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Autore: QueenOfEvil    20/06/2017    3 recensioni
*spoiler per la decima stagione, ambientato durante "Extremis"*
[dal testo]:
"Aveva visto, sperimentato, sentito, vissuto così tanto che neanche la sua memoria, seppur molto più capiente di quella di un umano, era in grado di contenere tutto. E quel pensiero a volte lo tormentava, perché aveva perso il conto anche delle cose, piccole e grandi, che erano state condannate all'oblio."
Il Dottore, Missy e il giorno dell'esecuzione. Perché ci sono momenti, avventure, persone, che semplicemente non si possono scordare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Doctor - 12, Missy
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Angolino dell'autrice: Sono molto emozionata al pensiero di pubblicare finalmente in questa sezione e, soprattutto, riguardante la mia OTP. Sì, io shippo forsennatamente Il Dottore e il Maser e, anche se so che non è una ship popolarissima qui, volevo dare il mio piccolo contributo. Avevo anche una mezza idea di scrivere una serie di OS riguardanti loro due, ma non ne sono sicura, quindi se mi voleste asciare una piccola recensione per dirmi cosa pensate della storia (e spero di non aver reso il Dottore troppo OOC) ve ne sarei grata... detto questo, vi ho trattenuto anche troppo: buona, spero, lettura!






Qualcuno, una volta, aveva detto del Dottore che non dimenticava mai nulla, che ogni particolare, ogni frammento della sua vita era ben immagazzinato nella sua mente, seppellito sotto una valanga infinita di informazioni, ma non cancellato, mai cancellato. Il Dottore, invece, avrebbe fortemente dissentito con quell'affermazione: aveva visto, sperimentato, sentito, vissuto così tanto che neanche la sua memoria, seppur molto più capiente di quella di un umano, era in grado di contenere tutto. E quel pensiero a volte lo tormentava, perché aveva perso il conto anche delle cose, piccole e grandi, che erano state condannate all'oblio.

 

Non ricordava più l'impressione che i due soli di Gallifrey facevano sulla sua pelle di ragazzino quando, ancora spensierato, ancora ignaro del suo futuro, correva per i campi senza alcun tempo se non il presente. O meglio, si sforzava di richiamare quella sensazione, e a volte gli sembrava quasi di riuscirci, ma sapeva con certezza che nulla gli avrebbe fatto gustare nuovamente l'innocenza di quegli anni.

 

Non ricordava tutte le persone che aveva salvato, quegli abitanti, quei pianeti, a cui aveva salvato la vita e che probabilmente avrebbero conservato per generazioni la sua storia, di lui che per loro aveva significato immensamente di più di quanto avrebbero mai potuto significare per lui. E anche se gli faceva tremendamente male pensarlo, non poteva negare che fosse la verità.

 

Non ricordava Clara, Clara di cui rammentava il nome, il modo in cui si erano conosciuti e poco altro, pur sapendo che al tempo avrebbe distrutto l'intero universo per salvarla e probabilmente l'avrebbe ancora fatto, se ne avesse avuta l'occasione, aggrappandosi ad improvvisi dejà-vù e sensazioni fugaci. Sensazioni che sarebbero perite con lui alla rigenerazione successiva, lasciandogli l'impressione che, alla fine, non fossero veramente appartenute a lui, ma a qualcun altro: era stato così per Rose, Rose che aveva significato moltissimo per la sua nona vita, il mondo per la decima e che comunque non era diventata nulla di più che un rimpianto per l'undicesima ed era stato così anche per Martha, Donna, i Pond... tutti meravigliosi, fantastici, unici, ma che erano lievemente morti nella sua anima ogni volta che quella dannata, dannata e benedetta insieme, luce dorata l'avvolgeva e gli donava una nuova faccia, personalità e due nuovi cuori.

 

Non ricordava tutte le persone che erano morte, a causa sua o per colpa sua, concetti apparentemente uguali ma completamente diversi, e non avrebbe saputo, neanche voluto, forse, saperne il numero. E quando gli era stato chiesto per l'ennesima volta di elencarli, come se già non li avesse sotto gli occhi e nella mente giorno dopo giorno, da Billi, straordinaria, fantastica Bill, e lui le aveva dovuto rispondere la verità, aveva anche aggiunto una bugia, per lei e per se stesso: che in quel momento non importava e non doveva importare, mentre era sulla scia di quel non ricordo, quel numero esorbitante che cresceva ogni secondo della sua vita, che lui agiva, nel disperato tentativo di bloccare il contatore.

 

Sì, dunque, il Dottore dimenticava, dimenticava di continuo, e non aveva il tempo e la pazienza di fissare tutto su carta come Ashildr, né aveva la possibilità che qualcuno ricordasse per lui, essendo sempre rimasto solo, in un isolamento regolarmente interrotto e che, altrettanto regolarmente, si ripresentava, più aspro e duro delle volte precedenti. Eppure, in quel momento, mentre guardava negli occhi di Missy, mentre lei si preparava a morire e gli diceva quella frase, l'ennesima bugia o forse l'unica verità mia uscita dalla sua bocca, egli si sorprese a riuscire a ricordare ogni momento, ogni avventura che li aveva portati alla situazione in cui si trovavano.

 

Ricordava due giovani, poco più che bambini per dei Signori del Tempo, ma incredibilmente vecchi per molte altre specie, che, stesi sulla terra rossa del loro pianeta, fantasticavano del giorno in cui avrebbero esplorato il cosmo insieme, fianco a fianco, senza lasciarsi mai. Solo loro, Theta e Koschei, solo loro contro il mondo e i tamburi nella testa del secondo, sempre più forti ogni giorno che passava.

 

Ricordava l'amicizia a lungo coltivata sgretolarsi, i loro cammino dividersi, per colpa della guerra, certo, ma anche per la sua promessa mancata di portarlo con lui a vedere le stelle, se per trascuratezza, egoismo o se semplicemente trascinato dagli eventi, forse neanche lui avrebbe saputo dirlo. Ma non aveva mai smesso di dannarsi per quel patto non mantenuto, in ogni scontro in cui aveva rivisto il suo compagno di sempre, diverso eppure uguale, ormai diventato nemico, nemesi, indissolubilmente legato a lui ma non nel modo che aveva sperato.

 

Ricordava YANA, il modo in cui quasi per caso l'aveva ritrovato, anche se allora avrebbe preferito non averlo fatto, stupido, stupido Dottore che avrebbe sacrificato il suo passato pur di essere libero dai fantasmi che esso conteneva, e subito dopo lo aveva perso, le lacrime versate mentre gli urlava inutilmente di rigenerarsi che ancora a millenni di distanza sentiva scendere giù per la gola. Perché malgrado tutto, malgrado le morti, gli assassini, la sua follia, era comunque il Master, il suo Koschei, ed erano gli unici rimasti e non poteva, non doveva, essere un caso che proprio loro due fra tutti fossero sopravvissuti.

 

Ricordava il suo ritorno, la paura che lo aveva assalito al rivedere la Terra nuovamente in pericolo e al contempo quella ben nascosta scintilla di gioia che si vergognava quasi a provare e che era stata quasi subito rimpiazzata da un'esasperata frustrazione quando l'altro aveva ancora una volta declinato, seppur con meno enfasi, la sua offerta di viaggiare attraverso lo spazio e il tempo insieme, in un maldestro tentativo di riparare ad un torto fatto millenni prima che non era stato accettato. E si era maledetto per non aver mai prestato attenzione ai tamburi, per non aver voluto credere che fossero reali e non solamente un segno di pazzia, ma era successo dopo, molto dopo, quando ormai il Master era stato risucchiato nella guerra del tempo, per avere la sua vendetta e al contempo, di questo era sicuro come era sicuro che non l'avrebbe mai ammesso, aiutare il suo vecchio nemico che tanto nemico in quel momento non era.

 

Ricordava, infine, l'armata di Cybermen, il suo regalo di compleanno mai richiesto e quella donna, Time Lady, due cuori, matta e geniale, che si era presentata come Missy e che, in cuor suo, lui aveva riconosciuto ancora prima che si svelasse, pur avendo scansato quel pensiero con tutte le sue forze. In quel momento, e in quelli a seguire, era stata lei a fare il primo passo, a rivolere nuovamente il suo amico, la loro amicizia, e a piegarsi alle sue condizioni, o almeno a promettere che l'avrebbe fatto, ma era stato il Dottore a rifiutare e l'aveva quasi uccisa, per salvare l'anima di Clara, Clara che era nulla di più di un'ombra per lui, mentre il Master gli era davanti, davanti ai suoi occhi, forse per l'ultima volta.

 

"Senza speranza, senza testimoni, senza ricompensa, io sono tua amica" Credeva davvero che sarebbe morta? Eppure avrebbe dovuto conoscerlo, lui e il suo dannatissimo complesso dell'eroe per cui l'aveva preso in giro così tante volte: il Dottore non da un boia e non lo sarebbe mai diventato, anche se aveva avuto bisogno di un piccolo promemoria da parte di Nardole, da parte di Nardole e da parte di qualcuno che lo conosceva meglio di quanto lui conoscesse se stesso forse, per ricordarselo. Ma quelle parole, quelle frasi, continuavano a risuonargli nelle orecchie: aveva davvero espresso il desiderio di diventare buona?

 

Si poteva fidare?

 

Due rigenerazioni prima avrebbe dato qualsiasi così per sentirsi fare quella richiesta, per poter avere qualcuno al suo fianco, nel TARDIS, e non essere condannato all'eterna solitudine, ma era stato l'altro a non accettare, a scegliere di morire piuttosto che rimanere prigioniero del suo tanto odiato Dottore, e quest'ultimo, con il senno di poi, comprendeva che quell'offerta era stata fatta con egoismo, talmente preso dalla sua speranza di non essere più solo da non accorgersi neanche della pistola che Lucy aveva puntato contro Koschei fin quando non era stato troppo tardi. No, quella volta sarebbe stato diverso: l'avrebbe salvata, perché lui doveva salvare tutti, o almeno provarci, ma niente TARDIS questa volta, né promesse di libertà. Doveva assicurarsi che fosse al sicuro e al contempo che non causasse altri danni, altri morti.

 

Si poteva fidare?

 

Fu quasi troppo semplice manomettere il congegno per l'esecuzione con l'aiuto del suo cacciavite, non ci mise più di un attimo, e in ogni caso ebbe un momento di tentennamento quando il raggio, innocuo, la colpì, facendola cadere a terra: sapeva che stava fingendo, doveva star fingendo, e un minuscolo sospiro di sollievo uscì dalla sua bocca quando ella si alzò, nel suo atteggiamento quasi infantile, ma con una scintilla negli occhi che lui non aveva visto in lei da tanto tempo. 

 

Gratitudine dove per millenni non c'era stato altro che odio.

 

Forse le cose potevano davvero cambiare.

 

Il caveau era la soluzione migliore: una cella, un rifugio, una protezione per Missy e da Missy, un luogo in cui si sarebbe impegnato per farle apprezzare una bellezza diversa da quella di una città in fiamme, per insegnarle ad essere l'eroe, non il nemico invasore, per sapere sempre dove trovarla e al contempo perché lei sapesse che lui ci sarebbe sempre stato. Sarebbe rimasto in quella situazione per tutto il tempo che avrebbe ritenuto necessario. Decenni, secoli, millenni. E se lei avesse davvero voluto cambiare... beh, con il suo aiuto ce l'avrebbe fatta di sicuro. Ma la sua sincerità era un problema a cui lui in quel momento non voleva pensare.

 

Si poteva fidare?

 

Il Dottore non lo sapeva, come non sapeva tante cose e non ne ricordava altrettante, e forse la speranza che sentiva nel petto gli sarebbe stata portata via ancora e nel peggiore dei modi, ma, mentre scortava Missy nella sua nuova abitazione e lanciava uno sguardo a Nardole, che era arrivato al momento giusto ancora una volta, rifletteva che se quella fiducia gli avesse potuto restituire un amico, un amico da lungo tempo perduto, il suo migliore amico, allora avrebbe avuto senso farsi spezzare i cuori ancora mille volte.

 

E, chissà, magari un giorno avrebbero davvero visitato il cosmo e le stelle insieme.

 

Esattamente come lui gli aveva promesso molto tempo prima.

 
   
 
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