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Autore: Makil_    19/06/2017    10 recensioni
In un territorio ostile in cui la terra è colma di intrighi e trame nella stessa quantità con cui lo è dell'erba secca, il giovane ser Bartimore di Fondocupo, vincolato da una promessa fatta al suo miglior confidente, vedrà finalmente il modo per far di sé stesso un cavaliere onorevole. Un torneo, un'opportunità di rivalsa, una guerra ai confini che grava su tutte le regioni di Pantagos. Quale altro momento migliore per mettersi in gioco?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Pantagos'
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Glossario della terminologia relativa alla storia (aggiornamento continuo):

Patres/Matres: esperti, uomini e donne sapienti indottrinati da studi all’Accademia. Ogni regno ne possiede tre, ognuno dei quali utile a tre impieghi governativi.
Accademia: ente di maggiore prestigio politico a Pantagos, vertice supremo di ogni decisione assoluta. Da essa dipendono tutti i regni delle regioni del continente, escluse le Terre Spezzate che, pur facendo parte del territorio di Pantagos geograficamente, non  sono un tutt’uno con la sua politica. Il Supremo Patres è la figura emblematica della politica a Pantagos, al di sopra di tutto e tutti.
Devoti: sacerdoti del culto delle Cinque Grazie (prettamente uomini), indirizzati nello studio delle morali religiose alla Torre dei Fiori, nelle Terre dei Venti.
Fuoco di Ghysa: particolare sostanza incolore e della stessa consistenza dell’acqua, la cui unica particolarità è quella di bruciare se incendiata.
Le Cinque Grazie: principali divinità protettrici del sud-ovest di Pantagos, proprie di molti abitanti delle Terre dei Venti e della Valle del Vespro. Tale culto prevede la venerazione di quattro fanciulle e della loro madre. 
Tanverne: enormi bestie dotate di un corpo simile a quello di giganteschi rettili, abitanti il territorio di Pantagos.
Y’ku: titolo singolare dell’isola di Caantos, nelle Terre Spezzate, il cui significato è letteralmente “il più ricco”. Il termine “y’ku” s’interpone tra il nome e la casata nobiliare di un principe dell’isola, posto a determinare la sua ascendenza nobile.
Incantatori: ordine giurato unico del continente di Pantagos. Si tratta a tutti gli effetti di un gruppo di sapienti  in cui sono raggruppati guaritori, speziali, alchimisti e finanche stregoni – benché in molti, e nel popolino nello specifico, non credano a questo genere di arti. La sede degli incantatori è la Gilda degli Incantatori, altresì detta Tempio Bianco, sulla Collina di Burk, a Fondocupo. 
Castellano: figuro (molto spesso un esperto) incaricato di reggere, in vece del sovrano al quale è subordinato, un altro regno, un piccolo borgo o una cittadina appartenente all'uomo cui giura lealtà. 

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Fuori dal padiglione di Hollard Norstone, la notte incombeva sul campo come una bestia affamata pronta ad azzannare le proprie prede. Un rombo cupo nel più alto dei cieli aveva segnato l’inizio di un temporale: ora la pioggia cadeva fitta e scorreva sul terriccio come un fiume in piena.
Bartimore camminò verso il suo padiglione, oltrepassando con noncuranza gli sguardi indiscreti di tutti quei cavalieri presi dalle cene attorno ai loro fuochi. “La felicità di chi non sa ciò che lo aspetta” si disse camminandovi vicino. Passò accanto al piccolo giaciglio di un mendicante che, con il cappello tra due mani e i capelli completamente appiccicati sul volto, chiedeva del pane da mettere sotto ai denti e qualche argento da posare in tasca. “Te ne darei un paio, se solo avessi qualcosa con me”.
Procedette lungo la strada fino a trovarsi dinanzi alla propria tenda. «Beati coloro che non hanno denaro da spartire con gli altri a causa della loro povertà, perché in loro risiede la ricchezza del mondo.» soleva dire Dalton Kordrum, lo stesso uomo che, più di una volta, si era battuto con ogni sua forza per il benessere del suo popolo, benestante o no che fosse.
Esmerelle aveva fatto ritorno al padiglione e si era anche occupata di legare le briglie dei cavalli al salice. La ragazzina stava imparando quante più cose sulla vita cavalleresca: non che Bartimore si ritenesse esattamente il genere di maestro adeguato a quel compito, ma non poteva far finta di non vedere quanto il viaggio e il tenore di vita aspro di un cavaliere avessero fatto crescere la ragazzina bionda. In meglio o in peggio, non stava a lui giudicarlo.
 Lenticchia stava attendendo il suo arrivo indispettito, nervoso come poche altre volte. “Anche lui sa cosa sta per accadere”. Se era vero che gli animali percepivano i disastri prim’ancora dell’uomo, Lenticchia doveva già essersi reso conto della gravità degli eventi che stavano prendendo luogo nel campo.
Poco lontano dal salice, Esmerelle si stava esercitando con la sua lama. La ragazzina aveva preparato una poco graziosa figura di paglia e legno su cui poter sfogare i propri colpi, e ne aveva sotterrato la base nel terreno affinché non cedesse al primo soffio del vento. Vagamente, quel colosso di paglia e fango aveva le insolite sembianze di un uomo calloso, nerboruto e quasi ciclopico, senza occhi a redarguire lo spirito indomito della fanciulla che lo combatteva.
«Ah, sei qui, Bartimore» fece non appena lo intravide. «Pensavo che non ci saremmo più rivisti: non che me ne sarei fatta un dispiacere, sia chiaro». I lucidi capelli biondi resi sporchi dalla poggia e arruffati dal vento le incorniciavano il viso come oro fuso, donandole un aspetto regale e nobile, come fossero, nell’insieme, un brillante velo intinto del chiarore del sole e delle stelle della notte.
«Ho avuto da fare» si giustificò Bart. «Si trattava di un’urgenza.»
«Talmente urgente da farti dimenticare di me?»
Bartimore indugiò. «Perdonami, Esmerelle. Hai ragione, avrei dovuto assicurarmi che tu fossi tornata qui. Puoi accettare le mie scuse?». “Stessa situazione del castagno, stessa pioggia e stesso impiccio. Con l’unica differenza che adesso a chiedere scusa sono io”. Bart sorrise fino a digrignare i denti.
Esmerelle lo guardò torvo, rinfoderò la lama e si spostò con lui sotto al castagno. «Dove sei stato?»
«Ortys è tornato» rispose Bart. «E patres Steffon voleva vedermi con la massima urgenza. Mi hanno detto che il Sud è stato preso dai nemici, purtroppo. Persino Sette Scuri è caduto. E la mia signora madre è fuggita a Nord.»
«Come sarebbe a dire? » chiese addolorata lei accostandosi maggiormente al salice.
Bart alzò le spalle. «Nemici dalle Terre Spezzate, Esmerelle. Gli stessi uomini che ora hanno parenti disseminati qui al campo di Roshby. La guerra non avrà mai veramente fine... forse perché nessuno vuole che essa ne abbia una». Nel pronunciare quelle parole, il suo pensiero si rivolse inevitabilmente al Principe Stellato.
«Tutto ha una fine e un inizio.» fece Esmerelle. «Finirà, prima o poi. E finirà nel sangue di tutto il reame, che ti piaccia o no. Ho visto finire la vita di mio padre, quell’uomo che io credevo indistruttibile da bambina. E se è caduto lui, ogni cosa può cadere.»
«Non è così, Esmerelle. Questo conflitto va avanti da tre anni… tre dannatissimi anni! Non tre ore, non tre giorni! Tutti coloro che hanno provato ad opporsi sono morti, tutti coloro che hanno provato a sedarlo sono scomparsi. Non esiste benefattore o devoto in grado di fermare la guerra: questa è la dura realtà.»
«Ovvio, perché le Grazie non sanno cosa significa combattere una guerra. Loro se ne stanno lassù, nel cielo, in attesa che noi le preghiamo a le supplichiamo di aiutarci. Ma loro non sanno cosa significa odiare; loro non sanno cosa vuol dire avere fame di vendetta. E nemmeno i devoti. Te l’ho detto, solo il sangue potrà dare una fine a questo disgraziato conflitto.»
Vino rosso come il sangue”. Quelle parole risuonarono oscure nella mente di Bart, rauche, metalliche e minacciose. Di colpo, un brivido di freddo attraversò per lungo la schiena di Bartimore. «Esmerelle, hai preparato tutto per domani?»                                                                                             
«Domani?» fece lei. «Cosa c’è domani?»
«La mia giostra» rispose Bart cercando di non far trasparire la presenza della bugia. “E quasi sicuramente quella di tutti.”
«Dici sul serio?» chiese la ragazzina. «Come fai a saperlo?»
Bart rifletté un attimo. Le parole che seguirono uscirono dalla sua bocca come spontaneamente. «Me lo ha detto patres Steffon, proprio mentre mi tratteneva nella tenda di Ortys. Lui ha un paio di amicizie giù al campo... sì, uno stalliere ad esempio. Oh, e molti organizzatori lo conoscono meglio di Ortys Wysler. E indovina con chi mi sfido?»
Esmerelle corrugò la fronte pensierosa. Bart la guardò riflettere, i biondi capelli ormai sparsi sul capo come una balla di fieno arruffata. «Quell’imbecille di Wictor Wyndwat?»
«Per le Grazie, vorrei.» rispose lui. «No. Contro Darrick Sunfall, signore di Baia della Cometa.»
«Oh, Darrick Sunfall… com’è che lo chiamano? Il Principe Stellato… senti come suona bene? Il principe e il cavaliere…» fece lei. «Un duello impari». Gli occhi della ragazzina riflettevano il buio della notte, splendendo azzurri come l’acquamarina. La sua esile figura dalle forme poco accentuate era talmente graziosa sotto la pioggia, che Bart si sentì attratto da lei per qualche istante. “A freno la mente e gli impulsi, cavaliere. Quello non è pane per i tuoi denti.”
«Dovrò essere pronto» spiegò Bart. “A qualsiasi cosa e a qualsiasi costo”. «Ho bisogno che domani mi prepari ogni pezzo dell’armatura, se è possibile. Dovremo essere al campo prima dell’alba.»
«Prima dell’alba?» ripeté lei. «Sveglieremo i galli, così facendo.»
«Ci sono molte cose da preparare. E poi anche i galli hanno bisogno di qualcuno che li svegli». “Ecco cosa devo fare pur di proteggerti!” «Ah, e io dovrò passare la cote su Lungacresta.»
«È talmente lunga da richiedere una notte di lavoro?»
«Neppure immagini quanto tempo ci voglia. Oh, e dovrai badare a Lenticchia per un po’, per favore, e montare le briglie questa sera stessa.»
Esmerelle si limitò a fissarlo disinteressata. Quando la pioggia li costrinse a retrocedere con le spalle sulla corteccia del salice, si ritrovarono inevitabilmente l’uno vicino all’altra.
«Hai dato un nome alla tua spada?» domandò Bart passandosi una mano sulla fronte per asciugarla dall’acqua piovana.
«Non ancora» rispose Esmerelle. «E non credo che lo farò. Ho pensato ad ogni nome possibile ed immaginabile, ma non me ne piace nessuno. Una spada anonima taglia come una spada col nome.»
«Giusto. Assicurati che sia con te, domani.»
Gli occhi di Esmerelle gli si piantarono addosso, splendenti come fari nella notte. «Sbaglio o mi avevi fatto promettere di non utilizzarla mai?»
«Utilizzarla?» sbraitò Bart. “Dannazione!” «Non ti ho detto di farlo. Tienila con te domani e sempre.»
«E perché?» domandò lei incapace di dare spiegazione alla contraddittorietà di Bartimore. «Domani sarai tu a combattere, non io. E non serve una spada nei tornei di bastoni.»
«So cosa serve nei tornei di bastoni. Ho detto che devi portarla, non aggiungere altro.»
«La lama non è ancora abbastanza tagliente» ribatté Esmerelle senza badare neppure un momento alle sue parole. «Anche se l’avrò con me, sarà meno utile di un laccio.»
«Anche i lacci sanno essere taglienti se affilati. Potrai passarci la cote questa notte, te lo concedo.»
«Me lo concedi? Per caso mi hai scambiato per una schiava o per una sporca concubina? Io faccio quello che voglio e che sento di dover fare.»
«Dovresti voler passare la cote, allora. Neppure immagini quanto sia necessario farlo.»
«Devo farlo io? Sono una ragazza, ser, e non ho mai affilato una lama». Esmerelle inarcò le sopracciglia. «E tu che farai nel frattempo? Sbaglio o anche tu hai delle mani abili come le mie? Dovresti iniziare ad usarle.»
«Posso farlo adesso.»
Bart la prese delicatamente nel suo abbraccio, la strinse a sé, accarezzò la sua guancia e posò le sue labbra su quelle di Esmerelle. Il gesto che seguì fu naturale come lo sbocciare, nel pieno di una rigogliosa stagione primaverile, di una gemma. Quello che Bartimore le riservò fu un bacio lento, in cui le lacrime d’acqua scesero suoi loro volti incorniciandoli entrambi e solcando i loro lineamenti per costringerli a fondersi in tutt’uno di forme. Il rumore della pioggia smise per un istante di echeggiare nell’aria, silenziato dall’inatteso romanticismo del momento. Le labbra della ragazzina bionda erano delicate come un cuscino di piume, soffici e morbide come il cotone appena estratto.
Malgrado l’insistenza di Bartimore, quel bacio fu tutto meno che lungo. Quando Esmerelle ritirò indietro il volto e mandò avanti le mani, la pioggia tornò fragorosamente a ticchettare sul terreno. Seguì uno sguardo imbarazzato, proprio di una fanciulla ora aggraziata come una principessa, gli zigomi solcati da una leggera sfumatura di porpora. L’occhiata che gli riservò dopo poco fu un monito freddo, indiscutibile, quasi un rimprovero glaciale. La ragazzina non accennò neppure minimamente un sorriso né aggiunse nulla al suo silenzio, ma si voltò facendo schizzare via un paio di goccioline d’acqua, per poi correre dentro al padiglione.
Che cosa ho fatto?
Bartimore non aveva mai baciato una ragazza, per quanto fosse stato baciato molte volte. Non aveva avuto problemi nel lasciarsi trasportare dai propri sentimenti, dall’entusiasmo del momento. Ricordava ancora l’imbarazzo che aveva provato quando Jayne Wealfing, la dolce principessina di Alto Vessillo, aveva posato le sue labbra su quelle sue. Bart era solo un ragazzino allora, e quello era stato un bacio furtivo, immaturo, brutto, nel quale non aveva trovato nulla di romantico.
Adesso la situazione era totalmente differente. Forse perché aveva saputo che non c’era più tempo da perdere, o forse perché aveva totalmente smarrito il senno andandosene così tante volte in giro per il campo, Bartimore non aveva riflettuto affatto sul possibile esito di quel gesto. Baciare Esmerelle lo aveva riportato in vita, per un momento, e gli aveva dato quella sorta di stimolo a non abbandonare neppure per un solo istante lo scopo della sua missione al campo. Una strana sensazione, quasi una spinta, ad agire per uno scopo preciso che prima non era ben definito nella sua mente. Posare le sue labbra su quelle soffici della ragazzina lo aveva fatto tornare a Sud, a casa, tra le calde mura del regno del suo signore. Ora era come se lui non fosse lì, al campo di Roshby, a riflettere su una battaglia che non apparteneva a loro due. Come se la guerra non fosse mai sorta nel reame di Pantagos; come se lui non si fosse mai separato dai suoi fidati amici, dal suo signore, da sua madre. Come se il mare in tempesta che con le sue onde non aveva smesso di stargli alle calcagna dal giorno in cui i portoni di Sette Scuri si erano richiusi alle sue spalle si fosse finalmente allontano dalla baia, quieto, spianandogli la strada verso il suo ultimo obiettivo. Come se quegli istanti celassero, in realtà, la bellezza eterna di un momento dannatamente perfetto. 

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Note d'autore
Buondì carissimi!
Vi avevo preannunciato che in questo aggiornamento avremmo rivisto la fanciulla bionda, che in questi ultimi capitoli era stata messa un po' di lato - a buone ragioni, probabilmente! 
Abbiamo ora una svolta atipica nella storia, ma non completamente inattesa: insomma, il titolo dell'opera nonché la stessa nota sulla voce "coppia", purtroppo, avevano lasciato presagire da tempo immemore questo particolare. E quindi, ecco qui, la scintilla pare essere definitivamente scattata. Almeno da parte di Bartimore, però... povero!
Be', il suo vi è parso un gesto giustificato da un'attrazione fisica per Esmerelle o da un coinvolgimento molto più profondo? O forse il suo gesto può essere giustificato dal fatto che abbia intuito - a seguito degli ultimi avvenimenti - che occorre rimboccarsi le maniche perché non c'è più tempo da perdere? Inoltre, come vi è sembrata la reazione di Esmerelle? Il suo allontanamento sarà stato dettato dal suo forte e potente orgoglio, o si tratta, invece, di un categorico rifiuto? 
Ad ogni modo, sarei davvero curioso di conoscere ogni vostro parere; per cui ditemi, ditemi, ditemi!
Io concludo ringraziando chi, fin dal primo aggiornamento, ha seguito me e Bartimore in questa non proprio dolce avventura, lettori silenziosi compresi. Vi auguro un buon lunedì e vi do appuntamento al prossimo capitolo: l'epilogo, ormai, è prossimo!
Makil_
   
 
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