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Autore: SomethingWild    20/06/2017    3 recensioni
[Clexa, Ranya, AU]
Lexa dirige una delle società più prestigiose di Wall Street, ma sono poche le persone con cui riesce ad essere realmente se stessa, lasciando da parte la maschera che il passato e il suo ruolo le hanno imposto. Clarke si è trasferita a New York da qualche mese per realizzare il proprio sogno, supportata dalle sue migliori amiche e in fuga da una vita che non le appartiene più.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo II

«Dovresti, Clarke.»
«Oh, certo. E poi?»
«Octavia capirebbe.»
«Ma Bellamy no.»
«'Fanculo Bellamy. Da quando dipendi da lui?»
«Da quando mi paga più di quanto dovrebbe per permettermi di coprire le spese del corso.»
«Pensi davvero che il merito sia suo e non di O'?»
«Non ho detto questo, ma sono in due. E in due decidono.»
Clarke sentì l'amica dall'altro capo del telefono sospirare: «Griffin. Prima o poi mi farai perdere la pazienza.»
«Non sono io quella che ha ignorato le mie chiamate per più di un'ora.»
«Te lo concedo. Ma, seriamente, Clarke: prendi in considerazione la mia proposta. Sinclair sarebbe più che disponibile ad offrirti un lavoro finché ne avrai bisogno.»
«Sinclair è più che disponibile a fare favori a te e a mia madre, non a me.»
«Dovresti accettare l'aiuto di chi deve qualcosa a tua madre.»
«Raven, ti prego, non ricominciare.»
«Sto solo dicendo che non puoi continuare a far finta di niente. Dovresti essere meno orgogliosa e farti aiutare di più.»
«Non lo so.»
Clarke fissò la matita che stava facendo girare fra le dita. Avrebbe dovuto veramente accettare quel lavoro? In fondo le avrebbe fatto comodo: orari non troppo pesanti e paga più che sufficiente. Eppure l'idea che Sinclair le stesse avanzando l'offerta solo perché era la figlia di Abby Griffin la turbava molto. Aveva sbattuto la porta in faccia a sua madre diverse volte negli ultimi anni: sarebbe stato da ipocriti accettare qualcosa che le veniva offerto in suo onore. 
«Clarke? Sei ancora lì?» Raven la chiamò dall'altro capo del telefono.
«Sì, stavo solo pensando.»
«Oh, lo avevo capito. Sento le tue rotelle che girano da qui.» Sentì la risata di Raven e non riuscì a trattenere la propria.
Approfittando del clima più tranquillo, Clarke cambiò discorso: «Allora, dimmi un po': cosa teneva così impegnata Raven Reyes da farle ignorare le mie chiamate?»
«Vuoi sapere troppo, Griffin.»
Clarke iniziò a muovere la matita sul foglio bianco disegnando dei cerchi, mentre pensava ad un modo per far sputare il rospo all'amica. 
«Quindi significa che non avevi le mani impegnate in qualche progetto super segreto di Sinclair» asserì con tono malizioso.
«Progetti super segreti di Raven Reyes ti basta come spiegazione?» le rispose l'amica, sospirando.
«A me? Forse sì. Ma non credo basti ad Octavia.»
«Fantastico. Ma sappiate che i miei segreti hanno un costo abbastanza elevato.»
«Sono sicura che non sarà una perdita offrirti una cena per sentire chi è la causa del tuo avere la testa fra le nuvole nelle ultime tre settimane.» Clarke rise di nuovo immaginandosi Raven ruotare gli occhi dall'altro capo del telefono. 
Dopo qualche secondo di silenzio, sentì Raven sbadigliare. 
«Spero che la tua nuova fiamma non ti annoi tanto quanto me.» 
«Buonanotte Clarke» le rispose Raven fingendo un tono scocciato.
«Buonanotte anche a te, Reyes.» Clarke chiuse la chiamata.
Si stropicciò gli occhi, prima di riportare l'attenzione sul libro che aveva di fronte. Mancavano pochi mesi all'esame finale del corso e approfittava delle sere in cui tornava a casa meno stanca per studiare. Ci teneva molto ad avere quel certificato: significava essere più vicina a lavorare in una galleria d'arte e, di conseguenza, più vicina al poter esporre le proprie creazioni. Inoltre il professor Wallace le aveva offerto un posto alla galleria dell'Università per quando avrebbe finito il corso. E ciò non faceva che rendere Clarke contenta di aver seguito le proprie aspirazioni - e non quelle che la madre aveva provato ad imporle - e orgogliosa di se stessa. Soprattutto se pensava alla frase che era solito ripeterle suo padre: "Nessuno ti dirà mai se hai talento. Devi credere in te stessa e fare del tuo meglio per dimostrare quanto vali. Forse allora sì che qualcuno riconoscerà il tuo talento". 
Clarke non aveva dimostrato niente a Wallace, se non la propria passione e sensibilità verso l'arte, ma, nonostante ciò, l'uomo aveva riconosciuto il suo talento, e aveva sentito per i corridoi dell'Università che era una cosa insolita da parte del professore, che, solitamente, si mostrava molto freddo verso gli studenti.  
Sospirando Clarke decise di non perdersi in futili pensieri e proseguì nella lettura del capitolo.

Bellamy si sistemò meglio sulla sedia cercando di nascondere una faccia perplessa: «È possibile una cosa del genere?»
«Non è facile, ma neppure impossibile» rispose atona Lexa, seduta dall'altro capo del tavolo. Lincoln confermò la versione della collega.
«Non metto in dubbio l'attuabilità del piano che ci ha esposto, quanto più la sua parola. Ci sarà un motivo se alcune voci sul suo conto girano con insistenza» rispose l'amministratore della Blake&Co., puntando lo sguardo in quello impassibile e freddo di Lexa. La donna dal canto suo si limitò ad alzare il mento e a squadrare l'uomo che le sedeva di fronte.
Lincoln non tentò neppure di entrare nel conflitto silenzioso che i due stavano combattendo da quando si erano seduti al tavolo, semplicemente lanciò alla sorella dell'amministratore uno sguardo complice ed imbarazzato, che venne ricambiato dalla ragazza, a cui la situazione non era passata inosservata. Motivo per cui, quando le sembrò che il silenzio fosse durato troppo, Octavia decise di prendere parola: «Quello che mio fratello vuole intendere è: come facciamo ad essere sicuri che il contratto che ci proponete non abbia clausole che ci penalizzeranno?» Quando fu sicura di avere di nuovo l'attenzione del capo della Woods Corp. continuò a parlare: «Quale ragione spingerebbe Alexandra Woods ad acquisire una società piccola come la nostra evitando di creare meno danni possibili ad entrambe le parti e non solo alla sua? Sappiamo bene che nessuno viene risparmiato nel mondo della finanza. Tanto meno da Alexandra Woods.»
Lincoln guardò Octavia stupito: la ragazza non aveva parlato per un'ora, limitandosi ad ascoltare, e quando lui e Lexa avevano esposto il piano gli era sembrato quasi che non fosse realmente attenta o che, comunque, facesse molta fatica a seguire gli schemi che stavano esponendo. Per la prima volta da quando era iniziato il meeting si domandò se non fosse lei la più ferrata dei fratelli Blake in quel campo.
«Sono dubbi ragionevoli» confermò Lincoln spostando lo sguardo da Octavia a Lexa. «Ma vi assicuro che Alexandra Woods è tanto uno squalo in borsa quanto una persona di parola.»
Bellamy Blake scosse nuovamente il capo: «Lei è dalla sua parte. Vorremmo una consulenza più oggettiva.»
«Consulenza di cui vi farete carico voi» lo interruppe Lexa.
«Il contratto verrà steso da noi il prima possibile e vi daremo l'opportunità di consultarlo nella vostra sede e non qui, in questo ufficio. Più di questo non possiamo offrirvi» proseguì Lincoln.
Octavia guardò il fratello cercando un segnale di approvazione, che, come temeva, non arrivò.
«Qualora trovassimo dei punti su cui non siamo d'accordo ci sarà possibile modificarli» propose Bellamy.
Lexa strinse la mascella e ruotò gli occhi. Le stava facendo perdere la pazienza: come faceva a non capire che il coltello dalla parte del manico non l'avevano loro? Un altro motivo per cui la Blake&Co. stava fallendo: l'arroganza di Bellamy Blake. Ignorò l'affermazione dell'uomo: «Mi sembra di avervi illustrato la proposta chiaramente. Aspettiamo la vostra conferma entro domani sera. Stenderemo il contratto entro lunedì. Me ne occuperò personalmente, se ciò la può rassicurare, Mr Blake. Ma non sarò tanto flessibile ad altre proposte.» Lexa si alzò dalla sedia imitata da Lincoln. «È un prendere o lasciare, non posso spingermi oltre. E, se mi permettete, neppure voi: siete all'ultima spiaggia» aggiunse allacciandosi il bottone della giacca del tailleur e passando di nuovo lo sguardo freddo sui due fratelli.
«Le faremo sapere entro domani» disse Octavia alzandosi a sua volta e porgendo la mano a Lexa e Lincoln, che le riservò un sorriso appena accennato. 
Bellamy imitò la sorella continuando a guardare Lexa con diffidenza.
«La ringraziamo per il suo tempo. Arrivederci, Miss Woods. Mr White» disse Octavia allontanandosi dal tavolo e avviandosi verso la porta.
Quando fu certa che i due fratelli si fossero allontanati, Lexa rilasciò un lungo sospiro: «Non credo la mia pazienza durerà ancora molto.»
Lincoln la guardò divertito: «Perdonalo. Si vede che non è il suo campo.»
«Non avrei mai pensato che sarebbe stato così tanto difficile.»
I due raccolsero i documenti e uscirono dalla sala meeting. 
«Mi auguro siano abbastanza svegli da capire che la mia proposta è quella che li danneggerà meno. Se vogliono uscire di scena a testa alta, io sono l'unica che può permetterglielo» commentò Lexa mentre si avvicinavano alla scrivania di Anya.
«Credo sia proprio questo il problema» rispose Lincoln sospirando.
Lexa lo guardò confusa.
«Bellamy Blake vuole uscirne a testa alta da solo, senza l'aiuto di nessuno» le spiegò.
«È infantile. L'orgoglio è segno di debolezza. Soprattutto se non te lo puoi permettere» rispose la mora con una smorfia irritata mentre si appoggiava alla scrivania di Anya.
Lexa e Lincoln erano tanto concentrati sulla discussione e sui documenti da non accorgersi che Titus si era affiancato loro: «Come la pietà e la compassione, Miss Woods.»
«Titus. Hai bisogno?» Lexa lo fissò freddamente alzando di nuovo il mento.
«Sì, passavo per consegnarti questo.» Le mostrò un fascicolo prima di proseguire: «Così si chiude un'acquisizione in poco tempo. Evidentemente lo hai dimenticato.»
Lexa inarcò un sopracciglio mentre l'uomo le porgeva il fascicolo e si allontanava.
«Dovresti licenziarlo. O fargli abbassare la cresta» le suggerì Anya alzando lo sguardo dallo schermo del computer. Lincoln annuì.
«Perché non licenziamo tutta la Woods Corp.?» commentò con una punta d'ironia Lexa aprendo il fascicolo e facendo passare l'occhio sul primo documento: «Proprio come ha fatto Titus per concludere il contratto con l'Azgeda.» Sospirò, passandosi una mano sulla fronte. 

Era ormai la dodicesima volta che Clarke provava a sommare tutti i valori sul foglio ed ogni volta o veniva interrotta o le usciva un risultato diverso. Si appoggiò allo schienale della sedia chiudendo gli occhi. 
"Mezz'ora. Manca solo mezz'ora" pensò, rilasciando un lungo sospiro.
Anche quella giornata l'aveva spesa al telefono cercando di calmare i creditori e di far guadagnare tempo ad Octavia e Bellamy. In tutta la sua vita non aveva mai sentito così tanti insulti e scatti d'ira come nel corso di quel pomeriggio. Le venne un'altra fitta alle tempie e aprì gli occhi, rovistando nel cassetto alla ricerca di qualcosa che potesse farle passare il mal di testa. Quando, dopo aver trovato ciò che cercava, alzò lo sguardo, vide Bellamy superare la sua scrivania con passo deciso ed entrare nel suo ufficio sbattendo la porta.
«Bellamy, aspetta.» Octavia le si avvicinò sbuffando.
«Tutto bene?» le chiese gentilmente Clarke, più in veste di amica che di dipendente. 
«No. Per niente.»
«Alexandra Woods l'ha fatto irritare di nuovo?» indagò la segretaria, aggrottando le sopracciglia. In qualsiasi altra situazione avrebbe riso di fronte all'irritazione che tutte le volte il capo della Woods Corp. riusciva a scatenare nel maggiore dei fratelli Blake.
«Direi piuttosto il contrario» rispose Octavia scuotendo la testa prima di proseguire: «Se mostri gli artigli ad Alexandra Woods, devi essere pronto a subire un attacco. Peccato che Bellamy non lo capisca.» Octavia si appoggiò alla scrivania di Clarke fissando la bustina per il mal di testa. «Non stai bene?» le chiese preoccupata.
Clarke scosse la testa e con un gesto della mano sminuì il problema.
La Blake sospirò di nuovo: «Come devo fare con voi due?» Le rivolse un sorriso forzato prima di allontanarsi per prendere un bicchiere e dell'acqua. 
Clarke la ringraziò.
«Mi ha mandato un messaggio Raven. Dice che stasera ha un impegno, ma che domani sarebbe più che contenta se le offrissimo una cena» la informò Octavia.
«Fantastico» rispose distrattamente Clarke, mentre faceva sciogliere la medicina nell'acqua. 
Bellamy aprì la porta dell'ufficio cercando la sorella: «Ehi, O', ho bisogno di parlarti.» Poiché Octavia non accennava a spostarsi dalla scrivania, aggiunse con tono perentorio: «Ora.» Sparì di nuovo dietro la porta del suo ufficio.
«Meglio che vada.»
«Sì, meglio.»
«Spero di riuscire a convincerlo. Alexandra Woods e Lincoln White ci sono venuti incontro il più possibile.»
«Quel Lincoln White?» la interruppe stupita Clarke.
«Già, proprio quello» confermò Octavia. 
Clarke non poté non notare il sorriso che era spuntato sulle labbra dell'amica prima che le desse le spalle ed entrasse nell'ufficio del fratello.
La segretaria svuotò il bicchiere e riprovò di nuovo a fare i calcoli, non riuscendo a trattenere un sospiro. 
Pochi minuti dopo, Clarke vide Octavia chiudersi la porta alle spalle e avvicinarsi a lei: aveva il volto scuro e gli occhi lucidi. Clarke odiava quando Bellamy si comportava da stronzo con la sorella. Sin da quando erano piccoli, per quanto volesse solo fare il fratello maggiore, non faceva altro che sminuire Octavia facendole notare il più piccolo errore o difetto. Clarke strinse i pugni alzandosi dalla sedia. 
«Vado io a parlargli» sibilò, superando l'amica e poggiandole la mano sulla spalla. Octavia annuì prendendo il suo posto alla scrivania e ringraziandola con il capo. 
Quando Clarke entrò nell'ufficio dell'amministratore senza bussare, lo trovò in piedi girato verso le vetrate e con le mani in tasca.
«Cosa vuoi, Clarke?» le domandò senza voltarsi.
Clarke non rispose, ma gli si affiancò cercando di mantenere le distanze e di apparire il più severa possibile. «Non dovresti trattare Octavia in questo modo. Lei ci sta veramente provando a salvare questa società e la vostra reputazione. Dovresti provarci anche tu.»
Lo sguardo di Bellamy si indurì mentre stringeva i denti. 
«Anche se ciò volesse dire accettare l'aiuto di chi odi» aggiunse la ragazza, voltando la testa nella sua direzione. L'uomo continuò a fissare il traffico di New York. 
Dopo qualche attimo di riflessione, Bellamy ricambiò lo sguardo di Clarke: «Non posso accettare la sua proposta.»
«Perché? Da quanto mi ha fatto capire Octavia, sta cercando di crearvi meno danni possibili.»
«È proprio questo il problema. Non mi fido di lei. Potrà anche abbindolare Octavia, ma non me. Inoltre è per persone come Alexandra Woods se ora siamo in questa situazione.»
«Mi sembra una persona di parola.»
«L'apparenza inganna, Clarke. Dovresti averlo ormai capito» le rispose avvicinandosi maggiormente a lei.
«Devi darle una possibilità. Accetta l'accordo e aspetta di avere in mano il contratto.» 
«La Woods Corp. ha già ingannato mio padre una volta. Credi che lei non sarebbe pronta a rifarlo?»
«Non dico questo. Semplicemente non ti prenderebbe in contropiede.» Appoggiò la testa sulla spalla dell'uomo prima di continuare: «Come amministratore di quest'azienda hai delle responsabilità: devi mettere i tuoi dipendenti e il loro futuro prima del tuo orgoglio.»
Clarke sentì Bellamy irrigidirsi a quelle parole. Motivo per cui decise di andare avanti a parlare: «Se non ti fidi di lei, fidati di me. L'ho guardata negli occhi e mi sembra sincera. Fredda, distaccata, apatica, non lo metto in dubbio, ma sincera.»
Bellamy chiuse gli occhi. «Lo spero» le disse prima di poggiare delicatamente le labbra sulla fronte di Clarke.

«Oddio, Clarke. Perché non chiedi a Bellamy un aumento la prossima volta? Magari anche di offrirmi una vacanza alle Bahamas.» Il tono di Raven rimarcava ironia ad ogni parola attraverso il telefono.
«Ora capisci perché non posso accettare l'offerta di Sinclair?» le chiese Clarke aprendo il frigo e prendendo una bottiglia di birra.
«Certo. Perché Bellamy ha una cotta per te e ascolta solo te» continuò a scherzare l'amica. 
Clarke ruotò gli occhi, scocciata. «Con te non si può intavolare un discorso serio.» Aprì la birra e prese un sorso. 
«Ti ricordo che ieri sera eri tu quella che continuava a tergiversare la conversazione sull'ironico. E poi se volessi reggerti il moccolo quel poco tempo che riusciamo a sentirci, Griffin, ti parlerei di Finn, Wick e di questa cazzo di gamba.» Ora Raven aveva decisamente cambiato il tono della voce e Clarke non poté fare a meno di sentirsi in colpa immaginando che l'amica, dall'altro capo del telefono, si fosse appena data un pugno sulla gamba. Infatti sentì un gemito strozzato pochi istanti dopo.
Clarke decise di cambiare argomento, sforzandosi di ignorare quella malsana abitudine di Raven: «A proposito di ieri sera. È ancora il tuo super progetto segreto che ti impegna stasera?»
«Può darsi.» Clarke si rasserenò sentendo il tono dell'amica tornare quello di sempre. Sorrise leggermente sedendosi sul divano e prendendo un altro sorso di birra. 
«Mi dai qualche indizio?» le chiese Clarke speranzosa.
«Anche gli indizi costano. Cosa credi?» 
Clarke sentì cadere qualcosa dall'altro capo del telefono e l'amica imprecare.
«Ehi, tutto bene?»
«Sì. Sì. Tranquilla. È tardissimo. Meglio che vada. Odia il ritardo.»
«Oh. Quindi è una persona.» Alzò un sopracciglio maliziosamente, come se Raven potesse vederla.
«Sta' zitta. Buona serata, Clarke.»
«Buona serata a te. Sei proprio cotta, eh, Reyes?»
«'Fanculo.»
Clarke sentì il beep che annunciava la fine della chiamata e scoppiò a ridere: si sarebbero divertite un mondo, lei e Octavia, la sera dopo a cena. Raven, forse, un po’ meno.





NdA
Qui succedono un po' di cose.
Prima di tutto conosciamo l'altra metà del "Team delle meraviglie" un po' meglio, e poi abbiamo lo scontro fra Lexa e Bellamy - e devo dire che scrivere di una Lexa così autoritaria è sempre divertente. Riguardo a questo: ho cercato di riprendere alcuni dei piccoli gesti che Lexa compie spesso nella storia originale, spero di esserci riuscita. 
La frase del padre di Clarke è una specie di citazione al film "Carol".
Grazie mille per aver letto, se vi va fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo.
A presto, 

Chiara
   
 
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