Tutto era tornato alla normalità, Hibari si guardò attorno notando che nessun poppante era rimasto e  che i guardiani erano tornati alla loro normale età, tra tutti però mancava qualcuno, l’ideatore di quello strambo piano.
“Comunque.” Iniziò Gokudera facendo voltare tutti
“Dov’è Tsuna?” Chiese, magari rubando la domanda al braccio destro del Boss, Yamamoto.
“E’ subito salito in superficie.” Disse Irie sorridendo, Tsuna stava bene e sembrava che ogni peso fosse sparito dalle sue spalle.

Kyoya si allontanò dagli altri, ormai nessuno tentava più di fermarlo, salì in superficie senza dare conto a nessuno e lo vide: era in piedi vicino alla bara nera che aveva contenuto il suo corpo durante la sua non-morte.
“E’ stata dura per gli altri vedermi qui dentro?” Chiese Tsuna, a volte il moro si dimenticava della sua iper-intuizione.
“Il poppante della famiglia Bovino ha pianto come un matto e il tuo adorato braccio destro lo insultava piangendo, una scena patetica.” Disse quasi scocciato, ricordava bene quel giorno, tutti erano rimasti attorno a quella bara e per la prima notte nessuno aveva osato allontanarsi da lì.
“Tu invece?” Alla fine quella domanda era arrivata, ma Kyoya era preparato, erse nuovamente un muro davanti a se e rispose ghignando.
“Perché avrei dovuto versare qualche lacrima sapendo che non eri morto veramente?” Chiese divertito, sapeva che era tutto un piano, sapeva che era tutto finto, eppure quando lo aveva visto così piccolo in quella bara troppo grande per lui, quando aveva visto i fiori candidi circondarlo si era sentito morire.
Tsuna sorrise serafico e si voltò verso di lui, da quanto tempo non guardava i suoi occhi.
“Mi dispiace, ti ho dato un bel peso da tenere sulle spalle.” Ammise realmente dispiaciuto.
Hibari spalancò gli occhi e strinse i pugni, perché si stava scusando? Perché lo guardava con compassione?
Il corpo del moro si mosse da solo, afferrò il colletto bianco della camicia del boss e lo strattonò con forza “Pensi che questo basti, eh? Pensi che delle scuse possano mandare via tutto il dolore che ci hai fatto passare – che mi hai fatto passare – pensi che ogni cosa si risolva così?!” Era furioso, era ferito ma soprattutto si sentiva così frustrato in quel momento.
“No, non bastano queste scuse, non basterebbero le scuse di tutta una vita per farmi perdonare.” Gli occhi di Tsuna rimasero dolci mentre guardavano il suo guardiano della nuvola “Però sono contento che tu mi abbia detto come ti sei sentito.” Ammise prima di abbracciarlo con forza, il castano aveva sentito il dolore dietro quelle parole e questo gli aveva fatto fermare il cuore per qualche secondo.
Kyoya lo allontanò bruscamente, fissò il suo viso sempre calmo e decise che era ora di cancellare quel sorriso sereno, baciò con forza quelle labbra, le morse fino a sentire il sapore ferroso del sangue e solo quando sentì Tsuna mugolare di dolore si allontanò; guardò il labbro inferiore del suo boss sanguinare e si leccò le labbra.
“Prova a fingere di morire un’altra volta e giuro che ti ucciderò sul serio io con queste mie mani!” Minacciò cupo fissando il castano.

Tsuna si strofinò il dorso della mano contro la bocca e gli sorrise “Non ho più intenzione di lasciarti, Kyoya.” Ammise dolcemente, bastò quel nome sussurrato con dolcezza a far sciogliere appena il guardiano della nuvola che per quella volta gli concesse un lieve abbraccio; non lo avrebbe mai ammesso ma gli era mancato immensamente, senza il cielo le nuvole non erano in grado di muoversi liberamente.