“Quindi questo è un addio?”

Viktor aveva gli occhi lucidi e questo a Yuuri faceva male.

“Si Vik, questo è un addio.”

La voce gli tremava, il suo cuore rimbombava nella cassa toracica e gli occhi gli bruciavano.
Non voleva davvero lasciare Vik, ma non ce la faceva più a vederlo così triste per la lontananza da Chris. Sapevo perfettamente che non voleva lasciarlo per non ferirlo, ma continuare in quel modo era perfino peggio: vivere con una persona che ama un altro ti porta all'autodistruzione.

Così l'aveva lasciato lui.

Si girò senza dire niente di quello che avrebbe voluto dire e se ne andò. Lo lasciò sul marciapiede da solo, ignaro del dolore dell'altro che desiderava solo tornare indietro e stringerlo forte.
Yuuri era così, fosse stato un personaggio di un libro sarebbe stato uno di quelli classici e banali: timido, innamorato, educato, sempre sorridente e disposto a sacrificare la sua felicità per quella degli altri. Però questo era lui, per quanto scontato fosse, e quella era l'unica soluzione che era riuscito a trovare per renderlo felice.

Yuuri ricorda ancora dolorosamente bene le urla dell'altro alle sue spalle, le sue lacrime, le sue parole doloranti.
Ricorda che faceva un caldo tremendo, credeva di svenire da un momento all'altro, eppure tremava.

Ora vive da solo in quella casa quasi completamente spoglia, l'unica testimonianza dell'esistenza di Vik è l'anello che porta al collo e che tiene nascosto.
Sono passati tanti anni da quella triste giornata, eppure lui la sogna ancora la notte.
Lentamente esce di casa nascondendo il volto nella sciarpa scura, cammina per quelle strade così familiari che lo tranquillizzano sempre, cammina e prova a dimenticarsi di sé stesso.
Si dimentica di sé stesso anche mentre lavora all'Ice Castle, mentre aiuta i bambini ad infilarsi i pattini, mentre pranza, mentre pulisce e mentre chiude. Torna indietro tenendo lo sguardo basso come sempre e si dimentica di sé stesso di nuovo.

“Ciao Yuuri.”

Chris è seduto davanti alla sua porta e vedendolo Yuuri si sente improvvisamente trascinato con forza nella realtà.

“Chris...”

Chris è più vecchio: i suoi capelli hanno qualche filo bianco qua e là, delle rughe sono spuntate agli angoli della bocca e degli occhi che sembrano spenti e svuotati. Lentamente si alza: il suo passo è pesante e stanco, le sue spalle sembrano schiacciate sotto un peso invisibile.
Senza dire una parola gli prende il palmo e ci appoggia un piccolo oggetto di metallo.
Yuuri, per la prima volta dopo quel tragico giorno, piange. Le lacrime scendono senza ritegno lungo le sue guance e dei piccoli singhiozzi sfuggono dalle sue labbra.

“Mi dispiace”

Chris non riesce a dire nient'altro davanti al piccolo giapponese in lacrime che disperatamente stringe a sé quell'anello rimasto senza padrone. Lui, invece, non ha più lacrime da versare, le ha già esaurite le notti passate, ha esaurito anche il dolore.

“Se ti può aiutare, sappi che ti amava sul serio, ti è sempre stato grato per quello che hai fatto per noi...”

Ciò non aiuta Yuuri: Viktor non c'è più, niente a questo mondo può aiutarlo a superarlo.
È senza forze, senza vita, senza gioia; vorrebbe dimenticarsi di sé stesso, ma l'unica cosa che riesce a fare è lasciarsi abbracciare da Chris e piangere tutte le lacrime trattenute nella sua vita.