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Autore: An13Uta    20/06/2017    1 recensioni
Aprì la bocca piena di denti aguzzi – da tempo aveva perso il suo piccolo becco – quasi stesse per dire qualcosa. Ma poi prese a tremare, e portò le mani magre davanti alle iridi per strapparsele, senza mai decidersi a farlo.
-È colpa mia.-.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Link, Skull Kid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lacrime in una teca









La notte non aveva rumori.

La stanza circolare, dai muri che ricordavano alberi unitisi nella crescita, rimaneva incapsulata in un silenzio immobile da cattedrale.

Un vento sottile, sfumato di verde, si avventurò frusciando appena per i rami immobili nell'ombra luminosa proiettata da una luna fioca.

Accarezzò delicato un brandello di stoffa aggrappato ad una scheletrica asta di legno e si chinò sulla figura rigida che fingeva di dormire.

-Hai fatto un brutto sogno?-
 
mormorò al suo orecchio.

Lo spiritello ligneo non rispose. Gli occhi arancioni fissarono il vuoto alla sua sinistra, senza percepire il braccio ciondolante dallo stesso lato.

La brezza sgusciò sotto al corpicino, sollevandolo dall'amaca di fortuna.

Il collo non oppose resistenza, lasciando placido che il capo si spostasse sulla figura che prendeva lentamente forma. Osservò in silenzio il volto incorniciato da ciocche di capelli biondi, come un sipario di seta; e sul palco roseo gli unici attori erano una coppia di zaffiri tagliati a mandorla.

Skull Kid si era concentrato tanto sullo sguardo blu che quasi trasalì sentendo una mano accarezzargli la guancia bagnata di lacrime ambrate.

Aprì la bocca piena di denti aguzzi – da tempo aveva perso il suo piccolo becco – quasi stesse per dire qualcosa. Ma poi prese a tremare, e portò le mani magre davanti alle iridi per strapparsele, senza mai decidersi a farlo.

L'anima afferrò piano i polsi grigi e li tirò amorevolmente via dal viso ovale dell'altro.

-È colpa mia.- sentì sussurrare.

Tentò di scuotere la testa, confortante.

Le mani persero la presa delle braccia di Skull Kid.

-No, no, è colpa mia.-.

Fece per riafferrarle, ma fu inutile.

Fissò come si tormentava il volto con le dita scheletriche.




                            -È colpa mia.-.

 

Le tre parole riempirono il silenzio, ostinate, senza la minima voglia di essere capite, amate, ascoltate.





-È colpa mia, è colpa mia, è colpa mia.
È colpa mia.
È colpa mia!
È COLPA MIA!-.

Singhiozzava forte, fortissimo, faceva sussultare tutto.

-Li ho UCCISI!
Li ho uccisi e lo sapevo!
Li ho uccisi ed ero felice di questo!
LI HO UCCISI!-.

Il sigillo invisibile della stanza prese ad incrinarsi.

-Tutti e tre!
Uno per la palude,
uno per la montagna,
uno per il mare!

Tutti e tre!

LI HO UCCISI, TUTTI E TRE!-.

I rami stormirono, come coinvolti in un uragano.

-Dannati!
Dannati per sempre!
Per colpa mia!

DANNATI!
LI HO UCCISI E DANNATI, TUTTI E TRE!-.

Piangeva, ululava in preda al dolore, in preda a ricordi orrendi, in preda ad un incubo reale.
 

-E te!
E quell'adulto!
E tutti!
Uccisi!
Dannati!

Tutti, tutti!
HO UCCISO E DANNATO TUTTI!-.

La luna si coprì con una nuvola, spaventata dalla lunga crepa che si diradava sull'eterea teca di vetro avvolgente l'area.

-È COLPA MIA!
È TUTTA COLPA MIA!
VI HO DANNATI TUTTI!
VI HO UCCISO TUTTI!
E LO VOLEVO!

LO VOLEVO!
MI AVEVA DETTO SAREI STATO CONTENTO!
E VI HO UCCISO TUTTI!

Vi ho... vi ho... ucciso...-.

-Skull Kid.-.

-è colpa mia...-.

-Skull Kid, guardami.-.

-è colpa mia...-.

Quando qualcosa di morbido gli raggiunse piano i palmi e cercò di tirarli a sé, non obbiettò.

Grosse lacrime caddero su guance soffici.

Labbra vellutate baciarono ogni graffio.

E Skull Kid continuò a piangere, con il capo appoggiato ad un cuore fantasma che batteva regolare solo per lui.

-Non hai ucciso nessuno.-.

               -No, no...-.

-Non hai ucciso nessuno. Ti ha costretto. Non hai colpa. L'avevi solo trovata. Non hai colpa.-.

   -No...-.

-Skull Kid.-.

Lo spirito tirò su col naso.

Abbracciò adagio il suo amico, lasciandosi cullare.

-Non hai dannato nessuno. La Luna non è mai caduta. È stato un brutto sogno.-
gli sussurrava all'orecchio, con la sua voce calma e la mano che lo accarezzava.













Seicento anni erano passati.

Seicento anni ad avere lo stesso incubo.

Seicento anni a scoppiare in lacrime durante la notte.

Cinquecento anni a piangere da solo.

Seicento anni, e Link non era cambiato per niente.

O quasi.










Lo strinse a sé. Era tiepido, ma non caldo come ricordasse.

Voleva che lo fosse ancora.


 

-Voglio che tu non sia morto.-.

-Tornare in vita è oltre le mie abilità. Mi spiace.-.

-Voglio che tu sia qui con me.-.

-Lo sono già.-.

-Ma io voglio sentirti.-.


 

Si levò solo un sospiro.








 

 

-Non si può.-.









 

E, interrotto solo dal respiro del sonno quieto e dolce dei bambini, il silenzio calò nella loro teca immaginaria.

 

   
 
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