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Autore: lady lina 77    20/06/2017    1 recensioni
Seguito di Without you. Un anno dopo la nascita di Isabella-Rose, Ross e Demelza vivono una vita serena e felice a Nampara, insieme ai loro tre figli. Ma il destino si sa, è malefico. E un incidente scombinerà di nuovo le carte, facendoli precipitare in un tunnel di dolore, incertezza e difficoltà.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano quasi giunti a Nampara. Era una giornata di pioggia battente e fresca e il buio della sera incombeva sulla carrozza che procedeva placidamente sulle strade sterrate della Cornovaglia.

Dopo aver lasciato Caroline a casa sua, Demelza era ripartita coi bimbi. Jeremy non vedeva l'ora di riabbracciare suo padre, Bella non faceva che saltellarle contenta sulle gambe mentre Clowance pareva semplicemente silenziosa e disinteressata. Demelza sapeva che non era felice del ritorno a casa, che avrebbe preferito rimanere a Londra dove era più serena e che i problemi fra lei e Ross erano ben lontani dal risolversi. Era cambiata molto la sua bambina, nel giro di quei pochi mesi. Non si metteva più in mostra, non cercava più di primeggiare ma anzi, pareva preferire starsene in disparte, non vista e non notata. Non chiacchierava più con quel suo fare da maestrina saggia, non sorrideva più e soprattutto, non cercava più un contatto con suo padre. Aveva rinunciato all'idea, forse... E sicuramente era anche molto arrabbiata. Era una situazione difficile e Demelza non sapeva come intervenire in modo costruttivo. "Bambini, appena entriamo in casa, correte a salutare papà" – disse, sospirando. Ricominciava la sua battaglia per tenere unita la famiglia, si sentiva in forze e rigenerata e non avrebbe mollato la presa finché Ross non fosse guarito. Non sapeva ancora come aiutarlo e in che modo sarebbe avvenuto, però lui sarebbe tornato da lei.

"Pappppaaaaaa! Juiiiiiiii e Puuudiiiiii" – urlò contenta Bella, agitando le manine e battendosele sulle gambe.

Demelza sorrise, stava bene con loro. Anche Bella era cambiata molto in quei mesi e anche se era pigra da morire, stava iniziando ad impegnarsi seriamente a rimanere in piedi e a camminare, anche se durava solo pochi passi. E anche il suo vocabolario era cresciuto un po'. "Si, hai ragione, vedremo anche Jud e Prudie" – sussurrò, baciandola sulla tempia.

Quando la carrozza si fermò davanti a Nampara, il cocchiere la aiutò a scendere, riparandola dalla pioggia assieme ai bambini. Strinse a se Bella e nascose sotto il suo mantello Clowance e Jeremy, poi corsero fino all'uscio di casa. Pioveva a dirotto, sempre più forte, e in lontananza si sentivano sommessi tuoni.

Dalla cucina proveniva il bagliore delle candele e del fuoco e questo la rincuorò. Sapeva di casa...

Jud le andò incontro borbottando. "Non è gentile, non è umano e non è appropriato arrivare a quest'ora e interrompere un pover'uomo che si sta bevendo il suo meritato bicchiere di Porto dopo una giornata passata a faticare come un asino" – disse, correndo fuori per prendere i suoi bagagli.

Demelza rise, era proprio a casa!

Prudie le corse incontro abbracciando lei e i bambini. "Ragazza mia, non vi aspettavamo fino a domani e ho già sistemato tutto visto che il padrone ha già cenato. Ma se volete mangiare, mi arrangierò a prepararvi qualcosa".

"Abbiamo mangiato per strada" – rispose Demelza togliendosi il mantello. "Siamo a posto così, grazie Prudie". Si guardò attorno, di Ross non c'era traccia. "Lui dov'è?".

"In libreria a rimuginare su qualcosa" – rispose la serva.

Demelza guardò i bimbi, forse delusa dal fatto che lui non gli fosse andato incontro. "Su, avete sentito? Correte a salutare papà".

Jeremy corse nella libreria e Bella lo seguì gattonando come una matta. Clowance, sospirando, andò loro dietro a piccoli passi.

Sentì chiacchiere e risate di Jeremy e Bella provenire dalla biblioteca e un timido 'ciao' detto da Clowance e poi Ross arrivò nel salone coi tre bambini.

Demelza deglutì. Era strano ma si sentiva emozionata nel vederlo. Era emozionata come quando era la sua serva e lui si dimostrava gentile con lei, emozionata come durante il loro primo bacio e la loro prima volta insieme, quando Ross l'aveva fatta diventare una donna... Emozionata come quando le aveva detto di amarla per la prima volta, dopo che l'aveva sposata.

Ross invece era come sempre, scuro e con sguardo indagatore disegnato sul volto. La osservò per un lungo istante e poi con un cenno del capo, senza un abbraccio, la salutò. "Bentornata" – disse semplicemente.

Demelza si morse il labbro. Beh, in fondo che si aspettava? Un abbraccio? Un bacio? "Grazie" – disse rassegnata, avvicinandosi e prendendogli Bella dalle braccia.

Clowance corse senza dire nulla nella sua stanza mentre Jeremy ruppe quel momento di tensione raccontando delle mille cose che aveva fatto a Londra.

Ross lo ascoltò con attenzione mentre lei svuotava, aiutata da Prudie, i bagagli. Nulla era cambiato dalla sua partenza, eccetto una cosa... Ross la osservava insistentemente e sentiva i suoi occhi indugiare su di lei senza mollare la presa, tanto che si chiese se gli fosse mancata.

Improvvisamente le si avvicinò, prendendole le cose di mano. "Ti aiuto a portare tutto di sopra".

Lo lasciò fare, senza parole, seguendolo silenziosamente sulle scale e lasciando i bambini alle cure di Prudie.

"Ti appoggio gli abiti sul letto?" - le chiese, appena furono in stanza.

"Si". Era allibita e forse piacevolmente sorpresa che la stesse aiutando, nonostante il suo tono freddo. "Grazie" – mormorò.

"Sono tuo marito, no? E' mio dovere". Ross indugiò un attimo nella stanza, come rimuginando su qualcosa. "Senti, devo chiederti scusa" – disse infine, velocemente, come se fosse imbarazzato.

Demelza si accigliò. "Scusa per cosa?".

Ross si guardò attorno, finendo per osservare la cassettiera. "Mentre non c'eri, sono entrato in questa stanza".

Questo la fece sorridere e le fece tenerezza. "Non mi devi chiedere scusa per questo, è anche la tua stanza" – disse, sedendosi sul letto.

Ross fece passare il dito sulla cassettiera. "Sai, cercavo qualcosa che mi aiutasse a ricordare e pensavo che qui, fra le mie cose...".

"Non devi giustificarti, Ross. Hai fatto bene! Hai trovato qualcosa che ti ha aiutato?".

Ross le si avvicinò, sedendosi accanto a lei sul letto. Abbassò il viso, pensieroso, come cercando le parole adatte per parlarle. "Ho trovato una tua lettera, nel cassetto". Si rovistò nelle tasche, porgendole un foglietto spiegazzato.

Demelza lo prese, aprendolo incuriosita, non sapendo assolutamente che cosa fosse. Ma le bastò leggere poche righe per rendersi conto che... Ritornò alla mente a tanti anni prima, quando aveva preso Jeremy e Garrick e, disperata, se n'era andata da Nampara senza un soldo in tasca, convinta che il suo matrimonio fosse finito e che Ross non l'avesse mai amata. Era sbalordita dal fatto che suo marito, anche dopo la riappacificazione, l'avesse tenuta... Alzò il viso ed incontrò gli occhi scuri di Ross che la fissavano, indagatori ed in attesa di una spiegazione. Deglutì, rendendosi conto che gli aveva raccontato tante mezze verità su di loro, dall'incidente, e che sarebbe stato difficile e doloroso aprire quel capitolo. Sia per lei che per lui, che non aveva idea di come l'avrebbe presa.

Ross le prese la mano, stringendola nella sua. Un gesto famigliare una volta, che ora invece le faceva venire la pelle d'oca. "Dimmi la verità, per favore. Se vuoi aiutarmi a guarire, dimmi com'eravamo davvero".

Demelza osservò quella lettera, ricordando le lacrime e l'amarezza che l'avevano accompagnata mentre la scriveva. Era stata arrabbiata a quel tempo, con Ross, era stata infelice e soprattutto devastata dal dolore di doversene andare perché convinta che quell'uomo che venerava e che amava più di ogni altra cosa, fosse di un'altra. "Dopo l'incidente, Dwight ha detto che non dovevo turbarti... Come avrei potuto parlarti di questo?" - concluse, alzando il pugno dove teneva la lettera.

"Fallo ora! Sono abbastanza in forze per affrontare la verità".

Annuì, chiudendo gli occhi, era inevitabile, ormai doveva riaprire quella ferita. "Piangevo, mentre ti scrivevo questa lettera. Avevo il baratro davanti, il nulla, non avevo denaro, certezze e nemmeno avrei avuto una casa, una volta che me ne fossi andata. Sarei stata solo io, con Jeremy e il nostro cane, in balìa del nulla e dell'incerto. Ma non potevo restare comunque...".

Ross scosse la testa. "Il nostro non era un matrimonio felice, vero?".

"Lo è stato, negli ultimi quattro anni. E anche appena sposati, anche se sapevo che nel tuo cuore c'era anche un'altra donna".

"Elizabeth?" - chiese Ross.

Annuì. "Sì, lei. Il tuo primo amore giovanile, la ragazza che volevi sposare quando fossi tornato dalla guerra. Ma quando sei tornato, lei era promessa sposa a tuo cugino Francis e non l'hai mai superata del tutto. Era come un tarlo, sempre lì nella tua testa, era un qualcosa che avevi sognato e che non avevi mai avuto, un eterno dubbio su come sarebbe stato averla e vivere con lei la tua vita. Elizabeth era bellissima, nobile, dalle maniere eleganti, sempre perfetta... E poi sono arrivata io e quello che ti ho detto sui nostri inizi era vero, sono stata prima la tua domestica e poi tua moglie. Ci siamo sposati ma non c'era amore nel tuo cuore, per me. Poi è arrivato, pian piano. E io ero così felice e mi sentivo la donna più fortunata del mondo a pensare che un uomo come te avesse scelto me come compagna. Ma Elizabeth era sempre lì e scavava, scavava nel tuo cuore e nella tua mente. Finché, dopo la morte di tuo cugino, lei è tornata ad essere per te quel sogno che poteva essere realizzato ora che non c'erano ostacoli".

"Ma c'erano ostacoli, c'eri tu!" - la interruppe Ross. "Io ero sposato con te, giusto?".

"Dopo la morte di Francis, sono diventata invisibile ai tuoi occhi. Io e Jeremy eravamo diventati un impedimento per te, un peso... Correvi sempre da Elizabeth trovando mille scuse per aiutarla e starle vicino e trovandone altrettante per non occuparti di noi. E poi, quando hai saputo che lei avrebbe sposato in seconde nozze il tuo acerrimo nemico George Warleggan, sei esploso. E' esplosa la rabbia repressa e quel desiderio che mai hai potuto appagare". Sentì gli occhi inumidirsi, al ricordo di quella notte terribile. "E così è successo, mi hai tradita con lei... E tutto è andato definitivamente a rotoli. Credevo che niente ti avrebbe potuto separare da colei che amavi e che finalmente avevi e così ti scrissi quella lettera, presi Jeremy e me ne andai". Alzò il viso, notando che Ross aveva gli occhi spalancati e... lucidi?

"Mi dispiace..." - disse lui, solamente.

"Lo so". Stava parlando con il vecchio Ross in quel momento. Perché era una delle sue certezze più grandi. Si era odiato, si era maledetto e aveva scontato e purgato ogni suo errore e con dolore aveva vissuto tre anni in completa solitudine, pensando a lei. "E' passato tanto tempo da allora e come vedi, siamo qui insieme adesso".

Ross osservò il vuoto, perplesso e pensieroso. "Ti ho tradita... Come diavolo ho potuto?".

"E' successo e basta. Ma forse serviva a farci capire quanto fossimo importanti noi due, l'uno per l'altra".

"Ma non avrei dovuto farlo comunque". Strinse i pugni, teso. "Sei una donna bellissima, riesci ad incantarmi in ogni cosa che fai, non c'è nulla che non riusciresti a portare a termine e sei una madre stupenda. Che diavolo avevo nella testa? Come ho potuto essere così stupido e insensibile, tanto da spingerti ad andartene?".

Per un attimo rimase muta, interdetta. Le aveva detto che era bella, che era incantato da lei... Glielo aveva detto ORA che non ricordava nulla di loro! Le si scaldò il cuore a quelle parole. "Ross, credo che tu ti sia posto da solo, in passato, queste domande. E che abbia trovato le tue risposte".

"Che è successo dopo che hai scritto quella lettera e te ne sei andata?".

Strinse la mano di Ross che ancora teneva la sua. "Sono andata a Londra e non è stato facile all'inizio. Non avevo denaro, ero sola con un bambino e aspettavo Clowance. Mi accorsi di essere incinta appena arrivata nella capitale ed ero terrorizzata. Poi ho incontrato per caso Caroline Penvenen e da allora, tutto ha iniziato ad andarmi bene. Ho aperto una locanda e poi per una serie di casi fortunati, sono entrata in finanza e nel giro di poco sono diventata ricchissima. Avevo tutto, denaro, una grande villa, amici e soprattutto i miei due splendidi bambini. Ma ero sola, mi sentivo sola, sai? Non c'eri tu, non eri lì con me a costruire tutto ciò che avevo... Eravamo lontani, non avevi idea di dove fossi finita e non sapevi nemmeno dell'esistenza di Clowance. E io non sapevo nulla della tua vita. Non ci siamo visti per tre anni e poi, per caso e grazie a Caroline e Dwight, le nostre strade si sono rincrociate".

Ross la fissava negli occhi, come catturato in una rete da quel racconto. "E poi?".

Demelza gli sorrise, alzando una mano ad accarezzargli la guancia. "Eravamo due persone molto diverse, quando ci siamo rivisti. Tu ERI cambiato. Mi amavi e io non avevo mai smesso di amare te, nonostante tutto. Ritrovarci, riscoprirci e ricomiciare è stato inevitabile e da allora siamo diventati davvero una cosa sola, felici, innamorati, non esisteva più niente a parte noi due e i nostri figli. Siamo tornati a Nampara e dopo alcuni anni è nata Bella. Eravamo felici fino al giorno del tuo incidente... Mi piaceva come facevi, mi piaceva che al mattino il tuo primo pensiero fosse darmi un bacio, così come facevi la sera prima di dormire. Mi piaceva il modo in cui mi guardavi, mi parlavi, come scherzavamo e come ridevamo insieme di tutto, come se ci riscoprissimo da capo ogni giorno. Giocavi coi bambini e avevi un rapporto unico con Clowance. Era la figlia che non avevi visto nascere, ti sentivi in colpa per questo e per non averla seguita per i primi due anni della sua vita. E lei ti ammagliava col suo carattere, siete sempre stati anime affini voi due".

Ross abbassò lo sguardo, pieno di sensi di colpa. Clowance era stata la figlia che più aveva cercato di allontanare e ora poteva capire cosa avesse generato in lei il suo comportamento. "C'è un suo nastrino nel mio cassetto, credo ci sia finito dentro per caso".

Lo sguardo di Demelza si addolcì a quelle parole. "No, non è lì per caso. E' un ricordo importante per te. Clowance te lo regalò la prima volta che vi siete incontrati tu e lei, a casa di Caroline a Londra. Aveva un anno e mezzo allora e tu non avevi idea che fosse tua figlia. Da quel giorno, lo hai sempre tenuto con te".

Ross abbassò lo sguardo. "Mi dispiace, con Clowance ho combinato solo disastri e quando è scappata, avrebbe potuto succederle di tutto a causa mia. E tutto perché non ho voluto ascoltare i tuoi consigli".

Demelza sorrise. "Tu sei testardo, difficilmente ascolti i miei consigli quando ti incaponisci su qualcosa. Eri così anche prima dell'incidente, ad essere onesta".

Il clima sembrò distendersi per un attimo alle parole scherzose di Demelza. Ross le accarezzò la mano, le dita, facendole scorrere brividi lungo la schiena. "Che ne è stato di Elizabeth?".

Demelza deglutì. Ancora, dopo tanti anni, parlare di lei le faceva male. Il vecchio Ross non la nominava più e anche se probabilmente poteva essere capitato che l'avesse pensata, non gliene aveva mai fatto parola. "E' morta di parto due anni fa". Non entrò nei particolari, non ne aveva voglia. Non aveva la forza di raccontargli tutto e non voleva nemmeno pensare alla paternità di Valentin e di come lui avrebbe potuto prenderla.

E Ross dovette capirlo perché su quell'argomento non chiese altro. Ma... "E Julia? In quella lettera parli di una certa Julia, chi è?".

Julia... Le si inumidirono gli occhi, quella ferita si riapriva ogni volta che sentiva quel nome. "Era la nostra prima figlia" – sussurrò, trattenendo l'emozione.

"Era?".

"Era...".

Ross la abbracciò e lei sentì che aveva capito anche senza spiegazioni ulteriori. Non ce n'era bisogno...

"Ne abbiamo passate tante, noi due, a quanto vedo" – sussurrò Ross, fra i suoi capelli.

"Sì".

"Eppure siamo qui, siamo insieme. Questo non è sorprendente?".

Demelza fu colpita da quelle parole perché in esse c'era il succo del loro rapporto. Già, era sorprendente che non si fossero mai persi ma che invece attraverso le prove che la vita aveva riservato ad entrambi, avessero saputo crescere insieme, fondersi e diventare un amore vero e indissolubile. La maggior parte delle coppie non ce l'avrebbe fatta a sopportare quello che avevano sopportato loro due. Rispose al suo abbraccio, aveva bisogno di lui. Non l'aveva mai stretta a quel modo, da quando si era fatto male. L'aveva abbracciata quando era tornata in lacrime dalla gita in barca con Hugh ma non a quel modo, non con quell'intensità.

Ross le accarezzò i capelli, desideroso anche lui di non rompere quel contatto. "Sai, io non riesco a ricordare niente di quello che mi hai raccontato ma so che è vero tutto quello che mi hai detto. Io sento di appartenere a questo posto, a questa casa ed è una cosa come radicata in me... Non so spiegarlo ma è come se emozioni e mente viaggiassero in maniera differente. Tu sei mia moglie e io so che lo sei, non ricordo il nostro matrimonio, non ricordo niente di niente di quando son nati i nostri figli ma so che c'ero e che ero emozionato quando li ho presi in braccio la prima volta. Io ti guardo, mi affascini e ti trovo assolutamente bellissima e penso spesso che probabilmente sono stato una persona molto lungimirante e intelligente a sposarti. So che ti amavo, so che ti veneravo perché sarebbe stato impossibile non farlo. Mi sei mancata quando sei partita per Londra, sentire il nome di quella città mi terrorizzava e ora so perché. Era la città che per tre anni ci aveva diviso, giusto?".

"Giusto".

Ross sospirò. "E probabilmente quella paura di perderti di nuovo mi ha accompagnato sempre, anche dopo che sei tornata qui. Non è un ricordo, è una consapevolezza che esiste in me. Io devo avere avuto paura, negli anni, che tu te ne andassi di nuovo. E so che per tre anni io sono stato da cani senza di te. Lo so perché lo sento. Così come mi sentivo geloso di quell'uomo che ci è venuto a trovare, Hugh, giusto?".

Demelza spalancò gli occhi, il cuore le accelerò. Ross le aveva detto cose bellissime che le avevano scaldato il cuore... Ma aveva anche citato Hugh e questo la riempiva di sensi di colpa e paura. A Ross non sfuggiva mai niente, era da sempre così e anche quel giorno aveva notato lo strano gioco di seduzione fra lei e il poeta. "Lui... lo hai visto solo una volta, dopo tutto" – balbettò.

Ross la guardò in viso, scrutandola con quei suoi occhi neri e profondi che sapevano leggerle nell'anima. E sapeva che riusciva a farlo anche in quel momento... "E tu, lo hai visto solo una volta?" - le chiese, sibillino.

"No". Fu sincera, non voleva mentirgli. "L'ho visto altre volte lontano da qui". Strinse con la mano la coperta, prese a tremare e lottò per non scoppiare a piangere. Ma alla fine le lacrime ebbero la meglio su di lei, sul suo dolore e su tutti i sentimenti che stava provando. "Mi sentivo sola, disperata... E lui mi faceva stare meglio! Era come vivere isolata dalla realtà, lontana da tutti i problemi. C'era lui ed era gentile, dolce, mi guardava come si guarda a una dea. E poi c'eri tu che non volevi nemmeno toccarmi e che mi voltavi le spalle, che non sapevi più parlarmi, stare coi nostri figli, stare con me... Lo so, non è una giustificazione, ma era così che mi sentivo. Sola! Finché ho capito che non poteva esserci nient'altro che te, per me, che eri tu tutto ciò che volevo e che ti avrei ritrovato, in un modo o nell'altro. E per fortuna l'ho capito in tempo".

Ross chiuse gli occhi, forse arrabbiato, forse ferito o forse deluso. O probabilmente tutte queste cose. Poi per lunghi istanti non disse nulla, non si mosse e restò a fissare il vuoto. E alla fine... "Mi dispiace che tu ti sia sentita così e mi dispiace di non averlo capito o non aver saputo ascoltarti".

Spalancò gli occhi, sorpresa. Sapeva che la questione non sarebbe finita lì, sapeva che una volta guarito – perché sarebbe guarito – avrebbe affrontato la cosa e chiesto spiegazioni, ma ora sembrava semplicemente ferito per averle fatto del male e averla quasi spinta fra le braccia di un altro. Non era giusto, pensò, non era colpa di Ross, quanto successo con Hugh era solo colpa sua. Scoppiò a piangere, non riuscì a impedirlo. Si nascose il viso fra le mani, singhiozzò come una bambina e Ross la riabbracciò. "Sta tranquilla, non fare così" – le sussurrò, affondando il viso nel suo collo. "Va tutto bene".

Scosse la testa. "No Ross, non va tutto bene! Io ti rivoglio, rivoglio noi! Rivoglio mio marito, rivoglio le tue carezze, i tuoi baci, i tuoi abbracci, rivoglio fare l'amore con te, averti vicino come marito, amico, amante, voglio tutto quello che ci univa e che mi manca, mi manca come l'aria".

Le prese il volto fra le mani, appoggiò la fronte alla sua. "Lo riavremo, io VOGLIO riaverlo! E se davvero sono testardo come dici tu, allora succederà, tornerò da te come prima. Ma ti prego, non piangere, non lo sopporto. Dammi solo del tempo".

"Giuramelo!".

"Te lo giuro, Demelza. Perché quello che vuoi tu, lo voglio anche io. Cosa pensi, che non ti desideri? Santo cielo, mi fai mancare il fiato in ogni cosa che fai e vorrei viverti come prima. Sai, mi chiedo spesso com'era stare con te, cosa provavo quando ti baciavo, quando facevo l'amore con te, quando eravamo una cosa sola...".

Demelza arrossì. Davvero sentiva quelle cose, davvero la desiderava? "E allora, perché mi hai respinta? Perché non mi parlavi, perché mi allontanavi?".

"Perché era difficile per me, tutto quanto. Rapportarmi a voi, significava rapportarsi a quel passato che voi conoscete e che mi è sconosciuto, nonostante mi riguardi. E per quanto riguarda noi due...".

"Cosa?".

"Io non voglio solo piacere fisico, voglio tutto il resto di te, voglio la tua anima e il tuo cuore, oltre al tuo corpo. Non volevo approfittarmi di te, ti desideravo ma mi eri ancora estranea e sentivo che non potevo farlo".

Questo la intenerì, era Ross, era tipico di lui essere così fiero e corretto. "Vuoi sapere come ci sentivamo quando facevamo l'amore?".

"Si".

"Semplicemente, il resto del mondo smetteva di esistere in quei momenti. Eravamo l'unica cosa che contava".

Ross le sorrise, la strinse a se e poi si stesero sul letto. Non la lasciò nemmeno per un istante, continuando ad accarezzarle la schiena e i capelli. "Abbi pazienza..." - le ripeté.

"Va bene". Affondò il viso contro il suo petto, inspirando il profumo della sua pelle e imprimendo in se il calore delle sue mani che la sfioravano. "I bambini... Non posso rimanere qui, sotto ci sono i nostri figli da soli" – disse sommessamente, tornando brevemente alla realtà.

Ross le baciò la fronte, non allentando la presa su di lei. "Non sono soli, Prudie e Jud si occuperanno di loro. Restiamo qui, così, insieme. Ho bisogno di te".

Annuì, arrendendosi al fatto che anche lei aveva bisogno di lui. "Va bene".

"Ce la faremo, come sempre" – sussurrò al suo orecchio Ross.

Demelza, nella semi oscurità sorrise. Si sentiva al sicuro fra le sue braccia e sapeva che se Ross prometteva, poi manteneva. "Sì, come sempre" – ripeté, appoggiando la fronte alla sua spalla.




  
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