intrecciarle, non unirle come aveva fatto con Jonghyun, e fondere l’una nella pelle dell’altro, lasciando così sulle loro braccia dei fili rossi intrecciati. Un marchio indelebile. Il tutto con un testimone a fare da garante. Come uno splendido filo rosso visibile al mondo intero. Ma Kibum aveva imparato che vi erano fili molto più forti capaci di legare le persone e non per questo visibili ad occhio nudo. E lui lo sentiva, quel filo, lo tirava oltre le colline, verso il fiume. Tuttavia aveva deciso d’ignorarlo come s’ignora un male incurabile per continuare a vivere la propria vita. Lui aveva scelto di farlo, aveva imposto a sé stesso di farlo, per perseguire i suoi obiettivi. Doveva.
E per proteggerti, pensò. Comunque vada io ti proteggerò sempre.
Lanciò uno sguardo fugace alle tende sottili che oscillavano incorniciando la vetrata rettangolare, poi sbadigliò, si sentiva sonnolento a causa delle notti insonni passate a rigirarsi del letto.
Heechul gli accarezzò il capo.
-A quel punto -, fece Heechul come se avesse seguito parte del flusso dei pensieri di Kibum, - potrei sapere cosa provi quando ti bacio. –
Kibum alzò il capo e sorrise furbo. Ti assicuro che non ti piacerebbe, pensò.
Heechul gli schioccò un bacio umido sulle labbra.
-Perché non mi offri delle anticipazioni? –
Kibum gli rivolse uno sguardo obliquo da sotto le ciglia.
-Non è decoroso, Chul. –
-Aish, quanto sei crudele. –
Heechul si portò una mano al petto fingendosi affranto, poi posò dei piccoli baci sulle labbra del più piccolo che cercò di divincolarsi.
-Yah, così me le consumi e sono saranno più tanto belle. –
-Oh fidati Bummie, le tue labbra sono nate apposta per essere baciate da me e i miei baci non possono che renderle più belle. –
Kibum tirò su col naso ed incrociò le braccia. Se non fosse stato per la precarietà della situazione sarebbe scoppiato a ridere. Mesi addietro non si sarebbe fatto tanti scrupoli, tanto meno a rispondergli a tono. Ma ora non poteva permetterselo. Mise a tacere il proprio orgoglio e si limitò a rivolgergli un’unica parola.
-E’ ridicolo. –
Kibum tornò a sorseggiare il suo tè. Era una fortuna che, infondo, Heechul apprezzasse i suoi colpi di testa e le sue frasi taglienti, altrimenti avrebbe dovuto mordersi costantemente la lingua, cosa che già era costretto a fare spesso.
Si umettò le labbra assaporando l’aroma alla vaniglia del tè e chiuse gli occhi. Rilassarsi, ecco di cosa aveva bisogno. Se solo non ci fosse stato Heechul in giro.
Rivolse uno sguardo al più grande che lo fissava tamburellando le dita sulle gambe accavallate.
Heechul gli passò una mano tra i capelli e si chinò su di lui per imprimergli sulle labbra a cuore l’ennesimo bacio. Kibum emise un lieve sospiro rassegnato appoggiandosi allo schienale del divano, ma mai scelta fu più sbagliata perché quel piccolo spiraglio concesse all’altro di rendere subito il bacio di profondo. Il principe sbarrò gli occhi, sorpreso, poi mugugnò e li richiuse, mentre Heechul assaggiava la sua bocca e lo spingeva tra i cuscini. Una mano del più grande corse al suo fianco, mentre l’altra affondava tra le sue ciocche corvine e le sue labbra carnose si spostavano sul suo collo.
-Bummie – mugugnò Heechul.
Il più grande si puntellò sui gomiti, staccandosi per guardare gli occhi magnetici e stordenti del principe. Gli accarezzò il viso con il dorso della mano e si perse per qualche secondo nei tratti delicati di Kibum, gli occhi lucidi e le gote rossate, allo stesso tempo lasciò che il respiro affannato del più piccolo lo colpisse in viso, inebriandolo con il profumo di quella bocca invitante ed arrossata da mille baci. Sogghignò. Forse le stava davvero consumando. L’accarezzò con i polpastrelli bollenti in un gesto ormai diventato consueto. Il suo dolce micetto era una vera droga e lui ne era totalmente assuefatto, dalla consistenza setosa delle sue labbra a cuore e dal profumo delicato simile a quello della primavera. Era sempre stato così, ma dopo quel primo bacio Heechul percepiva scorrere con maggiore impeto il sangue nelle sue vene. Kibum smuoveva qualcosa d’indefinito in lui ed era fermamente convinto che, nonostante il principe facesse ancora il prezioso spocchioso, anche lui provasse altrettanto. Dopotutto, Kibum era sempre stato timido in quel senso ed Heechul lo trovava adorabile quanto una zuccherosa caramella nella sua carta lucida.
-Bummie -, ripeté di nuovo con un lieve affanno nella voce.
Kibum deglutì a vuoto ed Heechul continuò a fissarlo come se lo stesse studiando. Il suo disagio aumento, quel silenzio era più terrificante di mille parole.
-Sì? – domandò titubante. –Vuoi che ti baci? – suggerì timidamente.
-No –
Heechul gli accarezzò un fianco senza distogliere gli occhi e al principe gelò il sangue nelle vene.
Siwon!, lo chiamò mentalmente Kibum, allarmato.
-Signorino Kibum! -
Come evocato, la porta s’aprì all’improvviso ed apparve un Siwon trafelato. Il viso arrosato del cavaliere, probabilmente dovuto ad una lunga corsa, divenne ancora più paonazzo non appena vide il Lord di Busan piegato sul suo principe schiacciato tra i cuscini. Le mani di Siwon afferrarono il vuoto, benché nella sua mente desiderasse impugnare la spada e fare a pezzi Heechul.
Kibum scattò in piedi liberandosi di Heechul in malo modo, il quale rischiò di finire lungo disteso sul tappeto.
-Siwon -, disse Kibum in un soffiò lisciandosi gli abiti. –E’ successo qualcosa? –
Dimmi che hai trovato una soluzione!, pregò dentro di sé.
Gli occhi di Siwon corsero da un lord all’altro, poi dovette imporsi calma perché il suo viso si distese e la sua voce risuonò ferma.
-Perdonatemi -, tossicò, -ho scordato la vostra passeggiata pomeridiana. –
Kibum sgranò gli occhi.
Passeggiata pomeridiana…?, pensò confuso, oh ma certo!
Subito si riscosse e rivolse al cavaliere uno sguardo rassicurante, a giudicare dall’espressione Siwon sembrava più sconvolto di quanto non lo fosse lui.
-Oh non preoccuparti Siwon, arrivi giusto in tempo. –
Kibum unì le braccia sopra la testa e si stiracchiò, fingendo poi uno sbadiglio.
-Penso che mi farà bene una passeggiata o rischierò di addormentarmi. –
Heechul si raddrizzò, incrociò le braccia e gli rivolse un’occhiata di sbieco, poi afferrò il principe il polso mentre questi s’accingeva a lasciare la stanza.
-Dove pensi di andare? – chiese con una punta di fastidio nella voce.
Kibum sorrise innocentemente. –A fare una passeggiata, non ha sentito Chul? –
Heechul digrignò i denti, guardò Siwon con fare omicida e poi tornò a posare l’attenzione su Kibum.
-Credevo stessimo facendo…altro –
Kibum strinse le labbra simulando perplessità e fece spallucce.
-Hai detto che non volevi un bacio. –
Questa volta fu Heechul a fissarlo con perplessità. Davvero non riusciva a capire se Kibum fingesse di non comprendere i suoi desideri, e dunque si divertisse semplicemente a tenerlo sulle spine, o fosse così ingenuo ed innocente da non arrivarci. Heechul si umettò le labbra. Per quanto assurdo ed inconciliabile conoscendo Kibum poteva essere per entrambi i motivi, stava ancora riflettendo su questo dilemma quando il più piccolo gli schioccò un bacio sulla guancia prima di sparire, lasciandolo a bocca asciutta.
-Ci vediamo a cena, Chul! –
 
 
 
Kibum si guardò intorno, circospetto, si mosse tra i cespugli e raggiunse un luogo appartato dei giardini sotto un pergolato di glicini. I fiori rendevano l’aria profumosa, mentre degli uccelli cinguettavano sui rami ritorti.
Il principe incrociò le braccia e spostò il peso da una gamba all’altra, poi si schernì con un sorriso sprezzante, guardando le finestre aperte del palazzo che s’affacciavano sul giardino. Le tende danzavano al vento come a tentare la fuga dalla loro prigione di marmo. Anche a lui sarebbe piaciuto fuggire.
-Avreste dovuto concedermi il permesso di tagliarlo a metà mesi fa. –
La mano di Siwon corse d’istinto all’elsa della spada, ma si trattenne dall’estrarla.
-Vi giuro che…-
Kibum alzò una mano per zittirlo, serio. –Che non farai nulla. –
-Sign…Kibum! –
- Abbiamo cose più importanti di cui occuparci. –
-Con tutto il rispetto, la vostra incolumità è la cosa più importante per me. –
Le braccia sempre incrociate, Kibum sorrise. –E io te ne sarò eternamente grato. –
Siwon si schiarì la voce ed estrasse un foglio dalla tasca della giacca. – Non dovete temere, non lo sopporterete ancora a lungo -, disse soddisfatto.
Kibum sbarrò gli occhi ed afferrò il foglio, titubante. Si accorse che le sue mani tremavano solo quando l’aprì facendolo oscillare. I suoi occhietti felini corsero veloci su quella che si rivelò una mappa del palazzo reale e del suo intero sistema difensivo. Passarono i secondi, forse i minuti, scanditi dal silenzio animato solo dal cinguettio dei pettirossi, e Kibum continuò a fissarla senza capire. L’unica cosa chiara, e l’unico pensiero nella sua mente, era che lì doveva esservi la sua ancora di salvezza. L’espressione soddisfatta di Siwon ed il sorriso che tratteneva a stento la diceva lunga, eppure Kibum era troppo euforico per reagire.
-Questo è…-
-La nostra soluzione. –
Siwon indicò alcuni punti sulla mappa.
-Vedete questa galleria? –
Kibum seguì le dita di Siwon che avevano iniziato a muoversi tra un tratto d’inchiostro e l’altro. Annuì.
-La vedo ma…-
Il principe strinse gli occhi. Non conosceva quel tratto del palazzo e non poteva nemmeno trattarsi di uno dei soliti passaggi segreti, poiché li aveva già valutati attentamente e nessuno di essi era fatto al caso loro.
-Non la conoscete, vero?–
Siwon sembrava orgoglioso di sé stesso e Kibum bevve ogni sua singola parola ad occhi sgranati e luccicanti, imponendosi più volte concentrazione per non lasciarsi distrarre da tutti i pensieri piacevoli e lo scivolare via di ansie che quelle semplici righe d’inchiostro gl’infondevano.
-Si tratta di un vecchio passaggio che passa sotto la città, attraversa Soul dalle mura nord e giunge sino al palazzo reale per poi arrestarsi nei sotterranei vicino alle prigioni. Accedervi è molto semplice, ho già perlustrato le mura nord e ho trovato una grata che mostra chiaramente l’esistenza di una galleria nella stessa posizione indicata sulla mappa. –
Kibum era sconcertato. Se da un lato l’esistenza di quella gallerie gli forniva ciò di cui aveva bisogno, dall’altro lo metteva davanti ad un fatto evidente: il sistema difensivo aveva una falla bella grossa e, per quanto attualmente vantaggioso per lui, poteva rivelarsi molto pericolosa in caso di attacco nemico.
-Perché non ne abbiamo mai conosciuto l’esistenza? –
-Si tratta di un’antica via di fuga riservata alla famiglia reale, ma è caduta in disuso. Attualmente rientra nel sistema fognario della città ed è collegata ad alcuni canali minori. –
Kibum fece un mezzo sorriso. Dunque i Ribelli sarebbero entrati nel palazzo reale tramite il sistema fognario di Soul. Poteva quasi essere divertente. Di certo non s’immaginava Jinki ad arrancare in una fogna e nemmeno Minho, in quanto Taemin, bhe, lui era un’altra storia, dopotutto viveva costantemente in quella fogna che era la sua stanza, probabilmente si sarebbe sentito a casa, e Jong…
No, il suo nome non deve nemmeno sfiorarmi la mente.
Siwon si schiarì la voce. –Il suo unico accesso è la grata nord. Ho controllato i sotterranei è ho trovato il punto di collegamento, è stato accuratamente sigillato ma le tracce sono ben visibili. –
Kibum si accarezzò il mento. –Quanto pensi sia solido il muro in quel punto? –
Siwon sogghignò e Kibum valutò che quello era il sorriso più scaltro che avesse mai visto sul volto del cavaliere.
-Abbastanza, ma non per qualcuno dotato di abilità. –
Kibum sorrise a sua volta. I Lee non poteva di certo smuovere interi blocchi di mura o sfondare l’intero sistema difensivo di Soul, ma una piccola porzione di parete solida, in parte compromessa da lavori di rimaneggiamento, bhe, era tutta un’altra storia.
-Hai fatto un ottimo lavoro, Siwon. –
-Desiderate che invii un messaggio? –
Siwon era euforico quanto lui, probabilmente sarebbe stato disposto a tramutarsi lui stesso in un piccione viaggiatore per inviare quel messaggio e, sebbene molto titubante, Kibum valutò che, forse, era davvero l’unica soluzione.
Il principe incrociò di nuovo le braccia e passeggiò accarezzandosi il mento, pensoso. Non poteva rischiare d’affidare ad un piccione un messaggio tanto importante, nemmeno se scritto in codice. Dopo la sera del ballo Heechul non aveva espresso ulteriori perplessità sui movimenti di Siwon, ma Kibum non si sentiva tranquillo e desiderava prendere ogni precauzione possibile, tutt’al più Kyuhyun s’aggirava ancora dove non avrebbe dovuto con fare indagatore.
Kibum alzò gli occhi e guardò Siwon ancora in attesa di un suo ordine. Si massaggiò le tempie. Quella che si stava facendo strada nella sua mente era una mossa pericolosa, ma sembrava anche l’unica sensata per la riuscita del piano.
Ma non per me, pensò.
-No. Lo porterai tu. –
Privarsi di Siwon significava rinunciare ad una protezione solida e sicura, forse l’unica capace di tenere, quanto meno momentaneamente, Heechul alla larga. Ma era un sacrificio che era disposto a fare. Che doveva fare. Il messaggio era più importante.
Nonostante desiderasse stringersi nelle spalle per proteggersi dei brividi che avevano iniziato a scuotere il suo corpo, Kibum sparì di nuovo nella sua bolla e, distese le braccia lungo i fianchi, fissò Siwon con una nuova determinazione negli occhi.
-No -, fu la risposta secca di Siwon.
Le labbra a cuore di Kibum s’incurvarono in un sorriso divertito. No. Doveva immaginarselo.
-No -, ripeté di nuovo Siwon scuotendo il capo, come ad allontanare un pensiero molesto che gli era rimasto appiccicato alla mente.
-Se credete che sia disposto a lasciarvi qui, solo, con quel…pazzo… -
Siwon si morse la lingua rendendo bene palese il fatto che il termine che riteneva più consono per identificare il lord di Busan era ben altro.
-Ho visto cosa stava cercando di fare. No, il mio posto è qui con voi e non intendo perdervi di vista nemmeno per un secondo. –
Kibum l’ignorò. Non poteva lasciarsi distrarre dall’apprensione del cavaliere. Doveva solo agire.
-Imprimiti quella galleria nella mente e poi fa sparire la mappa, distruggila, è troppo pericolosa. Raggiungi il Rifugio, ti ho già spiegato dove si trova, e dì a Lee Jinki che ti mando io, se non dovesse crederti chiedi di Taemin, lui ti ha visto al mercato di quel villaggio la scorsa estate e si ricorda sicuramente di te. –
-Ma…-
-Non te lo sto chiedendo, Siwon, te lo sto ordinando. –
-Vi farà a pezzi nel suo trionfo. –
-Baderò a me stesso. -
Ciò che quel messaggio portava con sé era troppo fondamentale per correre rischi inutili, poteva essere, anzi era, l’unica via per permettere ai Ribelli di prendere il palazzo e l’unica speranza per Chosun. Erano tutti strumenti, tutti pedine che dovevano muoversi sulla scacchiera al fine di raggiungere un obiettivo più importante. Lui stesso non era che una mera pedina e, come tale, la regina era disposta a lasciarsi mangiare dal re avversario pur di giocare lo scacco matto finale.
Sorrise tra sé. A volte gli sembrava di essere Jinki e, proprio come il Leader gli aveva preannunciato, ora capiva molte cose.
Le responsabilità comportano dei sacrifici, rifletté mordicchiandosi il labbro.
Kibum si scoprì a fissare i fiorellini azzurri che puntellavano il prato, quando dei fruscii tra i cespugli lo costrinsero ad alzare il capo di scatto, risvegliandolo dalle proprie meditazioni. Si aspettava di vedere uno scoiattolo sparire tra il verde con una ghianda tra le zampette, ma ciò che invece intravide tra gli alberi oltre le aiuole lo pietrificò.
Kyuhyun, gridò la sua mente, allarmata.
Quel tizio spuntava sempre dove non avrebbe dovuto. Stabilire chi fosse più meticoloso tra lui ed Heechul era davvero un’impresa, ma in quel caso Kibum si sentì di considerare la presenza di Kyuhyun come frutto dell’antipatia e della diffidenza che nutriva verso di lui e Siwon. Il cavaliere di Busan aveva passato dei mesi troppo duri per abbassare la guardia e di certo non gli bastavano dei baci tra il principe ed il suo padrone per renderlo innocuo. Sempre che Heechul potesse considerarsi tale, cosa di cui Kibum dubitava ampiamente, tuttavia quanto meno poteva sviare la sua attenzione.
-Signorino…-
Kibum mosse un passo indietro e si riparò dietro la figura di Siwon, portandosi l’indice alle labbra.
-Kyuhyun ci sta osservando tra gli alberi -, sussurrò.
I denti di Siwon stridettero.
-Devi fare quello che ti ho detto -, sussurrò di nuovo il principe.
Lanciò un’occhiata a Kyuhyun che sembrava passeggiare con aria indifferente, ma Kibum sapeva che aveva le orecchie tese ed allerta quanto quelle di un coyote.
- Lascia il palazzo non appena avrò finito di urlare. –
Siwon lo guardò perplesso.
-Urlare? –
 
 
***
 
 
Heechul giocherellò con l’argenteria e tamburellò le dita sul bracciolo della poltrona. Le gambe accavallate e l’espressione irritata, il lord fece scivolare lo sguardo sul lungo tavolo imbandito. Tutto era pronto per la cena, i bicchieri di cristallo rilucevano sotto le luci del lampadario che pendeva al centro della sala, la frutta era lucida e polposa ed uno squisito arrosto ripieno campeggiava su un vassoio d’argento. Era tutto perfetto. Solo la poltrona all’altro capo del tavolo stonava nella sua vuotezza.
Dove diamine è finito?, si chiese.
Heechul continuò a tamburellare le dita sul bracciolo seguendo il ritmo delle lancette dell’orologio.
Dov’era Kibum? Che intendesse arrivare solo con il dessert? Di certo poteva considerarsi un pensiero divertente se non fosse stato che Heechul iniziava ad essere parecchio irritato. Quella giornata era iniziata con tutt’altre prospettive.
La porta s’aprì ed il suo viso s’illuminò prima di corrugare la fronte.
-Kyuhyun -, disse annoiato.
Il cavaliere accennò un inchino che Heechul considerò fin troppo irriverente, ma decise di lasciar correre, aveva altri pensieri per la testa.
-Sua grazia fa sapere che è indisposto e non può raggiungervi. –
Heechul roteò gli occhi. Serviva pazienza con Kibum, molta pazienza.
Avrà mangiato troppi dolci a merenda, pensò.
Guardò Kyuhyun che aveva uno strano sorrisetto in viso e sbuffò.
-Cosa fai ancora qui? Vuoi un invito a cena, forse? –
Kyuhyun si sedette all’altro capo del tavolo.
-Sfrontato -, sibilò Heechul.
Il cavaliere doveva essere impazzito perché si era comodamente seduto sulla poltrona di fronte a lui ed aveva iniziato a spiluccare degli acini d’uva.
-Quel cane di Siwon ha lasciato il palazzo -, disse divertito.
Heechul sgranò gli occhi e sbatté le palpebre, drizzandosi subito a sedere. Siwon aveva lasciato il palazzo? Questa notizia avrebbe dovuto renderlo euforico, il cavaliere era una vera palla al piede per i suoi progetti personali ed un’arma potenzialmente pericolosa, tuttavia la notizia lo rese inquieto. Perché Siwon lasciva il palazzo a sole poche settimane dal grande evento? Era sempre stato al fianco del principe. Doveva preoccuparsi, considerarlo un campanello d’allarme, o forse si stava di nuovo lasciando trasportare dall’ansia?
-Quando? –
-Poche ore fa. –
-E tu me lo dici ora? –
Kyuhyun si versò del vino e sorseggiò.
-Ha avuto un’accesa discussione con sua grazia, credevo aveste sentito le amorevoli urla del vostro promesso risuonare per tutti giardini. –
Il cavaliere si umettò le labbra.
-Vi giuro che non avevo mai udivo un concerto composto da tali armoniosi acuti. Impressionate. E pensate: è tutto vostro. –
Heechul lo guardò di sbieco inarcando un sopracciglio ed accarezzandosi il mento. Kyuhyun era decisamente troppo baldanzoso ed irriverente.
Ha respirato troppo la mia aria, pensò, un giorno mi fregherà.
-Dunque l’ha cacciato -, rifletté ad alta voce.
-Così pare. –
Kyuhyun sogghignò ed Heechul iniziò a massaggiarsi le tempie. Era una splendida notizia, eppure strana. Che cosa poteva aver scatenato l’ira del suo micetto al punto da cacciare Siwon? Tra tutti gli scenari possibili questo superava di gran lunga le sue aspettative.
- Volete che lo insegua? –
-Taci, sto cercando di pensare. -
Perché? La sua mente si stava adoperando per trovare in tutto questo un secondo fine, ma non ne vedeva. Certo era strano, o forse solo un caso molto fortuito. Che fosse tutta una montatura? Ma per cosa? Per mettersi in contatto con chi? Ripensò ai messaggi inviati dal cavaliere.
Scosse il capo.
No, non aveva alcun senso.
Lui ha solo me e lui e solo mio, pensò.
Si passò una mano sul viso.
-Signore? –
-No –
-No? – ripeté Kyuhyun, perplesso.
Heechul lo fulminò.
Dopotutto cosa gli poteva importare di Siwon? Era uscito di scena e questo non poteva che essere un bene. Doveva levarsi dalla testa quegli assurdi sospetti. Non avevano alcun senso, soprattutto perché Kim Kibum non aveva legami al di là delle mura del palazzo ed anche al suo interno aveva ed aveva sempre avuto solo lui, Heechul. Qualunque diverbio fosse nato tra il principe e la sua guardia del corpo non poteva che essere accolto come positivo, perché lo liberavano di un impiccio non indifferente.
Sorrise tra sé.
Il resto non erano che le mere farneticazioni della sua mente eccitata e troppo calcolatrice. Poteva essere solo così, doveva essere così.
 
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
 
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Alla prossima!

 
 
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