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Autore: imdreaming_saffo    18/06/2017    0 recensioni
Quando Overwatch si riunisce, dopo la chiamata di Wiston, Lena 'Tracer' Oxton sa che vuole tornare a combattere per il bene e la giustizia. Non sa che le attenderà un futuro che metterà a dura prova la fede in tutto ciò che credeva. Il passato riaffiora insieme ad un nuovo avvenire, con un'inaspettata conoscenza...
[ Widowtracer ]
Genere: Azione, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Yuri, Crack Pairing | Personaggi: Amélie 'Widowmaker' Lacroix, Lena 'Tracer' Oxton, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Tracer.

Me ne stavo sulla finestra con lo smartphone fra le mani. Sentivo perfettamente lo scrosciare dell'acqua della doccia, ove si trovava in quel momento Widowmaker.
Erano passati un paio di giorni da quando era tornata a casa, provando ad imbrogliarmi.
Forse l'unica parola per definire quella situazione era "impasse"; non sapevo come agire, come poter risolvere quella situazione di stallo. Sapevo che se mi fossi rivolta ad Overwatch non avrebbero fatto altro che definirmi una voltagabbana e avrebbero preso in custodia sia me che la francese. 
L'unica possibilità era quella di portare la donna lontana da Londra... ma come? Con ogni probabilità l'organizzazione stava tenendo sotto controllo aeroporti e stazioni, per intercettare il prima possibile l'assassino.
Affondai i denti nel labbro inferiore, prendendo un respiro profondo. Non potevo trovare una soluzione da sola, avevo bisogno di aiuto. Premetti il tasto di accensione del telefono e attesi, storcendo le labbra quando mi ritrovai una centinaia di chiamate perse e messaggi. Diedi un'occhiata veloce, notando che la maggior parte erano di Emily: era preoccupata per me data la mia totale assenza in quei giorni. Che pessima fidanzata che ero, ma purtroppo se mi fossi fatta sentire sarebbe stato solo un rischio, dopotutto nessuno sapeva che fine avessi fatto ne dove fossi. 
Per un pelo non mi cadde il telefono dalle mani quando iniziò a vibrare, con la foto dello scimmione che inondava lo schermo illuminato.
Presi un sospiro profondo prima di rispondere e portare il telefono all'orecchio.

« Oya, ragazzon... »

« Lena Oxton! » tuonò la voce di Wiston all'apparecchio, ovviamente agitata e infuriata al tempo stesso. « Dove sei!? Sei nei guai, signorina. In guai molto seri! Non so cosa ti... »

Sollevai gli occhi al cielo: come volevasi dimostrare il gorilla era completamente nel pallone, in un misto di ansia e rabbia. Avevo scostato il telefono dall'orecchio, per non sorbirmi tutto quel ciarlare, eppure a quella distanza continuavo a sentire la sua voce. 
Tornai a portarmi il telefono all'orecchio per parlare solo quando notai che quell'esplosione si era conclusa in un sordo silenzio. 

« Wiston... sono a Londra e hai ragione, sono nei guai. Tesoro, mi serve il tuo aiuto. » iniziai, sperando che mi aiutasse. Nella mia voce si poteva leggere tutta la tensione che, da un po' di tempo a quella parte, mi aleggiava attorno.

« Ti ascolto. » disse immediatamente, senza pensarci nemmeno due volte, con quella voce roca e calda al tempo stesso. 
Ed eccolo lì, il mio migliore amico, la persona che mi avrebbe aiutato in ogni istante senza se e senza ma.
Iniziai a parlare, gli spiegai perché ero a Londra e perchè non mi ero fatta sentire. Lui non parlò molto, limitandosi a qualche sospiro, forse per lasciare spazio a me, dato che già era difficile per me spiegare il perché, per quanto assurdo fosse il motivo, avessi tradito Overwatch.
Alla fine rimasi in silenzio, pronta per i rimproveri che sapevo sarebbero arrivati.

« Dovevo capire che cosa avevi in mente, Lena. Ora dobbiamo solo capire come sviare Overwatch, sono riuscito a tenere l'organizzazione lontano da te. Il comandante Morrison non si è ancora accorto della tua assenza, o almeno così credo. Non mi hanno informato di nulla, solo che la loro missione era fallita. » disse Wiston, lasciandomi stupita.

Sollevai le sopracciglia, schiudendo appena le labbra. « Nessuna ramanzina? »

Dall'altro capo del telefono lo sentii ridere. « Hai agito come meglio credevi e sai come la penso su Widowmaker. Per quanto tu sia nei guai fino al collo, il fine giustifica i mezzi. »

« Ragazzone... mi dispiace così tanto averti fatto preoccupare. » mormorai, stringendo appena di più il telefono. Un estremo senso di colpa mi stava attanagliando lo stomaco; non avevo avvertito Wiston fin dall'inizio per paura che mi tradisse... che stupida che ero stata.

« Con chi stai parlando? »

Sobbalzai sul posto e per poco non mi cadde di nuovo il telefono da mano. Lo allontanai dall'orecchio, mentre mi giravo di scatto verso la voce di Widowmaker e rimasi completamente pietrificata sul posto.
Se ne stava poco distante da me, con solo l'accapatoio a coprirla. Sul petto  potevo intravedere delle gocce d'acqua che scintillando avevano lasciato una scia sulla pelle viola fino all'incavo fra i sen....
Oh, cavolo, Lena! Concentrati!

« A-Amèlie, non ti avevo sentita... » borbottai spostando immediatamente lo sguardo per guardare altrove. Sperai con tutta me stessa che non avesse notato quell'attimo ma, ovviamente, sembrava più un illudermi.

La sentii emettere un sospiro secco. « Mhmh... Manda i miei saluti allo scimmione, cherì. Io vado a finire di sistemarmi. Dopo dobbiamo parlare. » disse semplicemente, per poi tornare in bagno esattamente come era arrivata: senza far rumore, come un fantasma.

Diventai rossa come un peperone.

« Lena? Ci sei ancora? Widowmaker è lì? » sentivo la voce di Wiston provenire dal telefonino e, con un sospiro, me lo riportai all'orecchio.

« Si... cioè, era. Mi ha fatto prendere un colpo. Ascolta ragazzone mi farò sentire, ora devo andare, okay? » 

Ci fu un silenzio dall'altro capo del telefono, poi finalmente il mio migliore amico decise a parlare. « Va bene, stai attenta. »


 -

« Intercettate!? Cosa!? » esclamai, sgranando gli occhi sorpresa da quelle parole e al tempo stesso iniziai a considerarmi una stupida. Beh, perché lo ero. Era così scontato e ovvio eppure avevo commesso un terribile errore.

« Accendere il cellulare e chiamare il tuo amichetto è come gridare "Ehi, sono a Londra, perché non mi passate a trovare?". » sospirò la donna francese che se ne stava ad osservarmi seduta sul divano, con le gambe accavallate. Sembrava tranquilla, come se non fosse una cosa così grave anche se, a dirla tutta, lo era.

Mi battei una mano sulla fronte, gettando poi il capo al cielo. « Stupida! Stupida che sono! Stupida, stupida! » esclamai, per poi sentir ridacchiare Widowmaker. 
La guardai, aggrottando la fronte. Quella sua risata era così poco naturale... come se stesse recitando. 

« Abbiamo ancora del tempo, credo. Ma prima di tutto devi spegnere il telefono e... » stava dicendo, per poi essere interrotta dallo squillare dell'oggetto in questione. 
Entrambe lo fissammo per un attimo come se fosse una bomba ad orologeria.
Guardai per un attimo negli occhi scintillanti dell'assassina, prima di avvicinarmi al telefono e controllare lo schermo. Dava Sconosciuto.

« Metti in viva voce. » disse lei, atona.

Un po' titubante andai a rispondere, facendo come richiesto. « Sì? »

Uno sbuffo provenì dall'apparecchiarura. « Ah, araña! Ho capito che te la stai spassando con la chica ma almeno non far aspettare gli amici! »

Sollevai le sopracciglia di scatto nel sentire la voce femminile - con un'intenso intercalare... spagnolo? Messicano? - sconosciuta che mi arrivò dall'apparecchio. Mi voltai verso Amèlie e lei stava sollevando gli occhi al cielo, visibilmente innervosita. 
Posai il telefono sul tavolino e andai a sistemarmi sul divano dal lato opposto rispetto al suo, rimandando ovviamente in silenzio.

« Che diavolo vuoi, Sombra? » sibilò la francese, fissando il mio cellulare come se volesse perforarlo con uno dei suoi proiettili.
Ah, ecco chi era, Sombra, la ladra, l'hacker. 
Lavorava con la Talon?

« È così che si tratta un'amica, arãna? Sopratutto un'amica che vuole aiutarti? » la voce della donna era... ambigua. Non sapevo come decifrarla, sapevo solo che m'irritava e non poco. 

A quanto pareva, faceva lo stesso effetto anche ad Amèlie. « Vuoi girarci ancora intorno? Arriva al punto e basta. »

« Mh... un uccellino mi ha detto che l'ex - se ancora possiamo considerarlo così - comandate di Overwatch vuole sia te che il nostro amico amante degli AC-DC. Ma forse questo già te l'ha detto Tracer... sei tu che hai risposto, vero niña? Ho sentito molto parlare di te, dell'incidente con lo slipstream, la tua malattia, l'accelleratore temporale... hai una storia interessante devo ammett... »

« Sombra! » la riprese Amèlie, che si era rimessa dritta con la schiena, le gambe non più accavallate, protesa verso il telefono. Ora più che irritata sembrava aggressiva, glielo potevo leggere negli occhi dorati come quelli di un felino. 

Una risata provenì dal telefono, che si concluse con un piccolo e teatrale colpo di tosse. « Va bene! Ho capito! Aia, qui qualcuno è geloso. E io che volevo scambiare qualche parola con te, Tracer, ma credo che ce ne sarà l'occasione. In ogni caso... l'uccellino ha ascoltato un paio di chiamate e letto un paio di rapporti. La squadra di Jack Morrison sa che la tua fidanzatina non è alla base, blu pepe. Ma pensa che tu l'abbia presa in ostaggio... quindi... buon per te. Quegli idioti credono che la fish-and-chips li abbia seguiti ma che tu l'abbia trovata. 
Se fossi in te proverei ad eliminare uno di loro come avvertimento e me la darei a gambe.
Adesso devo andare, bella chiacchierata, adios. » e la linea cadde.

Sia io che Amèlie restammo perfettamente immobili, a guardarci. 
Il suo volto era una linea dritta, nessun espressione, nemmeno pareva che stesse riflettendo. Se non fosse stato per quegli occhi così penetranti l'avrei potuta scambiare per una statua. 
Si alzò dal divano.

« Non starai pensando di... » iniziai io, imitandola, avvicinandomi a grandi passi verso di lei.

La vedevo, stava recuperando la sua attrezzatura e si fermò solo un attimo per voltarsi verso di me. « Sombra non è una stupida, ha ragione. Un avvertimento. Sono gli ordini e poi ci volatilizziamo. È l'unica cosa da fare. »

« No che non è l'unica cosa da fare! Stai parlando di uccidere uno dei miei amici! » le gridai contro, sollevando appena le mani, quasi a invogliarla a fermarsi e abbandonare quell'idea.

« Non voglio deluderti, cherì, ma è quello che faccio. Sono tuoi amici, non miei. Il mio compito è ammazzare quando me lo si viene chiesto. Fine della discussione. Resta qui e non ti muovere. » aveva parlato con freddezza, decisa, non dubitando delle sue parole. 
La vedevo lì, al centro del mio loft, con la mano che andava ad afferrare il suo fucile che giaceva accanto le mie pistole, sul tavolo.

« Tu non andrai da nessuna parte. » affermai, lanciandomi verso di lei per rubarle  il fucile prima che lo prendesse. Il mio accelleratore scintillò, proiettandomi davanti a lei, ad un passo. 
Possai la mano sul fucile, facendo pressione per lasciarlo incollato al tavolo. 

Amèlie mi guardò per un attimo che parve infinito. Per quanto mi sforzassi non riuscivo a interpretare la sua espressione, non riuscivo a carpire nulla.
Mi si avvicinò, piano, fino a che non mi stette ad un soffio. Sentivo il suo corpo, il suo respiro contro il viso. Era così vicina... così tanto che riuscivo a percepire il suo profumo... lo stesso che aveva tanti anni prima, quando l'avevo conosciuta, quando era ancora Amèlie Lacroix. Lo stesso profumo che mi aveva fatto sentire la testa e il corpo leggerissimi.
Come in quel preciso istante.

Il pugno arrivò dal nulla, fulmineo, mi colpì in pieno viso facendomi barcollare all'indietro, stordita. Mi portai la mano alla bocca, sentendo una fitta al labbro inferiore, lo aveva sicuramente spaccato dato che il sapore del sangue mi stava inondando la bocca.

« Lasciami passare, cherì. » ordinò, afferrando il fucile.

Ed eccola, la sentivo scorrere nelle vene, la stessa eccitazione che mi colpiva ogni volta che lottavo con lei, come se il mio corpo riconoscesse quella situazione. 
Scossi il capo, tornando a fiondarmi su di lei per strapparle il fucile. 
Iniziammo a danzare, lei provava a colpirmi con calci, pugni, a volte anche con il calcio dell'arma senza mai riuscirci dato che io cercavo di evitare ogni colpo, guizzando per tutto l'appartamento - che sicuramente avremmo distrutto -. 
Ogni suo movimento era calcolato e preciso, rendendomi sempre più difficile il compito di schivare i suoi colpi senza colpirla. 
Stavo evitando in tutti i modi di farle male, limitandomi solo alla difesa personale.
Anche se voleva uccidere uno dei miei amici, quello che aveva ricevuto era un ordine e come tale andava rispettato. Era quello che faceva... obbedire alla Talon. 

Poi, per una frazione di secondo non riuscii a scappare via dal suo colpo e mi ritrovai a terra, con Widowmaker che torreggiava su di me.
Ingoiai, cercando di fermare il respiro affannato - che aveva invaso anche lei - per poter riprendere a combattere. Purtroppo però mi bloccò a terra, sedendosi su di me a cavalcioni per intrappolarmi con il suo corpo.
Sentivo il suo peso gravare su di me... e sospirai, quasi fosse piacevole quella sensazione.

« Non volevo farti del male. Mi hai costretta. » mi stava dicendo, mentre tirava il pugno all'indietro, pronta a colpirmi. Era la fine, avevo fallito. Non solo avevo tradito la mia famiglia ma avevo consegnato la vita di uno di loro... solo per puro egoismo. Stavo provando a giustificarmi, a credere che lo facevo perché era la cosa giusta. Ma in realtà... avevo fallito esattamente come quando aveva ucciso Mondatta. 

 Serrai i denti. « Oh, tesoro! Io non ti ho mai costretta! Sono quelli lì che ti costringono! Sei il loro burattino! Quindi colpiscimi e torna da loro, così ti daranno un altro ordine e poi un altro ancora! » le urlai contro, le lacrime agli occhi. Chiusi gli occhi, in attesa del pugno che mi avrebbe travolto da un momento all'altro. 

Lo sentì arrivare, forte e veloce, solo che... non giunse mai a destinazione. Mi sfrecciò accanto, colpendo il pavimento con un tonfo.
Spalancai le palpebre, sorpresa.

Amèlie era lì, ferma immobile, inespressiva ma con gli occhi che parevano ardere nei miei, pieni di... rabbia?
Mi afferrò per la giacca con entrambe le mani, tirandomi a se, faccia a faccia. 
« Io non sono un burattino. » disse con voce bassa, vibrante, decisa. Per la prima volta non sembrava una recita.

Feci la stessa cosa, l'afferrai per i polsi, stringendoli con forza e flettendo la schiena per avvicinarmi ancora di più, per non lasciarla scappare subito nel caso non cambiasse idea. 
Non staccai nemmeno per un attimo gli occhi dai suoi. « Allora dimostralo! Dimostra che non sei un burattino! Agisci per tua scelta, prendendo una tua decisione! Fa qualcosa perché tu vuoi farlo! » le urlai in faccia, stringendo la presa su di lei. 

Stava respirando più pesantemente, la sentivo. Aveva schiuso le labbra e l'aria aveva assunto un rumore affannato che aveva iniziato ad aleggiarci attorno, insieme al mio.
Amèlie  aveva lo sguardo basso mentre stringeva con più forza la mia giacca. 

Accadde così, all'improvviso: sollevò lo sguardo con il volto accigliato e mi tirò ancor più verso di se, spingendo la bocca contro la mia fino ad unire le nostre labbra.
Spalancai gli occhi, completamente colta alla sprovvista. 
Mi stava baciando.
Widowmaker, l'assassina, la mia nemesi, stava spingendo e muovendo le labbra contro le mie con prepotenza.
Una scarica mi colpì il basso ventre nel momento in cui sentii la sua lingua, dolce e umida, così  scattai come una molla. Le lasciai i polsi e mi aggrappai alle sue spalle, prendendo a ricambiare il suo bacio.
Ero ubriaca, come se la mia lucidità fosse andata a farsi un viaggetto. Il cuore mi pompava nel petto così forte che lo sentivo nelle orecchie.
Dio... cos'erano quelle labbra, quelle dannate e morbide labbra che si muovevano sulle mie, danzando. Sentivo la stessa adrenalina che mi colpiva quando lottavamo, mi scorreva nelle vene mandandomi completamente a fuoco.
Ci staccammo di scatto,  con la stessa velocità con cui mi aveva baciata.
Mi ritrovai a riprendere fiato con ingordigia, affannata, mentre la guardavo negli occhi. Lei non sembrava stare meglio di me, in quel momento. Di nuovo i suoi occhi mi parvero quelli di un predatore, solo che non erano omicida ma... affamati. 
Andò a togliermi la giacca frettolosamente ed io l'aiutai, prima di tornare ad aggrapparmi alle sue spalle e a spingere la bocca contro la sua per riprendere a baciarla.
Le sue dita gelide mi passarono fra le ciocche dei capelli, che afferrò poco dopo, mordendomi le labbra con la stessa voracità di poco prima. 
Stavamo danzando di nuovo, solo che in un modo diverso, un qualcosa che pareva fosse solo un tasto che andava premuto per ogni volta che avevamo combattuto insieme, per quell'amaro in bocca che ne seguiva ad ogni incontro. 
Mi aveva aiutata a sollevarmi da terra senza mai interrompere quel contatto, circondandomi il corpo con le braccia. Amèlie era decisa, ogni tocco, ogni movimento era preciso ma per la prima volta non studiato, solo voluto.  
Non sapevo descrivere ciò che provavo  in quel momento nel sentire il suo corpo contro il mio, così vicina, molto di più dei nostri soliti scontri. 
Presi a tirarle la scollatura della sua uniforme finchè lei non se le liberò, guidandomi verso il letto, una presa salda sul mio sedere mentre vi affondava dita e unghie.
Si, quello era proprio un Impasse.
Ero in balia del ragno.
   
 
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