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Autore: Stella cadente    18/06/2017    6 recensioni
Hogwarts, 2048: dopo la Seconda Guerra Magica e una lunga ricostruzione, la Scuola di Magia e Stregoneria è di nuovo un luogo sicuro, dove gli studenti sono alle prese con incantesimi, duelli con compagni particolarmente odiosi, le loro amicizie e i loro amori – come qualunque giovane mago o strega.
Ma Hogwarts cova ancora dei segreti tra le sue mura; qualcosa di nascosto incombe di nuovo sul mondo magico e sulla scuola, per far tornare un conto in sospeso rimasto sepolto da anni...
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«Che cosa gli è successo?»
Il Preside sospirò.
«Anni fa, Black era Preside, ma... ben presto fu chiaro a tutti quale fosse la sua reale intenzione. Non voleva fortificare Hogwarts, bensì renderla più intollerante. Tutti noi insegnanti abbiamo temuto, finora, che tornasse. Io l’ho sconfitto ed esiliato, ed io l’ho privato di quello che era il suo posto. Un posto ambito, e soprattutto influente.»
[...]
«Ascoltami, Elsa» riprese, con tono cupo. «Fa’ attenzione, soprattutto al tuo potere. C’è bellezza in esso, ma anche un grande pericolo.»
Pausa.
«Ricorda», aggiunse, «la paura sarà tua nemica.»
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13.


«Tu ami molto gli animali, vero?»
Aurora sobbalzò appena quando sentì la voce familiare di Philip giungerle alle spalle.
«Oh, ciao» si limitò a dire, distogliendosi dalla sua Puffola Pigmea, che rotolò vicino a lei rivolgendo i grandi occhi al ragazzo. «Beh... sì» si strinse nelle spalle, mentre un sorriso leggero si dipingeva sul suo viso roseo. «Stavo facendo giocare Tosca in mezzo ai Frullobulbi» disse timidamente, guardando con amore il suo animaletto e portandosi una ciocca bionda dietro l’orecchio.
Philip aveva aspettato che la lezione di erbologia finisse, e mentre i suoi compagni – che parlavano ancora delle prove per la partita di Quidditch – sciamavano nei corridoi insieme ai Tassorosso, era rimasto per cercare Aurora.
Da quella volta vicino al Lago Nero non si erano più visti, né parlati; il Grifondoro avrebbe tanto voluto farlo, ma lei era sempre inafferrabile. Ultimamente la vedeva molto spesso insieme ad un altro ragazzo della sua Casa, e si chiedeva se non fosse che avesse deciso di allontanarsi definitivamente da lui.
Per fortuna, per il momento non gli stava dando quell’impressione.
«Tosca? Intendi come...»
«Come Tosca Tassorosso, la Fondatrice della mia Casa» finì lei, guardandolo raggiante. Philip sorrise; ogni suo gesto, ogni sorriso, ogni parola accarezzata dalla sua voce delicata sembrava così naturale e dolce da dargli alla testa.
«Ti fa molto onore questa cosa» le disse, sincero.
La ragazza si strinse nelle spalle, poi gli chiese, con quei suoi occhi azzurri e trasparenti che lo guardavano: «Volevi dirmi qualcosa?»
«Io...» balbettò. «Io, sì, insomma... volevo sapere se ti andava di continuare a vederci come l’altra volta.»
Lei sembrò volersi tirare indietro; esitò, infatti, poi però disse gentilmente: «Per me va bene. Con te passo il tempo molto volentieri, Philip.»
Anche la Puffola – Tosca – sembrò felice, perché fece un versetto di apprezzamento. «Visto?» la indicò Aurora. «Piaci anche a lei» disse, facendo rotolare la creaturina sulla sua spalla.
Restarono a guardarsi per qualche attimo; poi la Tassorosso disse, timidamente: «A proposito: mi dispiace per non essermi fatta più sentire» fece una pausa. «Ma stasera, per farmi perdonare, vorrei mostrarti una cosa. Incontriamoci dopo cena, davanti alla mia Sala Comune. Ci stai?»
Il Grifondoro sorrise, felice.
«D’accordo» disse. «A dopo.»
 
 
Come stabilito, quella sera si fece trovare alla Sala Comune dei Tassorosso, curioso di vedere cosa avesse in mente Aurora. Si era sforzato in tutti i modi di immaginare che cosa avesse in serbo per lui, ma si era arreso quando era arrivato alla conclusione che quella ragazza fosse imprevedibile.
Chissà che cosa vorrà farmi vedere di così importante.
Rimase piacevolmente sorpreso quando vide che, nello stesso momento in cui si fermava di fronte alla porta, questa si apriva e l’immagine esile della ragazza compariva sulla soglia. Sorrise, dicendole un “ciao” educato e gentile.
Lei se la richiuse spalle, ricambiandolo con un grande sorriso cordiale. Il suo entusiasmo malcelato era contagioso: sembrava una bambina che sta per mostrare al fratello maggiore il giocattolo nuovo. «Allora, sei pronto?» gli chiese, raggiante.
Philip aggrottò le sopracciglia, chiedendosi per l’ennesima volta che cosa avesse in mente. «Beh» disse, alzando le spalle. «Non sto nella pelle» ammise.
Quella frase la fece sorridere di più.
«Guarda» disse, emozionata. Si frugò nella tasca dell’uniforme e ne tirò fuori una bottiglietta, straordinariamente grande per entrare nella minuscola tasca del maglione.
«Come hai fatto a farcela entrare?» gli scappò infatti.
«Incantesimo di estensione invisibile» si limitò a dire, come per sminuire la cosa. «Philip, questo è un oggetto magico straordinario» aggiunse poi, mostrandogli la bottiglietta.
Il Grifondoro si avvicinò e fissò l’oggetto; la bottiglietta era piena di una strana polvere magica rosa e celeste, che fluttuava nel vetro trasparente come dotata di una vita propria.
«Questa è Polvere Trasportante» continuò Aurora, anticipando la domanda che stava per farle. «È rarissima: me l’ha mandata mia zia Serena poco tempo fa. Da quando, durante il mio terzo anno, sono incappata nel termine leggendo, ne sono sempre stata molto incuriosita. E adesso che mi è stata regalata... Oh, Philip, è un sogno» sorrise, mettendo in mostra i denti bianchissimi.
«Ah» fece lui. «E... che cosa fa?» aggiunse, sempre più perplesso.
Sul viso dolce di Aurora si disegnò un’espressione enigmatica: «Lo vedrai.»
Stappò la bottiglietta in un colpo solo, e la polvere li avvolse.
 
 
La sensazione era molto simile a quella provocata da una Passaporta: le cellule del suo corpo parevano spaccarsi e riassemblarsi continuamente. Durò pochi secondi, poi Philip batté la testa su un terreno duro, tra dei sottili fili d’erba che gli punsero subito il viso. Avvertì subito una brezza fredda, che gli scompigliò i capelli e gli strinse le guance tra le sue dita gelide.
Strizzò gli occhi per il dolore e il fastidio, ma quando sollevò la testa, il panorama lo lasciò a bocca aperta.
Di fronte a lui, il cielo notturno incorniciava un enorme castello, che svettava maestoso. Sembrava che le sue guglie potessero toccare la luna: dovette stare con il naso in aria per una manciata di secondi, per rendersi conto di quanto fosse alto.
Alle sue spalle, invece, si stagliava in lontananza una fitta brughiera; un ammasso intricato di rami e piante che intessevano una verde e labirintica tela naturale, arricciandosi in un paesaggio che sembrava uscito da un quadro.
Non sapeva come avessero fatto a passare da Hogwarts a quel posto sconosciuto; aveva già imparato a smaterializzarsi l’anno prima, ma quello era diverso. Sembrava più che si fossero ritrovati in un antico regno... forse medievale, forse no. Ma di sicuro era fuori dal loro tempo.
«Sai che qui sono una principessa?» lo riscosse la voce di Aurora.
«Stai scherzando?»
«No, per niente. Mi chiamano Principessa Aurora. Vieni, ti faccio vedere.»
Spalancò i portoni del castello in un gesto che parve terribilmente automatico – come se lo facesse tutti i giorni – e subito si ritrovarono in un grande salone.
Philip restò per la seconda volta senza parole: la luce dei candelabri in bronzo appesi al soffitto regalava all’immensa stanza una luce soffusa; in fondo, calde fiamme danzavano dentro un gigantesco camino, mentre arazzi raffiguranti scene di battaglia erano appesi alle mura in pietra. Vicino al camino, vi era un lungo tavolo in legno con un candelabro poggiato sopra, mentre poco più avanti, un tappeto color vinaccia che sembrava molto pregiato ricopriva il pavimento, anch’esso di pietra. Anche Hogwarts risaliva al medioevo, e l’arredamento delle Sale Comuni delle varie Case era ispirato a quello stile; ma quella volta sembrò tutto talmente vivido da essere...
«È un incantesimo di illusione?»  chiese il ragazzo.
«No» rispose Aurora, fiera.
«Quindi mi stai dicendo che tutto questo è reale?» proseguì, sbigottito.
«Esattamente. È come una giratempo; devo ancora capire bene come funziona, ma a quanto pare la polvere vuole che io arrivi qui, per qualche ragione.»
«Wow» fece, sottovoce. «In che anno siamo?»
«Nell’anno in cui ha avuto origine la mia famiglia: il 1340. È per questo che ho usato la polvere, finora: a quanto pare, le mie zie volevano che lo vedessi con i miei occhi.»
«E scusa, per quale motivo non ti hanno raccontato tutto loro stesse?» Philip aggrottò le sopracciglia: c’era qualcosa che non lo convinceva. Soprattutto visto e considerato che Aurora era talmente presa dalla novità da non essere in grado di vedere le cose negative.
«Principessa Aurora! Principessa Aurora!» li interruppe una voce gentile. Un’anziana e bassa signora, con indosso un abito verde, trotterellò loro incontro velocemente; il ragazzo notò subito che sembrava preoccupata.
«È successo qualcosa?» chiese subito la sua amica. «Sembrate preoccupata, zia» fece, dando voce ai suoi pensieri.
È sua zia?
«In effetti qualcosa c’è» ingiunse un’altra signora, che si fece avanti con voce grave. Indossava un abito di broccato rosso che le stava benissimo, ma la faccia era tutt’altro che splendente.
«Vedete Principessa» prese parola un’altra ancora – stavolta vestita di blu – esordendo senza mezzi termini. «C’è qualcuno che vi dà la caccia. Anche se non sappiamo chi sia.»
«Come è possibile?» intervenne Philip, che fino a quel momento era rimasto solo a pensare a quanto fosse surreale quella situazione.
«Non lo sappiamo, purtroppo» continuò la donna che aveva parlato per prima, mortificata. «Qualcuno di malvagio vuole la Principessa Aurora. Noi... ecco, lo percepiamo, nell’aria. Lo sentiamo.»
«Che vuol dire?» fece il Grifondoro.
«Che noi fate sentiamo le cose prima di voi» fece brutalmente la donna vestita di blu. «E se c’è qualcosa che non va, puoi giurarci che saremmo le prime a saperlo.»
«È meglio che tu ti nasconda, Aurora» consigliò saggiamente la signora con l’abito rosso, poggiandole una mano sulla spalla. «E ora va’, subito!» la esortò. «Non restare qui un secondo di più. E non tornare fino a che non avremmo capito meglio com’è la situazione. Ti daremo notizie, non preoccuparti.»
«Dobbiamo andare, Philip» disse la ragazza, «Dobbiamo tornare ad Hogwarts e parlarne a Merman.»
«Direi di sì» disse il Grifondoro, stringendole istintivamente la mano.
Aurora afferrò la bottiglietta, agitando la bacchetta sopra la sua apertura.
Di nuovo, vennero risucchiati al suo interno.
 
 
«Non mi avevi detto che le tue zie erano fate» disse Philip, non appena riapparvero di fronte alla Sala Comune di Tassorosso.
«Io non ci trovo niente di strano» rispose Aurora, mettendo la bottiglietta nella tasca del maglione. «Piuttosto, sono molto turbata da quello che mi hanno detto. Chi mai vorrebbe darmi la caccia?»
Philip non seppe cosa dire di fronte alla sua domanda.
«Io non conosco nessuno...» continuò lei, con gli occhi persi nei suoi pensieri. «E non vedo perché qualcuno possa volermi fare del male; sono sempre stata gentile con tutti...»
Ed era vero, Aurora era gentile con chiunque, anche con chi non se lo meritava. Quindi chi poteva avercela con lei?
«Se questo è uno scherzo, è davvero di pessimo gusto» sentenziò il ragazzo, un po’ alterato. «Chi altro sa di questa polvere?»
La Tassorosso fece spallucce. «Nessuno: solo tu, a parte me.»
Silenzio.
«La cosa non mi piace» disse lui. «Hai ragione. Dovremmo parlarne con Merman. Non è un oggetto magico qualunque, quello che possiedi. Qualcuno potrebbe sfruttarlo per scopi non proprio nobili.»
Quello che successe poco dopo aver detto quella frase lo lasciò di stucco.
«Non voglio che la veda.»
La voce di Aurora era cambiata.
Si era fatta più seria, più cupa. E adesso lo guardava con occhi vitrei, come se lo stesse fissando senza però vederlo davvero. Un’ombra era calata sul suo sguardo; un’ombra improvvisa, che fece provare al Grifondoro un fortissimo impulso di allontanarsi da lei.
«Aurora» insistette Philip, «lo hai detto tu stessa. Dobbiamo farla vedere al Preside. Qualcuno ti sta osservando.»
La ragazza sorrise, ma fu un sorriso che gli sembrò in qualche modo falso. «Non preoccuparti per me. Vedrò di venirne a capo.»
Silenzio.
«Buonanotte, Philip. Grazie per essere venuto con me, stasera.»
Parve essere di nuovo tornata in sé, ma in lui ormai era svanita tutta la spensieratezza iniziale.
«Buonanotte, Aurora» le disse solo, prima che sparisse dietro alla porta rotonda della sua Sala Comune.
Mentre saliva le scale per arrivare al suo dormitorio, pensò tutto il tempo a cosa diavolo stesse succedendo.
Perché sei cambiata così di colpo? Che cos’era quell’ombra?
Una risposta inquietante gli balenò in mente come una coltellata.
Magia oscura.
Ma chi c'è dietro?
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Salve, lettori. Mi sembra incredibile: sono tornata, dopo mesi, su EFP. Mi dispiace moltissimo per non esserci stata ma... c'è un motivo. Ebbene, quest'anno ho avuto la temutissima maturità.
E ora sono ancora sotto gli effetti dello studio matto e disperatissimo.
Ciononostante, ho deciso di riprendere questa storia; essendo ormai agli sgoccioli e avendo già altri cinque o sei capitoli pronti, ho pensato che fino alla fine degli orali potrei farcela a pubblicare un paio di capitoli, e infine - una volta che sarà tutto terminato -  dedicarmi interamente a questa fic.
Capirò se avrete difficoltà a seguirmi di nuovo, ma spero davvero di trovarvi tutti.
Scusatemi ancora, spero che mi farete sapere che ne pensate.
Un bacione,
Stella cadente

 



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«Buonanotte, Philip. Grazie per essere venuto con me, stasera.»
Parve essere di nuovo tornata in sé, ma in lui ormai era svanita tutta la spensieratezza iniziale.
«Buonanotte, Aurora» le disse solo, prima che sparisse dietro alla porta rotonda della sua Sala Comune.
  
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