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Autore: shiningreeneyes    19/06/2017    0 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che conosceva e in cui credeva viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
Note traduttrice: La storia non è mia, questa è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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CAPITOLO 13

È davvero un idiota.

 

Il mio appuntamento del 9 Febbraio non era stato niente di eccitante, ma tuttavia sembrava in qualche modo sbagliato stare lì senza Harry. Era stato con me negli ultimi due e quando mi ritrovai nell'ufficio senza di lui, realizzai quanto mi consolasse averlo vicino. Non che fossi a disagio senza di lui, ma sembrava che mancasse qualcosa di importante. L'esame non era durato più di mezz'ora e mi era stato detto che le quattro cavità cardiache funzionavano, le braccia e le gambe erano tutte intatte e che il bambino stava crescendo come avrebbe dovuto. Stavo cominciano a chiedermi se era giunto il momento di iniziare a fare qualche test per vedere se fosse possibile capire quale mutazione biologica avrebbe potuto avere il bambino durante la nascita, ma poi pensai che avrei potuto davvero soffrire di qualche problema emotivo se avessi fatto quelle domande, così decisi di aspettare finché Harry non fosse stato con me.

 

Solo dopo aver lasciato l'ufficio del medico capii di essere diventato un po'... dipendente da Harry. Il pensiero di passare tutto quello da solo per i quattro mesi a venire mi faceva sentire male e mentre camminavo nel marciapiede per tornare a casa, pensai che fosse un bene il fatto che Harry fosse un ragazzo così dolce. Alla festa avrei potuto incontrare uno molto più stupido invece di Harry, per cui, nonostante la situazione, dovevo considerarmi abbastanza fortunato ad avere una persona che mi sosteneva.

 

Fatta eccezione per un messaggio veloce che diceva 'nuovo appuntamento, martedì 8 marzo alle 9'e una risposta veloce 'ci sarò', non avevo mai sentito Harry dal giorno in cui si era presentato in camera mia. Abbastanza imbarazzato, capii che mi mancava dopo gli ultimi giorni, ma io, essendo io, scelsi di ignorarlo e continuai la mia vita facendo finta di non conoscere Harry. Ricordai cosa mi aveva detto sul fatto che fosse deprimente vedermi da solo tutto il tempo, così provai ad andare a mangiare in altri posti invece che nella mensa; non volevo che Harry si sentisse colpevole solo perché mangiavo il mio pranzo ogni giorno da solo. Naturalmente lo vedevo ogni tanto nei corridoi, ma quando camminavano l'uno accanto all'altro, fingeva di non conoscere la mia esistenza; con il suo braccio intorno a Lauren oppure fianco a fianco con Liam, Zayn o Niall, mi passava vicino senza guardarmi. Anche se avevo acconsentito quando disse che non potevamo interagire tra di noi a scuola, non pensavo intendesse che avremmo dovuto ignorarci completamente. A quanto pare questo era quello che intendeva, e alla fine mi abituai.

 

Venerdì, 18 Febbraio

Ventidue settimane e quattro giorni

 

"Per lunedì vorrei che faceste gli esercizi dal numero quarantacinque al cinquantatré," disse Ms. Henricksen guadagnandosi un coro di lamentele. Alzò la mano e la classe si calmò, "so che può sembrarvi una quantità inutile di esercizi, ma questa è matematica e richiede più lavoro rispetto alla maggior parte delle altre materie che state facendo."

 

Ero troppo stanco per preoccuparmi di lamentarmi o di trovare una scusa per evitare di fare i compiti, così mentre Ms. Henricksen era impegnata a sottolineare l'importanza di quegli esercizi, fissai la finestra e pregai che gli ultimi cinque minuti della lezione sparissero magicamente. Pensare che avevo ancora quattro ora prima che la giornata finisse era a dir poco sconfortante, e avevo uno stato d'animo a dir poco tremendo. Non ero arrabbiato o annoiato; ero triste, depresso e, nonostante fossi seduto in classe con circa trenta persone, ero solo, così dannatamente solo.

 

Dall'ultima volta che io ed Harry ci eravamo visti, circa dieci giorni prima, non avevo parlato veramente con nessuno. Ovviamente avevo parlato con mamma, Owen ed Eleanor, ma per ovvie ragioni non avevo potuto parlare con nessun'altro. In circostanze normali sarebbe stato del tutto normale vivere con la sensazione di solitudine, ma ora, con il bambino che continuava a calciare come a volermi ricordare di Harry e che volevo qualcuno che non avrei mai potuto avere, avevo bisogno di parlare con qualcuno. No, mi correggo, avevo bisogno di parlare con Harry, perché era l'unico a sapere tutto e a cui non avevo nascosto niente.

 

I corridoi erano affollati quando uscii dall'aula e sospirai, sapendo che quello avrebbe richiesto almeno cinque minuti per arrivare al mio armadietto. Più di una volta, qualcuno colpì il mio stomaco e ogni volta trasalivo dalla paura, sia per il fatto che qualcuno potesse sospettare della mia protuberanza sia perché il bambino potesse essersi fatto male. Ma una volta che arrivai al mio armadietto sentii un paio di calci felici, come se avesse notato la mia preoccupazione e, nonostante la mia stanchezza e il mal umore, sorrisi un po'. Tirai fuori rapidamente il mio libro di inglese, che mi serviva per la lezione del pomeriggio, prima di chiudere l'armadietto e dirigermi verso la panchina fuori, dove avevo mangiato il mio pranzo negli ultimi giorni. Era dietro la scuola dove nessuno andava di solito, e quello era il motivo principale per cui avevo scelto quella panchina. Quando arrivai lì, però, seppellii il mio viso nella sciarpa e strinsi la giacca intorno a me, c'era qualcuno.

 

Liam e Zayn erano seduti lì, Zayn più o meno sdraiato sul grembo di Liam mentre stavano avendo una biascicata e sorridente conversazione, le loro parole a volte interrotte da un bacio veloce. Sembravano così presi l'uno dall'altro, così innamorati, che me ne stavo lì in piedi, guardandoli, forse un po' invidioso. Non avevo nemmeno notato che entrambi si voltarono a guardarmi, prima che Liam parlasse.

 

"Per favore avvisa che ci sei," disse con un sorriso ironico, "ci hai fatto quasi prendere un attacco di cuore."

 

"Scusa, scusa," dissi, agitando nervosamente le mani, "stavo solo- io vi lascio soli." Mi girai subito per andarmene, ma il suono della voce di Zayn mi richiamò.

 

"Ehi, aspetta," disse, e gemetti dentro di me, desiderando che il mio imbarazzo sociale scomparisse una volta per tutte.

 

"Scusa, non volevo, tipo... interrompere qualcosa," dissi dopo che mi voltai di nuovo, "Di solito non c'è nessuno qui, quindi ho pensato-"

 

"Va bene, stavamo solo parlando," disse Liam con una scrollata di spalle, "perché sei qui?"

 

"E voi perché siete qui?" risposi infantilmente.

 

Gli occhi di Zayn avevano un luccichio divertito. "È ovvio, no?"

 

Nonostante l'aria fresca che mi circondava, sentii le guance diventare calde. "Si, credo."

 

"Allora, che stai facendo qui fuori?"

 

"Niente di particolare," dissi vagamente. Entrambi sollevarono le sopracciglia in modo scettico e mi guardai i piedi. "Ho pensato che non avrei infastidito nessuno qui," mormorai, mentre si faceva strada l'imbarazzo per la mia spiegazione senza senso.

 

"Infastidire qualcuno? Perché qualcuno dovrebbe infastidirsi se sei dentro?" chiese Zayn.

 

"Sai," dissi con una scrollata di spalle, con gli occhi ancora diretti al suolo, "siccome Harry non vuole, tipo, che interagiamo tra noi quando siamo a scuola e... mi ha detto che vedermi da solo lo deprime e io non voglio, quindi ho pensato di andare da qualche altra parte a mangiare in modo che non mi possa vedere."

 

"Scusa ma, Harry non vuole che interagiate tra voi? Che diavolo significa?" sentii Zayn chiedere. Alzai lo sguardo e lo trovai a guardarmi accigliato.

 

"Solo a causa, sai, di Lauren," dissi il più indifferente possibile.

 

Tutti e due gemettero nello stesso momento. "Onestamente non capisco cosa ci veda in lei," disse Liam, sembrando per qualche ragione pensieroso, "gli ha detto di stare lontano da te?"

 

"No, no," dissi in fretta, "era Harry che non voleva turbarla."

 

"Quindi ha preferito farti andare in giro da solo a mangiare il tuo pranzo fuori al freddo mentre sei incinto?" disse Zayn derisorio.

 

"Va tutto bene, davvero," dissi, non volendo che uno di loro si arrabbiasse con Harry, "non importa."

 

"Sei ancora un bugiardo orribile."

 

"Io-" cominciai a protestare, ma Zayn mi interruppe.

 

"Quando è stata l'ultima volta che hai parlato con Harry?" disse.

 

"Un po' più di una settimana fa," risposi, "perché?"

 

"Quindi non ti ha... visto o parlato per più di una settimana?"

 

"Beh, no," dissi, cominciando a diventare un po' confuso, "perché me lo stai chiedendo?"

 

"Perché è davvero un idiota," disse Zayn svelto.

 

"Cosa?" spalancai un po' gli occhi, "perché lo stai dicendo?"

 

"Non è forse ovvio? Sei incinto del suo bambino e non si è nemmeno preoccupato di parlare con te per più di una settimana; questo è proprio un comportamento da idiota."

 

"No, non lo è," polemizzai, "gli ho detto sin dall'inizio che non deve avere a che fare con me o con questo bambino, quindi va tutto bene. Sto bene da solo."

 

"Se vuoi che qualcuno creda alle tue bugie, devi cambiare le tue espressioni facciali."

 

Aprii la bocca, pronto a protestare, ma entrambi mi stavano fissando con uno sguardo vagamente compassionevole e gettai le mani in aria. "Okay, non va tutto bene," dissi a malincuore, "quindi? Non ha niente a che fare con Harry."

 

"Allora con cosa ha a che fare?" chiese Liam.

 

"Non lo so, niente di particolare."

 

"Perché stai ancora mentendo?"

 

"Non sto mentendo."

 

"Si invece."

 

"Beh, che cazzo vuoi allora?" esplosi, "forse non sto bene perché sono incinto e sono esausto, stanco, solo e ho il disperato bisogno di parlare effettivamente con qualcuno, ma non posso dannatamente parlare con nessuno perché sono incinto e sono un ragazzo e- oh mio Dio, non smette di calciare!" Presi un certo numero di respiri profondi per calmarmi prima di mettere una mano sulla mia pancia. "Calma, ragazzino," mormorai con la testa chinata, cercando di non farmi sentire da Liam e Zayn, "sono solo uno stupido, non c'è alcun motivo per cui inizi a calciare di nuovo."

 

Ci volle un minuto o due prima che si calmasse, e quando alzai lo sguardo verso Liam e Zayn, entrambi sembravano essere completamente confusi.

 

"Che cos'era tutto questo?" chiese Zayn.

 

"Lui ama dare un sacco di calci," dissi con un debole sorriso.

 

"Lui? È un maschietto?" chiese Liam con un sorriso sorpreso.

 

"Harry non ve l'ha detto?"

 

Entrambi scossero la testa e il mio cuore affondò un po', Harry non aveva trovato importante o abbastanza interessante condividere con i suoi amici il sesso del bambino? Okay. Va bene. Nessun problema.

 

"Bhe, si, è un maschietto," dissi con un sorriso un po' forzato.

 

"È fantastico, no?"

 

"Credo. Ma non importa," dissi, alzando le spalle, "lo darò in adozione, in ogni caso."

 

"Giusto."

 

"Si." Esitai e mi spostai sui piedi. "Devo andare, la mia lezione sta per cominciare e... si."

 

"Okay," disse Liam con un sorriso che aveva traccia di preoccupazione, "senti, a proposito di quelle cose che hai detto, sai, sul fatto di aver bisogno di parlare con qualcuno, dovresti chiamare Harry o mandargli un messaggio. Non è un cattivo ragazzo e sono sicuro che sarebbe felice di aiutarti, sai, se solo lo chiedessi."

 

"Non voglio disturbarlo, ha già abbastanza cose nella sua testa senza dover avere a che fare anche con me."

 

"Non ha detto lui che se avessi avuto bisogno di qualcosa, avresti dovuto chiamarlo?"

 

"Io- come lo sai?"

 

"Ce l'ha detto," disse Zayn, "parla molto di te, sai. In realtà ci siamo chiesti se tu gli piacessi." Fece una pausa. "Sai, gli piaci."

 

"Si, magari," mi scappò prima che avessi tempo di pensarci. Ci vollero cinque secondi prima di realizzare quello che avevo appena detto e i miei occhi si spalancarono, mi misi subito la mano davanti alla bocca. Liam e Zayn mi guardarono con espressioni sorprese, ma nessuno di loro disse niente. Inghiottii e poi abbassai la mano lentamente, guardando tutti e due, supplichevole.

 

"Ti... piace Harry?" chiese Liam esitante dopo quello che sembrò un milione di anni.

 

"No, naturalmente no," dissi subito, "è etero e ha una fidanzata, piacermi sarebbe stupido."

 

"Il cuore non sempre si comanda," disse Zayn asciutto, "guarda me e Liam."

 

"È diverso," mormorai.

 

Zayn rise senza umorismo. "Si, perché siamo entrambi in una squadra di calcio dove tre quarti dei giocatori ci prenderebbero a calci se solo ci scoprissero."

 

Sospirai. "Non importa, okay? Non mi piace Harry, non in quel modo."

 

"Si invece."

 

"No, non mi piace."

 

"Tu-"

 

"Devo andare," interruppi Liam e poi mi girai e cominciai a camminare. Ignorai le loro richieste di tornare indietro, il mio cuore batteva selvaggiamente nel mio petto; ero quasi riuscito a farmi scoprire, dai migliori amici di Harry. Questo non era un bene. Non era affatto un bene. E se glielo avessero detto? Allora non avrebbe sicuramente voluto avere a che fare con me, nemmeno fuori dalla scuola. Mi avrebbe odiato per l'eternità. Sarebbe stato magnifico, no?

 

Sabato, 19 Febbraio

Ventidue settimane e cinque giorni

 

Quando mi svegliai quel sabato mattina, ci vollero pochi secondi per rendermi conto di ciò che mi aveva svegliato, di certo non perché mi sentissi riposato. Poi sentii un urlo di mia madre dal piano di sotto, subito seguito da uno di Owen altrettanto forte. Mentre mi strofinavo gli occhi per sbarazzarmi della stanchezza, mi alzai lentamente, sostenendomi con una mano sul materasso, e cercai di capire le parole che erano appena state urlate. Le uniche parole che riuscii a capire furono 'Ian' e 'pazza' e gemetti, perché, beh, quella non poteva essere una buona cosa.

 

Dopo aver indossato la mia tuta e un enorme felpa, uscii dalla mia stanza, scesi le scale e andai in cucina. Mamma e Owen erano in piedi uno di fronte all'altro, guardandosi arrabbiati.

 

"Cosa sta succedendo?" chiesi, la mia voce assonnata.

 

"Questo è quello che ho detto io quando un paio di strani tizi sono entrati nel salotto alle dieci di questa mattina dicendomi di alzarmi dal divano perché avrebbero dovuto portarlo via," disse Owen scontroso.

 

Sbattei le palpebre. "Scusa, ma cosa dovrebbe significare?" chiesi.

 

"Dovrebbe significare che se entri ora nel salotto troverai un altro divano e se entri nella camera della mamma troverai un letto nuovo!"

 

"Cosa? Perché?"

 

"Perché Ian si sta trasferendo qui."

 

La mia bocca si spalancò e mi voltai per guardare mia madre. "Non sei seria, vero?" chiesi con incredulità. Mi guardò con occhi supplicanti e quella fu una conferma sufficiente per me. Lasciai uscire una risata incredula e scossi la testa. "Conosci questo ragazzo da... quanto? Quattro mesi?"

 

"Beh, si, ma-"

 

"Sei fuori di testa, mamma?" chiesi, trascinando le dita tra i capelli, facendo del mio meglio per restare calmo.

 

"Si, lo è, non so nemmeno perché ti preoccupi a chiederlo," sputò Owen, "non puoi davvero dire che sarai felice con Ian per il resto della tua vita. È il ragazzo più noioso che avresti mai potuto trovare!"

 

"Non importa se vi piaccia o meno," disse mia madre, urlando, "la cosa che conta è che piaccia a me. Si trasferisce tra due giorni e questo è tutto. Se la cosa non vi piace, potete andare via."

 

"Stai sicuramente per ricevere il premio di 'Mamma dell'anno'," soffiò Owen prima di correre fuori dalla cucina e lo sentii sbattere i piedi sulle scale.

 

Mia madre non disse una parola e io ero impegnato a metabolizzare la notizia che avevo appena ricevuto, Ian sarebbe venuto a vivere con noi, il che significava che ci sarebbe stata una persona in più in giro che mi avrebbe visto molto, molto incinto tra un paio di mesi, il che significava un'altra persona da affrontare. Era particolarmente imbarazzante perché Ian la prima volta che ci siamo conosciuti mi aveva detto che non gli piacevano i bambini e in qualche modo, avevo la sensazione che se avesse scoperto che il figlio della sua amante (soffocai a quella parola) era incinto, non sarebbe stato sicuramente un piacere per lui.

 

"Vado nella mia stanza," mormorai dopo aver fatto passare parecchi minuti.

 

"Non pensi che sia arrivato il momento di fare un po' di attività fisica, Louis?" fu la sua risposta.

 

La guardai per una frazione di secondo. "Perché?" chiesi equamente, anche se sapevo benissimo il perché.

 

"Hai messo su molto peso negli ultimi mesi," disse lei svelta e la mia bocca si aprì.

 

"Io- caspita, grazie," dissi, una volta che lo shock iniziale svanì.

 

"Lo sai tu come lo so io, quindi perché non ti metti altri vestiti e vai a correre?"

 

"Non pensi che se fosse qualcosa per cui bastasse correre, lo avrei fatto già da molto tempo?" urlai, la rabbia prese il sopravvento improvvisamente, "non posso fare niente riguardo a questo, quindi non te ne deve fregare un cazzo!"

 

"Perché stai gridando?" chiesi aggrottando la fronte, "è cosa vuol dire che è qualcosa per cui non basta correre?"

 

"Hai mai considerato il fatto che forse non è un aumento di peso, o sei troppo occupata con Ian per pensare a qualcun altro oltre a te stessa?" Con quelle parole pronunciate a voce alta, mi voltai e camminai fuori dalla cucina, salii le scale e andai nella mia stanza. Fu quando mi sedetti sul letto e nascosi il viso nelle mie mani che mi resi conto di quello che avevo appena fatto.

 

"Oh no, oh no, no, no," mormorai nelle mie mani. Mia madre ora sapeva che non era un aumento di peso che mi aveva fatto apparire improvvisamente come un ippopotamo, il che significava che avrebbe - senza dubbio - cominciato a pensare ad altre opzioni. Non che avrebbe mai considerato la giusta alternativa, ma probabilmente avrebbe pensato a qualcosa come il cancro e mi avrebbe trascinato da un medico e sarebbe voluta entrare con me. E questo sarebbe stato un disastro, come minimo. D'altronde, avrei dovuto dirglielo prima o poi. Ma cosa riguardo ad Owen? E... Gesù Cristo, cosa direbbe Ian? Quello era troppo da gestire così presto. Mi sdrai sotto le coperte e chiusi gli occhi, chiedendomi per la centesima volta che cosa avessi fatto di male per meritare quell'inferno.

 

Ritornare a dormire si dimostrò impossibile e dopo mezz'ora mi arresi e aprii gli occhi con un sospiro.

 

Testai sul comodino per cercare il mio cellulare, lo presi e controllai l'ora. Undici e quaranta. Probabilmente era ora di alzarmi, comunque. Stavo per mettere il mio telefono sul comodino quando mi venne un'idea. Non volevo stare a casa quella mattina e ora, più che mai, avevo davvero bisogno di parlare con qualcuno. Preferibilmente quel qualcuno sarebbe dovuto essere Harry.

 

E lui mi aveva detto che avrei dovuto chiamarlo se avessi avuto bisogno di parlare. Giusto?

 

Un paio di minuti di esitazione più tardi, andai nei contatti del mio cellulare, mi fermai su 'Harry Styles' e premetti il tasto 'chiamata'. Il mio cuore stava battendo veloce con nervosismo mentre attendevo che lui rispondesse. Ci vollero dieci, quindici, venti, venticinque squilli prima che lo facesse.

 

"Chiunque tu sia, ti ucciderò," disse una voce molto stanca e molto irritata dall'altro capo.

 

"S-scusa, non sapevo fossi ancora addormentato, scusa, scusa," balbettai, volendomi schiaffeggiare.

 

"Louis?" L'irritazione si spense improvvisamente e sembrò sorpreso.

 

"Si, ciao, scusa se... sai, ti ho svegliato," dissi.

 

"No, è tutto okay," disse in fretta, "che succede?"

 

"Io- beh, tu- tu hai detto che, sai... avrei potuto, tipo-"

 

"Louis."

 

"Scusa," dissi con una risatina nervosa, "è solo che hai detto che avrei potuto, sai, chiamarti se... avessi avuto bisogno di parlare."

 

"Si?" disse lentamente.

 

"Bhe, io... ho bisogno di qualcuno con cui parlare," dissi, la mia voce sottile, mentre mordicchiavo il mio labbro inferiore.

 

"Oh, giusto."

 

"Solo se non ti dispiace," dissi in fretta, "va bene se non hai tempo o non vuoi, ho avuto una mattinata davvero brutta, o una settimana, e ho pensato che avrei potuto- no, questo è stupido, torna a dormire, adesso aggancio e-"

 

"Devi smettere di farlo," mi interruppe, "certo che possiamo parlare. Dammi solo mezz'ora e sarò pronto."

 

"Potremmo magari incontrarci altrove? Non voglio stare a casa ora," dissi esitante.

 

"Certo, sicuro. Vuoi venire qui o vuoi andare da un'altra parte, o...?"

 

"Posso venire a casa tua se va bene."

 

"Si certo. Tra quanto sarai qui?"

 

"Circa mezz'ora."

 

"Ok, ci vediamo."

 

"Si, ciao."

 

"Ciao."

 

Agganciai e mi alzai dal letto, camminando fino al mio armadio per cercare qualcosa da indossare. Come d'abitudine, iniziai subito a cercare qualcosa che nascondesse la mia protuberanza, ma poi mi resi conto che non mi importava di nasconderlo perché era solo Harry che mi avrebbe visto senza cappotto. E così optai per un paio di jeans comodi e un maglione sottile che due mesi fa mi stava largo, ma ora cadeva piuttosto bene sullo stomaco. Mi rigirai per guardarmi allo specchio e sorrisi un po'. In tutta onestà, non credevo di essere così male adesso che la pancia non mi faceva sembrare più grasso. Certo, era un po' strano vedermi così ovviamente incinto, ma non era così male... almeno non pensavo. Tuttavia mi misi una giacca sopra al maglione - non sentendo la necessità di mostrare la mia pancia a mia mamma ed Owen - mentre andai in bagno per sistemarmi.

 

"Sto uscendo," dissi una volta che finii di sistemarmi i capelli e mi diressi verso il piano inferiore.

 

La mamma era seduta su quello che supposi fosse il nostro divano nuovo con un giornale sulle mani.

 

"Stai prendendo la macchina?" chiese senza guardarmi.

 

"Si."

 

"Va bene. Torna a casa prima di cena."

 

"Perché?"

 

"Perché ho detto così."

 

Non risposi, alzai gli occhi al cielo prima di uscire dall'atrio e infilarmi le scarpe e la giacca. Cinque minuti dopo ero seduto in macchina, inserendo la chiave e avviando il motore. Per qualche ragione legata ad un disturbo ossessivo compulsivo, non riuscivo a guidare senza ascoltare la radio. L'unico problema era che la radio della nostra macchina faceva schifo così passai dieci minuti a cercare di farla funzionare prima di poter finalmente partire. Il tragitto fu piuttosto tranquillo e passai l'intero viaggio chiedendomi cosa avrei dovuto dire ad Harry. Non volevo scaricare tutti i miei problemi su di lui o sarei finito per risultare un moccioso, ma, d'altra parte, non volevo mentirgli, soprattutto perché l'avevo chiamato dicendogli che la mia vita stesse facendo schifo in quel momento.

 

Quando arrivai nel vialetto della casa di Harry, una persona stava camminando nella direzione opposta alla mia. Non ero lontano nemmeno dieci metri che vidi chi fosse. Lauren. Merda. Feci del mio meglio per nascondermi dietro il volante e per un secondo pensai di esserci riuscito, ma proprio mentre la superai, lei alzò lo sguardo dal suo cellulare e diresse il suo sguardo verso di me attraverso il vetro di davanti. Diedi una rapida occhiata alla sua espressione prima di ripartire, ma da quello che potetti vedere, sembrava piuttosto incazzata. Doveva aver capito dove ero diretto e il pensiero mi fece sentire colpevole; Harry avrebbe passato l'inferno per quello.

 

Parcheggiai l'auto affianco a casa sua, non so quanto fosse intelligente parcheggiare l'auto davanti al garage nel caso qualcuno avesse avuto bisogno di quel posto, la chiusi prima di andare verso casa e suonai il campanello. Ci volle un po' prima che la porta si aprisse, ma quando accadde, i miei occhi si spalancarono. Harry stava lì, indossando una tuta consumata, che ricadeva sui suoi fianchi, e nient'altro. La parte superiore del suo torso era scoperta e dovetti combattere la voglia di fissare i suoi muscoli perfettamente tonificati.

 

"Ciao, finito di fissare?" disse con un sorriso.

 

"Io- non stavo fissando," mi difesi, ma il rossore che si fece strada sul mio viso mi tradii.

 

"Ovvio che no. Ma entra dentro, è dannatamente gelido là fuori," disse, ancora sorridendo, mentre si spostò per farmi entrare. Sorrisi con gratitudine mentre passai davanti a lui ed entrai nel calore della casa. Rimasi lì, un po' a disagio per alcuni secondi, prima che Harry ridacchiasse e mi dicesse di togliermi le scarpe e la giacca. Con un debole rossore sul viso, feci come mi aveva detto, ma mi fermai quando stavo per abbassare la cerniera della felpa.

 

"C'è qualcuno in casa?" chiesi.

 

"No, perché?"

 

Invece di rispondere con le parole, abbassai la cerniera e mi tolsi la felpa, rimanendo con il maglione stretto che indossavo sotto. Ero un po' nervoso quando lo guardai, sperando che non fosse troppo stranito, o addirittura disgustato, dalla vista. Ma l'unica reazione che ottenni fu un sorriso che mi indicava di seguirlo. Con un sospiro sollevato, che speravo non avesse notato, appesi la mia giacca sull'attaccapanni accanto al mio cappotto prima di seguirlo.

 

"Vuoi mangiare o bere qualcosa?" chiese e si fermò accanto alla porta che conduceva in cucina.

 

Mi venne in mente che non avevo fatto colazione e, come a farlo apposta, il mio stomaco fece un suono imbarazzante. "Ho dimenticato di fare colazione," mormorai in risposta alla sua domanda che non aveva posto.

 

"Fantastico! Mi darai la possibilità di dimostrarti quanto faccia le uova e la pancetta magnificamente," disse con un ampio sorriso mentre si avviò in cucina, dando una bella vista dei suoi muscoli della schiena. Se doveva stare lì e cucinare, non indossando niente di più di ciò che aveva in quel momento, c'era una grande possibilità che ad un certo punto sarei finito in una situazione piuttosto imbarazzante nei miei pantaloni.

 

"Ehi, Harry?" dissi mentre mi sedevo su una delle sedie vicino al tavolo.

 

"Hmm?"

 

"Non... voglio dire, non andrai, sai, a vestirti?" chiesi, balbettando leggermente.

 

"Non era in programma," disse mentre tirò fuori dal frigo una scatola di uova e un pacco di pancetta.

 

"Oh. Okay allora," dissi a disagio, grattandomi la nuca.

 

"Allora, cosa ti ha reso così depresso da farti decidere di prendere in considerazione la mia proposta di chiamarmi?" chiese. Era impegnato ad infilare una mezza dozzina di uova nella padella e non mi guardò, ma sentii un sorriso nella sua voce.

 

"Solo... un sacco di piccole cose, credo," dissi.

 

"Tipo cosa?"

 

Sospirai prima di alzarmi dalla sedia e di andare vicino a lui per poter vedere il suo viso mentre gli parlavo. "Sono stato davvero, davvero solo ultimamente," cominciai, appoggiandomi al bancone, "voglio dire, sono abituato a stare solo, ma non mentre sto avendo a che fare con il bambino, che inoltre calcia tutto il tempo, e che mi impedisce di dormire correttamente durante la notte, quindi sono ancora più stanco del solito, è solo che fa schifo non poter parlare a scuola perché sinceramente è dove mi sento più solo e questa mattina improvvisamente ho scoperto che il fidanzato di mia mamma si sta trasferendo da noi e poi mia mamma mi ha detto, dal nulla, che lei pensa che sto diventando troppo grasso e che dovrei iniziare a fare attività fisica, e mi è scappato che forse dovrebbe considerare il fatto che il mio aumento di peso dipenda da qualcos'altro, quindi in pratica le ho detto che qualcosa non va e adesso impazzirà completamente e mi trascinerà dal medico e poi tutto questo casino verrà scoperto!"

 

Alla fine stavo quasi gridando e Harry appoggiò la spatola che stava tenendo, guardandomi, in parte divertito e in parte preoccupato.

 

"Avresti potuto chiamarmi prima, sai," disse dopo una breve pausa.

 

"No, non potevo!" gridai, con la mia vista appannata a causa delle mie lacrime di rabbia, "sei occupato con i tuoi amici, con la tua famiglia, la tua ragazza, le tue cose del calcio e Dio sa cos'altro, e mi hai detto di stare lontano da te e non volevo essere quello che insiste perché niente di questo è colpa tua ed è solo un dannato casino e mi sento così fottutamente solo e non ce la faccio più! Sto impazzendo!"

 

Stavo piangendo disperatamente, le lacrime scendevano lungo il mio viso, e pestai i piedi in pura frustrazione, non sapendo cos'altro fare. Volevo calciare e colpire e urlare e fare tutto quello che avessi potuto fare per distruggere il mondo, ma non potevo, perché ero solo... io. Un ragazzo incinto che non aveva alcun mezzo per causare qualsiasi tipo di distruzione. A parte la vita di Harry. Ero riuscito ad incasinarla per bene, non importava quello che diceva.

 

L'espressione di Harry si trasformò in estrema preoccupazione e fece un passo verso di me, attentamente, come se stesse camminando in un campo minato. "Okay, okay, vieni qui," disse con cautela prima di fare un altro passo e avvolgere le braccia intorno a me, stringendomi contro il suo corpo. Feci per spostarmi, ma strinse la sua presa e permisi di farmi tranquillizzare dalle sue lente e dolci carezze sulla mia schiena.

 

"Probabilmente dovresti lasciarmi andare," inspirai per la sensazione di pace, odiando la pelle delle sue spalle.

 

"Perché?"

 

"Perché sono gay e incinto e in preda agli ormoni, e tu sei un ragazzo e sei dolce e bello e allegro e mezzo nudo e pressato contro di me," mormorai.

 

"Sono sicuro che andrà tutto bene," disse ridendo, "calmati, okay?"

 

Rimanemmo fermi così per qualche minuto finché non mi accorsi che il suo caldo e muscolo torso nudo fosse molto vicino al mio e mi dimenai fino a quando non mi lasciò andare e fece un passo indietro.

 

"Stai bene?" chiese, lasciando le mani sulle mie spalle.

 

Annuii, asciugando le ultime lacrime sulle mie guance. "Si. Mi dispiace, non avevo intenzione di urlarti contro senza nessuna ragione."

 

"In realtà mi aspettavo una scenata," ammise con aria scherzosa, "ho fatto qualche ricerca sulle gravidanze e tutte quelle cose e diceva che gli sbalzi d'umore sono abbastanza comuni."

 

"Hai fatto ricerche sulle gravidanze?" chiesi stupidamente, "perché?"

 

Lui scrollò le spalle. "Pensavo sarebbe stato bello sapere cosa ti succede e il resto."

 

"È davvero carino," dissi con un sorriso timido.

 

"Credimi, non tutto quello che ho letto è carino," disse con una smorfia.

 

"Non ho bisogno di esempi."

 

"Oh, così non vuoi sapere com'è un bambino quando nasce quindici settimane prima?" disse con un sorriso.

 

"No grazie," dissi con una smorfia, "specialmente dal momento che il nostro bambino dovrebbe nascere quindici settimane prima se andassi in travaglio adesso; non ho bisogno di un altro motivo per impazzire."

 

"Giusto, giusto," disse, poi apparve un sorriso sul suo viso. "Ehi, hai detto 'il nostro bambino'," aggiunse, la sua voce morbida.

 

"Oh. Si, credo di averlo fatto," dissi, guardandolo nervosamente, "scusa, non volevo farti sentire a disagio o altro, mi è scappato."

 

Non disse niente, ma il sorriso rimase sul suo volto mentre le sue mani scivolarono dalle mie spalle e, con mia grande sorpresa, si appoggiarono sul mio stomaco. Le guardai, erano così delicatamente posizionate sul mio ventre, quasi in modo affettuoso, e mi mordicchiai il labbro. Forse ero solo io e il mio cervello pieno di ormoni che era in sovraccarico, ma la posizione in cui in eravamo era molto più intima di una posizione tra amici.

 

Con esitazione e molto, molto lentamente, sollevai una delle mie mani e la avvicinai ad una delle sue. Il mio cuore correva ad un milione di chilometri all'ora al pensiero di quel semplice gesto, ma in qualche modo il mio nervosismo mi concesse un po' di coraggio e permisi alle mie dita di accarezzare il dorso della sua mano. Il secondo dopo che la mia pelle si mise a contatto con la sua, lui si ritrasse, e non solo con le mani, ma con tutto il corpo. Inciampò un paio di passi indietro e la mia faccia, che in precedenza era un po' calda, ora bruciava dalla paura per quello che sarebbe potuto succedere, rabbia verso me stesso e verso la mia stupida decisione e, soprattutto, di umiliazione per aver pensato che forse Harry non ci avrebbe badato, che forse gli sarebbe potuto anche piacere e che forse sarei potuto piacergli anche io.

 

Stupidi ormoni.

 
   
 
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